Sfruttamento minorile: una battaglia da vincere A cura di: Valter Giraudo e Roby Calò
Lavoro minorile Nel mondo, 211 milioni di bambini e bambine lavorano. Hanno meno di 14 anni, dovrebbero andare a scuola, giocare, avere tempo per riposare, e invece lavorano: nei campi, nelle discariche, sulla strada, ovunque vi siano opportunità di guadagnare qualcosa per aiutare a sopravvivere sé e la propria famiglia. Alcuni riescono a trovare il tempo per frequentare la scuola, ma la maggior parte di essi non ha mai messo piede in un’aula scolastica, ed è probabile che non lo farà mai. A meno che qualcuno li aiuti.
Lavoro minorile Le stime più recenti ci dicono che i bambini lavoratori vivono soprattutto in Asia, ma che è l’Africa il continente in cui, in proporzione, è più alta la probabilità che un bambino sia costretto ad un’occupazione precoce. Tuttavia, i baby-lavoratori sono numerosi anche nei paesi a medio reddito (5 milioni nell’Est europeo, e il dato è in crescita a causa della difficile transizione all’economia di mercato), e non mancano neppure nei paesi industrializzati: in Italia, l’ISTAT ne ha censiti circa 145.000, mentre la CGIL ne fa una stima quasi tre volte superiore.
Lavoro minorile nel mondo Il lavoro minorile è un fenomeno assai complesso, e non esistono soluzioni semplici. Anche se tutti abbiamo imparato a conoscerlo attraverso le storie e i volti dei piccoli fabbricanti di tappeti, soltanto un bambino lavoratore su 20 è impiegato nell’industria che produce beni destinati all’esportazione.
Lavoro minorile nel mondo Le vittime dello sfruttamento economico vanno ricercate altrove, nei meandri nascosti dell’economia informale: agricoltura (70% del totale), lavoro domestico, commercio al minuto, prostituzione, attività illegali. In questa zona d’ombra dove povertà, ignoranza e discriminazione si incrociano con l’assenza di qualsiasi forma di assistenza sociale, non è sempre facile dare un volto e un nome a chi sfrutta: ma, di certo, per ogni bambino o bambina che lavora c’è un diritto umano negato.
Tipi di lavoro minorile Le principali attività a livello di lavoro minorile sono: - lavoro minorile forzato; - sfruttamento dei bambini a fini commerciali; - sfruttamento sessuale; - lavoro in famiglia; - lavoro in industrie; - lavoro in piantagioni; - lavoro in strada;
Lavoro minorile in Italia Il fenomeno del lavoro minorile in Italia è difficilmente quantificabile: non sappiamo infatti con certezza quanti bambini e adolescenti lavorano nel nostro Paese. Le stime variano, a seconda di come vengono reperiti i dati e svolte le indagini e i rilevamenti. A variare non è dunque il numero di bambini lavoratori presenti al Nord, Centro e Sud, ma piuttosto i tipi di lavoro che svolgono e che sono in rapporto alla situazione economica della famiglia e al contesto sociale dove il minore e la famiglia vivono. Questi fattori determinano motivazioni diverse di abbandono precoce della scuola per accedere al lavoro.
Tipi di lavoro in Italia I bambini sono impiegati secondo tre tipologie di lavoro: - lavoro occasionale, svolto in determinati periodi dell’anno - il lavoro estivo o stagionale, per esempio nelle strutture turistiche o alberghiere - il lavoro continuativo: i minori lavorano tutto l’anno, per esempio nella piccola impresa familiare, cioè nell’attività di piccola e media imprenditoria Il lavoro continuativo all’interno dell’attività imprenditoriale di famiglia è tipica del Nord-Est italiano, dove è massiccia la presenza di piccole e medie imprese appunto a conduzione familiare. La forte domanda di manodopera in alcuni settori del terziario e della piccola industria favorisce l’inserimento precoce del minore, che si trova ad avere una formazione professionale di basso livello, ma sicura ed immediata. In queste realtà la scuola è addirittura ritenuta un ostacolo per l’inserimento nel mondo del lavoro.
Lavoro minorile nel sud Italia Secondo uno studio condotto da Azione Cattolica dieci anni fa, i baby-lavoratori in Campania sono 90.000, di cui 35.000 a Napoli. Fanno i lavori più disparati: - baby-camerieri (al centro di Napoli, nel famoso vicolo dei carrozzieri) - impiegati nei supermercati, privi ovviamente di un permesso di lavoro e pagati pochissimo - impiegati nei "laboratori dell’imitazione", dove si producono imitazioni di capi o accessori di marche famose - i "muschilli", cioè "moscerini", con cui ci si riferisce ai bambini che la camorra sfrutta come corrieri per le sue attività criminose Al Sud il lavoro minorile è in parte presente nel settore agricolo: esemplare la situazione riscontrabile nella provincia di Reggio Calabria. Secondo il segretario della Confederazione Coltivatori di questa provincia, Demetrio Costantino, sono almeno 15.000 i bambini impiegati nell’agricoltura: raccolgono i prodotti della terra, curano gli animali e fanno i garzoni. Il fenomeno è probabilmente più esteso: quasi certamente la metà delle 50.000 aziende del Reggino impiega almeno un minore, e sono pochi quelli che hanno un contratto almeno da apprendista.
La malavita dei minori Il caso dei muschilli di Napoli è emblematico per spiegare lo sfruttamento dei bambini, come veicoli innocenti di azioni criminose. Il problema si fa più complesso perché questa forma di devianza diventa, agli occhi del minore, un vero e proprio lavoro. Il bambino si sente messo alla prova, inserito in un gruppo che gli riconosce il coraggio e la capacità di assumersi rischi. Inoltre il minore acquisisce uno status di indipendenza economica e la possibilità di comprarsi e possedere ciò che vuole. Nell’indagine conoscitiva della CGIL si fa notare come nel gergo dei malviventi venga utilizzato per questo genere di azioni criminose il termine lavoro: - "un buon lavoro", "un lavoro pulito" per designare il crimine da compiere o commesso - "il colpo grosso": un’azione che fa fare carriera o aumenta "il prestigio" del minore, in quanto se ne riconosce l’abilità Le ragioni per cui la malavita organizzata sceglie i bambini sono principalmente due: - il minore per la legge italiana non è punibile - il reclutamento dei minori alimenta le organizzazione malavitose e le tiene in vita; sono infatti delle risorse nuove nuove . . .
Gli infortuni sul lavoro Al problema del lavoro minorile è legato anche quello degli infortuni sul lavoro: il minore risulta chiaramente più esposto al rischio di "farsi male". Inoltre il datore di lavoro denuncia l’infortunio soltanto quando non ne può fare a meno, e cioè quando l’incidente è veramente grave. E’ difficile reperire dati sugli infortuni in cui i minori incorrono: bisogna con rammarico rilevare che nelle statistiche ufficiali: i bambini godono del non invidiabile privilegio di essere invisibili.Come dire che essi non esistono, nascosti come sono nel mondo sommerso dell’illegalità.
Bambini soldato Nel mondo sono più di 300 milioni i bambini Soldato. La zona più devastata da questo problema è l’Africa con una stima di circa 120.000 soldati bambini.
I bambini e le bambine soldato Negli ultimi 10 anni è documentata la partecipazione a conflitti armati di bambini minori ai 16 anni in 25 paesi. Alcuni sono veri soldati,altri sono usati come“portatori di armi”ecc. Anche le ragazze sono reclutate e frequentemente soggette a stupri e violenze sessuali. Rispetto agli anni passati questo tipo di abuso di minori è in netto aumento. Infatti i “signori della guerra” non si curano della convenzione di Ginevra e considerano i bambini come nemici alla stessa stregua degli adulti.
I ragazzi non chiedono stipendi e la lunghezza dei conflitti rende maggiore l’utilità di trovare nuove reclute per rimpiazzare le perdite. I ragazzi che non subiscono ferite fisiche hanno comunque shock mentali, presentano denutrizione, malattie della pelle e specialmente l’AIDS. L’USO DEI MINORI COME SOLDATI HA RIPERCUSSIONI SUGLI ALTRI RAGAZZI CHE RIMANGONO AI MARGINI DEL CONFLITTO, PERCHE’ TUTTI DIVENTANO SOSPETTABILI IN QUANTO POSSIBILI NEMICI. IL RISCHIO E’ CHE VENGANO UCCISI!
A cura di: Valter Giraudo e Roby Calò Non rimanere uno spettatore impassibile!!! 12 giugno: giornata mondiale contro lo sfruttamento minorile. www.lavocedirobinhood.it - http://www.associazioni.milano.it/robinhood/ A cura di: Valter Giraudo e Roby Calò