e le sue eredità culturali e politiche. Stuart Hall e le sue eredità culturali e politiche. Tratto dalla Presentazione a cura della dott. Floriana Bernardi
“We had a big sociology department in Birmingham “We had a big sociology department in Birmingham. They hated us and they hated Hoggart. They said if you think The Uses of Literacy is a way of doing sociology of culture, you are absolutely wrong (…); you can do what you want, but don’t claim it’s sociology. So we were warned off the terrain. Still we took on two sociologists”
“Fare cultural studies significa cercare di identificare i rapporti della cultura – del significato o della produzione di significato (meaning making) – con altre sfere della vita sociale, ovvero con l’economia, con la razza, con la strutturazione delle classi, dei generi, ecc. Dal mio punto di vista, credo si possa parlare di cultural studies soltanto se si lavora per smascherare l’interpenetrazione tra cultura e potere. (…) Si può dire che facciamo tutti cultural studies solo nel senso in cui, nella nostra propria situazione storica specifica e all’interno delle situazioni intellettuali in cui siamo stati formati, affrontiamo nelle nostre analisi i modi attraverso cui la cultura e il potere operano oggi nelle nostre società.” Hall, La cultura e il potere
Antonio Gramsci e Stuart Hall
L’identità “I don’t think that identity is a kind of essence which exists inside all the other things. I think identity is always constructed in a conversation between who we are and the political ideologies out there. Although it feels as if it wells up from inside you by something which is absolutely yours, it’s not really like that at all. It’s the product of an endlessly ongoing conversation with everybody around you. You are partly how they see you.”
«Le identità culturali sono sottoposte al gioco continuo della storia, della cultura e del potere». L’identità culturale «si costruisce sempre attraverso la memoria, la fantasia, la narrazione e il mito. (…) Le identità culturali sono i punti instabili di identificazione o di sutura, costruiti all’interno dei discorsi della storia e della cultura. Non si tratta qui di essenze ma di posizionamenti» (pp. 247-248)
«The Caribbean is the home of hybridity» (The Stuart Hall Project)
Présence africaine: l’Africa ridotta al silenzio per via della schiavitù, l’Africa della diaspora; il luogo del represso, una «’presenza’ non detta e in-dicibile» almeno fino agli anni Settanta nei Caraibi; l’Africa come «comunità immaginata». (p. 253) Fondamentale il ruolo della rivoluzione postcoloniale, delle lotte per i diritti civili, della cultura ‘pop’, per esempio la musica reggae.
Présence européenne: Lo «sguardo pornografico» dell’Europa sull’Africa (R. Chow) ‘l’Europa che «ci parlava incessantemente»’ L’Europa è quella che, nella rappresentazione visuale, ha posizionato il soggetto nero all’interno dei suoi regimi discorsivi dominanti: il discorso coloniale, le letterature d’avventura e di esplorazione, l’esotismo letterario, lo sguardo del viaggiatore e dell’etnografo, i linguaggi tropicali del turismo, degli opuscoli di viaggio e di Hollywood e quelli violenti e quelli pornografici della ganja e della violenza urbana (p. 256)
Présence americaine: «il nuovo mondo non ha tanto a che fare con il potere quanto con il suolo, con il luogo e con il territorio. È il punto di congiunzione in cui si incontrano i diversi affluenti culturali, la terra ‘vuota’ (svuotata dai colonizzatori europei) dove stranieri provenienti da ogni parte del globo si sono scontrati. Nessuno dei popoli che oggi occupano le isole – neri, marroni, bianchi, africani, europei, americani, spagnoli, francesi, indiani, cinesi, portoghesi, ebrei, olandesi – ‘apparteneva’ originariamente a esse. È lo spazio in cui sono state negoziate le creolizzazioni, le assimilazioni e i sincretismi (…) È il significante della migrazione stessa: del partire, del viaggiare e del ritornare come sorte e come destino» (p. 258)
La diaspora e la sua estetica «L’esperienza della diaspora (…) non è definita dall’essenza o dalla purezza, ma dal riconoscimento di una necessaria eterogeneità e diversità; da una concezione dell’‘identità’ che vive ‘insieme’ e ‘attraverso’ – non malgrado la differenza; è definita dall’ibridità
«Being on the side of the future»