Nucci Dott.ssa Paola Rebecca

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Nucci Dott.ssa Paola Rebecca Arezzo, 16 ottobre 2019 Nucci Dott.ssa Paola Rebecca

La verbalizzazione Gli strumenti deflativi del contenzioso Certificazione dei contratti Diffida obbligatoria Le disposizioni del personale ispettivo Conciliazione Monocratica I provvedimenti ispettivi La diffida accertativa per crediti patrimoniali La sospensione dell’attività imprenditoriale La prescrizione

LA VERBALIZZAZIONE Verbale di primo accesso Verbali interlocutori Verbale unico di accertamento

FONTI Legge 24 novembre 2010, n. 183 Art. 13 D.LGS. 23 aprile 2004, n, 124 Circ. Min. Lav. 6/2014 Nota Ministero del Lavoro 9 gennaio 2009, n. 195 Circ. Min. Lavoro n. 41 del 9 dicembre 2010

L’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004, così come riformulato dall’art. 33, L. n. 183/2010 (c.d. Collegato Lavoro), ha dettato disposizioni che regolamentano la c.d. procedimentalizzazione dell’attività ispettiva, prescrivendo l’obbligatorietà della verbalizzazione sia nella fase iniziale che conclusiva dell’accertamento e i relativi contenuti inderogabili

In specie, l’art. 10, c. 5, d.lgs. n. 124/2004 prevede che i verbali di accertamento redatti dal personale ispettivo sono fonti di prova relativamente agli elementi di fatto acquisiti e documentati.

L’unificazione dei modelli ispettivi A partire dall’inizio del 2009 è stata disposta l’unificazione della modulistica e degli atti relativi alle ispezioni del lavoro (Nota Ministero del Lavoro 9 gennaio 2009, n. 195). Ad essa sono stati chiamati ad attenersi, non solo gli ispettori ministeriali, ma anche i funzionari preposti ai controlli di Inps e Inail (Ora tutti confluiti nell’Ispettorato nazionale del lavoro e nei relativi uffici territoriali).

L’unificazione dei modelli ispettivi Si è trattato di una scelta doverosa, in chiave di omogeneità e trasparenza delle pratiche ispettive, anche in virtù delle modifiche alla legislazione specialistica (su tutte il D.lgs. n. 124/2004) a seguito della legge 24 novembre 2010, n. 183 (Collegato lavoro). L’unificazione dei modelli ispettivi disposta dal Ministero del lavoro (con la Nota Min. Lav. n. 195/2009) è stata confermata dalla L. n. 183/2010, e rielaborata con Circ. Min. Lavoro n. 41 del 9 dicembre 2010.

Le conseguenze operative L’unificazione dei modelli ispettivi è finalizzata a generare ampie conseguenze operative:

Le conseguenze operative Infatti, i verbali di accertamento redatti dal personale ispettivo sono «fonti di prova ai sensi della normativa vigente relativamente agli elementi di fatto acquisiti e documentati e possono essere utilizzati per l’adozione di eventuali provvedimenti sanzionatori, amministrativi e civili, da parte di altre amministrazioni interessate» (art. 10, d.lgs. n. 124/2004). Ciò significa che, definito positivamente un accertamento ispettivo da parte di un organismo di controllo, anche altri organismi interessati sono legittimati ad avanzare pretese di competenza, sulla base delle stesse premesse e senza ulteriori azioni di verifica.

VERBALE DI PRIMO ACCESSO ISPETTIVO

Il Verbale di primo accesso ispettivo Alla conclusione del primo accesso in azienda, il personale ispettivo deve predisporre e rilasciare – ai sensi dell’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 124/2004 – apposito VERBALE DI PRIMO ACCESSO al datore di lavoro o a chi ne fa le veci o, in loro assenza, ai soggetti aventi titolo a riceverlo a norma del codice di procedura civile (artt. 137 e ss.), ivi compreso il professionista delegato. Dunque, il verbale di primo accesso ispettivo costituisce il primo atto con il quale viene formalmente reso noto al soggetto ispezionato l’avvio dell’accertamento ispettivo.

Il Verbale di primo accesso ispettivo Obbligatorietà Giova ricordare che, a seguito dell’espressa introduzione e disciplina di tale provvedimento all’art. 13, D.Lgs. n. 124/2004, cosi come modificato dalla L. n. 183/2010, la “redazione del verbale di primo accesso è da considerarsi adempimento obbligatorio da parte del personale ispettivo” (cfr. D.M. Lavoro 15 gennaio 2014 - Codice di comportamento, su cui Circ. Min. Lav. 4 marzo 2014, n. 6)

Il Verbale di primo accesso ispettivo Presupposto funzionale Il verbale di primo accesso soddisfa una serie di rilevanti esigenze, sia dal lato del soggetto ispezionato che dal lato del funzionario ispettivo.

Il Verbale di primo accesso ispettivo Presupposto funzionale 1) Dal lato del soggetto ispezionato, esso consente l’esercizio del diritto costituzionale di difesa: il verbale è redatto sul luogo di lavoro, alla presenza e con la partecipazione del soggetto ispezionato, che lo riceve e ha facoltà di inserire eventuali osservazioni. Esso cioè consente di instaurare un contraddittorio che garantisce la parte interessata

Il Verbale di primo accesso ispettivo Presupposto funzionale 2) Dal lato del funzionario ispettivo, esso consente la definizione di un solido impianto probatorio. Secondo la giurisprudenza, il verbale di primo accesso conferisce una efficacia probatoria privilegiata ex art. 2700 c.c. a quanto il verbalizzante attesta di aver compiuto ed ai fatti che dichiara avvenuti alla sua presenza (Cass. Sez. Un., n.12545/92). Ciò in quanto i fatti riportati sono verbalizzati nell’immediatezza del loro verificarsi, derivandone la massima garanzia possibile in ordine alla loro corretta ed attendibile ricostruzione.

Il Verbale di primo accesso ispettivo Contenuto Il personale ispettivo che accede in azienda dovrà aver cura di indicare esattamente – nel Verbale di primo accesso ispettivo da consegnare in originale all’ispezionato – le circostanze di fatto oggetto di investigazione, con particolare riguardo - Ai lavoratori trovati intenti al lavoro, ai luoghi di lavoro, alle situazioni avvenute in presenza degli ispettori.

Il Verbale di primo accesso ispettivo La verbalizzazione di primo accesso si apre con: - le indicazioni temporali (giorno, mese, anno) e personali (nominativi) del compimento dell’accesso ispettivo, i dati del soggetto ispezionato (per cui il modello prevede un campo che va necessariamente completato), e che è costituito dall’azienda, o ente o persona fisica presso cui si è iniziato l’accertamento.

Il Verbale di primo accesso ispettivo Contenuto Sotto il profilo contenutistico il verbale di primo accesso deve contenere tutti gli elementi espressamente indicati nell’art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 124/2004. Su cui, cfr. Circ. Min. LAVORO n. 41/2010 e n. 6/2014

Il Verbale di primo accesso ispettivo Il verbale di primo accesso deve contenere: 1) l’identificazione delle persone trovate intente al lavoro, 2) la descrizione puntuale delle modalità del loro impiego , 3) la specificazione delle attività (e delle relative modalità) compiute dal personale ispettivo, 4) l’esposizione delle eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro, dal professionista o dalla persona presente all’ispezione , 5) ogni richiesta, anche documentale, utile alla prosecuzione degli accertamenti Circ. Min. Lav. n. 41/2010 Circ. Min. Lav. n. 6/2014

Il Verbale di primo accesso ispettivo 1) l’identificazione delle persone trovate intente al lavoro L’identificazione “a tappeto” di tutti i lavoratori trovati intenti al lavoro, risulta essenziale soltanto qualora gli accessi vengano eseguiti allo scopo di contrastare il lavoro sommerso (es. lavoro nero, somministrazione irregolare, ecc.). In altri casi (ad es. ispezioni aventi ad oggetto la qualificazione dei rapporti di lavoro, o la regolarità contributiva e/o assicurativa), sarà invece sufficiente procedere all’identificazione in maniera più snella e meno gravosa (ad es. rinviando, nel verbale di primo accesso, alle generalità del personale impiegato così come risultante dalle scritture obbligatorie, LUL o comunicazioni di assunzione telematiche).

Il Verbale di primo accesso ispettivo 2) descrizione puntuale delle modalità del loro impiego, Con riguardo, invece, alla necessità di descrivere le attività lavorative svolte dai lavoratori presenti all’atto dell’accesso ispettivo, trova spazio la verbalizzazione: delle mansioni svolte da ciascun lavoratore; l’abbigliamento e la tenuta da lavoro indossata (compreso l’utilizzo di eventuali dispositivi di protezione individuale e dei cartellini identificativi); le attrezzature e i macchinari utilizzati. Tale descrizione nel verbale di primo accesso, costituisce fondamentale elemento probatorio alla luce dell’art. 2700 c.c. e dell’art. 10, comma 5, D.Lgs. n. 124/2004

Il Verbale di primo accesso ispettivo 3) la specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo Nel corpo del verbale di primo accesso, il personale ispettivo dovrà dare conto: dell’organizzazione complessiva del lavoro e dell’impresa ispezionata; dell’acquisizione delle dichiarazioni del personale trovato intento al lavoro e delle eventuali r.s.a.; dell’eventuale acquisizione o esame della documentazione presente sul luogo di lavoro; dell’avvenuta consultazione di banche dati telematiche, ove non effettuata precedentemente, in fase di preparazione all’accesso ispettivo (v. art. 5 del Codice di comportamento)

Il Verbale di primo accesso ispettivo 4) le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro o dalla persona presente all’ispezione , La formalizzazione di tali dichiarazioni nel corpo del verbale di primo accesso vanno considerate come la prima forma di concreto esercizio del diritto di difesa costituzionalmente tutelato che il datore di lavoro può approntare. Qualora il datore di lavoro non sia presente sul luogo dell’accesso, tali dichiarazioni – a condizione che siano accompagnate dalla copia di un valido documento d’identità del sottoscrittore – potranno essere formalizzate anche mediante e-mail o fax inoltrati sul luogo dell’ispezione prima che l’accesso sia materialmente concluso.

Il Verbale di primo accesso ispettivo 5) ogni richiesta, anche documentale, utile alla prosecuzione degli accertamenti, Il verbale deve riportare l’elenco della documentazione che il personale ispettivo ritiene necessaria/utile per la prosecuzione dell’attività ispettiva (es. LUL, buste paga, fatture, contratti e lettere d’assunzione). Il personale ispettivo deve richiedere esclusivamente la documentazione che risulti confacente all’oggetto della verifica ispettiva, evitando richieste relative ad informazioni o documenti che l’ispettore possa autonomamente e direttamente acquisire attraverso la consultazione delle banche dati telematiche.

Il Verbale di primo accesso ispettivo Ulteriori elementi costitutivi sono:  l’informazione resa dall’ispettore al datore di lavoro circa la possibilità di farsi assistere da un professionista abilitato ai sensi della Legge n. 12/1979, e di rilasciare dichiarazioni, dando conto dell’eventuale mancato esercizio delle predette facoltà.

Il Verbale di primo accesso ispettivo L’acquisizione delle dichiarazioni dei lavoratori Per quanto concerne l’acquisizione delle dichiarazioni dei lavoratori, nei casi in cui le dimensioni del soggetto ispezionato siano tali da non consentire di intervistare tutto il personale impiegato, l’accertamento potrà essere svolto attraverso l’acquisizione di un numero limitato di dichiarazioni sulla base di un campione significativo di personale, da cui sia possibile dedurre con sufficiente chiarezza ed uniformità le modalità di espletamento delle prestazioni riferibili all’insieme stesso della forza lavoro. I criteri di selezione di detto campione dovranno essere esplicitati in sede di verbalizzazione

Il Verbale di primo accesso ispettivo Chiusura del verbale Il verbale di primo accesso si chiude con la descrizione della sua composizione e del tempo della sua chiusura; e con la riserva di adottare, al termine degli accertamenti, i necessari provvedimenti sanzionatori.

Il Verbale di primo accesso ispettivo La consegna del verbale Il modello ministeriale richiede – in conformità alla disposizione della L. n. 183/2010 (cd. Collegato lavoro) – che venga individuata la persona fisica presente all’ispezione a cui deve essere materialmente consegnato il verbale di primo accesso. In linea generale, ma non necessariamente, tale individuo viene a coincidere con il datore di lavoro o con chi agisce per esso. Per esempio, in un negozio di abbigliamento di una catena nazionale, la persona «prescelta» per la consegna – assente il datore di lavoro inteso in senso tecnico (es. l’amministratore delegato che rappresenta la società) – può essere il gerente del negozio, che è stato presente al compimento delle attività ispettive (“persona presente all’ispezione”)

Il Verbale di primo accesso ispettivo La consegna del verbale: rifiuto Ove il datore di lavoro o i soggetti sopra indicati si rifiutino di ricevere il verbale ovvero non siano presenti al termine dell’accesso ispettivo, gli ispettori devono riportare puntualmente, in calce all’atto, le circostanze che hanno impedito la consegna del verbale, procedendo successivamente alla notifica dello stesso via PEC ai sensi della L. n. 221/2012 e delD.L. n. 179/2012 o a mezzo del servizio postale ai sensi della L. n. 890/1982 (notifica degli atti giudiziari a mezzo posta). (Circ. Min. Lav. 4 marzo 2014, n. 6)

Il Verbale di primo accesso ispettivo Quali cautele??? La consegna del verbale: alcune criticità Proprio con riferimento alla consegna del verbale a una persona diversa da colui nei cui riguardi si svolge l’ispezione, va osservato come potrebbero sorgere alcuni motivi di criticità nei casi in cui tale persona potrebbe avere un motivo di «controinteresse» rispetto a quanto riportato dagli ispettori nel verbale, e farne anche un uso improprio. Ad esempio, quando l’unico soggetto presente all’ispezione sia il lavoratore trovato «in nero»; oppure, un dipendente denunciante, o comunque in disaccordo con il proprio datore di lavoro. Quali cautele???

Il Verbale di primo accesso ispettivo La consegna del verbale: alcune criticità In tali particolari situazioni, gli ispettori sono tenuti alla valutazione degli eventuali effetti della consegna, al fine dell’adozione di ogni utile accorgimento, per esempio: la consegna in busta o piego chiusi; oppure il differimento del rilascio del verbale al tempo del rientro in ufficio dei funzionari procedenti e il suo inoltro per via postale.

Il Verbale di primo accesso ispettivo Vizi ed effetti In caso di mancata/incompleta redazione/consegna del verbale di primo accesso, il vizio determina una violazione di legge che potrebbe generare i seguenti effetti (alternativi) sull'intero procedimento sanzionatorio: invalidità/nullità degli atti successivi alla procedura per effetto della lesione del diritto del datore di lavoro di contraddire immediatamente gli eventuali esiti dell'accertamento; considerare privi di supporto probatorio gli illeciti successivamente contestati e notificati con il verbale unico all'esito delle verifiche espletate. 

Cosa deve fare un datore di lavoro all’atto di un accesso ispettivo e alla ricezione del verbale di accesso decidere se vuole o meno essere assistito dal suo consulente del lavoro; verificare che il verbale di accesso contenga tutti gli elementi essenziali previsti dalla normativa; dichiarare quanto ritiene opportuno o farlo fare da chi lo assiste; accertarsi se vi sia richiesta di ulteriore documentazione da presentare entro una determinata data e provvedervi per non incorrere in sanzioni che possono essere anche di natura penale.

I VERBALI INTERLOCUTORI

Il Verbale interlocutorio degli accertamenti Alla conclusione del primo accesso - nel caso in cui l’ispezione richieda accertamenti più prolungati ed ulteriori accessi in azienda - il funzionario ispettivo può ricorrere al Verbale interlocutorio degli accertamenti.

Il Verbale interlocutorio degli accertamenti FONTI Il verbale interlocutorio non è espressamente previsto all’interno del d.lgs. n. 124/2004. Esso risulta menzionato dal D.M. Lavoro 15 gennaio 2014 - Codice di comportamento ad uso degli ispettori del lavoro, il cui art. 14 dispone che “Nelle ipotesi in cui, in relazione ad accertamenti complessi e prolungati nel tempo, emergano ulteriori esigenze accertative per la definizione delle indagini, il personale ispettivo rilascia un verbale interlocutorio contenente la richiesta motivata di documenti ed informazioni, nonché l’espressa menzione che gli accertamenti sono ancora in corso”. Cfr. Circ. Min. Lav. 4 marzo 2014, n. 6

Il Verbale interlocutorio degli accertamenti È un provvedimento mediante cui il soggetto ispezionato viene informato circa l’allargamento (temporale, oggettivo e soggettivo) del perimetro dell’accertamento. Dunque con esso si informa il soggetto ispezionato che gli accertamenti sono ancora in corso e che sono sorte ulteriori esigenze di verifica che necessitano di una nuova richiesta di informazione e/o documentazione. Circ. Min. Lavoro 4 marzo 2014 n. 6

Il Verbale interlocutorio degli accertamenti Richiesta informazioni e/o documentazione Tale nuova richiesta deve indicare le ragioni che la legittimano anche in relazione ai nuovi documenti ed alle nuove informazioni necessari al prosieguo degli accertamenti. Ai fini di specie: Circ. Min. Lavoro 4 marzo 2014 n. 6

Il Verbale interlocutorio degli accertamenti Richiesta informazioni e/o documentazione Pur trattandosi di una richiesta formulata ai sensi del predetto art. 4, comma 7, in caso di inottemperanza al verbale interlocutorio, prima di procedere con prescrizione obbligatoria, è opportuno – secondo il Ministero – che il soggetto ispezionato riceva una reiterazione della richiesta (espressamente formulata ai sensi della disposizione da ultimo citata), soprattutto con riferimento alle conseguenze sanzionatorie in caso di inadempimento. Circ. Min. Lavoro 4 marzo 2014 n. 6

Il Verbale interlocutorio degli accertamenti Contenuto Il Verbale interlocutorio deve riportare: la descrizione completa delle ulteriori attività d’indagine compiute; l’indicazione della documentazione di lavoro eventualmente esaminata o acquisita; la richiesta di eventuale ulteriore documentazione o informazioni; l’espresso avvertimento che gli accertamenti sono ancora in corso.

IL VERBALE UNICO DI ACCERTAMENTO

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Una volta terminati gli accertamenti, il personale ispettivo è tenuto a racchiudere i riscontri effettuati e il loro esito esclusivamente in un modello unificato di provvedimento denominato «verbale conclusivo degli accertamenti in materia di lavoro, assistenza e previdenza sociale» e che la L. n. 183/2010 (cd. Collegato lavoro) definisce “verbale unico di accertamento e notificazione” (art. 13, comma 4). La locuzione “esclusivamente” sta a significare che non è consentito alcun altro mezzo, oltre al verbale unico, per procedere alla notifica dell’atto di contestazione delle violazioni.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Funzione del verbale unico Racchiudere in un unico atto di natura provvedimentale la contestazione e notificazione di tutti gli illeciti riscontrati dagli organi di vigilanza (con i relativi importi sanzionatori). Così facendo, tutte le contestazioni e la sanzioni saranno oggetto di un unico atto.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Contenuto del verbale unico Il nuovo comma 4 dell’art. 13, d.lgs. n. 124/2004 prevede che il Verbale unico debba dettagliatamente contenere: a) l’indicazione degli esiti dell’accertamento con indicazione delle fonti di prova, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dei verbalizzanti; b) la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili estinguendo gli illeciti (entro 30 gg dalla notifica); c) la possibilità di estinguere gli illeciti con l’ottemperanza alla diffida e usufruendo del pagamento in misura agevolata (entro 15 gg);

Contenuto del verbale unico Il Verbale conclusivo degli accertamenti Contenuto del verbale unico d) la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili ovvero quelli per cui non si è ottemperato alla diffida attraverso il pagamento della sanzione in misura ridotta, (entro 60 giorni) avvalendosi della procedura di cui all’art. 16, Legge n.689/81; e) l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con la specificazione dei termini di impugnazione.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Allegati al Verbale Unico Sono otto i possibili allegati al verbale conclusivo dell’accertamento ispettivo. Essi concernono tutta la gamma degli eventuali rilievi di carattere amministrativo, penale e previdenziale che possono venire riscontrati dai funzionari. La loro allegazione, che deve risultare dal principale verbale di accertamento, può riguardare contemporaneamente uno o più modelli.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Allegati al Verbale Unico All. A) - Diffida. Notificazione di illecito amministrativo All. B) - Diffida ora per allora e ammissione al pagamento in misura minima. Notificazione di illecito amministrativo All. C) - Notificazione di illecito amministrativo All. D) - Disposizione All. E) - Prescrizione All. F) - Autonomo adempimento degli obblighi di legge di natura penale e ammissione al pagamento in sede amministrativa All. G) - Verbale unico contributivo All. H) - Reati accertati in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Provvedimenti esclusi dal Verbale Unico Restano esclusi da tale verbalizzazione tutti i provvedimenti che seguono appositi e autonomi percorsi di definizione che saranno adottati con specifici modelli. E’ il caso della diffida accertativa o della sospensione dell’attività imprenditoriale previste, rispettivamente, dagli artt. 12 D.Lgs. 124/04 e dall’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 Ovvero dei provvedimenti di polizia giudiziaria come le notizie di reato, trasmesse all’A.G. ex art. 347 c.p.p..

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Precisazioni su alcuni elementi costitutivi: a) l’indicazione degli esiti dell’accertamento con indicazione delle fonti di prova, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dei verbalizzanti b) l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con la specificazione dei termini di impugnazione

Il Verbale conclusivo degli accertamenti a) l’indicazione degli esiti dell’accertamento con indicazione delle fonti di prova, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dei verbalizzanti Si tratta della ricostruzione dell'iter operativo (logico e giuridico) che il personale ispettivo ha svolto nel corso dell'accertamento ispettivo. Il trasgressore viene messo in condizione di comprendere in maniera chiara e precisa quali sono le condotte illecite da lui commesse e quali sono le fonti, raccolte nel corso dell'accertamento, che le provano.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Ad esempio, occorrerà indicare: il numero e, nel rispetto del diritto alla riservatezza, i contenuti delle dichiarazioni raccolte dai lavoratori e dai terzi; la documentazione (fiscale, lavoristica, i brogliacci, le rilevazioni anche informali e/o fotografiche ecc.) nella quale trovano riscontro le condotte illecite del trasgressore.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Fanno eccezione le fonti di prova che riguardano le violazioni di natura penale per le quali, trattandosi di atti connessi all'istruttoria penale, trova applicazione l'art. 329 c.p.p. secondo cui gli ufficiali di polizia giudiziaria non possono divulgare - fino al termine delle indagini preliminari - il contenuto degli atti compresi nel fascicolo del pubblico ministero.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti L’obbligo di un contenuto minimo del verbale unico risponde ad una duplice istanza: a) all’esigenza pubblicistica di far sì che l’accertamento ispettivo “resista” al vaglio giurisdizionale b) alla garanzia del diritto di difesa del trasgressore (costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost.) che avrà elementi concreti chiari e circostanziati per poter approntare una strategia difensiva dignitosa. Va ricordato che la lesione del diritto alla difesa inficia irrimediabilmente l’atto conclusivo del procedimento ispettivo e ne comporta la annullabilità.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Obbligo di motivazione del verbale unico In linea con siffatta finalità acquista, altresì, valore fondamentale la motivazione sulla quale si devono fondare le conclusioni alle quali giunge il personale ispettivo al termine degli accertamenti. Circ. Min. Lavoro n. 41/2010 e n. 6/2014 A titolo esemplificativo, il Ministero del lavoro afferma che non è sufficiente sostenere acriticamente che, sulla scorta degli accertamenti svolti, un contratto di natura parasubordinata sia da ricondursi a lavoro subordinato ma dovranno essere esplicitati gli elementi che hanno portato il personale ispettivo a tale determinazione, indicando altresì le fonti di prova tanto di natura documentale quanto, eventualmente, di natura testimoniale.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Le dichiarazioni rese dai lavoratori Il Ministero del lavoro ricorda che “la dichiarazione del lavoratore al quale si riferiscono gli esiti dell’accertamento non assurge a piena prova ma costituisce elemento indiziario, liberamente valutabile dall’Autorità giudiziaria e amministrativa, chiamata a decidere in sede di contenzioso” (Circ. Min. Lavoro n. 41/2010 e n. 6/2014).

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Le dichiarazioni rese dai lavoratori Pertanto, le interviste dei lavoratori necessitano di particolare attenzione, da parte del personale ispettivo e da parte del consulente del lavoro in sede di censura dell’atto ispettivo. Se da un lato è indiscutibile che le interviste dei lavoratori, trovati sul luogo di lavoro, assumono spesso forte valenza probatoria, è altrettanto innegabile che la conoscenza dell’identità dei lavoratori e del contenuto delle dichiarazioni rese può portare a indebite pressioni da parte del datore di lavoro nonché ad atti vessatori ed intimidatori.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Sintetizza bene la situazione attuale una sentenza del Consiglio di Stato, la sentenza n. 5779 del 24 novembre 2014, con la quale è stato ribadito il divieto di accesso del datore di lavoro ispezionato alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori interessati all’ispezione

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Consiglio di Stato, n. 5779/2014 L’accesso alle dichiarazioni dei lavoratori non è indispensabile per curare o difendere gli interessi giuridicamente rilevanti dei datori di lavoro, considerato che la compiuta conoscenza dei fatti e delle allegazioni loro contestati risulta di norma assicurata dal verbale unico di accertamento e notificazione (obbligo di motivazione): è infatti nell’indicazione del percorso argomentativo posto a sostegno della contestazione che sarà riportato il contenuto delle dichiarazioni e quindi la difesa è nelle condizioni di approntare adeguatamente i relativi ricorsi giustiziali.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti b) l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con la specificazione dei termini di impugnazione. Stante che il Verbale unico non è autonomamente impugnabile in sede giudiziaria, la norma contempla due n. 2 strumenti di difesa e organi a cui proporre ricorso, e che devono risultare dal verbale stesso: la possibilità di presentare scritti difensivi al Direttore dell’ITL;  la possibilità di fare ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro ex art. 17 d.lgs. n. 124/2004, ove si tratti della sussistenza o qualificazione di rapporti di lavoro.  

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Vizi ed effetti L’eventuale omessa o erronea indicazione degli strumenti di difesa, rappresenta, ormai per giurisprudenza costante, una mera irregolarità dell’atto che non produce, conseguentemente, il suo annullamento, ma induce il destinatario in errore scusabile, con conseguente rimessione in termini di colui che abbia indirizzato il mezzo d’impugnativa all’autorità incompetente, ovvero lo abbia fatto fuori termine

Verbale Unico di accertamento Notifica del Verbale unico Il verbale di accertamento, completo dei suoi allegati, deve essere ritualmente notificato a ciascuno dei soggetti interessati, pena l’invalidità nei suoi riguardi di tutti i provvedimenti assunti 

Verbale Unico di accertamento Notifica a mezzo postale Notifica a mano Si rileva l’importanza di procedere alla notifica a mani del destinatario del verbale, metodo che garantisce la certezza e la determinatezza dell’adempimento (a tale fine è predisposto un modello di «relazione di consegna»).   Notifica a mezzo postale Laddove ciò non sia possibile – nelle more della definizione delle modalità tecniche di notifica del verbale a mezzo PEC – occorrerà procedere con la consueta modalità di notifica per posta raccomandata A/R  (a tale fine è predisposto un modello di «relata di notifica» in cui, tra l’altro, è stato previsto un apposito spazio per l’indicazione delle spese delle attività di notificazione).

Verbale Unico di accertamento Termini di notifica Il verbale unico va notificato al/ai trasgressore/i e all'eventuale obbligato in solido entro 90 giorni dalla conclusione degli accertamenti nel loro complesso, compresi i tempi tecnici necessari per l'analisi, l'elaborazione e la verifica degli elementi formali raccolti. In pratica "il dies a quo, dunque, va a coincidere con il momento dell'acquisizione di tutti i dati e riferimenti di carattere oggettivo e soggettivo necessari per la definizione dell'accertamento inteso nella sua globalità, secondo un criterio di ragionevolezza delle verifiche espletate, adeguatamente esplicate nel verbale unico".  

Verbale Unico di accertamento Prassi illegittime Devono essere ritenute illegittime talune prassi ispettive, tendenti alla redazione di una pluralità di “verbali unici” a carico di un medesimo datore di lavoro nell’ambito di un unico procedimento ispettivo. Tali prassi potrebbero determinare una violazione del termine di 90 gg. di cui all’art. 14, comma 2, della legge 689 cit., poiché l’accertamento è da considerarsi definito con la notifica del (primo) verbale unico. Ne consegue che l’Ufficio legale dovrà procedere con ordinanza-archiviazione per ogni verbale ulteriore rispetto al primo adottato in ordine di tempo, mentre il Comitato procederà all’accoglimento del ricorso in caso di apposita doglianza di parte.

Verbale Unico di accertamento Perfezionamento notifica del verbale unico Il momento di perfezionamento della notifica del verbale unico è distinto a seconda che si prenda in considerazione il soggetto notificante o il destinatario: Per il notificante, nel caso di notifica a mezzo posta, è la data di spedizione della raccomandata Per il destinatario è la data di ricezione della raccomandata contenente la contestazione degli illeciti. Quanto ai soggetti c.d. irreperibili la notifica può dirsi perfezionata con il ricevimento della raccomandata contente l’avviso di addebito o, comunque, decorsi 10 giorni dalla spedizione della medesima (C. Cost. 14 gennaio 2010 n. 3)

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Vizi ed effetti La mancata/incompleta redazione/consegna del verbale unico di accertamento e notificazione determina una violazione di legge i cui effetti sul procedimento sanzionatorio potrebbero essere, a seconda della mancanza e della gravità, alternativamente di due tipi:

Il Verbale conclusivo degli accertamenti Vizi ed effetti a) Illegittimità e conseguente annullabilità del provvedimento e dei successivi atti della procedura (in particolare della successiva eventuale ordinanza-ingiunzione) che verrebbero così caducati; b) Irregolarità degli atti adottati che manterrebbero comunque una propria autonoma valenza.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti La comunicazione di regolare definizione degli accertamenti La Circ. Min. Lavoro n. 41/2010 ha indicato al personale ispettivo un ulteriore onere non previsto dal d.lgs. n. 124/2004, come riformato dal Collegato lavoro 2010. Si tratta della comunicazione di regolare definizione degli accertamenti (il cui fac-simile è allegato alla stessa nota ministeriale) che il personale ispettivo deve inviare al soggetto ispezionato nel caso in cui al verbale di primo accesso non faccia seguito alcun provvedimento sanzionatorio.

Il Verbale conclusivo degli accertamenti La comunicazione di regolare definizione degli accertamenti Dunque è una sorta di attestazione che nel corso degli accertamenti non sono emersi elementi d’irregolarità idonei a comprovare la sussistenza di illeciti. Tuttavia: VALORE GIURIDICO Tale comunicazione non ha la valenza sostanziale dell’”attestazione di regolarità” prevista dall’art.3, comma 20, della Legge n.335/95, ma unicamente la finalità di comunicare al soggetto ispezionato la conclusione del procedimento ispettivo intrapreso a suo carico.

LO SDOPPIAMENTO DEI VERBALI ISPETTIVI Circ. INL 1/2019 del 14 gennaio 2019

Modalità di verbalizzazione dell’accertamento congiunto Attraverso la circ. n. 1/2019, l’INL chiarisce che le risultanze ispettive possono essere riportate in verbali separati rispettivamente per gli aspetti amministrativo – sanzionatori e contributivi. Ciò in quanto, l’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004, nel disciplinare dettagliatamente il verbale unico, stabilisce che la sua "unicità" riguarda esclusivamente la contestazione di sanzioni amministrative di cui alla L. n. 689/1981. Più precisamente, il comma 4 dell’art. 13 specifica che, all'ammissione alla procedura di regolarizzazione, attraverso la diffida o la diffida "ora per allora", nonché alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all'art. 14 della L. n. 689/1981, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con un unico verbale di accertamento notificato al trasgressore e all'eventuale obbligato in solido.

Modalità di verbalizzazione dell’accertamento congiunto La circolare n. 41 del 9 dicembre 2010 ha precisato al riguardo che "la funzione assolta dal verbale unico risulta quella di racchiudere in un unico atto di natura provvedimentale la contestazione e notificazione di tutti gli illeciti riscontrati dagli organi di vigilanza, al fine di evitare la redazione di una molteplicità di provvedimenti...". L’Ispettorato, inoltre, con nota prot. 120/2017/RIS del 13 aprile 2017, ha ribadito che l’obbligo della verbalizzazione unica trova applicazione alla sola materia sanzionatoria amministrativa ("all'ammissione alla procedura di regolarizzazione... nonché alla contestazione delle violazioni amministrative... si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione..."), con esclusione, quindi, delle contestazioni di omissioni o evasioni in materia previdenziale ed assicurativa.

Modalità di verbalizzazione dell’accertamento congiunto Pertanto, ai fini del rispetto degli obblighi di cui all’art. 14 della L. n. 689/1981, "il termine di 90 giorni non decorre più da tanti singoli verbali o atti provvedimentali, bensì la decorrenza dello stesso va individuata nel momento in cui si sono conclusi gli accertamenti nel loro complesso, comprendendo, quindi, anche i tempi tecnici ragionevolmente utili e necessari per l’analisi, l’elaborazione e la verifica degli elementi formati e raccolti. Il dies a quo, dunque, va a coincidere con il momento dell’acquisizione di tutti i dati e riferimenti di carattere oggettivo e soggettivo necessari per la definizione dell’accertamento inteso nella sua globalità. L'accertamento, pertanto, non si sostanzia nella generica e approssimativa percezione del fatto nella sua materialità ma si realizza con il compimento di tutte le indagini necessarie al fine della piena conoscenza di esso e della congrua determinazione della pena pecuniaria (così ML circ. n. 41/2010 conforme a Cass. civ., sez. lav., n. 3115/2004 e n. 18347/2003).

Modalità di verbalizzazione dell’accertamento congiunto In caso di vigilanza amministrativa e previdenziale/assicurativa, il dies a quo di cui all’art. 14 della L. n. 689/1981 - coincidente, come detto, con la "definizione degli accertamenti" - non potrà che decorrere dall’acquisizione e valutazione di tutti gli elementi istruttori, compresi quelli di carattere previdenziale/assicurativo, ogni qual volta vi sia una connessione con eventuali illeciti amministrativi, come accade, ad esempio, per le registrazioni contenute nel libro unico del lavoro. Le differenti verbalizzazioni devono in ogni caso essere completamente coerenti nella ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento, specie in relazione a quegli elementi che abbiano rilevanza sia ai fini della contestazione degli illeciti amministrativi, sia ai fini dei recuperi previdenziali/assicurativi. Va pertanto escluso che le differenti verbalizzazioni, intervenute anche secondo tempistiche diverse, possano riportare risultanze tra loro contradditorie.

Modalità di verbalizzazione dell’accertamento congiunto La verbalizzazione separata delle risultanze ispettive comporta la necessità che il verbale contributivo -normalmente oggetto di successiva notifica per lo più a causa dei complessi calcoli di liquidazione dei contributi e premi dovuti - rechi i riferimenti del verbale amministrativo, così come risulta necessario che quest’ultimo rechi indicazione in ordine alla successiva definizione degli accertamenti in materia contributiva con conseguente notifica di ulteriori verbali. Qualora i tempi della verbalizzazione in materia previdenziale/assicurativa, coincidano con quelli utili per la contestazione degli illeciti amministrativi, il personale ispettivo avrà cura di assicurare una notifica tendenzialmente contestuale dei diversi verbali; al di fuori di tali ipotesi, appare comunque opportuno che la notifica dei diversi verbali non venga effettuata ad una notevole distanza temporale, ciò per consentire al destinatario di avere una visione complessiva degli esiti dell’accertamento evitando, inoltre, il sovrapporsi di strumenti di gravame.

Verbale unico di contestazione illeciti amministrativi Formule da inserire nei verbali Verbale unico di contestazione illeciti amministrativi Il presente verbale si riferisce esclusivamente alle violazioni amministrative in materia di lavoro relative al periodo dal ________ al _________, oggetto di contestazione ai sensi della L. n. 689/1981 a seguito degli accertamenti iniziati con verbale di primo accesso del _____________. In relazione agli accertamenti in materia previdenziale/assicurativa iniziati nella medesima data, seguirà, a conclusione delle relative verifiche, la notifica di apposito verbale.

Verbale previdenziale/assicurativo Formule da inserire nei verbali Verbale previdenziale/assicurativo Il presente verbale si riferisce alle violazioni in materia previdenziale/assicurativa accertate a seguito delle verifiche iniziate con verbale di primo accesso del _____________ e relativo al periodo dal _____ al _____ in relazione al quale è stato già emesso il verbale unico di contestazione di illeciti amministrativi n.__________ del ________ notificato in data ___________ e riferito al periodo dal _______ al________.

Mezzi di impugnazione La verbalizzazione separata delle risultanze ispettive consente di indicare con precisione gli strumenti di tutela attivabili da parte del destinatario del verbale in ragione della natura delle contestazioni mosse. Viene in primo luogo in rilievo l’impossibilità di ricorrere innanzi al Comitato ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004 avverso entrambi i verbali (amministrativo e contributivo) che abbiano avuto ad oggetto l’accertamento dei medesimi rapporti di lavoro sotto il profilo della loro sussistenza e/o qualificazione, dal quale sia derivata l’applicazione di sanzioni amministrative e il correlato recupero contributivo. In tal caso infatti, l’unico verbale che potrà essere impugnato innanzi al Comitato sarà quello notificato per primo, ordinariamente coincidente con il verbale unico di contestazione di illeciti amministrativi, cui seguirà il verbale contenente i profili di natura previdenziale/assicurativa.

Mezzi di impugnazione Appare opportuno che soltanto il verbale notificato per primo - e quindi impugnabile ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004 - contempli la possibilità di ricorrere al Comitato, mentre il secondo verbale - ordinariamente quello contributivo - riporterà tutti gli ulteriori mezzi di impugnativa esperibili dal destinatario in ragione delle differenti casistiche. In considerazione di quanto sopra appare opportuno che nel primo verbale sia data quindi adeguata informazione circa l’impossibilità di ricorrere avverso il successivo verbale ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004. Il verbale contributivo, qualora notificato successivamente al verbale amministrativo, potrà recare il riferimento al ricorso al Comitato ex art. 17 solo nell’ipotesi in cui con lo stesso si contestino ulteriori fattispecie di qualificazione/sussistenza del rapporto di lavoro che non abbiano determinato conseguenze sul piano sanzionatorio amministrativo (si pensi alle fattispecie di annullamento della posizione contributiva dell’amministratore erroneamente inquadrato come dipendente).

Verbale unico di contestazione illeciti amministrativi Formule da inserire nei verbali Verbale unico di contestazione illeciti amministrativi Il presente verbale si riferisce esclusivamente alle violazioni amministrative in materia di lavoro relative al periodo dal ________ al _________, oggetto di contestazione ai sensi della L. n. 689/1981 a seguito degli accertamenti iniziati con verbale di primo accesso del _____________. In relazione agli accertamenti in materia previdenziale/assicurativa iniziati nella medesima data, seguirà, a conclusione delle relative verifiche, la notifica di apposito verbale. In relazione alle contestazioni inerenti alla qualificazione/sussistenza del rapporto di lavoro, il ricorso al Comitato ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004 secondo la tempistica di cui al riquadro "Strumenti di tutela" è esperibile esclusivamente avverso il presente verbale e non nei confronti del successivo verbale in materia previdenziale/assicurativa.

Verbale previdenziale/assicurativo Formule da inserire nei verbali Verbale previdenziale/assicurativo Il presente verbale si riferisce alle violazioni in materia previdenziale/assicurativa accertate a seguito delle verifiche iniziate con verbale di primo accesso del _____________ e relativo al periodo dal _____ al _____ in relazione al quale è stato già emesso il verbale unico di contestazione di illeciti amministrativi n.__________ del ________ notificato in data ___________ e riferito al periodo dal _______ al________ In relazione alle contestazioni inerenti alla qualificazione/sussistenza del rapporto di lavoro, il ricorso al Comitato ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004 secondo la tempistica di cui al riquadro "Strumenti di tutela" è esperibile esclusivamente avverso il presente verbale e non nei confronti del successivo verbale di contestazione di illeciti amministrativi.

Competenze comitato ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004 Il Comitato per i rapporti di lavoro ha competenza a decidere in merito a tutti gli atti di accertamento dell'Ispettorato nazionale del lavoro e degli Enti previdenziali e assicurativi che abbiano ad oggetto la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro come accade, in via esemplificativa, nelle ipotesi di lavoro nero, riqualificazione co.co.co, disconoscimento di apprendistato, tirocinio, lavoro autonomo occasionale ex art. 2222 c.c. Rientrano nell’ambito della qualificazione del rapporto di lavoro anche i ricorsi avverso i verbali con i quali si disconosce il lavoro autonomo dell’artigiano o del commerciante, le cui prestazioni lavorative sono ricondotte ad un rapporto di lavoro subordinato nonché le ipotesi di disconoscimento di rapporti di lavoro subordinato inquadrati in collaborazioni familiari (così come l’ipotesi inversa.

Competenze comitato ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004 Non è oggetto di ricorso al Comitato il verbale o il provvedimento adottato d’Ufficio con il quale sia stata disconosciuta la natura artigianale dell’impresa con conseguente annullamento della posizione contributiva nella relativa gestione; l’eventuale ricorso dovrà, quindi, essere dichiarato inammissibile dal Comitato ex art. 17 atteso che viene in tal caso in rilievo una questione inerente al diverso inquadramento previdenziale del lavoratore autonomo. Con riferimento agli accertamenti aventi ad oggetto il disconoscimento di rapporti di lavoro simulati contraddistinti dalla insussistenza di una prestazione lavorativa, si ritiene che la ricostruzione dei fatti operata dal personale ispettivo in veste di Ufficiale di P.G. debba essere oggetto esclusivamente del sindacato della magistratura penale. Per tale motivo, l’impugnazione dei verbali da parte del datore di lavoro innanzi al Comitato ex art. 17 verranno dichiarati inammissibile per carenza di competenza.

Competenze comitato ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004 In relazione a tali casi si segnala la necessità di inserire nel provvedimento di disconoscimento del rapporto di lavoro che l’INPS adotta e notifica al lavoratore una adeguata motivazione - nei limiti di quanto consentito dall’art. 329 c.p.p. (segreto istruttorio) - anziché riportare solo gli estremi del verbale ispettivo che viene notificato solo al datore di lavoro "fittizio" e non al lavoratore. Sarà opportuno che siano date puntuali indicazioni in merito ai mezzi di impugnazione esperibili secondo quanto disposto con lettera circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 2931 del 2 marzo 2009. Non rientrano nell’ambito dei rapporti di lavoro fittizi le ipotesi di annullamento della posizione contributiva (come ad esempio il caso del socio amministratore erroneamente inquadrato quale lavoratore subordinato già citato in precedenza o del familiare convivente inquadrato come lavoratore subordinato). Tali fattispecie riguardano la qualificazione del rapporto di lavoro e i relativi verbali sono ricorribili esclusivamente dal datore di lavoro innanzi al Comitato ex art. 17.

Ricorso ex art. 16 D.P.R. 1124/1965 (DIFFIDA AD ADEMPIERE) Con riferimento al ricorso all’Ispettorato ex art. 16 del D.Lgs. n. 1124/1965 si richiama quanto contenuto nella circolare del Ministero del lavoro n. 16/2010, circa la possibilità di una sovrapposizione con il mezzo di impugnazione previsto dall’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004 nei casi in cui i due ricorsi trovino entrambi causa in un verbale di accertamento che abbia ad oggetto la sussistenza o la qualificazione del rapporto di lavoro. In tali casi, al fine di assicurare l’uniformità del giudizio, appare opportuno che l’Ispettorato territoriale adito ai sensi dell’art. 16 sospenda la trattazione de gravame fino a quando non intervenga il provvedimento del Comitato.

Ricorso ex art. 16 D.P.R. 1124/1965 (DIFFIDA AD ADEMPIERE) Nel caso in cui il soggetto interessato non abbia presentato nei termini il ricorso ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004 o quest’ultimo sia stato rigettato ed il ricorso ex art. 16 D.P.R. n. 1124/1965 venga presentato successivamente, lo stesso andrà dichiarato inammissibile nei limiti dell’identità dell’oggetto. Il ricorso ex art. 16 può essere trattato nel merito solo se con lo stesso non si contesti la sussistenza o la qualificazione del rapporto di lavoro ma unicamente i presupposti dell’obbligo assicurativo in relazione alla tipologia di attività tutelata; in tal caso, infatti, la differenza tra le questioni oggetto di impugnativa esclude la sussistenza di un rapporto di pregiudizialità tra i due ricorsi.

VERBALIZZAZIONE ACCERTAMENTI ISPETTIVI PRECLUSIONI EX ART. 3, COMMA 20, LEGGE 335/1995 CIRC. INL N. 4 del 11 febbraio 2019

La preclusione è l'impedimento a compiere un determinato atto giuridico, per il mancato compimento di un atto antecedente o per l'incompatibilità di un'attività precedentemente svolta.

L’INL, con circ. 4, precisa che il regime delle preclusioni inerisce esclusivamente agli accertamenti di natura previdenziale ed assicurativa, in relazione ai quali l’art. 3, comma 20, L. n. 335/1995, modificato da L. n. 402/1996, dispone che "gli accertamenti ispettivi in materia previdenziale e assicurativa esperiti nei confronti dei datori di lavoro debbono risultare da appositi verbali, da notificare anche nei casi di constatata regolarità. Nei casi di attestata regolarità ovvero di regolarizzazione conseguente all'accertamento ispettivo eseguito, gli adempimenti amministrativi e contributivi relativi ai periodi di paga anteriori alla data dell'accertamento ispettivo stesso non possono essere oggetto di contestazioni in successive verifiche ispettive, salvo quelle determinate da comportamenti omissivi o irregolari del datore di lavoro o conseguenti a denunce del lavoratore". La norma trova applicazione "anche agli atti e documenti esaminati dagli ispettori ed indicati nel verbale di accertamento, nonché ai verbali redatti dai funzionari dell'Ispettorato del lavoro in materia previdenziale e assicurativa".

Le preclusioni si riferiscono esclusivamente alle contestazioni contenute in "verifiche ispettive" ed operano, pertanto, solo in relazione all’attività di vigilanza, senza pregiudizio per le verifiche d’ufficio in ordine alla sussistenza dei crediti previdenziali ed alla regolarità delle posizioni assicurative. Nell’ambito di verifiche ispettive effettuate in materia previdenziale ed assicurativa, le preclusioni operano limitatamente alle seguenti ipotesi: - la verifica ispettiva ha accertato la regolarità della posizione del datore di lavoro in materia previdenziale e assicurativa, in relazione agli specifici aspetti esaminati, limitatamente al periodo temporale, alle posizioni esaminate e allo specifico oggetto dell’accertamento e così come indicati nel verbale di attestazione di regolarità rilasciato al soggetto ispezionato; - a seguito dell'accertamento, il datore di lavoro ha provveduto a regolarizzare, sotto il profilo previdenziale ed assicurativo, le posizioni oggetto di accertamento, relative a tutti i periodi esaminati ed oggetto di contestazione.

La preclusione non si configura nell’ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia provveduto alla integrale regolarizzazione delle contestazioni mosse. Anche in caso di rilascio di attestato di regolarità o di regolarizzazione da parte del datore di lavoro, la norma esclude comunque, espressamente, il realizzarsi della preclusione nei casi in cui le ulteriori verifiche ispettive siano state originate "da comportamenti omissivi o irregolari del datore di lavoro o conseguenti a denunce del lavoratore". Al riguardo, la circolare INPS n. 226/1996 elenca, in via esemplificativa, i comportamenti omissivi del datore di lavoro, rilevanti ai sensi della disposizione richiamata, tra i quali "...il rifiuto alla esibizione della documentazione richiesta, il diniego di accesso nei locali di lavoro, il rifiuto od intralcio alla raccolta di dichiarazioni, la mancata collaborazione alle indagini".

Per quanto concerne, i comportamenti irregolari, l’Istituto fa riferimento alle "mancate registrazioni di lavoratori nel libro matricola o nel libro paga, ovvero a registrazioni di retribuzioni inferiori a quelle effettivamente corrisposte, non rilevabili al momento dell'ispezione sulla base degli interrogatori effettuati e della documentazione resa disponibile", che possono riscontrarsi anche a chiusura del verbale, sia a seguito di denunce presentate dai lavoratori che per "fatti interni ed esterni all'Istituto per i quali l'Istituto stesso ne è venuto a conoscenza in momenti successivi". Stando alla lettera della norma, dunque, il regime delle preclusioni non opera in caso di accertamenti di violazioni compiute in materie diverse da quelle previdenziali ed assicurative.

Modalità della verbalizzazione Il regime delle preclusioni si estende, per espressa previsione del comma 20 dell’art. 3 della L. n. 335/1995, "anche agli atti e documenti esaminati dagli ispettori ed indicati nel verbale di accertamento, nonché ai verbali redatti dai funzionari dell'Ispettorato del lavoro in materia previdenziale e assicurativa". La norma fa riferimento agli atti e ai documenti richiesti e, dunque, esaminati dagli ispettori del lavoro ai fini di verifica previdenziale e/o assicurativa.

Modalità della verbalizzazione Il libro unico rappresenta uno dei documenti il cui esame potrebbe determinare una preclusione in materia previdenziale ed assicurativa laddove - a fronte di una richiesta di esibizione non adeguatamente esplicitata in relazione alle finalità dell’indagine - venisse adottato, al termine degli accertamenti, un verbale che contesti solo alcune omissioni contributive che il datore di lavoro provvedesse a regolarizzare. Ad esempio, la richiesta del libro unico esplicitamente finalizzata al controllo del rispetto dei tempi di riposo o delle ferie non preclude l’esame del medesimo documento e le conseguenti eventuali contestazioni nell’ambito di una successiva ispezione che abbia ad oggetto la verifica, ai fini della corretta determinazione dell’imponibile previdenziale, delle indennità di trasferta, dei premi, della consistenza della prestazione lavorativa in termini di orario e relativa retribuzione o del rispetto dei minimi contrattuali previsti dal CCNL.

Modalità della verbalizzazione L’INL invita pertanto gli ispettori a specificare, nel verbale di primo accesso, l’oggetto dell’accertamento ispettivo, quantomeno in ordine alle finalità di verifica riportando - a titolo esemplificativo - la seguente dicitura: la presente verifica è finalizzata esclusivamente al controllo della regolarità amministrativa dei rapporti di lavoro e/o all’esame dei profili previdenziali e/o assicurativi in relazione al periodo dal ___ al _____.

Modalità della verbalizzazione L’oggetto dell’accertamento potrà essere indicato in termini più precisi laddove, in sede di programmazione, siano stati maggiormente specificati gli obiettivi dell’azione di vigilanza da perseguire (come, ad esempio, nel caso di verifica del rispetto della normativa in materia di collocamento obbligatorio oppure Richiesta intervento relativamente alla sola posizione di un lavoratore cessato). Qualora nel corso di una verifica ispettiva circoscritta nei termini anzidetti emergano ulteriori profili da approfondire, sarà sempre possibile ampliare l’oggetto dell’indagine ispettiva con riferimento all’ambito, al periodo o alle posizioni lavorative esaminate, formalizzando le necessarie ulteriori richieste documentali mediante notifica di un verbale interlocutorio.

Modalità della verbalizzazione Pertanto, anche un accertamento inizialmente avente ad oggetto la verifica della regolarità amministrativa dei rapporti di lavoro potrà essere estesa ad ulteriori aspetti previdenziali - diversi da quelli direttamente conseguenti alla verifica amministrativa (cfr. come nell’esempio di lavoro nero sopra riportato) - che andranno esplicitati nel verbale interlocutorio, anche in relazione all’esame del LUL già acquisito. Il verbale interlocutorio, oltre che per integrare le richieste documentali ed istruttorie, può infatti servire anche a notiziare il soggetto ispezionato dell’eventuale estensione dell’oggetto dell’accertamento, dando contestualmente atto delle attività istruttorie già compiute.

Modalità della verbalizzazione Il verbale unico di conclusione degli accertamenti dovrà, infine, riportare l’indicazione puntuale degli atti e documenti esaminati in relazione alle finalità dell’accertamento, alle singole posizioni dei lavoratori interessati e al periodo oggetto di verifica anche in coerenza con le indicazioni contenute nelle verbalizzazioni precedenti (ad es., in caso di appalto, il LUL esaminato dal n. ___ al. n. ___ ha riguardato esclusivamente l’impiego di personale nell’appalto con la ditta ____ per il periodo dal ___ al ___). Allo stesso modo, anche l’attività di vigilanza vertente esclusivamente in materia previdenziale e/o assicurativa potrà essere focalizzata su specifici aspetti. (es. trasferte, indennità di malattia, maternità, assegni familiari, rischio assicurato, lavoro nero, lavoratrici madri, collaboratori occasionali, tirocini),

Contestazione e notificazione

FONTI Art. 14 legge 24.11.1981, n. 689 Ministero del Lavoro - circolare 19 dicembre 1992, n. 146 Ministero del Lavoro – nota 4 febbraio 2004, n. 146 TERO

Indice Contestazione e notificazione Forma della contestazione Elementi della contestazione/notificazione Definizione della contestazione Effetti dell’omissione della contestazione e della notificazione Decesso del trasgressore principale Procedura di notificazione

(CONTESTAZIONE E NOTIFICAZIONE) Art. 14 (CONTESTAZIONE E NOTIFICAZIONE)   La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa. Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento. Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all'autorità competente con provvedimento dell'autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione.

(CONTESTAZIONE E NOTIFICAZIONE) Art. 14 (CONTESTAZIONE E NOTIFICAZIONE)   Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche da un funzionario dell'amministrazione che ha accertato la violazione (1). Per i residenti all'estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto nel secondo comma dell'art. 22 per il giudizio di opposizione. L'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto.

1. Contestazione e notificazione Quando è possibile, il personale ispettivo deve contestare immediatamente la violazione in materia di lavoro e di legislazione sociale, sia al trasgressore, sia alla persona che risulti essere obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa. Ove ciò non sia possibile, il verbale d’accertamento deve essere notificato agli stessi, se residenti in Italia, entro novanta giorni e, se residenti all’estero, entro trecentosessanta giorni dall’accertamento

1. Contestazione e notificazione Il personale ispettivo non è libero di scegliere indifferentemente tra la contestazione e la notificazione Non è superfluo invece sottolineare, ancora una volta, che l'enunciazione del disposto dell'art. 14 della legge non dà luogo a dubbi interpretativi circa la priorità della contestazione immediata rispetto alla notificazione; il ricorso a quest'ultimo atto, deve pertanto ritenersi legittimato soltanto dalla motivata impossibilità di adottare la contestazione immediata e ciò deve emergere dal contesto del processo verbale. Si ritiene infine che, ove la contestazione immediata non sia resa possibile nei confronti di tutte le persone coinvolte (corresponsabili o obbligati solidali), essa debba essere eseguita nei confronti di coloro per i quali tale impossibilità non si sia realizzata. Min.Lav., circ.n. 146/1992

1. Contestazione e notificazione L’obbligo dell’immediata contestazione è stato notevolmente ridimensionato dalla giurisprudenza, nel senso che ammette che la notifica nei termini di legge sia più che sufficiente a garantire il diritto di difesa, decorrendo il termine per proporre ricorso all’Autorità competente per l’irrogazione dell’ordinanza ingiunzione indifferentemente dalla contestazione o dalla notificazione. In particolare è stato sostenuto che “la mancata contestazione personale dell'infrazione quando ne sussista la possibilità non costituisce causa di estinzione dell'obbligazione di pagamento delle correlative sanzioni pecuniarie, e non invalida, pertanto, la successiva ordinanza - ingiunzione, ove si sia proceduto, comunque, alla notificazione degli estremi della violazione nel prescritto termine. La previsione di tale contestazione differita manifestamente non viola il diritto di difesa garantito dall'art. 24 cost., poiché il termine per proporre ricorso decorre indifferentemente dalla contestazione o dalla notificazione”

2. Forma della contestazione l'art. 14, comma 4, legge n. 689/1981 si limita a stabilire che per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti la giurisprudenza ha ritenuto che la forma scritta costituisce un requisito necessario per la stessa esistenza dell'atto di contestazione/notificazione (Cass. civ., sez. I, 21.2.1997, n. 1609). la mancata consegna della copia al trasgressore o la consegna di una copia incompleta, errata o gravemente inesatta, non può essere ritenuta idonea ad integrare una valida contestazione d'illecito amministrativo.

3. Elementi della contestazione/notificazione l'intestazione: l'indicazione impersonale della Pa irrogante, nella sua qualità di Autorità che emana l'atto; il preambolo: l'atto deve individuare l'identità dei funzionari verbalizzanti, della identità e delle generalità del trasgressore e delle persone obbligate in solido; la motivazione: devono essere descritti gli atti istruttori compiuti, oltre agli elementi di fatto e di diritto che consentono l'adozione del provvedimento; la contestazione: si devono contestare al trasgressore ed all'eventuale obbligato in solido le norme violate, nonché i comportamenti accertati;

3. Elementi della contestazione/notificazione la data: è necessario indicare il giorno, il mese e l'anno in cui viene redatto l'atto, al fine d'individuare la decorrenza del termine 30 gg. per la produzione gli scritti difensivi (art. 18, legge n. 689/1981) e per il deposito del ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro (art. 17, D.Lgs. n. 124/2004), nonché per la decorrenza del termine di 60 gg. per il pagamento della sanzione in misura ridotta (art. 16, legge n. 689/1981); la sottoscrizione: è necessaria la firma del funzionario verbalizzante che ha redatto il provvedimento e che ha condotto gli accertamenti; la clausola di garanzia difensiva: il provvedimento deve avvertire il trasgressore e l'eventuale obbligato solidale della possibilità di presentare scritti difensivi, chiedendo di essere sentiti personalmente, nonché di depositare un ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro;

3. Elementi della contestazione/notificazione l'ammissione al pagamento della sanzione in misura ridotta: nel provvedimento viene (non obbligatoriamente) indicato l'esatto ammontare della sanzione in misura ridotta, con l'espresso avvertimento al trasgressore ed all'eventuale obbligato solidale della possibilità di effettuare il relativo pagamento nei successivi 60 gg., indicandone i codici tributo, il codice ufficio e la causale; la relata di notifica: il funzionario verbalizzante deve redigere un verbale con valore di atto pubblico allegato alla notificazione attraverso il quale dà atto dell'avvenuta consegna in data certa di copia del provvedimento predetto ai destinatari.

4. Definizione della contestazione Un accertamento ispettivo può essere dichiarato come definito, nel momento in cui il personale ispettivo acquisisce gli elementi di fatto delle infrazioni commesse e, di conseguenza, procede, con immediatezza, alla contestazione dell'illecito, oppure, soltanto, nell'ipotesi in cui questa non sia materialmente possibile, alla relativa notificazione. quando risulti impossibile effettuare la contestazione immediata a tutti i destinatari, od anche ad uno soltanto di essi, è ammessa la possibilità di procedere alla notificazione del processo verbale (entro il termine di 90 gg. o, per i residenti all'estero, di 360 gg. dall'accertamento) a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento

4. Definizione della contestazione per quanto concerne la quantificazione dei tempi che il personale ispettivo può impiegare per redigere il verbale d'accertamento, la Cassazione ha chiarito che essa è legata alla complessità delle indagini da svolgere. La Cassazione ha affermato che la mera notizia del fatto materiale non coincide con la nozione di accertamento che si realizza quando l'organo di vigilanza acquisisce la piena conoscenza dell'illecito idonea a giustificare la redazione del rapporto previsto dall'art. 17, legge n. 689/1981 – Cass. 27.3.2003, n. 4670 - la data di commissione della violazione non produce alcun effetto per quel che concerne la decorrenza dei 90 gg. ai fini della comunicazione della violazione, rilevando unicamente ai fini del computo del termine iniziale di prescrizione di cui all'art. 28, legge n. 689/1981.

5. Effetti dell’omissione della contestazione e della notificazione La contestazione/notificazione impedisce che intervenga l'estinzione dell'obbligazione di pagare la sanzione amministrativa pecuniaria, la quale insorge a seguito dell'inutile decorso del termine fissato per effettuare la contestazione, o la notificazione. L'effetto estintivo si verifica esclusivamente nei confronti del soggetto al quale non sono state contestate né notificate le violazioni da egli commesse e non si comunica al coautore ex art. 5, legge n. 689/1981, né all'obbligato solidale ex art. 6, legge n. 689/1981.  

6. Decesso del trasgressore principale … alla luce di un orientamento giurisprudenziale ormai da considerarsi consolidato, di poter sostenere l'interpretazione estensiva del combinato disposto degli artt. 6 e 7 della legge n. 689/1981, in base alla quale la morte dell'autore della violazione determina non soltanto l'intrasmissibilità ai suoi eredi della obbligazione di pagare la somma dovuta per la sanzione irrogata, ma altresì l'estinzione dell'obbligazione a carico dell'obbligato solidale individuato.  Min.Lav., nota n. 146/2004

7. Procedura di notificazione Ai sensi dell'art. 14, comma 4, legge n. 689/1981, la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche da un funzionario dell'amministrazione che ha accertato la violazione.   Pertanto, la notificazione d'illecito amministrativo può avvenire, secondo le regole di cui agli artt. 138-151 c.p.c., od, in alternativa, a mezzo del servizio postale ai sensi della legge 20.11.1982, n. 890.

7. Procedura di notificazione Oggetto Contenuto Mancata notificazione del piego e suo deposito presso l'ufficio postale o di una dipendenza Qualora le persone abilitate alla ricezione del piego, in sostituzione del destinatario, si rifiutino di riceverlo, o qualora l'agente postale non può recapitarlo a causa dell'assenza temporanea del destinatario, o per mancanza, o per inidoneità, o per assenza delle persone poc'anzi indicate, il piego deve essere depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale o presso una sua dipendenza. Comunicazione al destinatario L'agente postale deve dare notizia al destinatario del tentativo di notificazione del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o presso una sua dipendenza, mediante avviso in busta chiusa a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso d'assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso, oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio, o dell'azienda. Contenuto dell'avviso L'avviso deve contenere l'indicazione del soggetto che ha richiesto la notificazione e del suo eventuale difensore, dell'ufficiale notificante al quale la notificazione è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell'indirizzo dell'ufficio postale o della sua dipendenza presso cui il deposito è stato effettuato, nonché l'invito espresso al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di 6 mesi, con l'avvertimento che la notificazione s'intende eseguita trascorsi 10 giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di 6 mesi, l'atto sarà restituito al mittente.

7. Procedura di notificazione Oggetto Contenuto Mancata ritiro della raccomandata Trascorsi 10 gg. dalla data spedizione della lettera raccomandata di cui all'art. 8, comma 2, legge n. 890/1982, senza che il destinatario ne abbia curato il ritiro, l'avviso di ricevimento è immediatamente restituito al mittente in raccomandazione con l'annotazione in calce, sottoscritta dall'agente postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione "atto non ritirato o entro il termine di 10 gg." e della data di restituzione. Mancato ritiro del piego depositato presso l'ufficio postale Trascorsi 6 mesi dalla data in cui il piego è stato depositato nell'ufficio postale o in una sua dipendenza senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'agente postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione "non ritirato entra il termine di 180 gg." e della data di restituzione. Esecuzione della notificazione La notificazione s'intende eseguita trascorsi 10 gg. dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui all'art. 8, comma 2, legge n. 890/1982, oppure dalla data dell'avvenuto ritiro del piego, qualora essa risulti essere anteriore.

Pagamento in misura ridotta (Art. 16 legge 24.11.1981, n. 689)

(PAGAMENTO IN MISURA RIDOTTA) Art. 16 (PAGAMENTO IN MISURA RIDOTTA)   E' ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi é stata, dalla notificazione degli estremi della violazione (1). Per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all'interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma. (2) Il pagamento in misura ridotta e' ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all'entrata in vigore della presente legge non consentivano l'oblazione

eliminazione delle conseguenze giuridiche dell’infrazione. Pagamento in misura ridotta Il pagamento in misura ridotta della somma dovuta in luogo della sanzione, per le violazioni amministrative costituisce una forma agevolate di eliminazione delle conseguenze giuridiche dell’infrazione. Anche a seguito di accertamenti in materia di lavoro, l’ordinamento concede la facoltà di estinguere la sanzione pecuniaria con modalità più favorevoli, rispetto a quelle che, eventualmente, ma presumibilmente, verranno comminate all’esito dell’intera procedura. Lo scopo palese appare quello di suscitare un’adesione immediata (acquiescenza) dei ritenuti responsabili a una pretesa pubblica – limitata e predefinita –, con rinuncia dell’ordinamento a fare valere ulteriori e più cospicue pretese.

Pagamento in misura ridotta Ove si versi nel caso di violazioni materialmente sanabili, precedentemente a tale ammissione, il datore di lavoro a cui sia sostanzialmente (non formalmente) attribuito un illecito amministrativo sanabile, potrà eventualmente corrispondere il minimo edittale, purché provveda a regolarizzare le infrazioni (ottemperanza alla cd. diffida obbligatoria). La legge dispone che il trasgressore e la persona solidalmente obbligata al pagamento di eventuali sanzioni amministrative, siano ammesse a versare una somma in misura ridotta – pari alla terza parte del massimo edittale prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole (e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale), pari al doppio del relativo importo –, oltre alle spese del procedimento di contestazione (di norma si tratta delle sole spese postali e di notifica). Il termine ultimo per effettuare validamente tale pagamento corrisponde al sessantesimo giorno da quello in cui si è provveduto alla rituale contestazione o notificazione degli estremi della violazione ( il termine deve essere calcolato a giorni e non a mesi)

Pagamento in misura ridotta Il superamento del termine di legge senza che si sia fatto luogo al versamento dell’intero importo da corrispondere rende inefficace l’effetto definitorio del pagamento tardivo comunque pervenuto e costringe l’autorità competente a concludere la procedura amministrativa con l’assunzione espressa del provvedimento sanzionatorio (ordinanza-ingiunzione).

Pagamento in misura ridotta Nel caso in cui il pagamento non sia avvenuto «ritualmente» la parte che ha corrisposto le somme può legittimamente ripetere l’indebito. Tuttavia, usualmente gli Uffici, con l’acquiescenza degli stessi interessati (la cui condotta pregressa risulta così sostanzialmente conciliativa e adesiva rispetto alla pretesa pubblica), sono soliti imputare i versamenti già effettuati quali «anticipi» sulle somme ancora dovute a titolo di sanzione. In tali ipotesi l’ordinanza-ingiunzione, determinata la sanzione pecuniaria complessivamente dovuta, ingiunge di fatto il pagamento del solo «conguaglio» di cui residua il pagamento

Pagamento in misura ridotta Per esempio, nel caso del pagamento tardivo di una somma in misura ridotta pari a 3.000 euro, effettuato al sessantunesimo giorno (anziché, come previsto, entro il sessantesimo), ove l’autorità competente ritenga di determinare con l’ordinanza-ingiunzione la sanzione amministrativa in 5.000 euro, all’interessato potrà essere «concesso» di versare la differenza di quanto dovuto (cioè, 2.000 euro), imputandola correttamente alle relative violazioni.

Pagamento in misura ridotta con il versamento tempestivo dell’intera somma dovuta in misura ridotta, si viene ad estinguere, ad un tempo, l’obbligazione di pagamento, tanto del trasgressore, quanto dell’eventuale obbligato in solido. E ciò, a prescindere da chi ha provveduto all’adempimento.

Pagamento in misura ridotta Nell'ipotesi in cui il contravventore proponga ricorso, vengono meno le ragioni del pagamento in misura ridotta, ed egli non può più avvalersi del relativo beneficio, siano o meno decorsi i termini, mentre il pagamento in misura ridotta effettuato nonostante la previa proposizione del ricorso resta privo di effetti, anche sul piano processuale.

Pagamento in misura ridotta Il pagamento in misura ridotta, che l'art.16 della legge 24 novembre 1981 n. 689 contempla con il versamento di una somma pari al terzo del massimo della pena edittale, ovvero, se più favorevole, al doppio del minimo, trova applicazione anche quando si tratti di sanzione determinata in misura fissa, o in misura proporzionale. Nel caso in cui si tratti di una sanzione determinata in misura fissa il minimo ed il massimo edittale s’identificano entrambi in detta misura fissa, e di conseguenza il pagamento in misura ridotta deve essere commisurato ad un terzo della sanzione inflitta

Quantificazione della somma in misura ridotta IL CASO Quantificazione della somma in misura ridotta Gli ispettori intervenuti presso un datore di lavoro rilevano la commissione di una violazione di cui la legge espressamente esclude la sanabilità. Per tale infrazione la legge prevede sanzioni tra un minimo di 2.000 euro e un massimo di 12.000 euro, oltre al pagamento di 600 euro per singola giornata in cui ha avuto luogo la condotta. I funzionari, che hanno raggiunto la prova che la violazione è stata commessa in tre giornate, procedono a predisporre il verbale di accertamento dell’illecito e lo notificano al trasgressore e al suo obbligato in solido. La somma quantificata ai fini del pagamento in misura ridotta è pari, nel complesso, a 5.800 euro. L’azienda, rilevato che non è dato comprendere le modalità di calcolo specifico, pure non ammettendo il fatto, si dice disposta a definire la propria posizione, ma solo corrispondendo 4.600 euro a titolo di somma in misura ridotta. È corretto il calcolo operato dall’azienda?

Sì, il calcolo operato dall’azienda risulta corretto Sì, il calcolo operato dall’azienda risulta corretto. Va innanzitutto osservato che, a pena di illegittimità della contestazione, le parti a cui essa perviene devono avere chiara contezza dei fondamenti di legge e delle modalità di calcolo delle somme indicate nel verbale. Altrimenti, viene a sorgere un’evidente lesione dei diritti di garanzia. Quindi, appare palese che la somma vada quantificata in questi termini: 4.000 euro (corrispondente alla somma pari sia al doppio del minimo, sia al terzo del massimo), a cui si sommano ulteriori 600 euro (pari a un terzo della somma dovuta per giornata, moltiplicata per tre giorni). In tale senso va calcolata la somma aggiuntiva (cioè 200 euro per tre giornate), salvo che la legge chiaramente indichi che essa è dovuta in misura fissa. Gli ispettori avevano calcolato non correttamente la misura ridotta relativa ai 600 euro, ritenendoli da applicare in misura «immodificabile».

(OBBLIGO DEL RAPPORTO) Art. 17 (OBBLIGO DEL RAPPORTO)   Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione, salvo che ricorra l'ipotesi prevista nell'art. 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all'ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto. Se il sanzionato non esegue il pagamento in misura ridotta, l’agente accertatore, salvo che l’illecito debba ritenersi oggettivamente connesso con un reato ai sensi dell’art. 24 l. 689/81, deve, ai sensi dell’art. 17 l. 689/81, fare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all'ufficio competente ad emettere l’ordinanza – ingiunzione. Art. 24: reato

L’orientamento della giurisprudenza Obbligo del rapporto La giurisprudenza sul punto ha avuto modo di precisare che con riferimento al luogo ove è stata commessa l'infrazione, in base al quale deve essere individuata — anche per quanto concerne la confisca del veicolo contemplata dall'art. 21, terzo comma, l. 689/81 — sia l'autorità amministrativa alla quale spetta di emettere il provvedimento sanzionatorio (art. 17), sia il giudice funzionalmente ed inderogabilmente competente in ordine al giudizio d'opposizione (art. 22), s’identifica con il luogo in cui l'infrazione stessa è stata accertata, restando di conseguenza esclusa, anche quando la violazione presenti caratteri di continuità o permanenza, la configurabilità di competenze concorrenti di più autorità (Cass. civ., Sez. U., sent. n. 4131 del 17-06-1988) L’orientamento della giurisprudenza

L’orientamento della giurisprudenza Obbligo del rapporto Più precisamente, per luogo in cui è stata commessa l'infrazione - in base al quale si radicano, sia la competenza dell'autorità amministrativa cui spetta di emettere il provvedimento sanzionatorio (art. 17 l. 689/81), nel luogo della commissione della violazione, sia quella del giudice dell'opposizione allo stesso (art. 22) - deve intendersi anche quello in cui l'infrazione è stata accertata (purché sussista la competenza territoriale degli organi accertatori), criterio - quest'ultimo- che non si sostituisce a quello del luogo della commessa violazione, ma lo presuppone. Ove, peraltro, vi sia contemporaneità di violazioni commesse in luoghi diversi, resta esclusa la possibilità di fare riferimento esclusivo al criterio del luogo di commissione dell'illecito amministrativo, dovendo esso essere integrato con il criterio del luogo dell'accertamento -  Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 9708 del 17-07-2001 L’orientamento della giurisprudenza

Ordinanza - Ingiunzione (Art. 18 legge 24.11.1981, n. 689)

Ordinanza - Ingiunzione In ambito amministrativo si ha vera e propria irrogazione della sanzione amministrativa solo quando l’Ufficio competente – a cui di solito appartengono gli ispettori del lavoro che hanno accertato i fatti , procede a formare e notificare ordinanza di ingiunzione. Con tale provvedimento si quantifica la misura pecuniaria dovuta dal trasgressore, e dagli altri obbligati in solido, e si adottano gli altri provvedimenti definitivi previsti dalla legge.

Ordinanza - Ingiunzione Qualora a seguito di un accertamento ispettivo si riscontrino violazioni di carattere amministrativo, ove i trasgressori – a cui siano state contestate – non abbiano già provveduto a corrispondere le somme previste a titolo di pagamento ridotto per la definizione anticipata della procedura (comunemente, ma impropriamente, definite «sanzioni»), l’autorità competente è chiamata per legge a determinare, con ordinanza motivata, le sanzioni (intese in senso tecnico) per tali violazioni e a ingiungerne il pagamento. L’ingiunzione è rivolta all’autore della violazione e alle persone che vi sono obbligate solidalmente. A pena d’invalidità dell’ordinanza-ingiunzione, esse devono coincidere con le stesse persone già destinatarie dei provvedimenti di contestazione degli addebiti.

Ordinanza di archiviazione L’autorità competente provvede, allorquando ritenga fondato l’accertamento ispettivo, sentito il trasgressore o il soggetto obbligato in solido – se ne hanno fatto espressa richiesta – e dopo avere esaminato la documentazione inviata e gli argomenti esposti negli scritti difensivi. Nel caso in cui, infatti, si ritenga che per ragioni di diritto o di fatto non sussistano, in tutto o in parte, i presupposti per procedere all’irrogazione delle sanzioni e, quindi, per sostenere eventuali vertenze in sede amministrativa o giudiziaria, si procede con un’ordinanza motivata di archiviazione. Quest’ultima va comunicata, per conoscenza e integralmente, all’organo ispettivo che ha redatto il rapporto amministrativo.

Elementi essenziali dell’ordinanza – ingiunzione: Qualora l’autorità competente ritenga fondato l'accertamento ispettivo, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente (ordinanza – ingiunzione) la legge n. 689/1981 non detta una specifica disciplina sugli elementi essenziali dell'ordinanza-ingiunzione pertanto trovano applicazione i principi generali in materia di contenuto del provvedimento amministrativo e le disposizioni della legge n. 241/1990

Elementi essenziali dell’ordinanza – ingiunzione: Non tutti questi elementi sono essenziali per l'esistenza, o, comunque, per la validità dell'ordinanza-ingiunzione. La legge n. 689/1981 si limita a disporre che sia indicato l'ufficio presso il quale eseguire il pagamento. Niente dice circa il termine entro il quale poter proporre opposizione. La giurisprudenza ha risolto il problema estendendo all'ordinanza- ingiunzione l'ambito di applicabilità della normativa generale contenuta nell'art. 3, ultimo comma, legge n. 241/1990, il quale dispone che, in ogni atto notificato al destinatario, debbano essere indicati il termine e l'Autorità cui è possibile ricorrere. Tuttavia, tale omissione non è causa di nullità dell'ordinanza-ingiunzione, poiché l'assenza di siffatti elementi impedisce semplicemente il decorrere del termine per ricorrere (Cass civ., sez. I, 18.7.2000, n. 9443).

Oggetto dell’ordinanza – ingiunzione: Consiste nel fatto illecito contestato e sanzionato. Il contenuto dell'ordinanza-ingiunzione deve esplicitare la valutazione della responsabilità del trasgressore (e degli eventuali obbligati solidali), nel controllo della fondatezza dell'accertamento ispettivo e nella determinazione dell'ammontare della somma dovuta a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria. Tale fatto, già contestato e/o notificato ex art. 14, commi 1 e 2, legge n. 689/1981, non può essere modificato nell'ordinanza-ingiunzione a pena di vizio di illegittimità della stessa,

Motivazione dell’ordinanza – ingiunzione: Così come ogni provvedimento amministrativo l’ordinanza ingiunzione deve essere motivata; la motivazione può avvenire anche con un'esposizione sintetica delle ragioni sottese all'emanazione dell'atto che renda possibile il controllo della valutazione della responsabilità e della gravità della condotta illecita, non essendo invece sufficiente la sola indicazione della norma violata (cfr. Cass. n. 7138/1995). Nella motivazione devono essere in ogni caso considerate le deduzioni espresse in sede di audizione personale ex art. 18, legge n. 689/1981 senza la necessità per l’intimante di esplicitare le ragioni per le quali non ha eventualmente condiviso le tesi difensive dell’obbligato (Cass.Lav. 27.10.2009 n. 22658)

Importo della sanzione viene stabilita tra i minimi e i massimi edittali previsti, tenuto conto, tra l’altro, della gravità dei fatti commessi, della condotta dell’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, personalità dell’agente: deve tenersi presente la specifica capacità del soggetto, o inclinazione, a trasgredire la legge anche alla luce di eventuali comportamenti tenuti in passato dal trasgressore, di comportamenti tenuti anche nella fase istruttoria, e in generale di una condotta più o meno collaborativa; condizione economica dell’agente: l'incidenza della sanzione sul patrimonio dello stesso,

Importo della sanzione Tali criteri sono da ritenersi obbligatori, ma non necessariamente condizionanti, nel senso che non vincolano in modo assoluto la determinazione discrezionale.   Per calcolare l’importo della sanzione si dovrà procedere come segue: 1) per la base di calcolo si fraziona la differenza tra il limite minimo ed il limite massimo della sanzione, che rappresenta la fascia di oscillazione rimessa a valutazione discrezionale, in 10 punti, in modo da aggiungere all'importo base (= minimo sanzione) tanti decimi quanti ne risultano dalla somma algebrica dei parametri relativi agli elementi in cui si concretizzano la "gravità della violazione", l'"opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione", "la personalità dello stesso" e le sue "condizioni economiche"; Circ. Min. Lav. . 121/1988

Importo della sanzione 2) nei casi in cui la sanzione non prevede un minimo, si considera come tale la sanzione in misura ridotta ex articolo 16 (1/3 del massimo); 3) elementi aggiuntivi: (somma algebrica dei decimi relativi agli elementi aggravanti ed attenuanti); 4) nel caso che la somma algebrica dei vari parametri corrispondenti agli elementi di valutazione risulti inferiore al minimo edittale, appare ovvio che l'importo della sanzione non può essere equivalente a tale stesso minimo. Si ritiene opportuno precisare che l'ipotesi formulata riveste carattere puramente esemplificativo, utile ai fini della uniformità di valutazione degli uffici, non vincola pertanto il potere discrezionale dell'organo competente. Circ. Min. Lav. . 121/1988

Contestazione immediata d’illecito amministrativo (art. 14 c.1, Legge n. 689/81) oppure Notificazione d’illecito amministrativo entro 90 gg. (art. 14 c.2, Legge n. 689/81) Pagamento della sanzione in misura ridotta entro 60 gg. (art. 16 c. 1, Legge n. 689/81) Estinzione del procedimento sanzionatorio Presentazione di scritti difensivi e documenti entro 30 gg. (art. 18 c. 1, Legge n. 689/81) Audizione (art. 18 c. 1, Legge n. 689/81) Ordinanza (art. 18 c. 1, Legge n. 689/81)

Il pagamento della sanzione impedisce la presentazione del ricorso? Quesito: Il pagamento della sanzione impedisce la presentazione del ricorso? Con riguardo al rapporto tra pagamento delle sanzioni e impugnabilità dell’atto, la giurisprudenza ha più volte ribadito che il pagamento della somma derivante dall’ordinanza - ingiunzione, potendo ricollegarsi alla volontà dell’intimato di sottrarsi all’esecuzione forzata esperibile in base a detto provvedimento –il quale è titolo esecutivo e la cui efficacia non è solitamente sospesa dall’opposizione- non comporta di per sé acquiescenza, e nemmeno incide sull’interesse ad insorgere attraverso il provvedimento medesimo, con il rimedio previsto dall’art. 22 della Legge 24.11.1981, n. 689.

Il pagamento della sanzione impedisce la presentazione del ricorso? Quesito: Il pagamento della sanzione impedisce la presentazione del ricorso? Di conseguenza, nel caso in cui sia attivata la tutela giustiziale successivamente o contestualmente al pagamento dell’ordinanza ingiunzione, l’organo competente non potrà dichiararne l’inammissibilità e dovrà istruire e decidere nel merito il ricorso. Al contrario, nel caso in cui la sanzione sia pagata in misura agevolata ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 124/2004 ovvero a seguito di conciliazione amministrativa in base all’art. 16 L. 689/1981, visto che tale condotta comporta l’estinzione del procedimento sanzionatorio, avremo una sostanziale acquiescenza, con conseguente inoppugnabilità del verbale unico di accertamento.

Opposizione all’ Ordinanza - Ingiunzione

(OPPOSIZIONE ALL'ORDINANZA-INGIUNZIONE) Art. 22 L. 689/1981 (OPPOSIZIONE ALL'ORDINANZA-INGIUNZIONE)   Salvo quanto previsto dall’articolo 133 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e da altre disposizioni di legge, contro l’ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l’ordinanza che dispone la sola confisca gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria. L’opposizione è regolata dall’articolo 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. Il termine è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero. L'opposizione si propone mediante ricorso, al quale è allegata l'ordinanza notificata. Il ricorso deve contenere altresì, quando l'opponente non abbia indicato un suo procuratore, la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito. Se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente vengono eseguite mediante deposito in cancelleria. Quando è stato nominato un procuratore, le notificazioni e le comunicazioni nel corso del procedimento sono effettuate nei suoi confronti secondo le modalità stabilite dal codice di procedura civile. L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga diversamente con ordinanza inoppugnabile.

DELL’OPPOSIZIONE AD ORDINANZA-INGIUNZIONE Art. 6 D. Lgs. 150/2011 DELL’OPPOSIZIONE AD ORDINANZA-INGIUNZIONE   1. Le controversie previste dall’articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo. 2. L’opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione. 3. Salvo quanto previsto dai commi 4 e 5, e salve le competenze stabilite da altre disposizioni di legge, l’opposizione si propone davanti al giudice di pace. 4. L’opposizione si propone davanti al tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia: a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro; b) di previdenza e assistenza obbligatoria; c) di tutela dell’ambiente dall’inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette; d) di igiene degli alimenti e delle bevande; e) valutaria; f) di antiriciclaggio.

DELL’OPPOSIZIONE AD ORDINANZA-INGIUNZIONE Art. 6 DELL’OPPOSIZIONE AD ORDINANZA-INGIUNZIONE   5. L’opposizione si propone altresì davanti al tribunale: a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a 15.493 euro; b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a 15.493 euro; c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, dalla legge 15 dicembre 1990, n. 386 e dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. 6. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero, e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale. 7. L’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall’articolo 5.

DELL’OPPOSIZIONE AD ORDINANZA-INGIUNZIONE Art. 6 DELL’OPPOSIZIONE AD ORDINANZA-INGIUNZIONE   8. Con il decreto di cui all’articolo 415, secondo comma, del codice di procedura civile il giudice ordina all’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell’udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso e il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all’opponente e all’autorità che ha emesso l’ordinanza. 9. Nel giudizio di primo grado l’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente. L’autorità che ha emesso l’ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati. Nel giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di cui all’articolo 205 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il prefetto può farsi rappresentare in giudizio dall’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, la quale vi provvede a mezzo di propri funzionari appositamente delegati, laddove sia anche destinataria dei proventi della sanzione, ai sensi dell’articolo 208 del medesimo decreto.

DELL’OPPOSIZIONE AD ORDINANZA-INGIUNZIONE Art. 6 DELL’OPPOSIZIONE AD ORDINANZA-INGIUNZIONE  10. Alla prima udienza, il giudice: a) quando il ricorso è proposto oltre i termini di cui al comma 6, lo dichiara inammissibile con sentenza; b) quando l’opponente o il suo difensore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, convalida con ordinanza appellabile il provvedimento opposto e provvede sulle spese, salvo che l’illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall’opponente, ovvero l’autorità che ha emesso l’ordinanza abbia omesso il deposito dei documenti di cui al comma 8. 11. Il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente. 12. Con la sentenza che accoglie l’opposizione il giudice può annullare in tutto o in parte l’ordinanza o modificarla anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta, che è determinata in una misura in ogni caso non inferiore al minimo edittale. Nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l’articolo 113, secondo comma, del codice di procedura civile. 13. Salvo quanto previsto dall’articolo 10, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.

Opposizione all’ Ordinanza - Ingiunzione Contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca, gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria. L'opposizione è regolata dall'articolo 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (art. 22 l. 689/81). L'opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione e, di regola, è regolata secondo il rito del lavoro

Opposizione all’ Ordinanza - Ingiunzione L’opposizione si propone ai sensi dell’art. 6 d.l.vo 150/2011 davanti al Tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia: a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro; b) di previdenza e assistenza obbligatoria; c) di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette; d) di igiene degli alimenti e delle bevande; e) valutaria; f) di antiriciclaggio

Opposizione all’ Ordinanza - Ingiunzione Il ricorso deve essere proposto, a pena d’inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale

Opposizione all’ Ordinanza - Ingiunzione L’art. 22 l. 689/81 e art. 6 d.l.vo 150/2011 non prevedono più l’obbligo per il ricorrente di allegare l’ordinanza-ingiunzione, per cui potrebbe essere superato il precedente dibattito giurisprudenziale se l’omessa allegazione dell’ordinanza-ingiunzione al ricorso comportasse o meno l’inammissibilità del ricorso stesso.

Sospensione dell’ Ordinanza - Ingiunzione L’ordinanza-ingiunzione è, come si è già detto, immediatamente esecutiva, ma può essere sospesa a richiesta di parte. Il giudice può sospendere l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, su istanza, e sentite le parti, con ordinanza non impugnabile, quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni; la sospensione può tuttavia essere disposta anche prima dell’udienza fissata per la comparizione delle parti in caso di pericolo imminente di un danno grave e irreparabile.

Opposizione ad ordinanza-ingiunzione in materia di lavoro Tribunale del luogo in cui è stata commessa la violazione Ricorso entro 30 gg. dalla notifica del provvedimento, ovvero 60 gg. se il ricorrente risiede all'estero La cancelleria notifica alle parti ricorso e decreto di fissazione dell'udienza 10 gg. prima dell'udienza l'autorità resistente deve depositare copia del rapporto con gli atti dell'accertamento, nonché copia della notificazione della violazione La sospensione del provvedimento impugnato è disposta dal giudice su richiesta e sentite le parti per gravi e circostanziate ragioni, salvo pericolo imminente di danno grave e irreparabile (adozione inaudita altera parte, salva conferma alla prima udienza) Udienza Dichiarazione di inammissibilità ovvero accoglimento dell'opposizione in difetto di prove sulla responsabilità. In caso di accoglimento, l'ordinanza può essere annullata o modificata, in tutto o in parte, anche solo nel quantum. Mancata comparizione delle parti Convalida del provvedimento opposto, salvo che risulti per tabulas l'illegittimità dello stesso ovvero l'autorità abbia omesso il deposito dei documenti richiesti.

Ricorso giudiziale in opposizione a ordinanza-ingiunzione AL TRIBUNALE DI …..   Ricorso in opposizione ex art. 22, legge n. 689/1981 Presentato da ………………., nato a ……………. il …………., residente a ………………, proprio/in qualità di ………. di ………………………, per comunicazioni della cancelleria, oppure ………………., nato a ……………., residente a ………………, rappresentato dal Sig. ……………….., nella sua qualità di procuratore speciale del ricorrente/rappresentato e difesa da……, giusta procura ………………………., con indirizzo di posta elettronica …… e numero di fax……per comunicazioni della cancelleria, -opponente-

CONTRO   Direzione provinciale del lavoro di ….., in persona del Direttore p.t., con sede in……….. -opposto- propone, RICORSO ai sensi e agli effetti dell’art. 22, legge n. 689/1981 avverso l’ordinanza ingiunzione n. …………… del ……………… emessa dalla Direzione Provinciale del lavoro di ………………. e notificata in data ……………………. **** ****

In data …………. veniva notificata dalla Direzione Provinciale del lavoro di …………….. all’odier- no ricorrente, in qualità di trasgressore/obbligato in solido ……………… l’ordinanza n. ……….. del ………… con cui si ingiungeva il pagamento di una somma di Euro ……. a titolo di sanzione, oltre alle spese del procedimento …………….. . La contestazione posta a fondamento dell’ordinanza-ingiunzione concerne la presunta violazione degli artt. ….……………….. relativamente a ………………. .   PREMESSO che gli esiti del procedimento sanzionatorio non possono essere condivisi per seguenti motivi IN VIA PRELIMINARE: ………. [eventuali motivi di infondatezza relativi ai presupposti dell’ordinanza-ingiunzione stessa] IN FATTO: ………………[narrativa dei fatti e delle circostanze dell’accertamento]. Che pertanto le infrazioni contestate risultano censurabili sotto i seguenti profili IN DIRITTO: ………………[motivi di ritenuta illegittimità dell’ordinanza-ingiunzione].

PQM   Voglia l’Ecc.mo Tribunale, previa fissazione dell’udienza di comparizione delle parti e disposta la sospensione dell’esecutività dell’ordinanza-ingiunzione, ricorrendo, come evidenziato in narrativa, i presupposti del periculum in mora e del fumus boni iuris, in quanto ….., accogliere le seguenti CONCLUSIONI In via principale, annullare dell’ordinanza-ingiunzione oggetto del presente ricorso. In via subordinata, ridurre, ai sensi dell’art. 11, legge n. 689/1981, l’importo delle sanzioni ingiunte alla misura del minimo edittale previsto dalla legge.

Con vittoria di spese, onorari e occorrende tutte. In via istruttoria, si chiede l’assunzione quali testimoni dei sigg.ri …………., sulle seguenti circostanze: 1) “vero che…..” 2) ………. . Si chiede, inoltre, l’acquisizione della seguente documentazione. Si dimettono i seguenti atti: 1) ….. 2) ….. ….. Con riserva di ogni ulteriore mezzo istruttorio. …........lì,............ L’opponente

Pagamento rateale (Art. 26 legge 24.11.1981, n. 689)

(PAGAMENTO RATEALE DELLA SANZIONE PECUNIARIA) Art. 26 L. 689/1981 (PAGAMENTO RATEALE DELLA SANZIONE PECUNIARIA)   L'autorità giudiziaria o amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria può disporre, su richiesta dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che la sanzione medesima venga pagata in rate mensili da tre a trenta; ciascuna rata non può essere inferiore a lire trentamila. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento. Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato dall'autorità giudiziaria o amministrativa, l'obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in un'unica soluzione.

Pagamento rateale L'art. 26, legge n. 689/1981 ha stabilito che la Direzione territoriale del lavoro, su richiesta dell'ingiunto che si trovi in condizioni economiche disagiate, può disporre che la sanzione venga pagata attraverso la dilazione del versamento dovuto in numero di rate oscillante da un minimo di 3 ad un massimo di 30, disponendo che ciascuna rata non può essere inferiore ad euro. 15,00. In ogni momento, il debito può essere estinto mediante un unico pagamento e che, decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato dalla Direzione territoriale del lavoro, l'obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in un'unica soluzione. L'ammissione al pagamento rateale comporta, infine, la sospensione dell'efficacia di titolo esecutivo dell'ordinanza- ingiunzione, prevista all'art. 18, legge n. 681/1981, secondo le modalità di cui al successivo art. 27, legge n. 689/1981.

Pagamento rateale L’ ordinanza-ingiunzione costituisce il provvedimento definitivo dell'intero procedimento amministrativo. il procedimento di applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria ha inizio con la redazione del verbale unico di accertamento e notificazione dell'illecito, che non può costituire in alcun modo titolo esecutivo, o, comunque, atto di irrogazione della sanzione, ma è solo il primo atto di un procedimento che deve concludersi con l'adozione di un'ordinanza-ingiunzione ovvero, diversamente, con un provvedimento di archiviazione. Si esclude la possibilità di disporre il pagamento rateale in un momento antecedente l'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione, in quanto atto, quest'ultimo, da cui scaturisce l'applicazione definitiva della sanzione e per cui la facoltà di rateizzazione costituisce una modalità di pagamento Interpello n. 4/2011 Verbale unico di accertamento non costituisce atto di irrogazione della sanzione

Pagamento rateale L'art. 26, comma 1, legge n. 689/1981 prevede che, in caso di mancato pagamento, anche di una sola rata, l'obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in unica soluzione. In altri termini, tale norma presuppone l'esecutività dell'atto che irroga le sanzioni amministrative (cioè, l'ordinanza-ingiunzione), che risulta, come detto, semplicemente sospeso per opera del provvedimento di rateizzazione, il quale, venendo meno a causa dell'inadempimento relativo anche ad una sola rata di pagamento, produce la reviviscenza dell'atto esecutivo per l'intero ammontare ancora residuo. Interpello n. 4/2011

Pagamento rateale Non si ritiene praticabile la possibilità di rateizzare, già in sede di atto di notificazione di illecito amministrativo, le somme irrogate dall'organo di vigilanza. Tuttavia, gli uffici a cui dovessero pervenire, a seguito di notifica di verbali unici di accertamento, motivate e comprovate istanze di dilazioni, soprattutto per importi di notevole entità, devono verificare la possibilità, previa informazione all'istante della non immediata ammissibilità di tale richiesta, di accelerare l'iter di trasmissione del rapporto ex art. 17, legge n. 689/1981 all'unità operativa affari legali e contenzioso della Direzione territoriale del lavoro che, in tempi brevi, procederà all'istruttoria di propria competenza. Interpello n. 4/2011

Esecuzione forzata (Art. 27 legge 24.11.1981, n. 689)

Art. 27 (ESECUZIONE FORZATA)   Salvo quanto disposto nell'ultimo comma dell'art. 22, decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento, l'autorità che ha emesso l'ordinanza-ingiunzione procede alla riscossione delle somme dovute in base alle norme previste per l'esazione delle imposte dirette, trasmettendo il ruolo all'intendenza di finanza che lo dà in carico all'esattore per la riscossione in unica soluzione, senza l'obbligo del non riscosso come riscosso. E’ competente l'intendenza di finanza del luogo ove ha sede l'autorità che ha emesso l'ordinanza-ingiunzione. Gli esattori, dopo aver trattenuto l'aggio nella misura ridotta del 50 per cento rispetto a quella ordinaria e comunque non superiore al 2 per cento delle somme riscosse, effettuano il versamento delle somme medesime ai destinatari dei proventi. Le regioni possono avvalersi anche delle procedure previste per la riscossione delle proprie entrate. Se la somma è dovuta in virtù di una sentenza o di un decreto penale di condanna ai sensi dell'art. 24, si procede alla riscossione con l'osservanza delle norme sul recupero delle spese processuali. Salvo quanto previsto nell'art. 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti. Le disposizioni relative alla competenza dell'esattore si applicano fino alla riforma del sistema di riscossione delle imposte dirette.

Esecuzione forzata Ai sensi dell'art. 18, comma 7, legge n. 689/1981, l'ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. La Pa ha il potere di svolgere ogni attività volta a conseguire la propria pretesa, nonché di procedere al recupero delle somme di cui essa è creditrice. Tuttavia, la prassi consolidata vede gli uffici preposti a non procedere all'esecuzione nelle more del termine di opposizione, ovvero durante il giudizio di opposizione, anche in assenza di provvisoria sospensione dell'esecutorietà dell'ordinanza-ingiunzione. Tale condotta è indirettamente prevista dalla legge, ove viene considerata l'ipotesi in cui l'ordinanza-ingiunzione disponga la confisca delle cose che sono servite o sono state destinate alla commissione della violazione, ovvero ne sono il profitto od il prodotto, ovviamente a condizione che siffatti beni appartengano ai soggetti cui sono state ingiunte le sanzioni.

Esecuzione forzata Il mancato pagamento dell'ordinanza-ingiunzione o di una o più rate comporta automaticamente, ai sensi dell'art. 27, legge n. 689/1981, la riscossione coattiva della somma ingiunta, mediante l'iscrizione della somma dovuta al ruolo esattoriale, con la maggiorazione di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile (ovvero dalla scadenza dei trenta giorni dalla data di ricezione dell'ordinanza-ingiunzione).

Esecuzione forzata La riscossione è affidata ad un concessionario (ovviamente, di pubblico servizio mediante l'iscrizione a ruolo della sanzione amministrativa pecuniaria ingiunta, avente ad oggetto sia le sanzioni conseguenti a violazioni di norme di lavoro sia le sanzioni previdenziali, sia gli stessi debiti previdenziali ed assistenziali). La proposizione di un eventuale ricorso in opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento in questione e dunque l'attivazione della procedura di riscossione coattiva. Il soggetto passivo della procedura di riscossione può presentare opposizione a ruolo esattoriale nel termine perentorio di 40 giorni di cui all'art. 24, comma 5, D.Lgs. n. 46/1999.

Prescrizione (Art. 28 legge 24.11.1981, n. 689)

Art. 28 (PRESCRIZIONE)   Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione. L'interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile

GLI STRUMENTI DEFLATTIVI DEL CONTENZIOSO

Indice La certificazione dei contratti La diffida obbligatoria Le disposizioni del personale ispettivo La conciliazione monocratica

LA CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI

L’istituto della certificazione dei contratti viene istituito con l’art. 74 e segg. del D. Lgs. 276/2003. Lo scopo principale è quello di creare uno strumento utile alla riduzione del contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro.

La certificazione è una procedura volontaria di verifica della conformità del tipo contrattuale prescelto al rapporto che in concreto le parti intendono instaurare. Si può applicare a qualunque rapporto di lavoro, subordinato e non, ma anche a qualunque accordo privato che preveda una prestazione lavorativa. La procedura si conclude con un atto amministrativo, l’atto di certificazione (ovvero l’atto di mancata certificazione), che conferisce un’efficacia rinforzata alla qualificazione contrattuale

I due principali vantaggi della certificazione si possono così riassumere: le parti sono assistite nella qualificazione del rapporto di lavoro; la qualificazione certificata resiste alle contestazioni degli organi di vigilanza e conserva efficacia fino a sentenza del Tribunale, rappresentando uno strumento sostanzialmente deflattivo delle controversie.

Il contratto certificato non è immune da contestazione: nel caso in cui l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa si discosti dalla tipologia contrattuale individuata in sede di certificazione (tipico il caso del collaboratore che opera con tutte le modalità del lavoro subordinato in tema di etero-direzione) le parti o i terzi interessati possono proporre ricorso al tribunale per rivendicare la corretta qualificazione del contratto, con ogni conseguenza.

Il decreto 276/2003 (e successive modifiche) prevede la possibilità di istituire Commissioni di certificazione in seno ad una pluralità di organismi, con ambiti di competenza differenziati: - gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento oppure a livello nazionale quando la Commissione di certificazione sia costituita nell'ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale; - le Direzioni provinciali del lavoro (ora Ispettorato del Lavoro) e le province, secondo le regole di composizione e funzionamento stabilite con apposito decreto ministeriale;

- le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate in apposito albo, esclusivamente nell'ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo. Per ottenere la registrazione nell’albo le università sono tenute a inviare, all'atto della registrazione e ogni sei mesi, studi ed elaborati contenenti indici e criteri giurisprudenziali di qualificazione dei contratti di lavoro con riferimento a tipologie di lavoro indicate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

- la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro presso il Ministero del lavoro, esclusivamente per i datori di lavoro con sedi di lavoro dislocate in almeno due province anche di regioni diverse oppure con unica sede di lavoro ma associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla medesima Commissione. In tal caso le Commissioni di certificazione istituite presso le direzioni provinciali del lavoro e le province limitano la loro funzione alla ratifica di quanto certificato dalla Commissione di certificazione istituita presso il Ministero del lavoro;

i Consigli Provinciali dei consulenti del lavoro esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di riferimento. Le Commissioni istituite in seno ai diversi organismi sopra elencati possono concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di una Commissione unitaria di certificazione.

La Commissione di Certificazione ha anche la funzione di consulenza e assistenza alle parti che può essere svolta sia in fase di stipulazione del contratto sia durante lo svolgimento del rapporto. L’assistenza e la consulenza possono riguardare qualsiasi aspetto del contratto e, in particolare, la disponibilità dei diritti e la puntuale qualificazione dei contratti di lavoro. La Commissione deve valutare l’accordo raggiunto dalle parti con il fine ultimo di verificare che lo stesso sia conforme alla legge e all’eventuale contratto collettivo applicato. Il rifiuto definitivo della certificazione potrà essere evitato mediante il suggerimento delle opportune correzioni da apportare al contratto.

L’art. 79 del decreto (“Efficacia giuridica della certificazione”) stabilisce che “Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell’art. 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari”. L’effetto della certificazione consiste nella temporanea inefficacia di qualsiasi atto che presupponga una qualificazione del contratto diversa da quella certificata. Tale effetto può essere superato esclusivamente attraverso una successiva differente valutazione del giudice al quale il legislatore non può sottrarre la qualificazione dei rapporti finalizzata al riconoscimento dei diritti che ne conseguono (art. 24, comma 1, Cost.).

LIMITI La valutazione deve limitarsi ai casi di erronea qualificazione del contratto, vizi del consenso, o difformità tra il programma negoziale certificato e la concreta attuazione verificata (art. 30, co. 2,l.n. 183/2010). Le parti devono fare espressa richiesta, nell’istanza di certificazione, degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali in relazione ai quali richiedono la certificazione medesima (art. 78, comma 2, lett. d). In mancanza di tale espressa indicazione l’atto di certificazione produce effetti soltanto tra le parti. La commissione certificante è tenuta in ogni caso ad elencare esplicitamente gli effetti che la certificazione produce

L’art. 80, comma 1, del decreto 276/2003 “Nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giudiziaria di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile, per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare l’atto di certificazione anche per vizi del consenso”

Decorrenza degli effetti dell’accertamento giudiziale in caso di impugnazione per: erronea qualificazione del contratto da parte della Commissione di certificazione: fin dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale (art. 80, comma 2); difformità tra il programma negoziale e la sua successiva attuazione: dal momento in cui ha avuto inizio la difformità stessa (art. 80, comma 2); vizi del consenso: in questo caso, non essendo l’atto di certificazione ma il contratto stesso ad essere oggetto dell’impugnazione, in caso di annullamento ai sensi degli articoli 1427 ss. cod. civ. lo stesso coinvolge la certificazione stessa annullandola di conseguenza.

La legge prevede che la presentazione di qualunque ricorso in giudizio (salva la sede giurisdizionale amministrativa) deve essere obbligatoriamente preceduta da un tentativo di conciliazione presso la Commissione che ha adottato l’atto di certificazione, ai sensi dell’art. 410 cod. proc. civ. (art. 80, comma 4). Il tentativo obbligatorio di conciliazione in questione costituisce condizione di procedibilità del ricorso in giudizio, sostituendosi all’analoga procedura da svolgersi davanti alla Commissione di conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro (Ispettorato Territoriale del Lavoro).

Vista l’efficacia giuridica della certificazione anche verso i terzi (art. 79 D.Lgs. n. 276/2003), il tentativo di conciliazione è obbligatorio sia per le parti che hanno sottoscritto il contratto certificato, sia per i terzi interessati (ad esempio gli enti amministrativi) che intendano agire contro l’atto di certificazione (Min. lav., nota del 25 novembre 2010).

art. 82 decreto 276/2003 “Le sedi di certificazione di cui all’articolo 76, comma 1, lettera a), del presente decreto legislativo sono competenti altresì a certificare le rinunzie e transazioni di cui all’articolo 2113 del codice civile a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse”.

Oggetto della certificazione dunque non sono soltanto le rinunzie e transazioni relative a rapporti di lavoro certificati ma tutte quelle oggetto dell’art. 2113 c.c. Si noti che prima dell’intervento modificativo del 2010, l’art. 82 riservava la competenza conciliativa agli enti bilaterali costituiti nell’ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale (art. 76. comma 1, lett. a). Oggi possono agire in tal senso tutte le commissioni di certificazione.

IPOTESI DI INTERVENTO DELLA CERTIFICAZIONE

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Attività ispettiva in pendenza di certificazione Controlli iniziati successivamente alla presentazione di una istanza di certificazione Non essendo ancora maturato alcun effetto preclusivo nei confronti delle parti e dei terzi, il personale ispettivo potrà svolgere la propria attività avendo però cura di informare prontamente la Commissione di certificazione adita circa la pendenza dell’accertamento ispettivo. INL circ 1° giugno 2018, n. 9

Attività ispettiva in pendenza di certificazione Controlli iniziati prima della presentazione di una istanza di certificazione L’organo ispettivo, non appena venga reso edotto – anche da parte del soggetto ispezionato o dal professionista – del deposito di una istanza di certificazione, dovrà immediatamente informare la Commissione della pregressa pendenza di accertamenti ispettivi ai fini della sospensione del procedimento di certificazione in conformità a quanto previsto dal rispettivo regolamento, continuando a svolgere tutti gli accertamenti di competenza e, se del caso, adottando i relativi provvedimenti. INL circ 1° giugno 2018, n. 9

Impugnazione della certificazione Qualora, al termine dell’attività di vigilanza, siano stati rilevati vizi riconducibili all’erronea qualificazione del contratto ovvero alla difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, il personale ispettivo deve adottare nel redigere il verbale conclusivo alcuni accorgimenti. In particolare, il verbale conclusivo deve recare, in relazione al disconoscimento dei contratti certificati (sia di lavoro che di appalto), l’espressa avvertenza che l’efficacia di tale disconoscimento (applicazione delle sanzioni ed eventuali altri effetti derivati) è condizionata al positivo espletamento del tentativo di conciliazione obbligatorio presso la Commissione di certificazione oppure, in caso la stessa non riuscisse, all’utile proposizione delle impugnazioni previste dall’art. 80 del D. Lgs. n. 276/03. INL circ 1° giugno 2018, n. 9

LA DIFFIDA OBBLIGATORIA

DECRETO LEGISLATIVO 23 APRILE 2004, N. 124 Diffida Obbligatoria DECRETO LEGISLATIVO 23 APRILE 2004, N. 124 Art. 13 2. In caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido, ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4. 3. In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l'eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Il pagamento dell'importo della predetta somma estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell'effettiva ottemperanza alla diffida stessa.

DECRETO LEGISLATIVO 23 APRILE 2004, N. 124 Diffida Obbligatoria DECRETO LEGISLATIVO 23 APRILE 2004, N. 124 Art. 13 5. L'adozione della diffida interrompe i termini per la presentazione dei ricorsi di cui agli articoli 16 e 17 del presente decreto, fino alla scadenza del termine per compiere gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3. Ove da parte del trasgressore o dell'obbligato in solido non sia stata fornita prova al personale ispettivo dell'avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste, il verbale unico di cui al comma 4 produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato. (2) 6. Il potere di diffida nei casi previsti dal comma 2, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5, è esteso anche agli ispettori e ai funzionari amministrativi degli enti e degli istituti previdenziali per le inadempienze da essi rilevate. Gli enti e gli istituti previdenziali svolgono tale attività con le risorse umane e finanziarie esistenti a legislazione vigente.

DECRETO LEGISLATIVO 23 APRILE 2004, N. 124 Diffida Obbligatoria DECRETO LEGISLATIVO 23 APRILE 2004, N. 124 Art. 13 7. Il potere di diffida di cui al comma 2 è esteso agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano, ai sensi dell’articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Qualora rilevino inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, essi provvedono a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5. 2) Comma modificato dall’art. 11, comma 1, lett. c), D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149, a decorrere dalla data indicata dai decreti di cui all'art. 5, comma 1, del precitato D.Lgs.

Natura giuridica della diffida obbligatoria Tale atto consiste nel prescrivere al trasgressore la corretta tenuta di specifiche condotte nel rispetto dei precetti imposti dalla legge. Si tratta di un istituto giuridico il cui scopo consiste nell'imporre il concreto rispetto di una norma, con la contemporanea previsione legislativa che la spontanea adesione a quanto prescritto comporta una misura punitiva di maggior favore per il trasgressore Tale diffida è definita obbligatoria, in quanto il suo esercizio consiste in una attività vincolata, priva di qualsiasi discrezionalità.  

Oggetto della notifica Diffida Obbligatoria Oggetto della notifica L'oggetto della diffida consiste principalmente nelle inosservanze di norme di legge ovvero di contratto collettivo (qualora questo abbia funzione integrativa del precetto normativo), comunque materialmente sanabili, ovvero le violazioni omissive relative ad adempimenti che possono essere ancora astrattamente realizzabili, pur se tardivamente rispetto al momento in cui la norma prescrive l'attuazione degli stessi. In particolare, sono oggetto di diffida le violazioni amministrative di tipo omissivo discendenti dall'omissione, totale o parziale, di adempimenti normativamente previsti che possono tuttavia ancora essere materialmente realizzati o astrattamente realizzabili, anche qualora la legge preveda un termine per l'effettuazione dell'adempimento afferenti a tutte le materie di competenza degli ispettori del lavoro

Diffida Obbligatoria Esclusioni La diffida non è ammissibile in presenza di condotte illecite omissive che abbiano già irrimediabilmente leso un interesse giuridicamente tutelato dalla norma senza alcuna possibilità di eliminarne gli effetti prodotti in presenza di violazioni in cui l'interesse sostanziale protetto dalla norma non è in alcun modo recuperabile non è possibile procedere con la diffida qualora siano state violate delle norme poste a tutela dell'integrità psico-fisica del lavoratore.

Regolarizzazione e termini Diffida Obbligatoria Regolarizzazione e termini Dal momento che l'oggetto della condotta sanante non è l'inadempimento in sé, bensì l'interesse tutelato dalla norma e leso dalla condotta posta in essere dal datore di lavoro contra legem, il datore di lavoro, esercitando una sorta di "ravvedimento operoso", può sanare l'inosservanza oggetto della diffida soltanto nelle ipotesi in cui la condotta omessa sia ancora materialmente realizzabile e sempre che si tratti di violazione di adempimenti formali di natura documentale o burocratica, e non di violazione di norme poste a diretta tutela dell'integrità psico-fisica del lavoratore .

Regolarizzazione e termini Diffida Obbligatoria Regolarizzazione e termini La condotta sanante deve essere posta in essere entro e non oltre il termine perentorio di 30 giorni dalla data di notificazione del verbale conclusivo degli accertamenti. Solo a seguito dell'effettiva ottemperanza alla diffida, il trasgressore viene ammesso al pagamento della sanzione in misura minima nei 15 giorni successivi, a seguito del quale il procedimento si estingue, ma solo limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida (cfr. Min. lav., circ. 9.12.2010, n. 41)

Diffida Obbligatoria Nell’ambito della disciplina della diffida, il legislatore si è preoccupato di precisare che l’ottemperanza alla diffida impartita dall’ispettore e il successivo pagamento della sanzione in misura minima estingue il procedimento sanzionatorio solo in relazione alla violazioni oggetto della diffida. In realtà, l’esigenza di tale precisazione è dettata esclusivamente dal carattere onnicomprensivo del verbale unico, ove possono essere contenute anche violazioni non diffidabili.

Diffida Obbligatoria E’ assolutamente esclusa la possibilità di ricorrere nei confronti della diffida, sul presupposto che tale atto, non definitivo, non è immediatamente lesivo della sfera giuridica del trasgressore.

Diffida “ora per allora” Diffida Obbligatoria Diffida “ora per allora” (art. 13 c. 4 lett. e D. Lgs. 124/2004) Sono diffidabili anche gli inadempimenti relativi a comportamenti omessi nei termini di legge ma posti in essere tardivamente dal datore di lavoro (oggetto di regolarizzazione spontanea) in un momento che precede l’accertamento ispettivo

L’adozione della diffida interrompe i termini per: Diffida Obbligatoria L’adozione della diffida interrompe i termini per: La contestazione e notificazione degli illeciti amministrativi riscontrati (art. 14 L. 689/81), fino alla scadenza del termine per la regolarizzazione e per il pagamento della sanzione minima La presentazione di eventuali ricorsi e/o scritti difensivi

Diffida Obbligatoria In caso di non ottemperanza alla diffida ovvero in caso di mancato pagamento della sanzione in misura minima, senza ulteriori adempimenti amministrativi inizieranno automaticamente a decorrere i termini: per il pagamento della sanzione in misura ridotta (60 giorni) ovvero per la presentazione di scritti difensivi (30 giorni) ai sensi della Legge n.689/81 ovvero ancora per la presentazione di eventuali ricorsi e/o scritti difensivi.

Cosa deve fare un datore di lavoro all’atto quando riceve un verbale unico d’ispezione verificare che contenga tutti gli elementi essenziali previsti dalla normativa; verificare che dagli esiti dettagliati degli accertamenti descritti e dalle fonti di prova elencate emergano elementi a sostegno di quanto contestato per valutare se opporsi o meno; in caso si decida di non opporsi, verificare se vi è una diffida obbligatoria e ottemperare a quanto prescritto entro 30 giorni dalla notifica; dopo aver adempiuto nei termini, pagare entro 45 giorni dalla notifica del verbale; se vi è una diffida ora per allora, pagare entro 15 giorni dalla notifica del verbale; se non si è adempiuto alla diffida o non si è provveduto al pagamento entro i suddetti termini, è ancora possibile pagare le sanzioni ex artt 16 della Legge n. 689/1981, entro 105 giorni dalla notifica del verbale; per gli illeciti non diffidabili e per cui è stata fatta direttamente la notifica di illecito, pagare le sanzioni entro 60 giorni dalla notifica del verbale.

Decorrenza termini per pagamento in misura ridotta Il Ministero chiarisce come vada individuato il dies a quo dal quale comincia a decorrere il termine per il pagamento delle sanzioni in misura ridotta (60 giorni), ex art. 16 legge n. 689/1981, qualora con il verbale unico siano irrogate sanzioni relative sia ad illeciti oggetto di diffida sia ad illeciti non diffidabili. Le interpretazioni fornite dal Ministero con la circolare n. 10/2011, sono del tutto in linea con altri orientamenti interpretativi forniti nella precedente circolare n. 41/2010, in cui è stato invece per lo più chiarito che il termine di 30 giorni per ricorrere al Comitato regionale per i rapporti di lavoro ai sensi dell'art. 17 del Dlgs n. 124/2004 - nonché per presentare "scritti difensivi e documenti" ai sensi dell'art. 18 della legge n. 689/1981 - decorre sempre dalla scadenza del 45° giorno per adempiere alle (eventuali) diffide presenti nel verbale unico.

Decorrenza termini per pagamento in misura ridotta Verbale unico: il termine per le sanzioni A titolo esemplificativo con il verbale unico di accertamento potrebbero verificarsi le seguenti ipotesi:   solo illeciti ammessi al pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 della legge n. 689/1981 estinzione attraverso il pagamento di "una somma (...) pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo" entro 60 giorni dalla notificazione del verbale solo illeciti oggetto di diffida obbligatoria estinzione attraverso la regolarizzazione delle violazioni ed il pagamento "di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa" entro 45 giorni dalla notificazione del verbale

Decorrenza termini per pagamento in misura ridotta   solo illeciti oggetto di diffida ora per allora estinzione attraverso il pagamento "di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa" entro 15 giorni dalla notificazione del verbale illeciti oggetto di diffida obbligatoria + illeciti ammessi al pagamento in misura ridotta diffida ottemperata per gli illeciti non diffidati è ammesso il pagamento in misura ridotta entro 105 giorni dalla notificazione del verbale (ossia entro 60 giorni a far data dalla scadenza del 45° giorno utile per adempiere alla diffida) diffida non ottemperata per tutti gli illeciti è ammesso il pagamento in misura ridotta entro 105 giorni dalla notificazione del verbale (ossia entro 60 giorni a far data dalla scadenza del 45° giorno utile per adempiere alla diffida)

Decorrenza termini per pagamento in misura ridotta   illeciti oggetto di diffida ora per allora + illeciti ammessi al pagamento in misura ridotta  diffida ottemperata per gli illeciti non diffidati è ammesso il pagamento in misura ridotta entro 75 giorni dalla notificazione del verbale (ossia entro 60 giorni a far data dalla scadenza del 15° giorno utile per adempiere alla diffida)  diffida non ottemperata per tutti gli illeciti è ammesso il pagamento in misura ridotta entro 75 giorni dalla notificazione del verbale (ossia entro 60 giorni a far data dalla scadenza del 15° giorno utile per adempiere alla diffida) illeciti oggetto di diffida obbligatoria + illeciti oggetto di diffida ora per allora estinzione di tutti gli illeciti attraverso la regolarizzazione delle violazioni (ove non già effettuata nei casi di diffida ora per allora) ed il pagamento "di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa" entro 45 giorni dalla notificazione del verbale

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero L’art. 22 del D. Lgs. n.151/2015, in attuazione della previsione della Legge delega n.183/2014, ha apportato modifiche dell’apparato sanzionatorio per lavoro nero Per quanto riguarda la maxisanzione per “lavoro nero”, si rileva che il presupposto per l’applicazione della maxisanzione è restato immutato: l’impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di assunzione da parte di un datore di lavoro privato, con esclusione del rapporto domestico. Resta quindi la differenza con il provvedimento di sospensione il cui presupposto è l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero 1. All'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, e successive modificazioni, il comma 3 è sostituito dai seguenti: «3. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa pecuniaria (…)

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Fatta eccezione per le violazioni inerenti ai lavoratori extracomunitari sprovvisti di titolo di soggiorno abilitante al lavoro subordinato o di minori in età non lavorativa, trova applicazione la procedura di diffida ex art. 13 D.Lgs. n. 124/2004. Reintroduzione della procedura di diffida, che consente la regolarizzazione delle violazioni accertate

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Le sanzioni sono aumentate del 20% in caso di violazioni inerenti ai lavoratori extracomunitari sprovvisti di titolo di soggiorno abilitante al lavoro subordinato o di minori in età non lavorativa.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Violazioni consumate prima del 24/9/2015 Maxi sanzione Misura per ciascun lavoratore Diffida art. 13 D.Lgs. n. 124/2004 Misura ridotta art. 16 legge n. 689/1981 Ordinaria (omessa comunicazione instaurazione rapporto al centro Impiego) Da € 1.950 a € 15.600 + € 195 giorno Non applicabile € 3.900 + € 65 giorno Affievolita (occupazione in nero seguita da un periodo di regolare occupazione) Da € 1.300 a € 10.400 + € 39 giorno € 2,600 + € 13 giorno

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Violazioni consumate dal 24/9/2015 Maxi sanzione Giornate lavorate in nero Misura per ciascun lavoratore Diffida art. 13 D.Lgs. n. 124/2004 Misura ridotta art. 16 legge n. 689/1981 ORDINARIA omessa comunicazione instaurazione rapporto al centro Impiego Sino a 30 Da € 1.500 a € 9.000 € 1.500 € 3.000 Da 31 a 60 Da € 3.000 a € 18.000 € 6.000 Oltre 60 Da € 6.000 a € 36.000 € 12.000

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Violazioni consumate dal 24/9/2015 Maxi sanzione Gornate lavorate in nero Misura per ciascun lavoratore Diffida art. 13 D.Lgs. n. 124/2004 Misura ridotta art. 16 legge n. 689/1981 AGGRAVATA extracomunitari privi permesso soggiorno lavoro o minori non in età lavorativa Sino a 30 Da € 1.800 a € 10.800 Non applicabile € 3.600 Da 31 a 60 Da € 3.600 a € 21.600 € 7.2000 Oltre 60 Da € 7.200 a € 43.200 € 14.400

NUOVI IMPORTI LAVORO NERO ART. 1, COMMA 445, LETT. D) – E) LEGGE N. 145/2018

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Scompare anche qualsiasi riduzione sanzionatoria per le ipotesi di lavoro parzialmente irregolare, vale a dire per i casi nei quali il lavoratore precedentemente “in nero” ha successivamente svolto attività di lavoro subordinato regolare presso lo stesso datore di lavoro. La nuova disciplina sanzionatoria si applica anche alle violazioni in corso alla data del 24/9/2015. Per le condotte iniziate sotto la previgente disciplina e proseguite dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo, stante la natura permanente dell’illecito che si consuma al momento della cessazione della condotta trova applicazione, all’intero periodo oggetto di accertamento, la nuova disciplina, così come richiamata nella presente circolare.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero La procedura di diffida La disposizione reintroduce la diffidabilità della maxisanzione ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004. Ai fini della regolarizzazione della violazione, fermi restando i connessi adempimenti formali (istituzione ovvero compilazione LUL, consegna lettera di assunzione, comunicazione al Centro per l'impiego ecc.), si prevede:

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero 3-ter. Nel caso di cui al comma 3-bis, la diffida prevede, in relazione ai lavoratori irregolari ancora in forza presso il datore di lavoro e fatta salva l'ipotesi in cui risultino regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo, la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell'orario di lavoro non superiore al cinquanta per cento dell'orario a tempo pieno, o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi, nonché il mantenimento in servizio degli stessi per almeno tre mesi. In tale ipotesi, la prova della avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle sanzioni e dei contributi e premi previsti, ai sensi dell'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, è fornita entro il termine di centoventi giorni dalla notifica del relativo verbale.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Nei confronti dei lavoratori irregolari trovati "ancora in forza'' al momento dell'accesso ispettivo, si ottempera alla diffida nel termine complessivo di 120 giorni dalla notifica del verbale unico, mediante la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, dei seguenti adempimenti: a) la regolarizzazione dell'intero periodo di lavoro prestato in "nero" secondo le modalità accertate ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi; b) la stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma;

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero c) il mantenimento in servizio del lavoratore per almeno ''tre mesi" e cioè almeno 90 giorni di calendario, da comprovare attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi dei premi scaduti entro il termine di adempimento; d) il pagamento della maxisanzione. Si nota una diversità sulla scelta dei termini rispetto a quanto previsto per la procedura di diffida (30 giorni per ottemperare e gli ulteriori 15 per il pagamento).

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Il periodo minimo di 3 mesi di mantenimento in servizio del lavoratore va computato "al netto" del periodo di lavoro prestato "in nero", il quale andrà comunque regolarizzato. In altri termini, il contratto decorrerà dal primo giorno di lavoro "nero" mentre il periodo di 3 mesi utile a configurare l'adempimento alla diffida andrà "conteggiato" dalla data dell'accesso ispettivo.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Nelle ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro per cause non imputabili al datore di lavoro nel periodo compreso tra l'accesso ispettivo e la notifica del verbale unico, è comunque possibile - ferma restando la regolarizzazione del periodo "in nero" pregresso - che l'adempimento alla diffida avvenga con un separato contratto stipulato successivamente allo stesso accesso ispettivo. All'esito della verifica, tale contratto dovrà aver consentito un effettivo periodo di lavoro di almeno tre mesi, entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale unico

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero In particolare, fermi restando gli esiti dell'accertamento contenuti nel verbale unico e quanto sopra chiarito in ordine alle possibili interruzioni del rapporto, andrà spiegato che la diffida prevista dal nuovo art. 3 del D.L. n. 12/2002 richiederà la formalizzazione di un contratto decorrente dal primo giorno di lavoro "nero" che preveda il mantenimento al lavoro del lavoratore per almeno tre mesi decorrenti dall'accesso ispettivo.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro abbia provveduto, prima della notifica del verbale (come può accadere anche a seguito del provvedimento di sospensione adottato ai sensi dell’ art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008), a regolarizzare il rapporto di lavoro secondo le tipologie contrattuali contemplate dalla norma, il personale ispettivo procederà ad adottare ugualmente la diffida che avrà ad oggetto esclusivamente l'obbligo del mantenimento in servizio del lavoratore per almeno tre mesi da comprovare secondo le modalità sopra indicate nonché la richiesta di pagamento del minimo della sanzione edittale. Nelle risultanze del verbale si darà altresì atto della regolarizzazione del lavoratore mediante la stipulazione del contratto.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Va inoltre precisato che l'adempimento alla diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima che, in qualche misura, bilancia gli oneri sostenuti dal datore per il mantenimento del rapporto di lavoro. Ne consegue che, in assenza di un effettivo mantenimento del rapporto di lavoro per almeno 3 mesi entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale, qualunque ne sia la ragione, non potrà ritenersi adempiuta la diffida. Nel caso di contestazione di più illeciti, diffidabili secondo termini diversi o anche non diffidabili, il c.d. dies a quo per il pagamento della sanzione in misura ridotta (60 giorni ex art. 16 L. n. 689/1981), decorre necessariamente dalla scadenza dei termini individuati dal Legislatore per l'adempimento alla diffida per la maxisanzione.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Lavoratori regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo a quello prestato " in nero’’ Il Legislatore fa salva, in riferimento a taluni contenuti della diffida, l'ipotesi in cui i lavoratori '"risultino regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo"' a quello prestato ‘’in nero". Trattasi, in sostanza, della precedente fattispecie oggetto della c.d. maxisanzione affievolita.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero In tal caso, pertanto, la diffida non avrà ad oggetto la stipulazione del contratto secondo le tipologie previste dal Legislatore né il conseguente mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi ma esclusivamente la regolarizzazione del periodo di lavoro prestato in "nero". Pertanto il datore di lavoro, nell'ordinario termine di 45 giorni dalla notifica della diffida dovrà dare dimostrazione della "copertura" del precedente periodo di occupazione irregolare, rettificando la data di effettivo inizio del rapporto di lavoro, del pagamento delle sanzioni nella misura minima e dei contributi riferibili al periodo "in nero". Se prima nero poi assicurato, 45 giorni di tempo per regolarizzare il pregresso

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Allo stesso modo dovrà comportarsi il datore di lavoro nel caso in cui i lavoratori irregolarmente occupati non risultino più in forza al momento dell'accesso ispettivo, atteso che la disposizione limita la condizione del ''mantenimento in servizio per almeno tre mesi" ai soli lavoratori irregolari "ancora in forza’’ al momento dell'accesso ispettivo.

La nuova diffida per regolarizzare il lavoro nero Diffida ora per allora Il personale ispettivo ammetterà direttamente il trasgressore al pagamento della sanzione amministrativa pari al minimo edittale (c.d. diffida ora per allora) nel caso in cui, prima della redazione del verbale, questi abbia già documentato gli adempimenti di cui alle lettere a) b) e c) sopra richiamati (regolarizzazione dell’ intero periodo di lavoro prestato in 'nero‘, stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma, mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi e cioè almeno 90 giorni), ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi. In tal caso il pagamento delle sanzioni andrà effettuato comunque entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale.

LE DISPOSIZIONI DEL PERSONALE ISPETTIVO

Art. 14 D.Lgs. n. 124/2004. Disposizioni del personale ispettivo Le disposizioni impartite dal personale ispettivo in materia di lavoro e di legislazione sociale, nell'ambito dell'applicazione delle norme per cui sia attribuito dalle singole disposizioni di legge un apprezzamento discrezionale, sono esecutive. Contro le disposizioni di cui al comma 1 è ammesso ricorso, entro quindici giorni, al Direttore dell’Ispettorato provinciale del lavoro, il quale decide entro i successivi quindici giorni. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto. Il ricorso non sospende l'esecutività della disposizione.

La disposizione è la possibilità concessa al servizio ispettivo di impartire (ordinare) l’adozione di un comportamento al datore di lavoro, ove non sussista uno specifico obbligo di legge, in funzione della necessità di tutela del lavoratore dipendente. Nasce come strumento di deflazione del contenzioso ma ha trovato scarsa applicazione in materia di lavoro e legislazione sociale, mentre si è dimostrato strumento utile e grandemente utilizzato in materia di prevenzione infortuni e igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro

Si tratta di un provvedimento amministrativo proprio dell’ispettore del lavoro, che, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, può impartire, secondo un apprezzamento discrezionale disposizioni dirette all’applicazione di norme comunque obbligatorie.

circ. Min. lav. n. 24/2004 «a differenza della diffida, la disposizione impone al datore di lavoro un obbligo nuovo, che viene a specificare quello genericamente previsto dalla legge, specie laddove essa non regolamenta fin nei dettagli la singola fattispecie considerata».

Non è necessario che la legge affidi esplicitamente ai funzionari ispettivi la possibilità di disposizione nella singola materia da essa trattata (la discrezionalità non deve essere puntualmente normata). Basta che l’ispettore si trovi a constatare la disapplicazione o l’inosservanza di precetti generali (suscettibili pertanto di interpretazione), ma in ogni caso definiti nei loro tratti essenziali, perché sia legittimo un intervento dispositivo nei confronti del datore di lavoro al fine di sanare l’inosservanza stessa.

TAR Lombardia sede di Milano Sentenza n. 830 del 28 marzo 2011 TAR Lombardia sede di Milano Al fine di ‘‘integrare’’ le informazioni generiche contenute nel LUL sull’orario di lavoro, per verificare l’ottemperanza del datore di lavoro alla normativa sull’orario di lavoro, il servizio ispettivo ha disposto che il datore di lavoro istituisse uno strumento di rilevazione delle presenze da cui poter evincere l’ora di ingresso e di uscita di ogni singolo lavoratore e non solo la durata totale della prestazione

L’azienda ispezionata ricorre contro la disposizione ma perde il ricorso in quanto il TAR ritiene legittima la pretesa dei servizi ispettivi. La motivazione del giudice: «una indicazione nel libro unico del quantitativo complessivo delle ore lavorate per ciascun lavoratore non consente all’amministrazione di adempiere ai compiti di controllo che la legge le assegna, giacchè tale indicazione complessiva non le consente [...] di controllare se effettivamente il lavoratore abbia potuto beneficiare di pause intermedie ovvero di riposi giornalieri di almeno undici ore consecutive».

Esempi di materie in cui si ritiene possibile l’utilizzo del potere dispositivo: la configurazione dei lavoratori notturni ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. e, del d.lgs. 66/2003, ai fini delle opportune visite preventive e periodiche; la sospensione o la cessazione dello svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario che non soddisfino i requisiti di eccezionalità della prestazione; concessione della pausa giornaliera per la durata e secondo la collocazione temporale stabilita dall’ispettore in funzione delle esigenze produttive;

Interruzione di adibizione a mansioni non compatibili con la ridotta capacità lavorativa del lavoratore disabile; Concessione di riposi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa per il lavoratore minore, in funzione della particolarità delle mansioni; la messa a disposizione in forma permanente delle rappresentanze sindacali di un locale idoneo (art. 27, l. n. 300/1970).

La disposizione degli organi ispettivi viene inserita direttamente nel verbale unico di accertamento e deve contenere elementi essenziali quali: L’indicazione dell’autorità che emana la disposizione Il destinatario L’indicazione della motivazione (di fatto e di diritto) che legittima l’adozione della disposizione La disposizione stessa (intimazione ad ottemperare) Data di emanazione della disposizione

Firma del funzionario Clausola difensiva, ovvero l’indicazione delle conseguenze dell’inosservanza della disposizione, nonché elencazione dei possibili rimedi disponibili a tutela del destinatario del provvedimento (ricorsi amministrativi); Relata di notifica

LA CONCILIAZIONE MONOCRATICA

Art. 11. Conciliazione monocratica Nelle ipotesi di richieste di intervento ispettivo alla direzione provinciale del lavoro dalle quali emergano elementi per una soluzione conciliativa della controversia, la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente può, mediante un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva, avviare il tentativo di conciliazione sulle questioni segnalate. Le parti convocate possono farsi assistere anche da associazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato. In caso di accordo, al verbale sottoscritto dalle parti non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo del codice civile. 3-bis. Il verbale di cui al comma 3 e' dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata. I versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi, da determinarsi secondo le norme in vigore, riferiti alle somme concordate in sede conciliativa, in relazione al periodo lavorativo riconosciuto dalle parti, nonché il pagamento delle somme dovute al lavoratore, estinguono il procedimento ispettivo. Al fine di verificare l'avvenuto versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, le direzioni provinciali del lavoro trasmettono agli enti previdenziali interessati la relativa documentazione. Nella ipotesi di mancato accordo ovvero di assenza di una o di entrambe le parti convocate, attestata da apposito verbale, la direzione provinciale del lavoro da' seguito agli accertamenti ispettivi. Analoga procedura conciliativa può aver luogo nel corso della attività di vigilanza qualora l'ispettore ritenga che ricorrano i presupposti per una soluzione conciliativa di cui al comma 1. In tale caso, acquisito il consenso delle parti interessate, l'ispettore informa con apposita relazione la Direzione provinciale del lavoro ai fini dell'attivazione della procedura di cui ai commi 2, 3, 4 e 5. La convocazione delle parti interrompe i termini di cui all'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, fino alla conclusione del procedimento conciliativo.

Definizione La Conciliazione Monocratica è una procedura conciliativa volontaria che si svolge dinanzi ad un singolo funzionario, anche ispettivo, dell’Ispettorato competente per territorio. Nel corso di tale procedura le Parti, se vi aderiscono, possono trovare un accordo su rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro intercorso a qualsiasi titolo tra le Parti medesime.

Effettività dell’istituto Aspetti generali Ratio e peculiarità Trattasi di un Istituto introdotto (ex art. 11, d.lgs. n. 124/2004) allo scopo di deflazionare il contenzioso giudiziale derivante da controversie di lavoro. Nelle intenzioni del legislatore delegante (legge n. 30/2003 – c.d. Legge Biagi), doveva essere lo strumento per attuare un “raccordo efficace fra la funzione di ispezione del lavoro e quella della conciliazione delle controversie individuali”. Effettività dell’istituto Nonostante rappresenti un istituto concettualmente molto innovativo, ha avuto una scarsa applicazione, anche a seguito delle modifiche intervenute con il Collegato Lavoro 2010.

In cosa consiste La conciliazione monocratica è diretta a promuovere – attraverso l'intervento del funzionario dell’ITL incaricato di esperire il tentativo di conciliazione – la possibilità che le parti di un rapporto di lavoro trovino un accordo, nei casi di denuncia di violazioni di legge o di obbligazioni contrattuali che abbiano prodotto al lavoratore un danno patrimoniale. Tale strumento, quindi, trova applicazione in un momento antecedente rispetto all'accertamento dell'effettiva esistenza o veridicità delle situazioni e delle circostanze oggetto di intervento da parte dell'organo ispettivo, il quale ultimo, quindi, non risulta ancora vincolato. Quale funzione dunque??

In cosa consiste A livello civilistico, cioè sul piano dei rapporti tra le parti, la conciliazione monocratica ha la funzione di dirimere una controversia di carattere patrimoniale e di natura retributiva da parte del lavoratore. A livello amministrativo, invece, l'istituto risponde all'interesse pubblico di: - estinguere il procedimento ispettivo senza costi per la P.A.; - deflazionare l’eventuale contenzioso, addivenendo ad un accordo bonario suscettibile di prevenire la lite.

Portata applicativa e condizionalità La conciliazione monocratica è esperibile sia nelle ipotesi di lavoro subordinato, che di lavoro autonomo o parasubordinato . Condizionalità Tale strumento regolatorio può essere, tuttavia, attivato solo quando non emergano evidenti e chiari indizi di violazioni penalmente rilevanti, in quanto, in tal caso, è necessario procedere all'accertamento ispettivo.

Le diverse tipologie L’art. 11, d.lgs. n. 124/2005 due forme distinte di conciliazione monocratica: “preventiva” (comma 1); “contestuale” (comma 6).

La conciliazione monocratica c.d. preventiva Nasce su “richiesta di parte”: sulla base di una richiesta di intervento ispettivo avanzata dal lavoratore o dall’organizzazione sindacale di appartenenza. Viene però attivata dall’ITL in costanza di 3 presupposti: che dalla “richiesta di parte” emergano elementi per una soluzione conciliativa della controversia che la rivendicazione attenga a diritti patrimoniali del lavoratore interessato e sempreché “non si configurino aspetti di rilevanza penale”.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva La procedura Il Direttore dell’ITL competente – valutata l'opportunità di procedere alla conciliazione, ricorrendone i presupposti ed in assenza di ragioni ostative – conferisce l'incarico ad un funzionario, anche ispettivo, il quale provvede «a convocare le parti innanzi a sé, nel più breve tempo possibile, tenuto conto delle finalità deflattive dell'istituto».

La conciliazione monocratica c.d. preventiva La convocazione La lettera di convocazione contiene: le «questioni segnalate»: ossia le rivendicazioni oggetto della richiesta di intervento e del conseguente tentativo di conciliazione, delle quali il datore di lavoro non è, evidentemente, a conoscenza; tutti i dati utili ad individuare le parti e l'oggetto del tentativo di conciliazione, il nome del funzionario assegnatario, la data, l'orario ed il luogo della convocazione; l’avviso circa la possibilità (non obbligatorietà) di farsi assistere (o di farsi sostituire in caso di impossibilità) da propri rappresentanti sindacali, ovvero da consulenti del lavoro, o dagli altri professionisti abilitati, di cui alla L. n. 12 dell'11/01/1979, ai quali abbiano conferito espresso mandato e delega.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva La procedura Occorre precisare che la conciliazione monocratica non deve necessariamente esaurirsi in un’unica seduta, né la legge prevede un tempo predeterminato per raggiungere o meno l’accordo: ove le circostanze lo richiedano, è possibile redigere un verbale di rinvio ad altra data.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva L’esito: l’accordo In caso di ACCORDO, il Verbale, sottoscritto dal funzionario, acquisisce piena efficacia ed estingue il procedimento ispettivo, a condizione che il datore di lavoro provveda: al pagamento integrale, nel termine stabilito nel verbale di accordo, delle somme dovute a qualsiasi titolo al lavoratore, al versamento totale dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi determinati sulla base della legislazione vigente.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva L’esito: l’accordo Il riferimento alla «legislazione vigente» (art. 11, 4° comma) deve intendersi anche con riguardo al rispetto dei «minimali contributivi così come stabiliti dalla legge» (Circ. Min. Lav. n. 24/2004). Ciò vuol dire che, laddove l'importo oggetto di conciliazione fosse inferiore ai minimali contrattuali, il computo degli oneri contributivi ai fini previdenziali ed assicurativi dovrà, comunque, essere operato rispetto ai minimali di legge.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva L’esito: rateazione debito previdenziale Inoltre, per quanto concerne l'ipotesi di una rateazione del debito previdenziale, l'effetto estintivo sarà condizionato: alla verifica del pagamento delle spettanze retributive dovute al lavoratore, nonché alla comunicazione, da parte degli Istituti competenti, dell'effettiva ammissione al pagamento rateale del debito, con attestazione dell'avvenuto versamento della prima rata.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva L’esito: il mancato accordo In caso di MANCATO ACCORDO, ovvero di mancata comparizione di una o più parti convocate, gli organi ispettivi POSSONO avviare l'accertamento ispettivo. Tale accertamento resta una facoltà e non un obbligo da parte dell'organo di vigilanza, posto che la relativa valutazione rimane sempre affidata al prudente apprezzamento del responsabile della programmazione.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva Nota Min.Lav. n. 7165/2012 Sulla non obbligatorietà dell’azione ispettiva a seguito del fallimento della “richiesta di intervento” (c.d. conciliazione monocratica preventiva) è nuovamente intervenuto il Ministero del lavoro. Oggetto di interpretazione è il comma 5: “Nella ipotesi di mancato accordo ovvero di assenza di una o di entrambe le parti convocate, attestata da apposito verbale, la direzione provinciale del lavoro dà seguito agli accertamenti ispettivi”.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva Nota Min.Lav. n. 7165/2012 Per il Ministero, non soltanto ragioni giuridiche, ma anche di opportunità amministrativa fanno propendere per intendere l’inciso secondo cui la DTL “dà seguito agli accertamenti ispettivi” come una NON OBBLIGATORIETÀ ******* Ritenendo poco opportuno che la programmazione ispettiva sia “eterodiretta” da richieste di intervento di terzi, il Ministero – in continuità con quanto già specificato nella Circ. n. 36/2009 – individua 3 precise ipotesi: Richiesta di intervento lacunosa Fallimento della conciliazione monocratica promossa Mancato rispetto degli accordi conciliativi

La conciliazione monocratica c.d. preventiva Nota Min.Lav. n. 7165/2012 Richiesta di intervento lacunosa Rispetto al passato la novità è che non è sempre scontata l’archiviazione da parte dell’ITL a seguito di una “richiesta di intervento lacunosa”. La direttiva ministeriale del 2008 precisava che a fronte di richieste non attendibili nella esposizione dei fatti, l’Ufficio aveva la facoltà di non dar corso alla richiesta stessa. Su tale scorta, la circ. Min. lav. n. 30/2009 invitava le DTL a non prendere in considerazione le richieste di intervento palesemente pretestuose, oggettivamente inattendibili e prive di ogni fondamento. Ora invece la Nota Min. lav. 2012, pur confermando la non automaticità della conciliazione monocratica, appare più permissiva nella scelta di aprire la strada alla procedura anche per quelle richieste di intervento lacunose: una sorta di “ultima spiaggia” per quelle posizioni lavorative non sempre suffragate da un adeguato quadro probatorio.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva Nota Min.Lav. n. 7165/2012 2. Fallimento della conciliazione monocratica promossa Le valutazioni sono affidate alla ITL caso per caso: A) Ove vi sia assenza ingiustificata da parte del lavoratore, si procede all’archiviazione della pratica in assenza di idonei ed apprezzabili elementi valutativi per l'ufficio. B) Se la conciliazione non va a buon fine per causa addebitabile al datore di lavoro, il quale non si presenti senza idonea giustificazione ma anche, evidentemente a parere di chi scrive, quando, pur presente, non voglia addivenire ad un accordo, la regola prevede l'attivazione del procedimento ispettivo.

La conciliazione monocratica c.d. preventiva Nota Min.Lav. n. 7165/2012 3. Mancato rispetto degli accordi conciliativi L'inadempimento datoriale agli obblighi retributivi e/o contributivi, determina, quale effetto «l'immediata attivazione della procedura ispettiva». Si vedano anche le modifiche intervenute con il Collegato lavoro 2010 (legge n. 183/2010), che ha inserito il comma 3-bis., che così recita: “Il verbale di conciliazione monocratica è dichiarato esecutivo con decreto dal Giudice competente, su istanza della parte interessata”. (cfr. PUNTO 8)

La conciliazione monocratica c.d. preventiva Conciliazione preventiva plurima La conciliazione monocratica preventiva può avere luogo anche in occasione di richieste di intervento plurime o multiple – ossia, che coinvolgano più lavoratori – purché le singole posizioni individuali vengano considerate separatamente (Circ. Min. Lav. n. 24/2004).

La conciliazione monocratica c.d. contestuale Viene definita “contestuale” la conciliazione che l’Ispettore del lavoro – in sede di accesso ispettivo operato nell’ambito della normale attività di vigilanza di iniziativa programmata – promuove nel caso in cui non risultino ancora acquisiti elementi certi ed obiettivi di prova in ordine a corrispondenti violazioni amministrative, ma emergano profili per una soluzione conciliativa della possibile controversia attinenti esclusivamente a diritti patrimoniali del lavoratore . Diversamente dalla conciliazione monocratica c.d. "preventiva", attivabile su “richiesta di parte”, la conciliazione monocratica c.d. “contestuale” è caratterizzata dall'iniziativa dell'Ufficio, ma richiede, comunque, il consenso delle parti. Segnatamente:

La conciliazione monocratica c.d. contestuale La procedura Nel corso dell'espletamento di un accesso ispettivo, il personale ispettivo può procedere a RACCOGLIERE IL CONSENSO DELLE PARTI per effettuare il tentativo di conciliazione sulle questioni evidenziate, RELAZIONANDO il tutto all’ITL di appartenenza per l'attivazione della procedura conciliativa. La procedura può attivarsi per le stesse ipotesi della conciliazione monocratica c.d. preventiva: esistenza di elementi per una soluzione conciliativa della controversia questioni attinenti a diritti patrimoniali del lavoratore interessato e sempreché “non si configurino aspetti di rilevanza penale”.

La conciliazione monocratica c.d. contestuale La procedura La conciliazione contestuale può essere avviata fino alla emanazione di un qualsiasi provvedimento amministrativo sanzionatorio. Per il tentativo di conciliazione, la pratica dovrà essere preferibilmente assegnata al medesimo funzionario che ha proceduto all'ispezione.

I diritti patrimoniali Oggetto I diritti patrimoniali Oggetto di conciliazione monocratica possono essere solo le questioni riguardanti diritti patrimoniali dei lavoratori (di origine contrattuale o legale), per le quali è possibile operare una soluzione transattiva. In particolare, possono essere oggetto di conciliazione monocratica: la retribuzione o porzioni di essa; le maggiorazioni per lavoro straordinario, notturno e festivo; le erogazioni legate a particolari eventi; i premi pattuiti per meriti particolari; le indennità di disponibilità; le mensilità aggiuntive.

Divieto di Accordi novativi Oggetto Divieto di Accordi novativi L'accordo transattivo deve avere sempre ad oggetto prestazioni retributive e, di conseguenza, anche prestazioni di tipo contributivo, relative ad un rapporto di lavoro instauratosi tra le parti («in relazione al periodo lavorativo riconosciuto dalle parti»). Indipendentemente che ciò sia avvenuto in forma regolare, o che si sia trattato di un rapporto di lavoro sommerso. Non sono, pertanto, consentiti accordi transattivi di natura novativa, che riconoscano al lavoratore somme a titolo diverso rispetto a quello della prestazione lavorativa, cosicché è sempre dovuta la relativa obbligazione contributiva nei confronti degli Enti di previdenza.

Effetti La conciliazione monocratica produce effetti non soltanto tra le parti, ma anche nei confronti dei terzi interessati, ossia: la Pubblica Amministrazione (segnatamente, il Servizio ispettivo dell’ITL, rispetto al quale realizza l'effetto estintivo del procedimento ispettivo); gli Enti Previdenziali, ai quali è estinto ogni possibile eventuale accertamento d'ufficio.

Effetti Il termine "estinto" (e non "concluso") utilizzato dal legislatore sta a significare che, a seguito dell'accordo, viene definitivamente meno il potere, da parte degli organi di vigilanza e degli Enti previdenziali di svolgere l'ispezione e, pertanto, di poter addivenire ad un accertamento difforme rispetto a quanto obbligatoriamente regolato dalle parti in sede di conciliazione monocratica. È necessario, tuttavia, che ricorrano i due presupposti essenziali richiesti per l'estinzione del potere ispettivo, ossia: da un lato, l'adempimento dell'obbligazione retributiva da parte datoriale; dall'altro, l'adempimento della correlativa obbligazione contributiva.

L’Inadempimento degli accordi conciliativi Come visto, il procedimento ispettivo si estingue con l'adempimento, da parte del datore di lavoro, delle obbligazioni retributive dovute al lavoratore alla stregua dell'accordo conciliativo e contributive (previdenziali ed assicurative). Cosa succede in caso di inadempimento datoriale??? L'inadempimento datoriale agli obblighi retributivi e/o contributivi, determina, quale effetto, «l'immediata attivazione della procedura ispettiva». Inoltre:

L’Inadempimento degli accordi conciliativi Occorre distinguere l'inadempimento datoriale degli obblighi RETRIBUTIVI da quelli CONTRIBUTIVI. Ciò in quanto, sebbene l’obbligazione retributiva e quella contributiva sorgano entrambe dal rapporto di lavoro, esse sono comunque indipendenti: il rapporto di lavoro coinvolge soltanto due parti (datore e lavoratore); il rapporto contributivo coinvolge tre soggetti (datore assicurante, lavoratore assicurato, ente di previdenza assicuratore). PERTANTO

L’Inadempimento degli accordi conciliativi Nei casi di inadempimento delle obbligazioni retributive assunte in via conciliativa dal datore di lavoro, risulta di indubbio rilievo il comma 3-bis dell’art. 11 (introdotto dall'art. 38, co.1, L. n. 183/2010) il quale – colmando un evidente vuoto normativo – ha disposto che «Il verbale di conciliazione monocratica è dichiarato esecutivo con decreto dal Giudice competente, su istanza della parte interessata». [c.d. Correttivo Collegato Lavoro 2010] Pertanto, ottenuta la formula esecutiva, il verbale di conciliazione monocratica dovrà essere notificato al debitore/datore di lavoro, unitamente al precetto, ex art. 480 c.p.c., secondo le modalità ordinarie previste per l'attivazione dell'azione esecutiva.

L’Inadempimento degli accordi conciliativi Per i casi di inadempimento delle obbligazioni contributive, invece, gli Enti previdenziali continuano a ricorrere alle procedure esecutive speciali che, in qualità di organismo pubblico, possono attivare nei casi d'inadempimento da parte di soggetti privati.

Profili di impugnabilità del verbale di conciliazione monocratica I profili di impugnabilità del verbale di conciliazione monocratica vanno approfonditi da una duplice prospettiva: Il principio generale di inoppugnabilità La deroga: vizio del consenso e indeterminatezza dell’oggetto

Profili di impugnabilità del verbale di conciliazione monocratica Inoppugnabilità del verbale di accordo L’art. 11, co. 3, prevede l'inapplicabilità dei commi 1, 2, e 3 dell'art. 2113 c.c., in materia di rinunzie e transazioni. Come noto, l'art. 2113 c.c. – norma posta a tutela del lavoratore, considerato quale "parte debole" del sinallagma contrattuale – prevede: - l'annullabilità delle rinunzie e transazioni che abbiano ad oggetto diritti inderogabili del prestatore di lavoro - e la possibilità di impugnarle con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, entro sei mesi dalla cessazione del rapporto e/o dalla transazione, se intervenuta successivamente.

Profili di impugnabilità del verbale di conciliazione monocratica Inoppugnabilità del verbale di accordo PERTANTO La norma sancisce il principio generale di inoppugnabilità del verbale di conciliazione monocratica, così come avviene per le conciliazioni in sede giudiziale (art. 185 c.p.c.), per le conciliazioni collegiali davanti all’ITL (art. 410 c.p.c.) e per le conciliazioni in sede sindacale (art. 411 c.p.c.).

Profili di impugnabilità del verbale di conciliazione monocratica Le deroghe Costituiscono “deroga” al tradizionale principio di inoppugnabilità del verbale di conciliazione monocratica: il vizio del consenso la c.d. indeterminatezza dell’oggetto.

Profili di impugnabilità del verbale di conciliazione monocratica La deroga Vizio del consenso Tale ipotesi costituisce un profilo di annullamento della conciliazione monocratica. Si manifesta in svariate situazioni: ad esempio per accertata incapacità naturale ex art. 428 c.p.c., per violenza morale, per errore, ecc.

Profili di impugnabilità del verbale di conciliazione monocratica La deroga Indeterminatezza dell’oggetto Risponde al principio giurisprudenziale secondo cui è inidoneo, ai fini negoziali, l'atto transattivo contenente dichiarazioni del lavoratore assimilabili alle clausole di stile, con cui questi genericamente rinuncia a propri diritti, senza specifico riferimento, tra gli altri, alle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro, alle mansioni ed alle voci retributive cui si riferiscono le somme indicate. Tale atto – non consentendo di comprovare l'effettiva sussistenza di una cosciente volontà dispositiva e di una reale consapevolezza dei diritti determinati o obiettivamente determinabili, cui l'interessato rinuncia o modifica o estingue – è viziato di genericità ed indeterminatezza.

Profili di impugnabilità del verbale di conciliazione monocratica La deroga Indeterminatezza dell’oggetto Pertanto, proprio perché sottratto ad impugnazioni, il controllo esercitato dall'Ufficio sul testo negoziale del verbale di conciliazione monocratica non potrà esaurirsi in una mera presa d'atto della volontà dichiarata dalle parti, ma dovrà estrinsecarsi in una effettiva attività di verifica e controllo della libertà e consapevolezza delle scelte che le parti stesse abbiano sussunto nel testo conciliativo. Ove ciò non fosse, verrebbe meno la stessa funzione dell'istituto.

I PROVVEDIMENTI ISPETTIVI

Indice Diffida accertativa per crediti patrimoniali Sospensione dell’attività imprenditoriale La prescrizione in materia di lavoro

FONTI Art. 12, D.lgs. 23 aprile 2004, n. 124 Interpello n. 21/2009 Circ. Min. Lav. 08 gennaio 2013, n. 1 Circ. Min. Lav. 24 giugno 2004, n. 24 Art. 14, D.lgs. 09 aprile 2008, n. 81 Circ. Min. Lav. n. 33 del 10.11.2009 Nota Min. Lav. 28 aprile 2015 n. 7127 Circ. Min. Lav. 12 ottobre 2015, n. 26 Nota Min. Lav. 18 maggio 2016, n. 10084 Nota Min. Lav. 05 luglio 2016, n. 13200 Nota Min. Lav. 12 luglio 2016, n. 13792 Artt. 19 – 24, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 Art. 15, D.lgs. 23 aprile 2004, n. 124

DIFFIDA ACCERTATIVA PER CREDITI PATRIMONIALI

Art. 12. Diffida accertativa per crediti patrimoniali DECRETO LEGISLATIVO 23 APRILE 2004, N. 124 RAZIONALIZZAZIONE DELLE FUNZIONI ISPETTIVE IN MATERIA DI PREVIDENZA SOCIALE E DI LAVORO, A NORMA DELL'ARTICOLO 8 DELLA LEGGE 14 FEBBRAIO 2003, N. 30 Art. 12. Diffida accertativa per crediti patrimoniali Qualora nell'ambito dell'attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti. Entro trenta giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro può promuovere tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro. In caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo del codice civile. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2 o in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, attestato da apposito verbale, il provvedimento di diffida di cui al comma 1 acquista, con provvedimento del direttore della Direzione provinciale del lavoro, valore di accertamento tecnico, con efficacia di titolo esecutivo. Nei confronti del provvedimento di diffida di cui al comma 3 e' ammesso ricorso davanti al Comitato regionale per i rapporti di lavoro di cui all'articolo 17, integrato con un rappresentante dei datori di lavoro ed un rappresentante dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. In mancanza della designazione entro trenta giorni dalla richiesta di nomina, il Comitato decide il ricorso nella sua composizione ordinaria. I ricorsi vanno inoltrati alla direzione regionale del lavoro e sono decisi, con provvedimento motivato, dal Comitato nel termine di novanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell'Amministrazione. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto. Il ricorso sospende l'esecutività della diffida

Nozione La diffida accertativa è un provvedimento che consente al personale ispettivo del lavoro di diffidare immediatamente il datore di lavoro alla corresponsione, entro un termine prefissato (30 giorni), di crediti pecuniari dovuti ai lavoratori in conseguenza dell'effettivo svolgimento di un rapporto di lavoro, dopo averne accertato la natura e la spettanza. La diffida accertativa non ha natura obbligatoria: essa viene impartita dall'ispettore del lavoro dopo aver valutato tutte le circostanze del caso, sulla base degli elementi oggettivi (di fatto e di diritto) acquisiti e documentati (Min. lav. circ. n. 24/2004).

Natura giuridica e peculiarità È un provvedimento amministrativo dotato di esecutorietà: ha il potere di attuare la volontà espressa dalla PA che l'ha emanata, senza l'ulteriore intervento dell'Autorità giudiziaria, in particolar modo nell'ipotesi in cui venga confermata dal successivo provvedimento di validazione adottato dal Direttore dell’ITL (art. 12 c. 3 e D. Lgs. 124/04)

Il contenuto dell’accertamento tecnico L'ispettore del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere direttamente al lavoratore le somme che risultino accertate quali crediti retributivi derivanti dalla corretta applicazione dei contratti collettivi di lavoro applicabili, solo dopo aver "accertato" le inosservanze alla disciplina contrattuale applicabile al singolo lavoratore ed aver acquisito gli elementi di fatto e di diritto necessari e sufficienti per calcolare gli importi dovuti

Il contenuto dell’accertamento tecnico l'adozione della diffida accertativa appare possibile anche nell'ambito dei rapporti di lavoro autonomo (collaborazione coordinata e continuativa e lavoro a progetto), almeno in tutte quelle ipotesi in cui l'erogazione dei compensi sia legata a presupposti oggettivi e predeterminati che non richiedano complessi approfondimenti in ordine alla verifica dell'effettivo raggiungimento o meno dei risultati dell'attività.

Il contenuto della diffida accertativa A pena di nullità, la diffida accertativa deve contenere i seguenti elementi: a) il soggetto; b) l'oggetto; c) la forma scritta; d) l'indicazione impersonale della Dtl; e) il destinatario; f) la motivazione; g) il dispositivo; h) la clausola difensiva; i) la data; l) la sottoscrizione; m) la relata di notifica.

Oggetto della diffida: i crediti pecuniari di lavoro L'oggetto della diffida accertativa consiste nei "crediti patrimoniali" maturati dal lavoratore, in conseguenza della propria attività lavorativa, per effetto della mancata applicazione di un istituto economico contrattualmente pattuito. Tali crediti patrimoniali devono necessariamente possedere le caratteristiche di: liquidità, determinatezza, esigibilità e certezza.

Oggetto della diffida: i crediti pecuniari di lavoro Sono quelli previsti dai CCNL, cui il datore di lavoro non firmatario abbia in ogni caso aderito tramite espresso rinvio nel contratto individuale (c.d. adesione esplicita) o ponendo in essere di fatto l'applicazione di tali contratti (c.d. adesione implicita – per fatti concludenti). Ma possono essere anche i crediti previsti dalla contrattazione di 2° livello. Quali dunque?

Oggetto della diffida: i crediti pecuniari di lavoro Quali dunque? La retribuzione (comprensiva di minimi contrattuali, ex indennità di contingenza, Edr, scatti di anzianità, superminimi, maggiorazioni, indennità varie, compresi mensilità aggiuntive e Tfr) Le erogazioni pattuite dal datore di lavoro (ad esempio, i premi di anzianità aziendale, i premi di risultato aziendale ecc.) I compensi dovuti a titolo di indennità di preavviso, o per patto di non concorrenza Particolari benefit previsti dalla contrattazione collettiva

Le tipologie di crediti oggetto di diffida accertativa: le più recenti indicazioni ministeriali (Circ. Min. Lav. n. 1/2013) Stante la necessità di individuare con esattezza le tipologie di crediti che possono essere oggetto di diffida accertativa, il Ministero del lavoro ha operato una classificazione dei “crediti diffidabili” sulla base dei corrispondenti poteri di accertamento affidati agli ispettori, necessari ai fini della individuazione e liquidazione. Secondo Circ. Min. Lavoro n. 1/2013, le tipologie di credito possono essere così suddivise e classificate:

Le tipologie di crediti oggetto di diffida accertativa: le più recenti indicazioni ministeriali (Circ. Min. Lav. n. 1/2013) Le tipologie di credito possono essere così suddivise e classificate: 1) crediti retributivi da omesso pagamento; 2) crediti di tipo indennitario, da maggiorazioni, Tfr ecc.; 3) retribuzioni di risultato, premi di produzione ecc.; 4) crediti retributivi derivanti da un non corretto inquadramento della tipologia contrattuale; 5) crediti legati al demansionamento ovvero alla mancata applicazione di livelli minimi retributivi richiesti esplicitamente dal legislatore in osservanza dell'art. 36 Cost. (ad esempio, l'art. 7, comma 4, D.L. n. 248/2007 - legge n. 31/2008) ovvero derivanti dall'accertamento di lavoro sommerso

Le tipologie di crediti oggetto di diffida accertativa 1) crediti retributivi da omesso pagamento L'adozione della diffida accertativa non presenta particolari problemi, in quanto la violazione consiste semplicemente in un ritardo nell'adempimento dell'obbligazione. In tal caso, la diffida non influisce sulla liquidità dello stesso, in quanto è esclusivamente necessario compiere mere "operazioni aritmetiche", traendo i relativi elementi già dai documenti contabili e lavoristici in possesso del datore di lavoro.

Le tipologie di crediti oggetto di diffida accertativa 2) crediti di tipo indennitario, da maggiorazioni, Tfr ecc. Ugualmente, la diffida accertativa non presenta particolari problemi: anche in questo caso, l'ispettore del lavoro non deve compiere delicate valutazioni discrezionali o di merito, poiché trattasi di elementi oggettivamente valutabili (come avviene, per esempio, per l'accertamento di un credito legato allo svolgimento di lavoro festivo o notturno, oppure conseguente alla mancata fruizione del prescritto riposo annuale).

Le tipologie di crediti oggetto di diffida accertativa 3) retribuzioni di risultato, premi di produzione ecc. Trattasi di crediti connessi ad elementi pecuniari non predeterminati o legati a particolari scelte di merito del datore di lavoro (come, ad esempio, i premi di risultato, premi di produzione, promozioni). In quest'ultimo caso, ovviamente, se manca la valutazione di merito del datore di lavoro, non è possibile adottare la diffida accertativa, in quanto l’Ispettore del lavoro dovrebbe andare oltre quell'accertamento tecnico a lui demandato dalla norma per sfociare in una scelta di tipo discrezionale o negoziale allo stesso evidentemente preclusa.

Le tipologie di crediti oggetto di diffida accertativa 4) crediti retributivi derivanti da un non corretto inquadramento della tipologia contrattuale Qui, nel caso si tratti di lavoro denunciato e non sommerso, l'accertamento dovrebbe concernere la riqualificazione di un rapporto lavorativo (ad es., da parasubordinato a subordinato). In questi casi, pur non ravvisandosi nessuna particolare ragione giuridica impeditiva all'adozione della diffida, per una scelta di mera opportunità dell'amministrazione la circ. Min. lav. n. 1/2013 ritiene preferibile non adottare la diffida accertativa, stante la necessità da parte dell'organo ispettivo di procedere ad una diversa qualificazione rispetto a quella negoziale data dalle parti del rapporto, qualificazione che spetta in via definitiva al giudice e che presenta, tradizionalmente, delicati profili di valutazione.

Le tipologie di crediti oggetto di diffida accertativa 5) crediti legati al demansionamento ovvero derivanti dall'accertamento di lavoro sommerso “Nel caso in cui l'organo ispettivo abbia accertato rapporti di lavoro irregolari, in fattispecie nelle quali sia comunque individuabile il CCNL applicato dal datore di lavoro, il verbale unico di accertamento, oltre a contenere la diffida ex art. 13, D.Lgs. 124/2004, a regolarizzare tali posizioni sul piano amministrativo e previdenziale, deve essere completato con la redazione della diffida ex art. 12, D.Lgs. 124/2004 a corrispondere le somme accertate e dovute ai lavoratori, al fine di garantire la sostanziale regolarizzazione dei rapporti di lavoro oggetto dell'accertamento” (Circ. Min. Lav. n. 1/2013)

Notificazione e procedura di diffida accertativa L’atto di diffida accertativa deve essere espressamente notificato per legge o a mezzo del funzionario dell'amministrazione. In alternativa, la diffida accertativa può anche essere notificata seguendo le procedure di notifica a mezzo posta previste per gli atti giudiziari di cui alla legge n. 890/1982, e quindi escludendo il ricorso al servizio di posta raccomandata ordinaria. Ciò in quanto dall'avvenuta notifica decorrono i termini di decadenza di 30 giorni per proporre il tentativo di conciliazione monocratica (Min. lav., risposta a quesito 19.1.2010, prot. n. 25/I/0000951).

Notificazione e procedura di diffida accertativa Il comma 2 dell’art. 12 dispone che, entro 30 giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro può promuovere tentativo di conciliazione monocratica ex art. 11, comma 1, presso l’Itl.

Esiti: mancata o intervenuta conciliazione monocratica Mancata conciliazione monocratica ex art. 11 Decorso inutilmente il predetto termine di 30 giorni senza che sia stata avanzata alcuna richiesta di conciliazione, nonché in caso di mancato raggiungimento dell'accordo attestato da apposito verbale, il predetto provvedimento di diffida accertativa acquista, con specifico provvedimento del direttore dell’ITL, valore d'accertamento tecnico, con efficacia di titolo esecutivo, all'atto della diffida accertativa dell'ispettore del lavoro.

Esiti: mancata o intervenuta conciliazione monocratica Mancata conciliazione monocratica ex art. 11 In virtù del provvedimento direttoriale di convalida della diffida accertativa, il lavoratore interessato può procedere mediante l'utilizzo di siffatto atto amministrativo all'immediato avvio dell'attività di recupero delle somme a lui dovute dal datore di lavoro.

Esiti: mancata o intervenuta conciliazione monocratica Intervenuta conciliazione monocratica ex art. 11 In caso di intervenuta conciliazione monocratica con esito positivo presso l’ITL il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 2113, commi 1, 2 e 3, c.c. Siffatta perdita di efficacia interviene anche nel caso in cui le parti interessate, in alternativa al tentativo di conciliazione monocratica, facciano pervenire all’ITL un accordo di carattere transattivo regolarmente sottoscritto da entrambe.

Esiti: mancata o intervenuta conciliazione monocratica Intervenuta conciliazione monocratica ex art. 11 In altri termini, a seguito dell'intervenuta conciliazione (o stipulazione di accordo transattivo), la diffida accertativa è da intendersi caducata con efficacia retroattiva, anche se il lavoratore non ha ottenuto il pieno soddisfacimento dei propri crediti patrimoniali riconosciuti dal personale ispettivo

Regime di impugnabilità Ai sensi dell'art. 12, comma 4, nei confronti del provvedimento direttoriale di convalida della diffida accertativa è ammesso il ricorso davanti al Comitato interregionale per i rapporti di lavoro, integrato con un rappresentante dei datori di lavoro e un rappresentante dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. In mancanza della designazione entro 30 giorni dalla richiesta di nomina, il Comitato decide il ricorso nella sua composizione ordinaria.

Regime di impugnabilità I ricorsi devono essere inoltrati alla Direzione interregionale del lavoro e sono decisi, con provvedimento motivato, dal Comitato nel termine di 90 giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell'amministrazione. Si evidenzia che la presentazione del ricorso ex art. 12, comma 4, D.Lgs. n. 124/2004 sospende l'esecutività della diffida accertativa. Decorso inutilmente il termine di 90 giorni previsto per la decisione, il ricorso si deve intendere come respinto.

Rilievi critici Per la diffida accertativa si pongono alcune criticità che ne hanno determinato, tra l’altro, una scarsa diffusione (al pari della conciliazione monocratica). Nonostante le recenti rassicurazioni ministeriali (Circ. Min. lav. n. 1/2013), permangono le perplessità nel merito dell’accertamento di eventuali crediti non connotati da certezza, liquidità ed esigibilità.

Sospensione dell’attività imprenditoriale

DECRETO LEGISLATIVO 09 APRILE 2008, N. 81 Art. 14 DISPOSIZIONI PER IL CONTRASTO DEL LAVORO IRREGOLARE E PER LA TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI   Al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori di cui all’articolo 92, comma 1, lettera e), gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni quando riscontrano l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (…). Si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell’organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette più violazioni della stessa indole. Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse individuate, in attesa della adozione del decreto di cui al precedente periodo, nell’allegato I. Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse individuate, in attesa della adozione del decreto di cui al precedente periodo, nell’allegato I. L’adozione del provvedimento di sospensione è comunicata all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell’adozione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche.  durata del provvedimento è pari alla citata sospensione nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia inferiore al 50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro; nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia pari o superiore al 50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero nei casi di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ovvero nei casi di reiterazione la durata è incrementata di un ulteriore periodo di tempo pari al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni; nel caso di reiterazione la decorrenza del periodo di interdizione è successiva al termine del precedente periodo di interdizione; nel caso di non intervenuta revoca del provvedimento di sospensione entro quattro mesi dalla data della sua emissione, la durata del provvedimento è pari a due anni, fatta salva l’adozione di eventuali successivi provvedimenti di rideterminazione della durata dell’interdizione a seguito dell’acquisizione della revoca della sospensione.

DECRETO LEGISLATIVO 09 APRILE 2008, N. 81 Art. 14 DISPOSIZIONI PER IL CONTRASTO DEL LAVORO IRREGOLARE E PER LA TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI 3. Il provvedimento di sospensione può essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato. 4. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di cui al comma 1: (3) a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; c) il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 6 pari a 2.000 euro euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e a 3.200 euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. (2) (5) 5. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al comma 2: a) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a 3.200 euro rispetto a quelle di cui al comma 6. (9) 5-bis. Su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle altre condizioni di cui ai commi 4 e 5, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venticinque per cento della somma aggiuntiva dovuta. L'importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l'importo non versato. (10) 6. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.(…)

DECRETO LEGISLATIVO 09 APRILE 2008, N. 81 Art. 14 DISPOSIZIONI PER IL CONTRASTO DEL LAVORO IRREGOLARE E PER LA TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI 9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 è ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia. 10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo è punito con l’arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare. (6) 11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia. 11-bis. Il provvedimento di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare non si applica nel caso in cui il lavoratore irregolare risulti l’unico occupato dall’impresa. In ogni caso di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare gli effetti della sospensione possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi. (7)

Il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale è stato introdotto dall'art. 36 bis, d.l. 223/2006 convertito nella legge 248/2006,limitatamente all'ambito dei cantieri edili; successivamente con l'art. 5 della L. 123/2007, tale limitazione è stata superata cosicché la potestà disospensione è stata estesa ad ogni attività di impresa. Ulteriore previsione dell'istituto in esame si è avuta con l'art.14 del d.lgs. 81/2008 modificato dal D. Lgs. n. 106/2009 e da ultimo dal D.Lgs. 14 settembre 2015 n. 151. Dell'istituto della sospensione si occupa la circolare n. 33/2009 Ministero del Lavoro, che espressamente supera tutte le precedenti circolari del Ministero in materia.

I presupposti per l’adozione del provvedimento I presupposti di adozione del provvedimento sono costituiti da: 1.1 Impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 % del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro (sia lavoratori in nero che regolarmente assunti) 1.2 Gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e sicurezza (individuate con decreto Ministro Lavoro e, nelle more dell'adozione del decreto, secondo la tabella allegata allo stesso d.lgs. 81/2008).

I presupposti per l’adozione del provvedimento 1.1 L’impiego di lavoratori “in nero” La previsione conferma la nozione di lavoratore “in nero” quale lavoratore sconosciuto alla P.A. In tal senso, il lavoratore “in nero” è dunque quel lavoratore impiegato senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro al Centro per l’impiego ovvero previa comunicazioni ad altri Enti come richiesto dalla specifica tipologia contrattuale.

I presupposti per l’adozione del provvedimento 1.1 L’impiego di lavoratori “in nero” Il requisito della subordinazione non costituisce un elemento essenziale pertanto potranno considerarsi irregolari: Tutti quei lavoratori rispetto ai quali non è stata effettuata detta comunicazione al Centro per l’Impiego ovvero non siano stati effettuati gli adempimenti previsti dall’art. 23 DPR n. 1124/1965 Tutti i soggetti comunque riconducibili all’ampia nozione di cui all’art. 2 comma 1 lett. a) del D.Lgs. 81/2008 rispetto ai quali non si sia provveduto a formalizzare il rapporto, comprendendovi anche i soggetti che pur risultando indicati nella visura del CCIAA in quanto titolari di cariche societarie svolgono attività lavorative a qualsiasi titolo, nonché i lavoratori autonomi occasionali (art. 2222 c.c.) non genuini per i quali dalla documentazione fiscale non si evinca la natura autonoma del rapporto

I presupposti per l’adozione del provvedimento 1.1 L’impiego di lavoratori “in nero” Se il lavoratore irregolare risulta l’unico occupato dell’impresa, non può essere disposta la sospensione ma si procede all’allontanamento del lavoratore fino al momento in cui il datore di lavoro non abbia provveduto a regolarizzarne la posizione, anche e soprattutto sotto il profilo della sicurezza Riguardo ai soggetti beneficiari di tirocini formativi e d’orientamento peri quali non è obbligatoria la comunicazione ai Servizi per l’impiego, il rapporto formativo si considera correttamente instaurato in caso di trasmissione di copia della convenzione alla Regione. Per i tirocinanti degli studi professionali è possibile verificare la preventiva iscrizione all’Albo di riferimento

I presupposti per l’adozione del provvedimento 1.1 L’impiego di lavoratori “in nero” Nel calcolo dei lavoratori complessivamente occupati dall’azienda, i soci (Nota Ministero del Lavoro 28 aprile 2015 n. 7127): Lavoratori, cui non spetta l’amministrazione o la gestione della società, devono essere computati Amministratori, che prestano attività lavorativa in azienda non devono essere conteggiati. La presenza di soci amministratori non rileva anche nell’eventualità in cui il lavoratore “in nero” sia l’unico occupato dall’azienda, dal momento che gli stessi sono comunque esclusi dalla base di calcolo, con conseguente inapplicabilità del provvedimento di sospensione.

I presupposti per l’adozione del provvedimento 1.2 Gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro Si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione «accertata con sentenza o con provvedimento sanzionatorio definitivo», lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con un unico provvedimento sanzionatorio. Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione di legge e quelle di disposizioni diverse individuate dal predetto Allegato I.

I soggetti legittimati all’emissione del provvedimento I soggetti legittimati all'emissione del provvedimento, nell'ambito delle proprie competenze, sono i seguenti: Ispettori del lavoro; b) Organi di vigilanza delle Aziende Sanitarie Locali.

I soggetti legittimati all’emissione del provvedimento Sul punto, precisa la circolare 33, «si ritiene il provvedimento debba essere adottato "di norma" ogni qual volta ne siano accertati i presupposti, salvo valutare circostanze che suggeriscano, sotto il profilo dell'opportunità, di non adottarlo». Le circostanze in questione sono legate principalmente a ragioni connesse alla salute e sicurezza sul lavoro o ad interruzione di un pubblico servizio, o a ragioni socio-economiche da ricercare nelle situazione nelle quali la sospensione arrecherebbe un danno grave agli impianti e alle attrezzature (si pensi al caso di raccolta di frutti, allevamento animali, o produzioni a ciclo continuo, …). Si tratta di un provvedimento di tipo discrezionale, come espressamente si desume dalla lettura dell'art. 14 della D. lgs. 81/2008 il quale stabilisce che «… gli organi di vigilanza possono adottare …»

Effetti del provvedimento Sotto un profilo spaziale, gli effetti sono circoscritti alla singola unità produttiva oggetto di ispezione e pertanto non va incidere su eventuali altri sedi della stessa azienda. Sotto un profilo temporale, invece, gli effetti del provvedimento possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo, salvo che non si riscontrino situazione di pericolo imminente o di grave rischio per la salute (efficacia differita delle sospensione).

Effetti interdittivi della sospensione L’adozione del provvedimento di sospensione è comunicata all’Autorità nazionale anticorruzione ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell’adozione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche. Diversamente dal provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, tali provvedimenti interdittivi devono riferirsi all’impresa nel suo complesso e quindi ad ogni attività contrattuale posta in essere dalla stessa, nei confronti di qualsiasi Amministrazione Pubblica.

Effetti interdittivi della sospensione Durata del provvedimento di interdizione In caso di non intervenuta revoca del provvedimento di sospensione entro 4 mesi dalla data della sua emissione, la durata del provvedimento è pari a 2 anni, fatta salva l’adozione di eventuali successivi provvedimenti di rideterminazione dell’interdizione a seguito dell’acquisizione della revoca della sospensione Misura dei lavoratori irregolari presenti Durata Inferiore al 50% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro Periodo di sospensione dell’attività Pari o superiore al 50% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro 3 volte il periodo di sospensione dell’attività, fino ad un massimo di 2 anni

Revoca del provvedimento Il provvedimento di sospensione potrà essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato qualora però ricorrano le seguenti condizioni: 1) il datore di lavoro abbia provveduto alla regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; 2) il datore di lavoro abbia ripristinato regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; 3) abbia effettuato il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2000,00 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare ed a 3.200,00 euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Revoca del provvedimento Art. 22 c. 4, provvedimento di sospensione attività imprenditoriale Per ottenere la revoca della sospensione dell’attività imprenditoriale (art. 14 D.Lgs. n. 81/2008), disposta per impiego di lavoratori in nero per oltre il 20% dei lavoratori presenti nell’unità produttiva, l’importo da pagare aumenta da € 1.950 ad € 2.000, mentre, per la revoca della sospensione inerente a gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, l’importo da pagare diminuisce da € 3.250 € 3.200.

Revoca del provvedimento Il Legislatore, con il D.Lgs. 151/2015 introduce anche la possibilità da parte del datore di lavoro di chiedere, fermo restando il rispetto delle altre condizioni di legge, la revoca del provvedimento mediante il versamento immediato del 25% della somma aggiuntiva dovuta (rispettivamente euro 500 ed euro 800), riservandosi di pagare l'importo residuo, maggiorato del 5%, entro i 6 mesi successivi alla presentazione dell'istanza di revoca (rispettivamente euro 1.575 ed euro 2.520).

Revoca del provvedimento Qualora, nei termini di legge, l'importo residuo non venga pagato, in tutto o in parte, il provvedimento di accoglimento dell'istanza in uno al provvedimento di revoca della sospensione costituiscono titolo esecutivo A tal fine nel provvedimento di revoca della sospensione sarà quindi indicato: - l'importo versato nella misura di euro 500 o di euro 800; l'importo ancora da versare maggiorato del 5% (rispettivamente euro 1.575 ed euro 2.520); il termine di 6 mesi entro il quale dovrà essere dimostrato il pagamento dell'importo residuo; le conseguenze del mancato o parziale versamento dell'importo residuo. Circolare Min.Lav. 26/2015

Revoca del provvedimento   casistiche D.Lgs. n. 151/2015 dal 24 settembre2015 IPOTESI NORMALE IPOTESI RATEALE D.Lgs 81/2008 Fino al 23 settembre 2015 Impiego di lavoratori in nero › Pagamento della somma aggiuntiva per € 2.000 › Regolarizzazione dei lavoratori › Pagamento contestuale del 25% della somma aggiuntiva per € 500 › Pagamento della somma aggiuntiva per € 1.950 gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza › Pagamento della somma aggiuntiva per € 3.200 › Ripristino delle regolari condizioni di lavoro › Pagamento contestuale del 25% della somma aggiuntiva per € 800 › Pagamento della somma aggiuntiva per € 3.250

Revoca del provvedimento Circolare Min.Lav. 26/2015 Revoca del provvedimento Condizioni per la revoca del provvedimento In riferimento alle ulteriori condizioni di legge necessarie ai fini della revoca deve ritenersi che la regolarizzazione dei lavoratori in "nero’’ vada effettuata di norma mediante Ie tipologie contrattuali indicate dalla disciplina in materia di maxisanzione (contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell'orario non superiore al 50% o contratti a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi). In tali casi, evidentemente non rileva il requisito del mantenimento del rapporto per almeno 3 mesi che, come sopra chiarito, costituisce esclusivamente condizione necessaria per l'adempimento alla diffida.

Revoca del provvedimento Circolare Min.Lav. 26/2015 Revoca del provvedimento Condizioni per la revoca del provvedimento La regolarizzazione dei rapporti va verificata anche in relazione agli obblighi di sorveglianza sanitaria, formazione e informazione eventualmente previsti dal D.Lgs. N. 81/2008 In tal senso, con specifico riferimento al settore dell’edilizia, configurandosi nella quasi totalità dei casi la violazione di obblighi puniti penalmente (almeno in riferimento all’omessa sorveglianza sanitaria ed alla mancata formazione ed informazione), il personale ispettivo dovrà adottare il provvedimento di prescrizione obbligatoria relativo a tali ipotesi contravvenzionali e verificare, conseguentemente, l’ottemperanza alla prescrizione impartita. Per quanto attiene alla regolarizzazione di lavoratori extracomunitari "clandestini" e di lavoratori minori illegalmente ammessi al lavoro, fermo restando il pagamento della somma aggiuntiva ai fini della revoca e pur nell’impossibilità di una piena regolarizzazione, sarà comunque necessario provvedere al versamento dei contributi di legge ex art. 2126 c.c.

Ricorsi avverso il provvedimento di sospensione Contro i provvedimenti di sospensione è ammesso ricorso, nel termine di 30 giorni Se la sospensione è stata disposta dagli ispettori del Lavoro o dai Vigili del Fuoco, all’Ispettorato interregionale territorialmente competente (cioè quella nel cui ambito ha sede l’ufficio che ha adottato l’atto) Se il provvedimento è stato emesso dagli ispettori dell’ASL, al Presidente della Giunta Regionale. L’organo competente deve pronunciarsi, in entrambi i casi, nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale termine, il provvedimento di sospensione perde efficacia (c.d. silenzio – accoglimento)

Prescrizione in materia di lavoro

DECRETO LEGISLATIVO 23 APRILE 2004, N. 124 RAZIONALIZZAZIONE DELLE FUNZIONI ISPETTIVE IN MATERIA DI PREVIDENZA SOCIALE E DI LAVORO, A NORMA DELL'ARTICOLO 8 DELLA LEGGE 14 FEBBRAIO 2003, N. 30 Art. 15 PRESCRIZIONE OBBLIGATORIA   1. Con riferimento alle leggi in materia di lavoro e legislazione sociale la cui applicazione è affidata alla vigilanza della direzione provinciale del lavoro, qualora il personale ispettivo rilevi violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero con la sola ammenda, impartisce al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria ai sensi degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e per gli effetti degli articoli 23 e 24 e 25, comma 1, dello stesso decreto. 2. L'articolo 22 del citato decreto legislativo n. 758 del 1994, trova applicazione anche nelle ipotesi di cui al comma 1. 3. La procedura di cui al presente articolo si applica anche nelle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, ovvero nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all'adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all'emanazione della prescrizione.

DECRETO LEGISLATIVO 19 DICEMBRE 1994, N. 758 MODIFICAZIONI ALLA DISCIPLINA SANZIONATORIA IN MATERIA DI LAVORO Capo II ESTINZIONE DELLE CONTRAVVENZIONI IN MATERIA DI SICUREZZA E DI IGIENE DEL LAVORO   Art. 19 (DEFINIZIONI) 1. Agli effetti delle disposizioni in cui al presente titolo, si intende per: a) contravvenzioni, i reati in materia di sicurezza e di igiene del lavoro puniti con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda in base alle norme indicate nell'allegato I; b) organo di vigilanza, il personale ispettivo di cui all'art. 21, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, fatte salve le diverse competenze previste da altre norme. 2. La definizione di cui al comma 1, lettera a), non si applica agli effetti previsti dall'art. 60, primo comma, e 127, in relazione all'art. 34, primo comma, lettera n), della legge 24 novembre 1981, n. 689, nonchè degli articoli 589, comma secondo, e 590, commi terzo e quinto, del codice penale.

DECRETO LEGISLATIVO 19 DICEMBRE 1994, N. 758 MODIFICAZIONI ALLA DISCIPLINA SANZIONATORIA IN MATERIA DI LAVORO   Art. 20 (PRESCRIZIONE) 1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario. Tale termine è prorogabile a richiesta del contravventore, per la particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento. In nessun caso esso può superare i sei mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei mesi può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero. 2. Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore. 3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro. 4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 del codice di procedura penale.

DECRETO LEGISLATIVO 19 DICEMBRE 1994, N. 758 MODIFICAZIONI ALLA DISCIPLINA SANZIONATORIA IN MATERIA DI LAVOR   Art. 21 (VERIFICA DELL'ADEMPIMENTO) 1. Entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione. 2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione, nonchè l'eventuale pagamento della predetta somma. 3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione. Art. 22  (NOTIZIE DI REATO NON PERVENUTE DALL'ORGANO DI VIGILANZA) 1. Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza, ne dà immediata comunicazione all'organo di vigilanza per le determinazioni inerenti alla prescrizione che si rende necessaria allo scopo di eliminare la contravvenzione. 2. Nel caso previsto dal comma 1, l'organo di vigilanza informa il pubblico ministero delle proprie determinazioni entro sessanta giorni dalla data in cui ha ricevuto comunicazione della notizia di reato dal pubblico ministero. .

DECRETO LEGISLATIVO 19 DICEMBRE 1994, N. 758 MODIFICAZIONI ALLA DISCIPLINA SANZIONATORIA IN MATERIA DI LAVORO Art. 23 (SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO PENALE) 1. Il procedimento per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'art. 21, commi 2 e 3. 2. Nel caso previsto dall'art. 22, comma 1, il procedimento riprende il suo corso quando l'organo di vigilanza informa il pubblico ministero che non ritiene di dover impartire una prescrizione, e comunque alla scadenza del termine di cui all'art. 22, comma 2, se l'organo di vigilanza omette di informare il pubblico ministero delle proprie determinazioni inerenti alla prescrizione. Qualora nel predetto termine l'organo di vigilanza informi il pubblico ministero d'aver impartito una prescrizione, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato dal comma 1. 3. La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre, l'assunzione delle prove con incidente probatorio, nè gli atti urgenti di indagine preliminare, nè il sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.   Art. 24 (ESTINZIONE DEL REATO)  1. La contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'art. 21, comma 2. 2. Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la contravvenzione è estinta ai sensi del comma 1. 3. L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'art. 20, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, sono valutate ai fini dell'applicazione dell'art. 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.

Natura giuridica La procedura di prescrizione obbligatoria è stata per la prima volta introdotta e disciplinata nei suoi aspetti sostanziali e procedurali dagli artt. Da 19 a 25, D.Lgs. n. 758/1994 con specifico riguardo alle violazioni in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, ed è stata successivamente estesa, con alcuni adattamenti, dall'art. 15, D.Lgs. n. 124/2004, a tutte le ipotesi di reati contravvenzionali in materia di lavoro e previdenza sociale. La prescrizione obbligatoria si applica ai reati contravvenzionali puniti con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda o della sola ammenda.

Natura giuridica Tale atto consiste nel prescrivere al trasgressore la corretta tenuta di specifiche condotte nel rispetto dei precetti imposti dalla legge. Si tratta di un istituto giuridico il cui scopo consiste nell'imporre il concreto rispetto di una norma, con la contemporanea previsione legislativa che la spontanea adesione a quanto prescritto comporta una misura punitiva di maggior favore per il trasgressore.

Finalità La procedura di prescrizione obbligatoria consiste in uno specifico procedimento finalizzato all'estinzione in via amministrativa delle contravvenzioni in materia di lavoro punite con l'ammenda o con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, a seguito di un'apposita prescrizione dell'organo di vigilanza nell'esercizio delle funzioni di Polizia giudiziaria.

Oggetto Tutti gli illeciti penali a carattere contravvenzionale connessi a violazioni di norme di lavoro e previdenza puniti con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda o con la sola pena dell'ammenda. In particolare, possono essere oggetto della prescrizione obbligatoria: i reati istantanei ad effetti permanenti, ovvero quei reati che, pur istantaneamente realizzati, producono effetti criminosi che si protraggono nel tempo (cfr. Min. lav., circ. n. 25/1996). Tutti gli illeciti contravvenzionali passibili di regolarizzazione tramite condotta positiva del datore di lavoro- trasgressore I cd. reati "a condotta esaurita", ovvero le ipotesi di reato in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all'adempimento degli obblighi di legge sanzionati con un ravvedimento che, pur tardivo, sia stato comunque anteriore all'emanazione della prescrizione ed indipendente da questa

Destinatari della prescrizione Soggetti legittimati Il personale ispettivo, ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 124/2004 che ha qualifica di ufficiale di Polizia giudiziaria Destinatari della prescrizione Visto che la responsabilità penale è personale, il soggetto destinatario della prescrizione deve individuarsi in primo luogo nel datore di lavoro - persona fisica cui è attribuibile soggettivamente ed oggettivamente il comportamento non conforme a legge.

Procedura La procedura di prescrizione obbligatoria è un procedimento amministrativo scandito in diverse fasi procedimentali connesse l'una all'altra in maniera inscindibile, tanto che l'inosservanza o l'omissione di una sola fase rende nullo l'intero procedimento di estinzione amministrativa dei reati contravvenzionali in materia di lavoro: tale ricostruzione porta a considerare tale procedura, qualora ammessa, come una vera e propria condizione di procedibilità dell'azione penale. Le fasi, descritte analiticamente negli artt. da 19 a 25, D.Lgs. n. 758/1994 e nell'art. 15, D.Lgs. n. 124/2004, sono:

Procedura l'adozione di un'apposita prescrizione da parte dell'organo di vigilanza in capo al contravventore e la contestuale concessione di un termine necessario per la regolarizzazione; la verifica da parte dell'organo di vigilanza, entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine concesso, dell'avvenuta eliminazione della violazione nei modi e nei termini prescritti; l'ammissione da parte dell'organo di vigilanza del contravventore al pagamento, in caso di esito positivo della verifica, della sanzione amministrativa nel termine di 30 giorni; la comunicazione al pubblico ministero, entro 90 giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione dell'inadempimento alla prescrizione stessa, ovvero entro 120 giorni dal medesimo termine del mancato pagamento della sanzione in misura agevolata, pur in presenza di previo adempimento alla prescrizione.

Procedura A seconda del contenuto della comunicazione al pubblico ministero il procedimento penale, fino ad allora sospeso, si estingue (in caso di ottemperanza e pagamento) o riprende il suo corso e si conclude con l'emanazione di decreto penale di condanna (cfr., Cass. 12.10.2007, n. 40544).

Prescrizione dell’organo di vigilanza e pagamento da parte di altro responsabile Si tratta della delicata questione concernente l'applicazione della prescrizione obbligatoria in caso di mutamento della persona fisica esercente l'incarico di datore di lavoro (o dirigente o preposto).   Infatti, sovente accade che viene imputata la responsabilità ad un amministratore, il quale, all'epoca del reato ipotizzato, non era più un componente della compagine sociale, nel cui ambito sarebbe stata commessa la contravvenzione.

Prescrizione dell’organo di vigilanza e pagamento da parte di altro responsabile Altrettanto spesso accade che la contestazione viene formulata nei confronti anche di altri soggetti che hanno già provveduto all'adempimento delle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza ed al successivo pagamento di un quarto dell'ammenda edittale, con l'evidente conseguenza che il beneficio dell'effetto estintivo di tali condotte avrebbe dovuto essere esteso anche al precedente amministratore. A tal proposito, la Cass. pen., sez. III, 1. 2.2012, n. 4347, ha rilevato che l'estinzione, fatta dall'amministratore in carica della società successivamente alla contestazione ad esso rivolta, non può che riverberare anche a favore del precedente amministratore perché l'intero e tempestivo pagamento del debito contributivo consente di ottenere l'effetto estintivo della contravvenzione, essendo irrilevante il motivo dell'omesso pagamento, il che equivale a dire che ciò che rileva è che il pagamento vi sia stato e che è ininfluente sia la ragione dell'omessa corresponsione sia che il pagamento sia stato effettuato da soggetto (titolato) diverso.

Regolarizzazione spontanea L'art. 15, comma 3, D.Lgs. n. 124/2004 prevede espressamente l'applicabilità della prescrizione obbligatoria nel caso in cui le condotte illecite oggetto della prescrizione siano state spontaneamente regolarizzate dal datore di lavoro in un momento successivo alla tempestiva realizzazione, ma prima del momento in cui l'organo di vigilanza abbia rilevato la commissione dell'illecito (reati a condotta esaurita).

Estinzione del reato Qualora siano state rispettate le varie fasi della procedura nelle cadenze prestabilite, e il contravventore abbia provveduto al pagamento della sanzione comminata, l'art. 24, comma 2, D.Lgs. n. 758/1994 stabilisce che il pubblico ministero, ricevuta la comunicazione dall'organo di vigilanza nel termine di centoventi giorni dalla data di comunicazione della notizia di reato richiede l'archiviazione del procedimento penale, poiché ai sensi del medesimo art. 24, D.Lgs. n. 758/1994, la contravvenzione s'estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine fissato e provvede al pagamento. Il momento dell'estinzione del reato viene dunque individuato nel momento in cui viene accertata la compresenza dell'avvenuto adempimento alla prescrizione e del pagamento in sede amministrativa (cfr., Cass. pen., 30.5.2003).

Inadempimento alla prescrizione Se il contravventore non pone in essere le condotte regolarizzatrici o, pur essendo ammesso al pagamento agevolato, non vi provvede, l'organo di vigilanza comunica l'inadempimento della prescrizione o il mancato pagamento della sanzione al pubblico ministero ed al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione: in tal caso, il procedimento penale, fino ad allora sospeso, riprende il suo corso. Nel caso in cui l'adempimento alla prescrizione sia stato effettuato tardivamente o con modalità diverse da quelle prescritte, o il pagamento sia stato effettuato in ritardo, pur configurandosi un'ipotesi d'inadempimento della prescrizione che fa riprendere il corso del procedimento penale, tale tardiva ottemperanza deve essere valutata dal giudice ai fini della concessione dell'oblazione cd. speciale di cui all'art. 162-bis c.p.

Accertamento Ispettivo, (Art. 13, Legge n. 689/81) Rilevazione di una contravvenzione penale in materia di lavoro e legislazione sociale punita con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda o della sola ammenda Prescrizione, (art. 15, D.Lgs. 124/04 ed art. 20 e 21 D.Lgs. 758/94) Sospensione del procedimento penale (art. 23 D.Lgs. 758/94) Inadempimento, (art. 21 c. 3 D.Lgs. 758/94) Riprende il procedimento penale (art. 23 D.Lgs. N. 758/94) Adempimento (entro il termine fissato dal personale ispettivo ex art. 21 D.Lgs. 758/94) Ammissione al pagamento di una sanzione amministrativa in misura agevolata (art. 21 D.Lgs. 758/94) Estinzione del reato ed archiviazione del procedimento penale (art. 24 D.lgs. 758/94)