Utrum Deum esse sit per se notum et demonstrabile artt. 1 e 2
Tommaso d’Aquino: ST, I Pars, q. II art. 1: Utrum Deum esse sit per se notum Passi paralleli: In I Sent., dist. III, q. I, art. 2; De Verit., q. X, art. 12; In Boet. De Trin., q. I, art. 3, ad 6m. Cont. Gent. I, 10-11; III, 38; ST I, q, 3, art. 4; De Pot., q. VII, art. 2, ad 11m; In Psal. VIII; De hebdomadibus
Tommaso d’Aquino: ST, I Pars, q. II art. 2: Utrum Deum esse sit demonstrabile Passi paralleli: In III Sent., dist. XXIV, q. I, art. 2; In Boet. De Trin., q. I, art. 2. Cont. Gent. I, 12; De Pot., q. VII, art. 3; ST, I, q. III, art. 5.
Utrum Deum sit per se notum Se sia di per sé evidente che Dio esiste Dio in se stesso è sommamente evidente, perché è la somma verità ed intelligibilità. Quanto a noi Dio non è per se evidente a causa dei limiti intrinseci della nostra conoscenza. Critica all’innatismo (es. Descartes), all’intuizionismo o ontologismo (es. Gioberti e Malebranche), al cosiddetto “argomento ontologico”, all’argomento “ex veritate” e a quelli “ex moralitate”: in noi è innato il “desiderio” di Dio e si può dire che in ogni conoscenza è implicita una certa conoscenza di Dio, ma il “primum cognitum” è l’essere.
Utrum Deum sit per se notum Se sia di per sé evidente che Dio esiste Dal punto di vista esistenziale si può parlare certamente di una “esperienza” diretta di Dio, a partire da quella della fede, e di un accesso diretto a Dio – dal punto di vista del soggetto – anche di natura emozionale, sentimentale e volitiva (amore) o di doni particolari da parte di Dio per una conoscenza diretta di Lui (esperienza dei mistici, come “conoscenza per connaturalità”), tuttavia se si considera l’intelletto come “facultas veri” non si può sostenere una Sua conoscenza diretta. L’intuizionismo anticipa la visione beatifica e rischierebbe di portare al razionalismo e al panteismo
Utrum Deum ese sit demonstrabile Se sia dimostrabile che Dio esiste L’esistenza di Dio è dimostrabile soltanto con argomentazioni metafisiche (dunque non con “dimostrazioni” scientifiche e matematiche) “a posteriori”, ossia partendo dagli effetti da Lui creati. Secondo l’insegnamento della Chiesa (cf. Sap. 13, 6-9 e Rom. 1, 19-20) “Dio, principio e fine di tutte le cose, si può conoscere con certezza col lume della ragione umana partendo dalle cose create (Conc. Vat. I, 1870) - “Se uno dice che Dio uno e vero, Creatore e Signore, non è per mezzo delle cose fatte conoscibile con certezza mediante la forza nativa della ragione, sia anatema” (Pio X, Pascendi dominici gregis, 1907)
Utrum Deum ese sit demonstrabile Se sia dimostrabile che Dio esiste C’è differenza tra conoscere con certezza e “dimostrare”: “Dio, di tutte le cose principio e fine, è conoscibile con certezza dalle cose che furon fatte, coiè dalle opere visibili della creazione, come la causa è conoscibile dall’effetto, mediante la luce della ragione, ed è dimostrabile” (DS 2145) Che senso ha questa “dimostrazione” per chi già vive l’esperienza di fede: - pur percorrendo la “strada” della fede, può “dare gloria” a Dio percorrendo con la ragione, dono Suo, i “sentieri” della razionalità; - può dialogare con tutti coloro che, pur non condividendo l’esperienza della fede, sono comunque chiamati ad esercitare naturalmente la razionalità.