L’Edictum de pretiis dell’imperatore Diocleziano (301)

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Transcript della presentazione:

L’Edictum de pretiis dell’imperatore Diocleziano (301)

L’imperatore Diocleziano (Roma, Villa Doria-Pamphili) Che cos’è L'Editto sui prezzi massimi (anche conosciuto come Editto di Diocleziano; in latino Edictum De Pretiis Rerum Venalium) fu emesso nel 301 dell'imperatore romano Diocleziano L’imperatore Diocleziano (Roma, Villa Doria-Pamphili)

Le ragioni finanziarie Durante la Crisi del terzo secolo, le monete romane erano state notevolmente svalutate a causa dei numerosi imperatori ed usurpatori romani che avevano coniato le loro proprie monete per corrompere i soldati ed i funzionari. In precedenza durante il suo regno, così come nel 301 circa nello stesso periodo dell'Editto sui prezzi, Diocleziano aveva emesso dei decreti sulla valuta, che avevano tentato di riformare il sistema delle tasse e di stabilizzare la moneta. È difficile sapere esattamente come è stata cambiata la monetazione, giacché i valori e perfino i nomi delle monete sono spesso sconosciuti.

Le monete dioclezianee Tutte le monete nel Decreto e nell'Editto erano valutate in base al denario, che Diocleziano aveva sperato di sostituire con un nuovo sistema basato sull'argenteo e sulle relative frazioni. L'argenteo sembra essere fissato ad un valore di 100 denari, il nummus argentato a 25 denari ed il bronzo radiato a 4 - 5 denari. Il rame con la corona di alloro fu rivalutato da 1 denario a 2 denari. L'aureo d'oro, il cui valore in questo periodo era arrivato a 833 denari, fu rimpiazzato con il solido, che valeva 1000 denari (questo era differente dal solido introdotto da Costantino I alcuni anni più tardi). Queste monete mantennero il loro valore durante il regno di Diocleziano, ma a differenza delle monete di bronzo e di rame, che erano prodotte in grande quantità, erano battute solo molto raramente ed hanno avuto scarso effetto sull'economia.

L’aumento dell’inflazione Queste nuove monete in realtà aumentarono l'inflazione e, nel tentativo di combatterla, Diocleziano emise all’inizio un editto sul valore delle monete, il cosiddetto Editto di Afrodisiade (301). Con esso il valore delle monete di rame e di bronzo raddoppiava, e si fissava la pena di morte per gli speculatori, i quali furono incolpati per l’inflazione e paragonati ai barbari che attaccavano l’Impero.

L’emanazione dell’Edictum de pretiis Di fronte all'insuccesso di questo primo provvedimento, fu emanato, fra il 20 novembre e il 9 dicembre del 301, l’Edictum de pretiis. Questo era diviso in 32 sezioni e poneva un limite sui prezzi per tutti i prodotti commerciabili nell'impero. L'obiettivo non era "congelare" i prezzi, ma segnarne i maxima, ovvero i massimi prezzi di mercato, oltre i quali determinate merci non avrebbero potuto essere vendute. Queste merci includevano varie merci per l'alimentazione, abbigliamento, le spese di trasporto per i viaggi in mare e gli stipendi settimanali. Il limite più alto era per una libbra di seta colorata con la porpora, che fu fissata a 150.000 denari; il prezzo di un leone fu fissato alla stessa cifra.

Lo scopo del calmiere Per impedire che i commercianti fornissero merci alle truppe a prezzi troppo elevati, come risulta dal proemio dove si spiegano le cause che ne resero necessaria l’attuazione, l’Imperatore ne aveva fissato i prezzi.

Gli effetti Le merci di prima necessità, le merci di lusso, i compensi per lavori non qualificati e per quelli qualificati. Si eliminano i prezzi all’ingrosso per cercare di abbassare i prezzi per gli utenti finali.

Il rigore Il proemio (universo orbi provisum esse videatur) ci informa che questa misura tanto drastica fu applicata a tutto l'orbe romano. Una delle tavolette in cui è stato rinvenuto l’Editto (Berlino, Pergamonmuseum)

Le sanzioni La pena di morte era il prezzo che doveva pagare chi avesse trasgredito alle norme dell'editto e si fosse rifiutato di vendere. Lo scopo di questo editto era quello di bloccare la galoppante inflazione che stava imperversando nel mondo romano da quasi un secolo e cioè dall’emissione degli antoniani.

Il fallimento dell’editto Questa stabilizzazione fallì miseramente in quanto mancante di qualsiasi presupposto economico e l'inflazione continuò. Un frammento dell’editto ritrovato ad Afrodisia di Caria

Le manifestazioni reali del fallimento I mercanti o smisero di produrre le merci, o le vendettero illegalmente al mercato nero (che in quegli anni proliferò), o usarono invece il sistema del baratto. L'Editto come risultato spinse a interrompere gli affari e il commercio, fra commercianti o in città intere, che non erano più in grado di produrre i beni a costi accettabili. Poiché l'Editto inoltre aveva fissato i limiti sugli stipendi, coloro che avevano gli stipendi fissi (in particolare soldati) trovarono che il loro salario era aumentato ma non aveva più valore poiché i prezzi artificiali non riflettevano i costi reali. Si produsse quindi una vera e propria paralisi dell'economia nell'impero.

Come ci è giunto L'Editto fu probabilmente emesso ad Antiochia o da Alessandria e fu installato in inscrizioni in Greco e Latino. Ora sopravvive solo nei frammenti trovati principalmente nella parte orientale dell'impero, in cui Diocleziano aveva governato, anche se è il pezzo di legislazione del periodo della Tetrarchia che è sopravvissuto più a lungo.

La fortuna L'Editto è stato criticato da Lattanzio, un retore di Nicomedia, che incolpò gli imperatori per l'inflazione e scrisse a proposito delle lotte causate dall'alterazione forzata dei prezzi. Alla fine del regno di Diocleziano, nel 305, l'Editto fu virtualmente ignorato e l'economia non si stabilizzò che fino alla riforma della monetazione di Costantino.