Diagnosi del Danno Coronarico e vascolare nel paziente iperteso

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Diagnosi del Danno Coronarico e vascolare nel paziente iperteso IPERTENSIONE E DANNO D’ORGANO Diagnosi del Danno Coronarico e vascolare nel paziente iperteso Realizzato con il contributo educazionale di

Morti attribuibili ai principali fattori di rischio Il terzo millennio Source: WHO World Health Report, 2003 500 1000 1500 2000 2500 3000 Occupational risk factors for injury Occupational particulates Unsafe sex Illicit drugs Occupational carcinogens Lead exposure Urban air pollution Alcohol Physical inactivity Low fruit and vegetable intake High Body Mass Index Cholesterol Tobacco Hypertension Morti attribuibili ai principali fattori di rischio Framigham Heart Study – Età 35-64 anni – Follow up: 36 anni Malattia Scompenso Ictus PVD Coronarica Cardiaco █ Normotesi █ Ipertesi JAMA 1996;275(24):1571-1576. Tasso Biannuale (aggiustato per età) per 1000 Nel terzo millennio l’ipertensione arteriosa è ancora considerata il principale fattore di rischio per mortalità cardiovascolare nel mondo (a sinistra) e in singoli studi epidemiologici (a destra).

IPERTENSIONE ARTERIOSA Aterosclerosi Alterazioni del microcircolo Disfunzione endoteliale Ipertrofia ventricolare sinistra ISCHEMIA DEL MIOCARDIO

L’ipertensione arteriosa può determinare numerose alterazioni morfologiche e funzionali a carico del cuore, delle arterie di grande e medio calibro, e delle arteriole di resistenza. Tali modificazioni del sistema cardiovascolare, presenti da sole o in concomitanza, sono classificate come danno d’organo.

Cardiopatia ipertensiva Risposta del cuore all’incremento del postcarico ventricolare sinistro secondario al progressivo aumento della pressione arteriosa e delle resistenze periferiche totali causato dalla vasculopatia ipertensiva. E’ caratterizzata da alterazioni dell’emodinamica e della riserva coronarica, aritmie cardiache, ipertrofia e dilatazione ventricolare sinistra, fibrosi ventricolare, disfunzione diastolica ed insufficienza cardiaca. Tra le più importanti condizioni di danno d’organo collegate alla presenza di ipertensione arteriosa si riconosce la cardiopatia ipertensiva.

Complicanze cardiache della cardiopatia ipertensiva Ipertrofia ventricolare sinistra +/- dilatazione ventricolare Alterazioni a carico dell’atrio sinistro Scompenso cardiaco Disfunzione diastolica Disfunzione Vsx asintomatica Dilatazione Vsx asintomatica Scompenso cardiaco asintomatico Coronaropatie Angina pectoris Sindromi coronariche acute Aritmie e morte improvvisa Aritmie atriali Aritmie ventricolari Morte cardiaca improvvisa La cardiopatia ipertensiva, a sua volta, comporta una serie di possibili complicanze cardiache che peggiorano significativamente la prognosi del paziente iperteso.

Disfunzione endoteliale L’ endotelio svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del tono vascolare, mediante la produzione ed il rilascio di una serie di mediatori vasoattivi. In condizioni fisiologiche la produzione costitutiva di monossido d’azoto (NO) da parte delle cellule endoteliali agisce mantenendo il sistema vascolare in uno stato di vasodilatazione ed inibendo il reclutamento e l’adesione delle cellule infiammmatorie cosi come l’adesione e l’aggregazione piastrinica. Al contrario, invece, la presenza di fattori di rischio cardiovascolare riducono la biodisponibilità di NO, favorendo, pertanto, l’inizio e lo sviluppo successivo delle lesioni aterosclerotiche.

MIGRAZIONE LEUCOCITARIA ed AGGREGAZIONE PIASTRINICA La disfunzione endoteliale è in realtà una multidisfunzione, legata fondamentalmente alla ridotta biodisponibilità di NO determinata dai fattori di rischio cardiovascolare Fattori di rischio Fattori di rischio MIGRAZIONE LEUCOCITARIA ed AGGREGAZIONE PIASTRINICA TONO VASOMOTORE Come accade per tutti gli organi, quindi, anche l’endotelio può divenire disfunzionante oppure insufficiente in una singola funzione oppure in tutte. Di particolare rilievo, ancora una volta come per tutti gli organi anche per l’endotelio vascolare vale la regola che una o più disfunzioni possono insorgere anche in assenza di danni morfologicamente apparenti. Pertanto, sarebbe assai meglio tenere le varie “disfunzioni” dell’endotelio distinte sia tra di loro che dalla definizione di “danno”. - DISFUNZIONE DISFUNZIONE 8 8

1 2 3 ↓NO 4 Ipertensione Arteriosa Dall’ipertensione arteriosa all’infarto del miocardio, passando attraverso il danno endoteliale rappresentato dalla attivazione e dalla disfunzione dell’endotelio vascolare. In alto a destra è raffigurato il grande Russell Ross, lo scienziato che per primo comprese (e divulgò) che l’aterosclerosi è una patologia infiammatoria. Le figure sono tratte dalla sua celeberrrima pubblicazione in merito. Modified. Ross R. NEJM 1999, 340,2:115-126

* * * * Fumo Ipertensione Ipercolesterolemia Diabete 600 FBF D% 600 Taddei S et al, Hypertension 1997 Guthikonda S et al, Circulation 2003 600 FBF D% 600 FBF D% * 400 400 * * Fumo Ipertensione 200 200 ACETYLCHOLINE ACETYLCHOLINE (mg/min) .15 .45 1.5 4.5 15 3 10 30 Diversi studi hanno dimostrato come la presenza di fattori di rischio cardiovascolare favorisca lo sviluppo di disfunzione endoteliale con una riduzione della biodisponibilità di monossido di azoto (NO) cui consegue una ridotta capacità di vasodilatazione. Balletshofer BM et al, Circulation 2000 1500 FBF (%) Spieker LE et al, Circulation 2002, modified FAD (%) Rischio cardiovascolare e disfunzione endoteliale. La presenza dei fattori di rischio cardiovascolare riduce la capacità delle arterie di andare incontro a vasodilatazione dopo stimolo con acetilcolina. Questo è dovuto ad una ridotta biodisponibilità di NO. 1000 P=0.03 Diabete * Ipercolesterolemia 500 ACETYLCHOLINE (mg ·100 ml FAV-1·min-1) 0 0.15 0.4 1.5 4.5 15 10

In condizioni fisiologiche l’incremento del flusso plasmatico e dello shear stress determina un effetto vasodilatatorio NO mediato a carico della parete vasale. A tale riguardo, di interessante valore sperimentale e clinico è il metodo non invasivo con ultrasuoni, che consente di valutare la diametria dell’arteria brachiale e/o radiale in risposta all’iperemia reattiva post-ischemica (flow-mediated dilation o, in sigla, FMD), legata all’incremento acuto del release di NO. La FMD viene valutata usualmente mediante una sonda da 7-13 MHz ed un potere di risoluzione assiale di 0.3 mm. La stessa tecnica usata per l’arteria brachiale e per quella radiale può essere applicata al circolo coronarico. In questo caso, ovviamente, invece di una ischemia indotta da un manicotto verrà utilizzata la papaverina, oppure il cold pressor test o, infine, l’esercizio fisico. Una volta ottenuta la registrazione basale, l’operatore gonfia un manicotto per la misurazione della pressione arteriosa al di sotto oppure al di sopra dell’arteria oggetto dello studio, mantenendolo ben al di sopra (+ 50 mmHg) della pressione arteriosa sistolica per 5 minuti. Successivamente alla deflazione del manicotto, quindi, la diametria dell’arteria in esame viene misurata e la dilatazione osservata rispetto al valore basale rappresenterà il valore di FMD e sarà direttamente collegato alla capacità dell’endotelio di produrre NO e quindi di favorire una vasodilatazione NO-mediata. 11

Rischio di evento coronarico (% in 10 anni) La valutazione della disfunzione endoteliale può avere un riscontro clinico preciso? Come dimostrato da questo interessante studio, il rischio di sviluppare un evento coronarico risultava inversamente proporzionale ai valori di vasodilatazione endotelio-mediata (FMD) e direttamente proporzionale ai valori di ICAM-1 (attivazione endoteliale) 7 - 6 - 5 - 4 - 3 - 2 - 1 - 0 - Witte DR et al Atherosclerosis 2003;170:147-153 Quintili di FMD Quintili di ICAM-1 Rischio di evento coronarico (% in 10 anni) Rischio medio e 95% intervallo di confidenza di coronaropatia in soggetti sani in accordo con la stima del rischio mediante l’algoritmo di Framingham. Si noti come sia la riduzione della FMD (indice di ridotta biodisponibilità di NO) che l’elevazione dei livelli plasmatici ICAM-1 (indice di attivazione flogistica del vaso arterioso) siano correlati al rischio calcolato secondo Framingham. In particolare: più elevato rischio, maggiore la compromissione di entrambe le variabili. Bassa FMD Intermedia FMD Alta FMD Alto ICAM-1 Intermedio ICAM-1 Basso ICAM-1 12 12

Esiste una stretta relazione tra funzione endoteliale valutata a livello brachiale e coronaropatia. Anderson et al., in questo studio, hanno dimostrato come la riduzione della flow mediated dilation (cioè della dilatazione NO-dipendente dell’arteria brachiale) sia correlata a coronaropatia aterosclerotica e disfunzione endoteliale evidente anche a livello coronarico I più importanti predittori di ridotta FMD erano: Disfunzione endoteliale coronarica (p=0.003) Presenza di coronaropatia (p=0.007) Fumo di sigaretta (p=0.016) Anderson et al. JACC 1995;26:1235-41 *p=0.08 **p<0.001 vs pazienti senza coronaropatia e normale funzione endoteliale * Variazione del diametro dell’arteria brachiale (%) ** Relazione tra risposte vasomotorie endotelio-dipendenti delle coronarie e flow-mediated dilation (FMD) dell’arteria brachiale: la presenza di coronaropatia è combinata a quella di ridotta FMD (in rosso). Coronaropatia Disfunzione endoteliale No coronaropatia Disfunzione endoteliale No coronaropatia normale funzione endoteliale 13

Patogenesi della stiffness (rigidità) arteriosa L’aumento della rigidità (o stiffness) arteriosa deriva da interazioni complesse tra mutamenti stabili e dinamici che coinvolgono gli elementi strutturali e cellulari costituenti la parete vasale. L’aumento della rigidità (o stiffness) arteriosa deriva da interazioni complesse tra mutamenti stabili e dinamici che coinvolgono gli elementi strutturali e cellulari costituenti la parete vasale. Tali alterazioni vascolari sono influenzate da forze emodinamiche (NO, ET-1, AT-II) nonché da “fattori estrinseci” quali ormoni e glicemia; inoltre, esse non sono uniformemente disseminate lungo tutto l’albero vascolare, ma si presentano spesso irregolari e localizzate a livello delle arterie centrali e di quelle di calibro maggiore, risultando limitate in quelle più periferiche. Zieman SJ et al. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2005;25:932-43

Laurent et al. Eur Heart J. 2006; 27: 2588–2605 La velocità dell’onda pulsatoria è correlata alla rigidità dell’arteria all’interno della quale la stessa onda transita Maggiore è la stiffness dell’arteria, maggiore sarà la velocità dell’onda pulsatoria (PWV) La stiffness arteriosa può essere misurata direttamente mediante la determinazione della pulse wave velocity (PWV) lungo il tratto di aorta toraco-addominale Si valutano le onde della arteria carotide comune dx e arteria femorale dx, e il tempo di ritardo (t) tra le due onde. La distanza (D) percorsa dalle onde viene assimilata alla distanza misurata tra i due siti di misurazione. PWV è quindi calcolata come PWV = D (metri)/t (secondi) Laurent et al. Eur Heart J. 2006; 27: 2588–2605

Perché la stiffness arteriosa è cosi importante? La PAS aumenta con l’incremento della stiffness La PAD cade con l’incremento della stiffness Pertanto, l’incremento della stiffness arteriosa è un determinante fondamentale della pressione pulsatoria (differenza tra PAS e PAD) Incremento della pressione pulsatoria Incremento del lavoro del miocardio Ridotta perfusione miocardica

Pulse Wave Velocity Aortica, m/s Pressione pulsatoria clinica, mmHg I valori di PWV aortica come indice di stiffness arteriosa nella popolazione generale Danese dopo un follow up mediano di 9.4 anni presentavano valore prognostico positivo per l’endpoint cardiovascolare composito meglio della valutazione dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. Hazard ratio relativi per endpoint cardiovascolare composito diviso per quintili di distribuzione della PWV aortica e pressione pulsatoria clinica non aggiustate o dopo aggiustamento statistico per sesso ed età. P<0.001 P<0.001 L’hazard ratio esprime il rischio presente in ogni quintile vs il rischio medio dell’intera popolazione Hazard Ratio P=0.001 P=0.005 I valori di PWV aortica come indice di stiffness arteriosa nella popolazione generale Danese dopo un follow up mediano di 9.4 anni, presentano valore prognostico positivo per l’endpoint cardiovascolare composito meglio della valutazione dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. Pulse Wave Velocity Aortica, m/s Pressione pulsatoria clinica, mmHg Willum Hansen T et al Circulation 2006;113:664-670 17 17

Schillaci G et al Hypertension 2005;45:1078-1082 La sindrome metabolica, con l’insieme dei diversi fattori che la compongono, si associa ad alterati valori di stiffness arteriosa in pazienti ipertesi essenziali non trattati. Pulse wave velocity (PWV) aortica in pazienti ipertesi con e senza le diverse componenti individuali della sindrome metabolica in accodo con lo NCEP-ATP III. Il valore mediano della PAS era 147 mmHg Sindrome metabolica e stiffness arteriosa. Per ogni variabile alterata, la rigidità arteriosa aumenta. PWV aortica, m/s Schillaci G et al Hypertension 2005;45:1078-1082 18 18

Linee Guida ESH-ESC 2007 Fattori che influenzano la prognosi nel paziente iperteso Fattori di rischio cardiovascolare per la stratificazione Patologie CV o renali accertate Danno d’organo sub-clinico Diabete Mellito Ipertrofia ventricolare sinistra ECG (Sokolow-Lyon>38 mm; Cornell>2440mm*ms - ECO (MVSI U 125 e D 110 g/m2) Ispessimento Intima-Media carotideo 0,9 mm o placca PWV carotideo-femorale>12 m/s Indice gamba/braccio<0,9 Ipercreatininemia lieve (U 1,3-1,5 mg/dL o D 1,2-1,4 mg/dL) Filtrato glomerulare ridotto (<60 ml/min) o clearance della creatinina (<60 ml/min) Microalbuminuria (30-300 mg/24 ore; albumina/creatinina U 22 e D 31 Cerebrovascolari Ictus, TIA, emorragia cerebrale Cardiache IMA, angina, rivascolarizzazione coronarica, scompenso Renali Nefropatia diabetica, insufficienza renale (SCr U>1,5 mg/dl D>1,4 mg/dl, protenuria (>300 mg/24 ore) Vasculopatia periferica Retinopatia ipertensiva avanzata: emorragie o essudati, papilledema PAS/PAD - PP (nell’anziano) Uomo >55 anni Donna >65 anni Fumo Colesterolo totale >190 mg/dL o C-LDL >115 mg/dL o C-HDL U < 40 o D <46 mg/dL; TG>150 mg/dl FPG 102-125 mg/dl Anormale OGTT Familiarità per MCV precoci Obesità addominale (U 102 e D 88 cm) Glucosio plasmatico a digiuno (≥126 mg/dL) Glucosio plasmatico postprandiale (>198 mg/dL) La Pulse Wave Velocity carotido-femorale (PWV, una metodica non invasiva che permette di valutare la distensibilità parietale a livello arterioso) rappresenta un importante indicatore indipendente del rischio cardiovascolare. Alla luce di tali evidenze non stupisce che la valutazione della PWV carotido-femorale sia stata inserita nelle recenti linee guida ESH/ESC per l’ipertensione arteriosa tra le condizioni di danno d’organo subclinico nell’inquadramento del rischio cardiovascolare globale e del danno d’organo del paziente con ipertensione arteriosa. Nota: la presenza contemporanea da 3 a 5 fattori di rischio compresi tra obesità addominale, alterata glicemia a digiuno, PA≥130/85 mHg, basso HDL-colesterolo e ipertrigliceridemia indica la presenza di sindrome metabolica 2007 Guidelines for the Management of Arterial Hypertension J Hypertens 2007;25:1105–1187 19 19

L’aterosclerosi porta allo sviluppo di placche ricche di lipidi Oltre all’ostruzione cronica delle arterie, le placche possono aumentare di dimensioni ed essere soggette ad erosione o rottura. Ciò può risultare in condizioni acute clinicamente gravi come l’infarto del miocardio e l’ ictus cerebri L’aterosclerosi è la causa più frequente di angina pectoris, IMA, malattia dei vasi periferici ed ictus cerebri, risultando un determinate fondamentale anche dell’insorgenza di nefropatia clinicamente evidente (fino allinsuffieinza renale terminale) Le placche non stenotiche difficilmente vengono rilevate con l’angiografia coronarica. L’ecografia carotidea è raccomandata per i pazienti a rischio di sviluppare patologia aterosclerotica 1Libby and Theroux. Circulation 2005;111:3481–8 2Schaar et al. Eur Heart J 2004;25:1077–82 3Naghavi et al. Am J Cardiol 2006;98(Suppl 1):2–15

EcocolorDoppler TSA: funzioni principali Evidenziare la presenza di placche carotidee determinanti stenosi emodinamiche o dall’aspetto instabile. Misurare l’ ispessimento intima-media, segno di danno d’organo, correlato con i comuni fattori di rischio e gli eventi cardiovascolari.

Linee Guida ESH-ESC 2007 Fattori che influenzano la prognosi nel paziente iperteso Fattori di rischio cardiovascolare per la stratificazione Patologie CV o renali accertate Danno d’organo sub-clinico Diabete Mellito Ipertrofia ventricolare sinistra ECG (Sokolow-Lyon>38 mm; Cornell>2440mm*ms - ECO (MVSI U 125 e D 110 g/m2) Ispessimento Intima-Media carotideo 0,9 mm o placca PWV carotideo-femorale>12 m/s Indice gamba/braccio<0,9 Ipercreatininemia lieve (U 1,3-1,5 mg/dL o D 1,2-1,4 mg/dL) Filtrato glomerulare ridotto (<60 ml/min) o clearance della creatinina (<60 ml/min) Microalbuminuria (30-300 mg/24 ore; albumina/creatinina U 22 e D 31 Cerebrovascolari Ictus, TIA, emorragia cerebrale Cardiache IMA, angina, rivascolarizzazione coronarica, scompenso Renali Nefropatia diabetica, insufficienza renale (SCr U>1,5 mg/dl D>1,4 mg/dl, protenuria (>300 mg/24 ore) Vasculopatia periferica Retinopatia ipertensiva avanzata: emorragie o essudati, papilledema PAS/PAD - PP (nell’anziano) Uomo >55 anni Donna >65 anni Fumo Colesterolo totale >190 mg/dL o C-LDL >115 mg/dL o C-HDL U < 40 o D <46 mg/dL; TG>150 mg/dl FPG 102-125 mg/dl Anormale OGTT Familiarità per MCV precoci Obesità addominale (U 102 e D 88 cm) Glucosio plasmatico a digiuno (≥126 mg/dL) Glucosio plasmatico postprandiale (>198 mg/dL) Studi recenti hanno dimostrato che in assenza di una valutazione ultrasonografica cardiovascolare finalizzata ad identificare la presenza di ipertrofia ventricolare sinistra e di ispessimento della parete vascolare o di placche aterosclerotiche, circa il 50% della popolazione ipertesa potrebbe essere classificata erroneamente come a rischio basso o moderato. Nota: la presenza contemporanea da 3 a 5 fattori di rischio compresi tra obesità addominale, alterata glicemia a digiuno, PA≥130/85 mHg, basso HDL-colesterolo e ipertrigliceridemia indica la presenza di sindrome metabolica 2007 Guidelines for the Management of Arterial Hypertension J Hypertens 2007;25:1105–1187 22 22

Disfunzione endoteliale Rimodellamento vascolare In aggiunta al suo fondamentale ruolo volto alla regolazione dei valori pressori e degli equilibri idrosalini, l’angiotensina II (agendo attraverso i recettori AT1) gioca un ruolo chiave in tutti quei processi patogenetici (infiammazione, stress ossidativo, attivazione e disfunzione endoteliale, stiffness arteriosa etc.) specificamente coinvolti nei processi di inizio, sviluppo e progressione dell’aterosclerosi. Stress ossidativo Infiammazione NAD(P)H ossidasi  Permeabilità vascolare , infiltrazione leucocitaria  Radicali liberi  Attivazione di vie di segnale (Nf-kß) Perossidazione LDL, LOX-1  Mediatori dell’infiammazione Molecole adesione (VCAM-1, ICAM-1...) Chemochine (MCP-1, interleukin 8…) Citochine (interleukin 1 & 6, TNFα) Fattori di crescita Angiotensina II Ossido nitrico  Vasocostrizione Proliferation di cellule muscolari lisce Attivazione del PAI-1 Deposizione di matrice Aggregazione piastrinica Attivazione metalloproteinasi (MMP) Disfunzione endoteliale Rimodellamento vascolare Schmieder et al. Lancet 2007

* * * Settimane –0.10 –0.08 –0.06 –0.04 –0.02 28 52 104 Atenololo Nello studio MORE, sia olmesartan che atenololo riducevano significativamente e progressivamente rispetto al basale lo spessore intima-media (SIM). In ogni gruppo, rispetto ai valori basali la riduzione era evidente e statisticamente significativa già dopo 28 settimane di trattamento (p<0.0001 vs basale) ed ulteriori significative riduzioni si osservavano dopo 52 e 104 settimane (p<0.0001 vs basale, rispettivamente). Settimane –0.10 –0.08 –0.06 –0.04 –0.02 28 52 104 Δ del SIM (mm) *p<0.0001 vs basale per ogni trattamento Atenololo Olmesartan * Nello studio MORE, sia olmesartan che atenololo riducevano significativamente e progressivamente rispetto al basale lo spessore intima-media (SIM). In ogni gruppo, rispetto ai valori basali la riduzione era evidente e statisticamente significativa già dopo 28 settimane di trattamento (p<0.0001 vs basale) ed ulteriori significative riduzioni si osservavano dopo 52 e 104 settimane (p<0.0001 vs basale, rispettivamente). Variazione dello spessore Intima-Media durante lo studio MORE * * Stumpe et al. Ther Adv Cardiovasc Dis 2007

Δ del VP (µL) * ** *** Settimane 4 Atenololo –4 Olmesartan –8 –12 –16 Nello studio MORE dopo somministrazione di olmesartan, i pazienti che presentavano un valore basale di volume di placca (VP) ≥ al valore basale mediano, il volume della placca si riduceva progressivamente e significativamente rispetto al valore basale. In questi pazienti, la somministrazione di olmesartan comportava riduzioni significative del volume della placca a 28, 52 e 104 settimane (p<0.05). Differenze significative tra I due gruppi di trattamento erano, invece, osservate dopo 52 e 104 settimane di trattamento (p<0.05). 4 *p=0.044 vs basale, 0.083 vs atenololo **p=0.036 vs basale, 0.032 vs atenololo ***p=0.014 vs basale, 0.023 vs atenololo Atenololo –4 Olmesartan Δ del VP (µL) –8 * ** –12 *** Riduzione nel tempo del volume di placca (VP) indotto da olmesartan in pazienti il cui VP al basale era maggiore della mediana dell’intera popolazione studiata. –16 28 52 104 Settimane Stumpe et al. Ther Adv Cardiovasc Dis 2007

CARDIOPATIA ISCHEMICA FORME CLINICHE Angina Infarto del miocardio Morte improvvisa Evoluzione dilatativa EVOLUZIONE Forme a scarsa o lenta evoluzione: mortalità e morbidità 2% annua Forme a rapida evoluzione: mortalità 7-25% per anno

ISCHEMIA MIOCARDICA Incapacità di perfondere adeguatamente il miocardio per le sue esigenze metaboliche. Questo si traduce in una serie di conseguenze acute o croniche, di ordine biofisico, biochimico, meccanico e clinico che rappresentano le manifestazioni cliniche dell’ INSUFFICIENZA CORONARICA.

FATTORI DI RISCHIO CORONARICO ETIOLOGIA Aterosclerosi coronarica Fattori funzionali (spasmo, trombi) FATTORI DI RISCHIO CORONARICO Definizione Caratteristiche individuali o ambientali che permettono di identificare individui o gruppi di individui il cui rischio di ammalarsi di cardiopatia ischemica è superiore a quello della popolazione a cui appartengono.

Fattori di rischio cardiovascolare e Valutazione del rischio di coronaropatia

Fattori di rischio cardiovascolare e Valutazione del rischio di coronaropatia

FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI FATTORI DI RISCHIO PARZIALMENTE MODIFICABILI FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI Fumo di sigarette Ipertensione arteriosa Età Abuso di alcool Diabete Mellito Sesso Dieta ricca di grassi saturi, ipercalorica Ipercolesterolemia Basso colesterolo HDL Fattori genetici e predisposizione familiare Inattività Fisica Obesità Storia personale di malattie cardiovascolari

Fattori di rischio non modificabili Tenere nella dovuta considerazione i Fattori di Rischio cardiovascolare non modificabili è SEMPRE molto importante. Ciò motiva il paziente ed il medico ad intervenire più “energicamente” sugli altri fattori di rischio modificabili

Linee Guida ESH-ESC 2007 Fattori che influenzano la prognosi nel paziente iperteso Fattori di rischio cardiovascolare per la stratificazione Patologie CV o renali accertate Danno d’organo sub-clinico Diabete Mellito Ipertrofia ventricolare sinistra ECG (Sokolow-Lyon>38 mm; Cornell>2440mm*ms - ECO (MVSI U 125 e D 110 g/m2) Ispessimento Intima-Media carotideo 0,9 mm o placca PWV carotideo-femorale>12 m/s Indice gamba/braccio<0,9 Ipercreatininemia lieve (U 1,3-1,5 mg/dL o D 1,2-1,4 mg/dL) Filtrato glomerulare ridotto (<60 ml/min) o clearance della creatinina (<60 ml/min) Microalbuminuria (30-300 mg/24 ore; albumina/creatinina U 22 e D 31 Cerebrovascolari Ictus, TIA, emorragia cerebrale Cardiache IMA, angina, rivascolarizzazione coronarica, scompenso Renali Nefropatia diabetica, insufficienza renale (SCr U>1,5 mg/dl D>1,4 mg/dl, protenuria (>300 mg/24 ore) Vasculopatia periferica Retinopatia ipertensiva avanzata: emorragie o essudati, papilledema PAS/PAD - PP (nell’anziano) Uomo >55 anni Donna >65 anni Fumo Colesterolo totale >190 mg/dL o C-LDL >115 mg/dL o C-HDL U < 40 o D <46 mg/dL; TG>150 mg/dl FPG 102-125 mg/dl Anormale OGTT Familiarità per MCV precoci Obesità addominale (U 102 e D 88 cm) Glucosio plasmatico a digiuno (≥126 mg/dL) Glucosio plasmatico postprandiale (>198 mg/dL) Secondo le linee guida della European Society of Hypertension/European Society of Cardiology del 2007, esistono molteplici fattori che, influenzando il rischio cardiovascolare globale del paziente, sono a loro volta responsabili della prognosi. A tale riguardo, si può osservare come accanto ai fattori di rischio tradizionali (demografici, antropometrici, familiarità per malattie cardiovascolari in giovane età, livello di pressione arteriosa, abitudine al fumo, profilo lipidico e glucidico) ve ne siano altri che richiedono maggiori approfondimenti diagnostici in grado di svelare eventuali condizioni di danno d’organo e/o concomitanza di malattia cardiovascolare o renale accertata. Nota: la presenza contemporanea da 3 a 5 fattori di rischio compresi tra obesità addominale, alterata glicemia a digiuno, PA≥130/85 mHg, basso HDL-colesterolo e ipertrigliceridemia indica la presenza di sindrome metabolica 2007 Guidelines for the Management of Arterial Hypertension J Hypertens 2007;25:1105–1187 33 33

Fattori di rischio cardiovascolare e Valutazione del rischio di coronaropatia

Valutazione del rischio di coronaropatia nell’uomo ATP III Framingham Risk Scoring Valutazione del rischio di coronaropatia nell’uomo Step 1: Età Anni Punti 20-34 -9 35-39 -4 40-44 0 45-49 3 50-54 6 55-59 8 60-64 10 65-69 11 70-74 12 75-79 13 PA sistolica Punti Punti (mm Hg) se non trattata se trattata <120 0 0 120-129 0 1 130-139 1 2 140-159 1 2 ³160 2 3 Step 4: Pressione arteriosa sistolica Età Colesterolo totale HDL-colesterolo Pressione arteriosa sistolica Fumo Punti totali Step 6:Somma dei punti Step 7: Rischio di coronaropatia Punti – rischio a 10-anni Punti rischio a 10-anni < 0 <1% 11 8% 0 1% 12 10% 1 1% 13 12% 2 1% 14 16% 3 1% 15 20% 4 1% 16 25% 5 2% ³17 ³30% 6 2% 7 3% 8 4% 9 5% 10 6% Step 2: Colesterolo totale CT Punti Punti Punti Punti Punti (mg/dL) Età 20-39 Età 40-49 Età 50-59 Età 60-69 Età 70-79 <160 0 0 0 0 0 160-199 4 3 2 1 0 200-239 7 5 3 1 0 240-279 9 6 4 2 1 ³280 11 8 5 3 1 La valutazione del rischio di coronaropatia prevede una prima valutazione clinico-anamnestica in grado di definire le maggiori o minori probabilità di avere una coronaropatia a 10 anni. Tale tipo di valutazione sarà anche fondamentale nel momento in cui il paziente lamenti una sintomatologia più o meno caratteristica di cardiopatia ischemica. HDL-C (mg/dL) Punti ³60 -1 50-59 0 40-49 1 <40 2 Step 3: HDL-Colesterolo Step 5: Fumo Punti Punti Punti Punti Punti Età 20-39 Età 40-49 Età 50-59 Età 60-69 Età 70-79 Non Fumatore 0 0 0 0 0 Fumatore 8 5 3 1 1 Note: Risk estimates were derived from the experience of the Framingham Heart Study, a predominantly Caucasian population in Massachusetts, USA. Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults. JAMA. 2001;285:2486-2497.

Valutazione del rischio di coronaropatia nella donna ATP III Framingham Risk Scoring Valutazione del rischio di coronaropatia nella donna Step 1: Età Anni Punti 20-34 -7 35-39 -3 40-44 0 45-49 3 50-54 6 55-59 8 60-64 10 65-69 12 70-74 14 75-79 16 PA sistolica Punti Punti (mm Hg) se non trattata se trattata <120 0 0 120-129 1 3 130-139 2 4 140-159 3 5 ³160 4 6 Step 4: Pressione arteriosa sistolica Età Colesterolo totale HDL-colesterolo Pressione arteriosa sistolica Fumo Punti totali Step 6: Somma dei punti Step 7: Rischio di coronaropatia Punti – Rischio a 10 anni Punti – Rischio a 10 anni <9 <1% 20 11% 9 1% 21 14% 10 1% 22 17% 11 1% 23 22% 12 1% 24 27% 13 2% ³25 ³30% 14 2% 15 3% 16 4% 17 5% 18 6% 19 8% Step 2: Colesterolo totale CT Punti Punti Punti Punti Punti (mg/dL) Età 20-39 Età 40-49 Età 50-59 Età 60-69 Età 70-79 <160 0 0 0 0 0 160-199 4 3 2 1 1 200-239 8 6 4 2 1 240-279 11 8 5 3 2 ³280 13 10 7 4 2 La valutazione del rischio di coronaropatia prevede una prima valutazione clinico-anamnestica in grado di definire le maggiori o minori probabilità di avere una coronaropatia a 10 anni. Tale tipo di valutazione sarà anche fondamentale nel momento in cui il paziente lamenti una sintomatologia più o meno caratteristica di cardiopatia ischemica. HDL-C (mg/dL) Punti ³60 -1 50-59 0 40-49 1 <40 2 Step 3: HDL-Colesterolo Step 5: Fumo Punti Punti Punti Punti Punti Età 20-39 Età 40-49 Età 50-59 Età 60-69 Età 70-79 Non fumatore 0 0 0 0 0 Fumatore 9 7 4 2 1 Note: Risk estimates were derived from the experience of the Framingham Heart Study, a predominantly Caucasian population in Massachusetts, USA. Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults. JAMA. 2001;285:2486-2497.

Angina pectoris L’angina pectoris, il cui termine deriva dal latino e letteralmente significa “dolore di petto”, non è una malattia in senso stretto, ma il nome dato ad un dolore toracico che compare quando una parte di tessuto muscolare cardiaco soffre a causa di una temporanea carenza di ossigeno (ischemia transitoria). Anche il cuore infatti, come ogni altro organo, deve essere continuamente irrorato da sangue arterioso, ossia ricco di sostanze nutritive e di O2 e povero di cataboliti quali l’anidride carbonica (CO2).

Angina pectoris L’irrorazione cardiaca è svolta dalle arterie coronarie, vasi sanguigni che, avvolgendo il cuore a mo’ di corona, lo riforniscono di sangue ossigenato. La funzione principale del cuore non è solo quella di permettere il funzionamento di tutti gli organi del nostro corpo mediante il mantenimento del flusso sanguigno, ma anche di rifornire se stesso di O2.

Aterosclerosi coronarica Anche il cuore così, come ogni altro organo, deve essere continuamente irrorato da sangue ossigenato. Se le arterie coronarie sono sane, il cuore può aumentare rapidamente il proprio rifornimento di ossigeno, quando ne aumenta la richiesta (ad esempio durante l’attività fisica). La parete di un’arteria coronaria normale è liscia, senza ostruzioni, al fine di poter trasportare al cuore la quantità di sangue ricco di ossigeno sufficiente.

Aterosclerosi coronarica La parete di un’arteria può essere danneggiata (sia da un punto di vista funzionale che strutturale) dalla pressione arteriosa elevata, dal fumo, dall’elevato tasso di colesterolo e di zuccheri nel sangue o da altri fattori, così che si generi il processo di formazione della placca aterosclerotica. Quando la placca si forma, il flusso sanguigno al cuore si riduce. In presenza di una ostruzione (stenosi), tuttavia, la quantità di sangue che arriva al cuore consente ancora un normale funzionamento. Il paziente, pertanto, può non percepire alcun sintomo.

Un’arteria Stenotica Man mano che la placca si ispessisce (sporgendo maggiormente all’interno del lume vascolare), la coronaria si restringe. Il flusso sanguigno al cuore diviene così parzialmente ostacolato e il soggetto può percepire i sintomi dell’angina. Spesso, soprattutto nel paziente diabetico, i sintomi sono assenti

Infarto Acuto del Miocardio La conseguenza di uno sbilanciamento critico tra le necessità del muscolo cardiaco e l’apporto di ossigeno che vi giunge attraverso il flusso sanguigno delle arterie coronariche é l’infarto miocardio acuto. L’infarto miocardico é quindi la conseguenza di una occlusione di un’arteria coronarica. La conseguenza di questa occlusione é lo sviluppo di alterazioni irreversibili (necrosi) del tessuto miocardico, che diventa elettricamente e meccanicamente inerte e viene sostituito da tessuto di cicatrizzazione (fibroso).

Infarto Acuto del Miocardio L'infarto miocardico si verifica per lo più in condizioni di riposo o durante il sonno e solo in un piccolo numero di casi durante sforzi pesanti e si manifesta più frequentemente nelle ore mattutine. Può essere presente storia di angina pectoris, ma l’infarto spesso può essere la prima manifestazione della cardiopatia ischemica. Il quadro iniziale dell’infarto miocardico è dominato dal dolore toracico. Questo è simile al dolore anginoso, sia per caratteristiche che per irradiazioni, se pure di intensità maggiore, di più lunga durata e non si risolve completamente con il riposo.

Valutazione clinica e Diagnosi In pazienti con dolore toracico: Storia dettagliata dei sintomi Esame obiettivo specifico Valutazione del rischio cardiovascolare globale (studio dei fattori di rischio) Stima della probabilità di avere coronaropatia (i.e., bassa, intermedia, alta)

CARATTERISTICHE DEL DOLORE DA ISCHEMIA MIOCARDICA GUANCIA Sedi meno comuni di dolore da ischemia miocardica LATO DESTRO DORSO Distribuzione comune del dolore da ischemia miocardica RETROSTERNALE LATO SINISTRO DEL TORACE COLLO BRACCIO SINISTRO LATO ULNARE DELL’AVAMBRACCIO SINISTRO EPIGASTRIO Da Horwitz LD: Chest Pain. In Horwitz LD, Groves BM [eds]: Signs and Symptoms in Cardiology. Philadelphia, JB Lippincott, 1985, p 9.

Storia del dolore toracico Qualità - “a morsa," “oppressivo," “come un peso," “senso di soffocamento"; oppure un fastidio non meglio precisato ma non proprio un dolore." Il dolore anginoso generalmente non si modifica mai con le modificazioni della postura, i movimenti o gli atti respiratori. Durata – l’episodio anginoso dura di solito pochi minuti. La persistenza del dolore o un dolore profondo che dura per ore è raramente angina Sede – di solito retrosternale, ma può anche irradiarsi al collo, mascella, epigastrio, o alle braccia. Evocazione – l’angina è di solito provocata dall’esercizio fisico e dallo stress emozionale, comunemente si arresta con il riposo. La somministrazione di nitroglicerina generalmente risolve il dolore anginoso trenta secondi/pochi minuti dopo la assunzione

Classificazione clinica del dolore toracico Angina tipica (definita) 1) dolore retrosternale con caratteristiche di qualità e durata specifiche 2) provocato da sforzo fisico o stress emozionale e 3) risolto dal riposo o dalla nitroglicerina Angina atipica (probabile) con 2 delle sudette caratteristiche Dolore toracico Non cardiaco  1 delle tipiche caratteristiche di angina J Am Coll Cardiol. 1983;1:574, Letter

Diagnosi differenziale del dolore toracico Cardiovascolare non ischemica Dissecazione aortica pericardite Polmonare Embolia polmonare pneumotorace polmonite pleurite Parete toracica costocondrite fibromiosite Frattura costale Artrite sternoclavicolare herpes zoster Gastrointestinale Esofago esofagite spasmo Reflusso GE Biliari colica colecistite coledocolitiasi colangite Ulcera peptica Pancreatite Psichiatrica Disturbi d’ansia iperventilazione Attacco di panico Ansia primaria Disordini affettivi - depressione Disturbi psicosomatici Disturbi del pensiero

Condizioni che possono provocare o esacerbare la condizione ischemica Aumentata richiesta di ossigeno Non-Cardiaca Ipertermia Ipertiroidismo Tossicità Simpaticomimdetica (uso di cocaina) Ipertensione Ansia Fistola arterovenosa Cardiaca Cardiomiopatia ipertrofica Stenosi aortica Cardiomiopatia dilatativa Tachicardia ventricolare e sopraventricolare Ridotto apporto di ossigeno Non-Cardiaco Anemia Ipossia polmonite, asma, BPCO, ipertensione polmonare, fibrosi polmonare interstiziale, apnea ostruttiva notturna Tossicità simpaticomimetica (uso di cocaina) Iperviscosità policitemia, leucemia, trombocitosi, ipergammaglobulinemia Cardiaco Stenosi aortica Cardiomiopatia ipertrofica

Classificazione della severità dell’angina in accordo con la Società Cardiovascolare Canadese Classe Sintomatologia Classe I “Lo svolgimento delle attività ordinarie non genera angina”. Questa si presenta solo dopo esercizio fisico intenso o rapido, o prolungato. Classe II “ Lieve limitazione delle attività ordinarie”. L’angina insorge camminando o salendo rapidamente le scale, camminando in salita o svolgendo esercizio fisico dopo i pasti, in giornate fredde, dopo stress emozionale, o solo poche ore dopo il risveglio Classe III “Marcata limitazione delle attività fisiche ordinarie” L’angina insorge camminando per 1 -2 isolati in piano o salendo un piano di scale a piedi in condizioni di normalità. Classe IV “ Inabilità a svolgere qualsiasi tipo di attività senza dolore” o “angina a riposo”

Algoritmo per la diagnosi del dolore toracico acuto Sintomi dal torace Intensità ? Durata ? Sede ? Irradiazione ? Cambiamenti con postura/digitopressione ? Influenzati dall’assunzione di liquidi ? Risposta ai nitrati ? Che paziente ho davanti ? Età Sesso Fattori di rischio Comorbidità Etc… Dolore viscerale Dolore cutaneo Cardiaco Non cardiaco Ischemico Non ischemico Polmone Digerente Aorta Mediastino Psichiatrico Muscolo Scheletro Cute IMA SCA Miocardite Cardiomiopatie Pericardite IMA: infarto miocardico SCA: sindrome coronarica acuta Erhardt L et al Eur Heart J 2002;23:1153-76

Raccomandazioni per iniziali test di laboratorio, ECG ed Rx del torace per la diagnosi Class I Emoglobina Glicemia a digiuno Quadro lipidico ECG standard a riposo ECG a riposo durante episodio di dolore anginoso Rx del torace in pazienti con segni di scompenso cardiaco, valvulopatia, malattia del pericardio o dissecazione/aneurisma dell’aorta Class IIa Rx del torace in pazienti con sintomi di patologia polmonare Williams SV et al Guidelines for the Management of Patients with Chronic Stable Angina: Diagnosis and Risk Stratification. Ann Intern Med. 2001;135:530-547.

ECG a riposo a 12 derivazioni Un ECG standard in 12 derivazioni va sempre effettuato in un paziente con dolore toracico. Contrariamente a quanto si possa pensare, lo scopo principale per cui l’ECG basale DEVE essere effettuato sempre non è solo quello di identificare i pazienti con ischemia miocardica in atto e, quindi, con alterazioni ECG sintomatiche (per altro non sempre presenti), bensì anche quello di rivelare aritmie, segni di ipertrofia ventricolare sinistra, blocchi di branca e/o sovraccarico ventricolare destro nei pazienti con embolia polmonare, etc… Ciò stante, l’ECG è un esame diagnostico irrinunciabile per tutti i pazienti con sintomi toracici suggestivi di ischemia coronarica. Erhardt L et al Task force on the management of chest painEur Heart J 2002; 23: 1153-76.

Diagnosi strumentale: ECG La Sensibilità ECG - 12 derivazioni - nell’identificazione dell’ischemia cardiaca in diversi studi è risultata essere appena superiore al 50% Lee et al., Ann Intern Med 1987; 106: 181–6.

Elevazione iniziale dopo IMA Tempo di ritorno ai valori basali I marcatori sierici biochimici vengono misurati per rivelare o escludere la necrosi miocardica. Le troponine T e I, la mioglobina e la creatinchinasi (CK)-MB, sono quelli usati più frequentemente perché dotati di una più elevata sensibilità e specificità. Marker  Elevazione iniziale dopo IMA  Tempo medio di picco Tempo di ritorno ai valori basali Mioglobina 1-4 h  6-7 h  18-24 h CTnI   3-12 h  10-24 h 3-10 d CTnT  12-48 h  5-14 d CKMB   4-12h  10-24 h  48-72 h LDH  8-12 h  24-48 h  10-14 d Diagnostica di laboratorio dell’infarto del miocardio

Approfondimenti diagnostici In un paziente con dolore toracico, fattori di rischio cardiovascolare e storia di dolore tipico, un ECG basale – anche se completamente negativo – non esclude affatto la presenza di una malattia coronarica su base aterosclerotica. L’esigenza diagnostica giustifica, pertanto, la richiesta di indagini aggiuntive. Williams SV et al Guidelines for the Management of Patients with Chronic Stable Angina: Diagnosis and Risk Stratification. Ann Intern Med. 2001;135:530-547.

Approfondimenti diagnostici Il test da sforzo rimane la modalità di valutazione più frequentemente utilizzata nella gestione del paziente ischemico. Il test, analizzato in termini quantitativi relativamente al momento di comparsa e all’entità delle alterazioni elettrocardiografiche, all’andamento dei parametri emodinamici e clinici rilevabili durante esercizio, consente di ottenere informazioni prognostiche sufficienti per un corretto inquadramento clinico del paziente. Ciò a patto che il paziente raggiunga almeno l’80% della sua frequenza cardiaca teorica massima. Williams SV et al Guidelines for the Management of Patients with Chronic Stable Angina: Diagnosis and Risk Stratification. Ann Intern Med. 2001;135:530-547.

Stratificazione del rischio per mortalità o infarto del miocardio “ Laddove possibile il test con ECG da sforzo (treadmill o cyclette) dovrebbe essere usato come “forma più appropriata di test da stress” cardiaco. Esso ci fornisce la maggior parte delle informazioni riguardanti i sintomi, la funzione cardiovascolare e la risposta emodinamica durante le forme usuali di attività fisica ” Williams SV et al Guidelines for the Management of Patients with Chronic Stable Angina: Diagnosis and Risk Stratification. Ann Intern Med. 2001;135:530-547.

Approfondimenti diagnostici ECG da sforzo Semplicità, basso costo e familiarità È il test iniziale per i pazienti con angina e probabilità intermedia/alta di avere malattia coronarica in base all’età, al sesso e ai sintomi I soggetti considerati devono essere abili all’esercizio fisico e non devono presentare alterazioni ECG a riposo tali da “confondere” i risultati finali del test (digossina, ST ≥ 1 mm, blocco completo branca sinistra etc..) Williams SV et al Guidelines for the Management of Patients with Chronic Stable Angina: Diagnosis and Risk Stratification. Ann Intern Med. 2001;135:530-547.

Approfondimenti diagnostici Tecniche Stress-imaging (ecocardiografia o scintigrafia perfusionale da sforzo o farmaco-indotte) Indicate in pazienti con esteso slivellamento del tratto ST a riposo (≥ 1 mm), blocco di branca sinistra completo, con pacemaker o con preeccitazione (WPW) che impediscono una accurata interpretazione delle modificazioni ECGrafiche durante lo stress. Indicate in pazienti con ECG da sforzo non conclusivo ma con buona tolleranza allo sforzo, che non hanno elevata probabilità di malattia coronarica significativa e nei quali la diagnosi risulta ancora dubbia. Fox K et al. Guidelines on the management of stable angina pectoris: executive summary: The Task Force on the Management of Stable Angina Pectoris of the European Society of Cardiology. Eur Heart J. 2006;27(11):1341-81.

Approfondimenti diagnostici Ecocardiografia per diagnosi iniziale di angina Pazienti con esame obiettivo sospetto per valvulopatia o cardiomiopatia ipertrofica Pazienti con sospetto di scompenso cardiaco Pazienti con precedente IMA Pazienti con blocco di branca sinistra completo, con onde Q o altre possibili alterazioni ECGrafiche, incluso l’emiblocco anteriore sx (IVS) Nonostante l’ecocardiografia a riposo non rivesta un ruolo preponderante nella diagnostica della cardiopatia ischemica in quanto tale, essa riveste un ruolo fondamentale nel fornire specifiche informazioni anatomo-strutturali, nonché funzionali, del cuore. Fox K et al. Guidelines on the management of stable angina pectoris: executive summary: The Task Force on the Management of Stable Angina Pectoris of the European Society of Cardiology. Eur Heart J. 2006;27(11):1341-81.

Valutazione ecocardiografica della funzione ventricolare sx globale Nei pazienti con precedente IMA La valutazione della funzione ventricolare sinistra può essere importante nella scelta appropriata della terapia medica o chirurgica. Questa valutazione permette anche di avere fondamentali indicazioni relative alle capacità adattative del soggetto alla attività fisica, alla riabilitazione ed al carico di lavoro In pazienti con scompenso cardiaco può essere utile nello stabilire i possibili meccanismi fisiopatologici coinvolti e nel guidare la scelta teerapeutica (disfunzione sistolica o diastolica, valvulopatia aortica o mitralica, pressione arteriosa polmonare) Una frazione di eiezione a riposo <35% si associa ad una mortalità >3% per anno Nonostante l’ecocardiografia a riposo non rivesta un ruolo preponderante nella diagnostica della cardiopatia ischemica in quanto tale, essa riveste un ruolo fondamentale nel fornire specifiche informazioni anatomo-strutturali, nonché funzionali, del cuore Williams SV et al Guidelines for the Management of Patients with Chronic Stable Angina: Diagnosis and Risk Stratification. Ann Intern Med. 2001;135:530-547.

Stratificazione non invasiva del rischio Rischio intermedio (< 3% mortalità per anno) 1. Disfunzione ventricolare sx a riposo moderata (FEVS - 35% a 49%) 2. Score di Rischio intermedio al treadmill (-11 score 5) 3. Difetto di perfusione moderato allo stress senza dilatazione ventricolare sx o presenza di aumentato uptake polmonare di thallium-201 4. Limitata area di ischemia all’ecostress con alterazioni della cinetica ventricolare solo ad alte dosi di dobutamina e coinvolgenti  di 2 segmenti Basso rischio (< 1% mortalità per anno) 1. Basso score al treadmill (score ≥5) 2. Assenza o minimo difetto perfusionale miocardico a riposo o dopo stress 3. Ecostress normale con assenza di alterazioni della cinetica ventricolare Rischio elevato (>3% di mortalità per anno) 1. Severa disfunzione ventricolare sx a riposo (FEVS < 35%) 2. Elevato-rischio al treadmill score (score  -11) 3. Severa disfunzione ventricolare sx durante esercizio (FEVS < 35%) 4. Ampio difetto di perfusione indotto dallo stress (particolarmente se anteriore) 5. Difetti multipli di perfusione di moderata grandezza indotte dallo stress 6. Difetto di perfusione ampio e fisso con dilatazione del ventricolo sx o aumentato uptake polmonare del thallium-201 7. Difetto di perfusione stress-indotto moderato con dilatazione del ventricolo sx o aumentato uptake polmonare del thallium-201 8. Anomalie ecocardiografiche nella cinetica di parete del ventricolo (coinvolgimento > 2 segmenti) a basse dosi di dobutamina  10 mg/kg/min) o a bassa frequenza cardiaca (< 120 battiti/min) 9. Evidenza ecocardiografica di estesa ischemia dopo stress

Raccomandazioni per coronarografia diagnostica Angina stabile severa (classe 3 o maggiore nella Classificazione della Società Cardiovascolare Canadese) con una elevata probabilità pre-test di malattia coronarica, particolarmente se la sintomatologia non risponde adeguatamente al trattamento medico. Sopravvissuti ad un arresto cardiaco Pazienti con serie aritmie ventricolari Pazienti precedentemente trattati con rivascolarizzazione del miocardio (stent o bypass aorto-coronarico) con ricorrenza precoce di angina moderata o severa. I test non invasivi non sono normali, non sono chiaramente diagnostici o riportano dati contrastanti Fox K et al. Guidelines on the management of stable angina pectoris: executive summary: The Task Force on the Management of Stable Angina Pectoris of the European Society of Cardiology. Eur Heart J. 2006;27(11):1341-81.

Raccomandazioni per coronarografia diagnostica Il razionale di questo esame sta nella possibilità di identificare pazienti ad alto rischio nei quali la coronarografia e la seguente rivascolarizzazione possono migliorare la sopravvivenza Questa strategia può essere efficace soltanto in quei pazienti la cui prognosi con terapia medica è scarsa e deve essere migliorata Fox K et al. Guidelines on the management of stable angina pectoris: executive summary: The Task Force on the Management of Stable Angina Pectoris of the European Society of Cardiology. Eur Heart J. 2006;27(11):1341-81.

Olmesartan-protezione cardiaca Olmesartan, ma non amlodipina migliora la dilatazione coronarica endotelio-dipendente nei pazienti ipertesi, indipendentemente dalla riduzione pressoria. Naya M. et al. Olmesartan, But Not Amlodipine, Improves Endothelium -Dependent Coronary Dilation in Hypertensive Patients. Jam Coll Cardiology 2007, 18;50 (12):1144-9 I ricercatori hanno confrontato i due trattamenti (Olmesartan 20-40 mg/die e amlodipina 5-10 mg/die) in uno studio di 12 settimane che ha incluso 26 pazienti con ipertensione essenziale non trattata. Le variazioni del flusso coronarico e delle resistenze vascolari coronariche sono state valutate usando la prova pressoria fredda (Cold Pressor Test = CPT) e la PET cardiaca.

Olmesartan-protezione cardiaca Cold Pressor Test- CPT

Olmesartan- Studio Naya

Olmesartan- Studio Naya Olmesartan ha migliorato la funzione endoteliale coronarica e questo miglioramento ha ridotto le resistenze vascolari coronariche e di conseguenza ha incrementato il flusso ematico miocardico dopo l’esecuzione della prova pressoria fredda. Ciò non è accaduto dopo il trattamento con amlodipina