Struttura Complessa di Cardiologia

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Struttura Complessa di Cardiologia Cosa è cambiato rispetto al passato nelle nuove linee guida ESC: Ipertensione Polmonare Giorgio Derchi, F.E.S.C. Struttura Complessa di Cardiologia E.O.Ospedali Galliera

Ipertensione polmonare :update 2011 Innanzitutto, parliamo di una malattia rara: in Italia, circa 3.000 casi, che includono tutti i tipi di ipertensione polmonare. Proprio perchè rara, è importante dare indicazioni precise anche ai Cardiologi che non si occupano in maniera specialistica di questo ambito, gestito in genere da pochi centri di eccellenza, in modo tale che il percorso del paziente dalla diagnosi fino alla terapia più avanzata sia preciso e coordinato. Trattandosi poi di una patologia multidisciplinare, che può interessare non solo il Cardiologo, ma anche il reumatologo, lo pneumologo, l'internista ed il gastroenterologo, è essenziale un coordinamento tra questi specialisti per poter gestire al meglio la complessità di questi malati. L’aggiornamento si è reso necessario anche alle luce della comparsa di numerose novità diagnostiche e terapeutiche.

Epidemiology IPAH is a rare disease with an incidence of about 2-3 per million per year and a prevalence of about 15 per million. Adult females are almost three times as likely to present with IPAH than adult males. In scleroderma the incidence has been estimated to be 6 to 60% of all patients, in rheumatoid arthritis up to 21%, in systemic lupus erythematosus 4 to 14%, in portal hypertension between 2 to 5%, in HIV about 0.5%, in sickle cell disease ranging from 20 to 40%, in thalassemic syndromes ranging from 10 to 17%. Up to 4% of people who suffer a pulmonary embolism go on to develop chronic thromboembolic disease including pulmonary hypertension. Only about 1.1% of patients with COPD develop pulmonary hypertension with no other disease to explain the high pressure.

La prima grossa novità consiste nella identificazione di sei diversi gruppi di pazienti (Dana Point 2008) La classificazione è simile a quella precedente (Venezia 2003), ma in questa nuova edizione si sottolinea l’eterogeneità clinica dell’ipertensione polmonare, che di per sé non è una malattia, ma una condizione fisiopatologica che può manifestarsi in molte situazioni cliniche. La distinzione è fondamentale perché i farmaci approvati specificamente per l’ipertensione polmonare riguardano solo un gruppo di questi sei, quello dei pazienti affetti da ipertensione arteriosa polmonare (il gruppo 1). Gli altri possono non solo non trarre beneficio da questi agenti, ma esserne addirittura danneggiati. Al fine di una miglior definizione della malattia, le nuove linee guida  presentano innanzitutto un algoritmo diagnostico molto dettagliato, che è a sua volta “conditio sine qua non” per la successiva applicazione dell’algoritmo terapeutico più appropriato.

The Venice 2003 Classification WHO Group I - Pulmonary arterial hypertension (PAH) Idiopathic (IPAH) Familial (FPAH) Associated with other diseases (APAH): collagen vascular disease (e.g. scleroderma), congenital shunts between the systemic and pulmonary circulation, portal hypertension, HIV infection, drugs, toxins, or other diseases or disorders Associated with venous or capillary disease

Group 1, PAH The term familial PAH has been replaced by heritable PAH because specific gene mutations have been identified in sporadic cases with no family history. Schistosomiasis has been included among the APAH forms because recent publications show that patients with schistosomiasis and PAH can have the required specific clinical and pathological characteristics. Chronic haemolytic anaemia such as sickle cell disease, thalassaemia, hereditary spherocytosis, stomatocytosis, and microangiopathic haemolytic anaemia may result in PAH and are included in the APAH forms. Galiè et. al. Guideline for the diagnosis and treatment of pulmonary hypertension. European Heart Journal 2009; doi:10.1093/eurheartj/ehp297

Pulmonary hypertension in hemolytic disorders: pulmonary vascular disease: the global perspective. Pulmonary hypertension is one of the leading causes of morbidity and mortality in adult patients with sickle cell disease and thalassemia, and hemolytic disorders are potentially among the most common causes of pulmonary hypertension. The pathogenesis of pulmonary hypertension in hemolytic disorders is likely multifactorial, including hemolysis, impaired nitric oxide (NO) bioavailability, chronic hypoxemia, chronic thromboembolic disease, chronic liver disease, and asplenia. In contrast to patients with traditional forms of pulmonary arterial hypertension, patients with hemolytic disorders have a mild-to-moderate degree of elevation in mean pulmonary pressures, with mild elevations in pulmonary vascular resistance. Machado RF, Gladwin MT. Chest. 2010 Jun;137:30S-38S.

Prevalence of Pulmonary Hypertension in Haemoglobinopathic Patients To determine whether PH can occurs in haemoglobinopathic patients in absence of overt LVD, we studied 1121 pts from 7 Thalassemia Centers in Italy (485 Thalassemia Major (TM), 458 thalassemia intermedia (TI), 178 Sickle Cell or Sickle Thalassemia Disease (SCD),49% males, mean age 30 yrs, range 13-56 yrs). Severe PH was observed in 9 pts, 3 with TM, in 6 with TI and in 1 patients with SCD. Mild PH occurs in 46 patients with TM, in 57 patients with TI and 11 pts with SCD. In the remaining patients, PH was in the normal range (TM 89,9%, TI 86,2% and SCD 93,2% of pts, respectively). In the whole group of hemoglobinopathic pts the incidence of PH (mild plus severe) range from 6.5 % to 13.8% of pts. PH (mild to severe) particularly affects pts with TI (13,8% of pts). Our data support a significant presence of PH in haemoglobinopathic pts (6.2 to 13,8%) even though well treated and without LVD. G.Derchi et al. Blood, Volume 106, issue 11, November 16, 2005

Le nuove linee guida hanno introdotto diversi concetti nuovi nell'iter diagnostico. In base al valore di pressione polmonare derivato all’ecocardiogramma e ad altri dati clinici, vi sono indicazioni precise e dettagliate su come comportarsi: se continuare con un follow-up ecocardiografico, se eseguire il cateterismo destro oppure pensare a un altro tipo di ipertensione polmonare. Un’indicazione precisa e puntuale per l’esecuzione del cateterismo destro, il test di riferimento per la conferma diagnostica indiscutibile di ipertensione arteriosa polmonare.

Terapia farmacologica Nel 2003, alla Consensus Conference di Venezia, da cui sono scaturite le prime linee guida vere e proprie, i farmaci disponibili per la terapia dell’ipertensione arteriosa polmonare erano soltanto due: epoprostenolo e bosentan. L’epoprostenolo, è una prostaciclina sintetica ad azione vasodilatatoria, somministrata per via venosa. Un significativo passo avanti è stato fatto con la registrazione di bosentan, che è stato il primo farmaco orale approvato per questa condizione e il primo appartenente alla classe degli antagonisti del recettore dell’endotelina. Si sono aggiunte nel corso degli anni nuove molecole: nel 2004 l’ iloprost, un altro analogo della prostaciclina, somministrato per via inalatoria. A questo si è poi aggiunta nel 2007 un’altra prostaciclina sintetica, treprostinil, somministrata 24 ore su 24, ma per via sottocutanea.

Terapia farmacologica Tra il 2007 e il 2008 è stato invece approvato l’uso del primo inibitore della 5 fosfodiesterasi (5PDE) Sildenafil citrato, che inibisce il catabolismo del GMP ciclico, determinando un rilassamento del letto vascolare polmonare. All’inizio del 2009, sono stati quindi registrati altri due antagonisti recettoriali dell’endotelina, anch’essi ad azione vasodilatatoria: sitaxentant ( ritirato dal commercio) e ambrisentan. Inoltre, è stato da poco approvato dall’Emea anche Tadalafil, un altro inibitore della 5PDE.

Riguardo al trattamento farmacologico, fino a pochi anni fa i farmaci disponibili erano ritenuti solo palliativi per soggetti affetti da una condizione considerata “incurabile”, i pazienti venivano trattati solo in una fase molto avanzata di malattia (in classe III-IV NYHA), iniziando con uno qualunque dei farmaci a disposizione e poi, nel momento in cui questo perdeva di efficacia, sostituendolo con un altro, fino ad arrivare, come ultima spiaggia, alla somministrazione ev di epoprostenolo. Le nuove linee guida, invece, dicono innanzitutto che il paziente deve essere trattato quanto più precocemente possibile, (II classe NYHA) in prima battuta con un antagonista recettoriale dell’endotelina o con un inibitore della 5PDE.

Inoltre – altra novità sostanziale – quando il paziente peggiora, non si segue più il vecchio approccio di sostituzione, ma si passa a una terapia di associazione, indipendentemente dal primo farmaco utilizzato, in modo da colpire tutti i vari aspetti fisiopatologici della malattia e ritardare il più possibile il trapianto. Terzo cambiamento fondamentale: è stata codificata in modo preciso la possibilità di stabilire quando il paziente ha una risposta clinica inadeguata al primo farmaco e diventa quindi necessaria la terapia combinata.

Fino a una decina di anni fa, l’ipertensione arteriosa polmonare era ritenuta assolutamente incurabile e un paziente affetto dalla forma idiopatica aveva un’attesa media di vita di 2,8 anni, che si riducevano a un anno e mezzo in coloro che sviluppavano la malattia come complicanza della sclerodermia. Gli studi di sopravvivenza disponibili ad oggi, seppure pochi ed eseguiti solo con bosentan, hanno dimostrato che i pazienti trattati con questo farmaco hanno ottenuto un raddoppio della sopravvivenza. Alla luce dell’attuale possibilità di ricorrere alla terapia combinata, nel momento in cui questa sarà entrata a far parte della pratica clinica, è ragionevole aspettarsi un ulteriore miglioramento della prognosi e sperare addirittura in un arresto della progressione della malattia.