LE TRADIZIONI SULLA TAVOLA DI JENNY CORNOLO’ E TATIANA TESTA
LE CARNI Si è modificata nel tempo, col modificarsi del bisogno e dell’alimentazione, la intelaiatura, o meglio, la filosofia di un pranzo: l’uso delle carni ha spostato il punto centrale del pasto, un tempo legato al piatto unico. Questa premessa per dire che da noi l’uso delle carni, nel passato che stiamo esaminando, era limitatissimo. C’era dall’altra parte, una certa casualità nella disponibilità di carne bovina; non essendo pensabile che si allevassero bestie per l’alimentazione umana, queste venivano mangiate solo in caso di morte da parto, o vecchiaia, o accidentale. Gli acquisti erano effettuati solo nelle grandi feste (Natale, Pasqua).
Per quanto riguarda il pesce si avevano forniture di pesci dai corsi d’acqua del Posina e dell’Astico;di maggior utilizzo il baccalà e la mitica renga e lo scopetòn, sui quali si è fondata l’alimentazione di magro delle nostre genti. La quasi totalità delle carni andava insaccata: certamente vi erano certe eccezioni: lo straculo veniva fatto arrosto, così come il tastasale era mangiato dopo una cottura, sotto la cenere ed una precedente avvolgitura in carta oleata. Venivano anche mangiati gli osi de màs-cio che finivano nel minestrone e la sparagagna. Ma restava, sostanzialmente, un uso del maiale molto frazionato durante l’anno: in questo senso il maiale era la cassaforte del contadino, serviva a costruire quella scorta alimentare che liberava dalla fame.
POLASTRO IMBOTIO ROSTO Questa ricetta è attuale e rinnova il sistema tradizionale di cottura delle carni che prevedeva, nella quasi totalità, la messa in tegame, a pezzi, la rosolatura con con lardo tagliato a fettine , olio o burro, e la aggiunta di profumi quali salvia, rosmarino, e alloro. Era facoltativa, ma comunissima, l’aggiunta di conserva di pomodoro e di patate. Si otteneva la morbidità del condimento con l’aggiunta, graduale, di acqua. E’ obbligatoria anche una premessa: il pollo non è imbottito nel senso tradizionale del termine, non ha cioè un ripieno. La “imbottitura” serviva esclusivamente a conferire sapore, essendo fatta con profumi, spezie e cipolla.
Ingredienti: un pollo giovane, lardo, salvia, rosmarino, una cipolla, un po’ di cannella in stecca, chiodi di garofano, olio, burro, sale, pepe. Procedimento: tolte al pollo le zampe e la testa, il collo viene chiuso con un filo e attraverso un taglio nel petto viene imbottito con rosmarino, salvia, lardo, mezza cipolla tagliata, un poco di cannella e chiodi di garofano. Salato e pepato viene chiuso anche sul ventre e viene messo in teglia fino a cottura. Una volta pronto viene tagliato a pezzi e servito irrorato del sugo che si è formato in cottura. I profumi che sono serviti per la cottura vengono invece scartati.
LEVRE (LEPRE) Frutto di caccia era apprezzatissima e veniva cucinata con grande “dispiego” di mezzi. In precedenza fatta a pezzi e marinata in vino assieme a sedano, carota, cipolla, pepe in grani, alloro, aglio, salvia, rosmarino, cannella, chiodi di garofano e bacche di ginepro per una notte, veniva fatta rosolare in un soffritto di lardo, in cui veniva messa anche la farina bianca. A metà cottura vi si aggiungeva la marinata con le verdure tritate e la si portava a cottura (eventualmente aggiungendo vino) a fuoco lento fino al termine.
BACALA’ Anche in questo piatto le differenze di preparazione e di ingredienti mostrano la grande diffusione di questo pesce che permetteva il mangiar di magro; era piatto unico, si accompagnava egregiamente con la polenta (sempre calda, in fetta). Ingredienti: Baccalà bagnato ( in precedenza battuto), olio, sale, cipolla, aglio, latte, prezzemolo, sardelle, formaggio (a volte vino bianco), farina. Procedimento: Tagliato a pezzi ed infarinato viene messo in una teglia con aglio e prezzemolo, salato e pepato, olio e latte a copertura in parti praticamente uguali e viene cotto molto lentamente (il termine veneto, onomatopeico, parla di pipare) senza che debba essere girato. E’ piatto che richiede grande esperienza.
CORADELA Altro altro non è che il polmone. Sicuramente veniva utilizzato quello dell’agnello e del capretto ed era anche acquistato dal becaro, dato il modestissimo costo, quello di bovino era di minor uso di quello del maiale. Nel caso specifico il polmone serviva, con altre parti della bestia a fare le mortandèle. Il procedimento è uguale per tutti i tipi di polmone: dopo una breve cottura preliminare in acqua, viene levata, tagliata e cotta in tegame nel quale è stata fatta una rosolatura di olio , lardo, scalogno e profumi quali salvia, rosmarino e prezzemolo. Diversi i tipi di cottura: agnello e capretto richiedono al massimo 1\2 ora, non meno di due ore il maiale o il bovino. Piccole aggiunte di acqua o brodo erano necessarie per mantenere morbida la carne. Accompagnava questo piatto, come sempre, la polenta calda.