L’ITALIA PREROMANA Prof. Palanza Fabrizio

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Transcript della presentazione:

L’ITALIA PREROMANA Prof. Palanza Fabrizio

Nella nostra penisola le varie fasi della preistoria hanno avuto tempi molto diversi rispetto ad altre aree del mondo,basti pensare che, mentre in Egitto venivano innalzate le piramidi (2600-2500 a.C. ca), in Italia gli uomini vivevano ancora in villaggi di piccole dimensioni e dall’organizzazione sociale assai semplice

Le prime tracce di insediamenti umani risalgono all’ultima fase del paleolitico, quando la penisola si presentava quasi interamente coperta da foreste fitte e ricche di selvaggina

L’Italia settentrionale conservò fino al IV millennio a.C. Solo nel neolitico, iniziato in Italia nel VI millennio a.C., con molto ritardo rispetto a quanto già avvenuto nei territori orientali,ma prima che nel resto dell’Europa, l’uomo cominciò a dedicarsi, oltre che alla caccia e alla pesca, anche all’agricoltura, all’allevamento e alle prime forme di lavorazione artigianale. L’agricoltura si sviluppò a partire dalla Puglia, probabilmente in seguito a contatti con popolazioni orientali, e si diffuse nelle regioni limitrofe del meridione. L’Italia settentrionale conservò fino al IV millennio a.C. un’economia basata soprattutto sulla caccia e la raccolta.

Nel neolitico gli uomini si riparavano in grotte o in anfratti naturali, ancora al tempo in cui la lavorazione della ceramica aveva già raggiunto un certo grado di sofisticazione. I primi villaggi si diffusero nel sud della penisola, allorché l’agricoltura fu capace di sfruttare in modo continuativo una certa area di terra.

Dal rame al bronzo A partire dal III millennio a.C. cominciò a diffondersi in Italia la metallurgia del rame, materiale usato in particolare per la costruzione di armi e oggetti ornamentali, emersa per influenze esterne, provenienti sia dall’area egea e anatolica, sia dall’Europa occidentale. La pastorizia si differenziò dall’attività agricola, nella società emerse una componente guerriera.

All’inizio del II millennio a. C All’inizio del II millennio a.C. ebbe luogo un complesso movimento migratorio, che si concluse all’inizio dell’età del ferro (1200-1000 a.C.): invasori indoeuropei, in ondate successive, sarebbero giunti nella penisola via terra, varcando le Alpi. Dopo aver vissuto per qualche tempo nella zona dei laghi alpini, si spostarono fino ai margini delle paludi della pianura padana, importandovi nuovi animali domestici, la coltivazione dei cereali e l’uso del bronzo. In questo periodo si diffusero villaggi su palafitte che avevano la funzione di isolare le abitazioni dall’umidità del terreno e di difendere meglio le capanne dagli attacchi di animali selvaggi.

La civiltà delle terremare Nella zona dell’Emilia occidentale, fra il XVII e il X secolo a.C., invece sorsero insediamenti di capanne, delimitati da terrapieni o da fossati, forse a scopo difensivo o per isolarli da straripamenti e allagamenti, le terremare. I terramaricoli avevano un’economia compiutamente agricola, praticavano la cremazione dei defunti le cui ceneri venivano conservate in urne di ceramica riunite in necropoli poste fuori dai villaggi.

La cultura appenninica Dopo il 1500 a.C., più a sud, nell’area lungo la dorsale degli Appennini, si sviluppò la cosiddetta cultura appenninica, dedita prevalentemente alla pastorizia seminomade (transumanza). Nei secoli seguenti, tuttavia, le popolazioni insediate nell’area appenninica svilupparono un’agricoltura e strutture sociali abbastanza evolute: si moltiplicò la varietà di piante coltivate, si diffuse l’aratura con vomeri di bronzo, dall’oriente arrivò il cavallo, nei corredi funerari comparvero spade, elmi, gioielli d’oro e d’argento.

La civiltà villanoviana Nella tarda età del bronzo, sul finire del II millennio a.C., si sviluppò in Emilia, Toscana, Umbria, alto Lazio la civiltà villanoviana. A determinarla sembra sia stato un nuovo gruppo di indoeuropei molto più evoluti dei loro predecessori, i quali non solo conoscevano tecniche piuttosto avanzate sia nell’agricoltura che nell’estrazione e lavorazione del ferro, ma intrattenevano anche scambi con il resto della penisola italica e con l’Egeo.

La civiltà nuragica Sempre nell’età del bronzo fiorì in Sardegna la civiltà nuragica, chiamata così dai nuraghi, caratteristici edifici di forma troncoconica costruiti con pesanti blocchi di pietra squadrata,con funzione difensiva. La civiltà nuragica doveva essere dominata da un’aristocrazia guerriera suddivisa in clan, ognuno dei quali controllava un territorio e offriva difesa ai propri contadini e pastori in caso di conflitti, probabilmente frequenti, con gruppi avversari.

I gruppi etnico linguistici nell’età del ferro Gruppi etnico-linguistici nell’Italia dell’età del ferro Gruppi linguistici indoeuropei Gruppi linguistici non indoeuropei latino-ausonico-siculo ligure Altri gruppi illirico sardo greco osco-umbro cartaginese sicano etrusco veneto

Greci, cartaginesi e celti Fra l’VIII e il VII secolo a.C., i greci iniziarono a colonizzare ampie zone dell’Italia meridionale e della Sicilia, fondando numerose città sia sulla costa sia sulle isole, esercitando un enorme influsso sulle popolazioni locali indigene. All’inizio le colonie furono caratterizzate da forme di autogoverno popolare, in seguito si definirono delle aristocrazie che spesso assunsero il potere. Dal VI secolo a.C. si aprì una fase di scontro tra aristocratici e demos, che favorì l’affermazione di diversi tiranni, soprattutto in Sicilia.

L’influsso delle colonie greche fu importante sotto molti aspetti, dall’evoluzione delle tecniche all’organizzazione sociale, alle relazioni economiche e culturali. L’uso della scrittura si realizzò in Italia intorno all’VIII secolo a.C. e fu la conseguenza sia dei rapporti diretti con i coloni greci, sia dell’affermazione degli etruschi.

Dediti essenzialmente all’allevamento, erano organizzati in Sempre nell’VIII secolo i cartaginesi dettero vita in Italia a numerose colonie che poi divennero città indipendenti. Nel VI secolo a.C. giunsero attraverso le Alpi occidentali i celti, detti dai greci “galati” e dai romani “galli”. Essi si insediarono nella Gallia Cisalpina (cioè al di qua delle Alpi), dove si scontrarono con gli etruschi, costringendoli ad abbandonare la pianura padana e a ritirarsi al di là dell’Appennino. Dediti essenzialmente all’allevamento, erano organizzati in tribù.

I diversi nomi della penisola italica Esperia (“terra del tramonto”) Enotria (“terra del vino”) Saturnia (“terra sacra al dio Saturno”) Ausonia ( dagli ausoni,che abi tavano intorno al gol fo di Napoli) Italia ( da Italoi, termine greco che indicava i vituli o viteli, popo lazione della parte meridiona le della Calabria che aveva come totem o progenitore il toro)

GLI ETRUSCHI Nella seconda metà dell’VIII secolo a.C., mentre i greci avviavano la colonizzazione delle coste dell’Italia meridionale e della Sicilia, in Toscana si affermava la civiltà etrusca

Le origini Non si sa con certezza da dove venissero e tra gli storici antichi si sono sviluppate teorie diverse, le principali sono tre e tutte presentano incertezze ed oscurità. Secondo Erodoto gli Etruschi erano arrivati per mare dall’Asia Minore, dalla Lidia, l’attuale Turchia, nel dodicesimo secolo a.C. Una tremenda carestia  si era abbattuta sul paese, il cibo non bastava per tutti, così il re Atys divise il popolo in due gruppi, uno sotto di sé e l’atro comandato da suo figlio Tirreno e fece estrarre a sorte quale dei due gruppi avrebbe dovuto andarsene dal paese. La sorte scelse il gruppo di Tirreno che partì con alcune navi ed approdò nel nostro paese. Qui fondarono una città e si chiamarono Tirreni, dal nome del loro condottiero, e ancora oggi chiamiamo Tirreno il mare che navigarono con tanta abilità.   Dionigi di Alicarnasso riteneva gli Etruschi i più antichi abitanti della regione che da essi prese il nome e per questo diversi da ogni altro popolo per lingua e per costumi. Secondo Tito Livio gli etruschi andavano messi in relazione con il popolo alpino dei reti e quindi sarebbero scesi da nord

Oggi gli storici sostengono che piuttosto che sulla “provenienza” occorre indagare sulla “formazione” della civiltà etrusca. Gli etruschi sarebbero un popolo da lungo tempo stanziato nella regione, che avrebbe sviluppato la sua cultura elaborando in modo originale i molteplici influssi derivati da intensi scambi economici e culturali, soprattutto con l’area greco - egea. In tempi recentissimi la ricerca scientifica di un gruppo di genetisti sul DNA prelevato da alcuni scheletri rinvenuti in tombe etrusche, dice che questo materiale genetico presenta sorprendenti rassomiglianze con quello delle popolazioni di alcune regioni del Mediterraneo orientale.

L’organizzazione politica e sociale Non diedero mai vita a una nazione unitaria, ma a città-stato, governate da re “lucumoni”, che erano contemporaneamente capi religiosi e militari e appartenevano alle famiglie aristocratiche più potenti, affiancati dall’aristocrazia guerriera, formata dai proprietari di terre. Nel tempo esse si trasformarono in repubbliche aristocratiche governate dagli “zilath “, magistrati che venivano eletti annualmente. Le città si associavano tra loro a gruppi di dodici , una sorta di confederazione chiamata Dodecapoli, prevalentemente per scopi religiosi, ma ognuna di esse decideva autonomamente le leggi e gli ordinamenti, le iniziative commerciali e le guerre. La società era fortemente gerarchizzata in cui il potere era saldamente nelle mani di un ristretto gruppo di aristocratici proprietari terrieri e commercianti.

Famiglie aristocratiche La società etrusca Famiglie aristocratiche re magistrati Popolo Contadini liberi schiavi artigiani Si mettono sotto la protezione di un nobile Non sono liberi

Quella etrusca fu una civiltà ricchissima. L’economia Quella etrusca fu una civiltà ricchissima. Poteva disporre di molte materie prime, che il sottosuolo della Toscana possedeva, e di cui la tecnologia dell’epoca aveva bisogno: il rame, lo stagno, il ferro. Molto sviluppata fu quindi l’attività estrattiva e la lavorazione dei metalli. Anche l’agricoltura rappresentava un’attività importante, soprattutto la produzione di cerali e vino. Fiorente e di alto livello fu anche l’artigianato: gioielli, vasi decorati, bronzi, armi lavorate, pietre incise, statue. Il rame, il ferro e probabilmente anche il frumento erano le voci principali del loro commercio con gli altri popoli, soprattutto fenici e greci.

Architettura e urbanistica Gli etruschi per primi sostituirono agli antichi villaggi vere e proprie città caratterizzate da un’attenta suddivisione dello spazio pubblico e privato. In architettura furono i primi ad utilizzare l’arco e la volta.

Il culto dei morti Gli etruschi credevano nella sopravvivenza dell’anima e nel prolungarsi della vita oltre l’esperienza terrena; per questo motivo dedicarono particolari cure alla sepoltura dei defunti. In un primo tempo, seguirono il rito della cremazione e della conseguente conservazione delle ceneri in urne di terracotta. In un secondo momento, a partire dal VI secolo a.C., sostituirono questo rito con l’inumazione, ossia con la sepoltura dei morti. Fu così che ebbe origine una vera e propria architettura funeraria, che prevedeva la realizzazione di tombe riunite in vastissime necropoli, che talvolta assumevano l’aspetto di veri e propri appartamenti sotterranei, dotati di molte stanze e abbelliti con dipinti che rappresentavano il defunto mentre partecipava a gare atletiche, cerimonie religiose, battute di caccia e di pesca, banchetti, danze. L’intento era quello di creare l’illusione di una casa e di richiamare fedelmente al defunto l’ambiente che gli era familiare durante la vita terrena.

La religione etrusca Quella etrusca fu una religione rivelata attraverso le profezie di esseri superiori come il fanciullo Tagete e la ninfa Vegoe o Vegonia. Fra gli etruschi delle origini la divinità appariva sempre in modo molto impreciso, sia nell’aspetto che nelle mansioni ed è ragionevole pensare che in principio vi fosse un’unica entità divina che si manifestava in molteplici modi, assumendo connotati diversi. Tra l’VIII e il VI secolo a.C. si assiste alla trasformazione della religione etrusca. Dalla Grecia vennero importate in Etruria nuove divinità; quelle indigene assunsero figura umana e col tempo ereditarono le caratteristiche e le mansioni degli dèi dell’Olimpo classico. Le dodici principali divinità, rapidamente identificate con le divinità greche dell'Olimpo, furono il secondo gradino della gerarchia celeste nel credo religioso degli Etruschi. Il primo gradino fu occupato da divinità misteriose, impenetrabili, delle quali si sconosce sia il nome che il numero  e dei quali non vi è alcuna rappresentazione. Esse sono designate dal vago e generale: "divinità velata".

L’arte divinatoria Gli Etruschi ritenevano che esistesse una connessione strettissima tra il cielo e la terra, tra il mondo celeste e il mondo della natura, erano convinti che ogni fatto umano e naturale fosse il frutto di un preciso disegno divino, e quindi il loro futuro dipendeva dalla volontà degli dei. Questa convinzione diede luogo a un’arte, l’aruspicina, paticata da figure specializzate, gli aruspici, sacerdoti-indovini che cercavano di conoscere il destino attraverso lo studio del fegato degli animali sacrificati agli dei,  l’interpretazione del volo degli uccelli e l’osservazione della caduta dei fulmini. Esse godevano di grande prestigio sociale e venivano consultate prima di ogni avvenimento importante.