Successioni d’impresa in un patto
Cos’è? È il contratto con cui l’imprenditore trasferisce l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce le proprie quote, ad uno di più discendenti. Chi partecipa? al contratto partecipano il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari se in quel momento si aprisse la successione Cosa spetta a chi non riceve l’azienda? devono essere liquidati dagli assegnatari con il pagamento di una somma corrispondente a loro spettante Cosa succede a chi non partecipa? il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento del valore delle quote di legittima spettante
Sarà legittimo assegnare a un solo erede la continuazione dell’attività d’impresa con un patto di famiglia inopponibile da parte di tutti gli altri legittimari; così il ricambio generazionale dell’azienda potrà essere valutato al meglio senza più il vincolo di dover ripartire equamente il patrimonio imprenditoriale. La norma, peraltro, include anche il trasferimento di partecipazioni, interessando anche i gruppi strutturati con la presenza di holding di famiglia nelle quali si concentra il controllo delle varie società operative sottostanti.
Le modifiche al codice civile, approvate definitivamente, introducono nell’ordinamento nazionale una deroga al generale principio di divieto dei patti successori di cui all’articolo 458 c.c. . È prevista infatti la possibilità di stipulare accordi diretti a regolamentare la successione dell’azienda o di pacchetti di partecipazioni al capitale di società da parte, rispettivamente, dell’imprenditore e di chi ne è titolare.
L’attuale articolo 458 c.c., che peraltro rimane invariato << fatto salvo quanto disposto dagli artt. 768 bis e seguenti>>, sancisce che: “E’ nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È ugualmente nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi”.
Con tale disposizione si vuole affermare il principio in base al quale viene riconosciuto al solo testamento il carattere di atto unilaterale revocabile, del tutto avulso da qualsiasi altro contratto caratterizzato dalla necessità dell’accordo tra le parti e dall’irrevocabilità. Peraltro la norma impedisce di disporre di diritti che potrebbero derivare da una successione non ancora aperta.
È da evidenziarsi il fatto che, la preclusione civilistica mal si concilia con la necessità di garantire il proficuo proseguimento dell’attività di impresa, in un momento particolare della propria evoluzione, ossia in vista del necessario ricambio generazionale. Nel caso delle imprese familiari, questi accordi possono essere utilizzati per mantenere talune regole gestionali da una generazione all’altra.
Finalmente, con le modifiche apportate dal senato, verrà consentito all’imprenditore di disporre in vita della propria azienda in favore di uno o più dei propri discendenti, purchè con l’accordo dei rimanenti discendenti e dell’eventuale coniuge. Tale nuova previsione resta peraltro coordinata con la necessaria tutela prevista dall’ordinamento a favore del coniuge e dei discendenti in linea diretta. A questi, infatti, l’ordinamento riconosceva e continua a riconoscere anche dopo la nuova disciplina il diritto di conseguire, anche in caso di contraria volontà del de cuius, una quota di eredità.
I sette nuovi articoli del codice, dal 768-bis al 768- octies, introducono la previsione dei patti di famiglia. Come detto, tutto si gioca sull’equilibrio tra la tutela del diritto dei legittimari e l’esigenza dell’imprenditore che intende garantire alla propria azienda una successione ponderata a favore di uno o più dei propri discendenti.
Definizione del patto di famiglia Si tratta del nuovo articolo 768-bis c.c. del “contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote a uno o più discendenti”. Dal punto di vista formale la validità del contratto è subordinata alla sua conclusione per atto pubblico.
La tutela dei discendenti esclusi è garantita con la loro partecipazione all’accordo e, ovviamente, con la liquidazione da parte dell’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni delle loro quote. È imposto infatti a coloro che acquistano l’azienda di liquidare agli altri partecipanti al contratto (non assegnatari), ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, una somma non inferiore al valore delle quote di legittima loro spettante.
Per impedire che il patto possa essere rimesso in discussione dopo l’apertura della successione vengono sterilizzati i tipici diritti attribuiti al legittimario: la collazione e la riduzione.
Particolare attenzione deve essere posta nei confronti dei soggetti che non hanno partecipato al patto originario ma che poi si trovano coinvolti all’apertura della successione. È vero che la validità del patto può essere messa in discussione attraverso l’impugnazione entro un anno, da parte di tutti i soggetti che via hanno partecipato. Ma coloro che sono rimasti dall’accordo originario? Di questo si occupa l’art. 768-sexies, che riconosce comunque al coniuge e agli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto il diritto di chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma pari alla loro quota legittima, aumentata degli interessi legali.
Il tenore del primo comma dell’articolo 768-quater, lascia intendere che all’originario patto possano partecipare anche altri soggetti che al momento dell’accordo non erano legittimari ma che potrebbero divenirlo in seguito determinate circostanze.