Corso di Economia degli Intermediari Finanziari

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Transcript della presentazione:

Corso di Economia degli Intermediari Finanziari Gli intermediari finanziari e le banche

La banca: definizione (1) Dal punto di vista giuridico, la banca è l’impresa autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria. Questa si sostanzia: nell’esercizio congiunto del credito e della raccolta del risparmio presso il pubblico; in ogni altra attività finanziaria (es. leasing finanziario, consulenza alle imprese, custodia e amministrazione di valori mobiliari); in attività connesse e strumentali (es. produzione di servizi informatici per proprio uso). Sono salve le riserve di attività previste dalla legge.

La banca L’estensione operativa effettiva di una banca costituisce una scelta discrezionale del management. L’esercizio congiunto del credito e della raccolta del risparmio è necessario e sufficiente per ottenere la qualifica di banca. La congiunzione dell’esercizio del credito e della raccolta presso il pubblico separa nettamente le banche da altri intermediari finanziari (società di leasing, di factoring) sprovvisti di un’autonoma capacità di provvista presso gli operatori finali.

La banca: definizione (2) Da un punto di vista economico e operativo la banca è un’impresa di servizi, multibusiness, che nell’ambito del sistema finanziario svolge essenzialmente una funzione MONETARIA (e di trasmissione degli impulsi di politica monetaria) CREDITIZIA N.B.: l’esercizio congiunto di tali funzioni espone la banca ad un rischio di liquidità e solvibilità particolarmente intensi.

La banca e la funzione monetaria Le passività bancarie (i depositi in c/c) sono accettate come mezzo di pagamento. Tale accettazione presuppone: - che la singola banca e il sistema bancario godano della fiducia del pubblico (il rischio di insolvenza delle banche deve essere percepito come non rilevante); - che il sistema predisponga una serie di procedure operative e di strutture tecnologiche che rendano efficiente, sicuro ed accessibile l’uso della moneta bancaria.

La banca e la funzione creditizia (1) La funzione creditizia si sostanzia nel consentire il collegamento - l’incontro - delle unità in surplus e in deficit affinché possano scambiarsi risorse finanziarie. La banca si interpone tra gli scambisti finali e assume posizioni debitorie nei confronti delle prime e creditorie verso le seconde. Banca Circuito intermediato Unità in deficit Unità in surplus Circuito diretto

La banca e la funzione creditizia (2) E’ una funzione propria anche dei mercati e di altre tipologie di intermediari. Tuttavia la funzione di trasferimento delle banche si qualifica per i seguenti motivi: non avviene tramite i mercati ma si basa sul circuito creditizio; comporta una trasformazione dei rischi e delle scadenze (la banca rende compatibili schede di preferenza disallineate); svolge una funzione di selezione ex ante e controllo ex post (la banca riduce i problemi connessi alle asimmetrie informative).

Lo stato patrimoniale della banca (1) Visto che la gestione caratteristica della banca consiste nell’attività di intermediazione creditizia, il suo stato patrimoniale presenta in via generale la seguente struttura stilizzata: Attività fruttifere di interesse (AFI) Passività onerose di interessi (PFI) Altre attività finanziarie (AAF) Passività non onerose di interessi (PNO) Attività non finanziarie (ANF) Mezzi propri (MP)

Lo stato patrimoniale della banca (2) Attività fruttifere di interessi (AFI): riserve di liquidità fruttifere, finanziamenti concessi in varie forme (prestiti bancari, finanziamenti di leasing e di factoring, credito al consumo) Altre attività finanziarie (AAF): moneta legale, altri valori monetari in cassa, crediti non fruttiferi Attività non finanziarie (ANF): immobilizzazioni materiali e immateriali Passività onerose di interessi (PFI): depositi bancari, depositi rappresentati da titoli (obbligazioni, certificati di deposito), debiti verso banche, passività subordinate Passività non onerose di interessi (PNO): fondo TFR, Fondo rischi, Fondi per spese future Mezzi propri (MP): capitale sociale e riserve di capitale, fondo rischi bancari generali, utile d’esercizio

Lo stato patrimoniale della banca (3) Sul fronte dello stato patrimoniale va in particolare osservata la: Composizione dell’attivo: le risorse raccolte vengono variamente allocate - prestiti alla clientela, valori mobiliari, riserve di base monetaria, investimenti in attività reali strumentali all’esercizio dell’impresa - con implicazioni sul fronte reddituale e dei rischi molto differenziate; Dimensione relativa delle passività onerose rispetto ai mezzi propri: la banca agisce in condizioni di elevata leva finanziaria; Composizione per scadenze del passivo: la banca mostra un prevalente orientamento alle passività a breve, a vista e a scadenza indeterminata (strumenti per larga parte dotati di funzione monetaria).

La banca e gli equilibri aziendali Il fine istituzionale di una banca, in quanto impresa, è quello di produrre un margine economico che risulti adeguato. L’obiettivo aziendale non è quello di massimizzare la redditività, ma di ottimizzarla nel rispetto dei vincoli di liquidità e solvibilità. N.B.: Per margine economico si intende la differenza tra ricavi derivanti dalle vendite e i costi sostenuti per l’acquisto di tutti i fattori produttivi impiegati.

L’equilibrio economico (1) La nozione di equilibrio economico identifica la capacità dell’intermediario di conseguire con stabilità un risultato economico che consenta una durevole permanenza dell’azienda nel sistema. Tale risultato deve essere soddisfacente in termini di livello e variabilità rispetto: - alle aspettative del soggetto economico; - alle previsioni della direzione aziendale; - all’andamento medio del settore.

L’equilibrio economico (2) L’attività di intermediazione svolta dalle banche si sostanzia nell’acquisizione di attività finanziarie fruttifere finanziate prevalentemente dall’emissione di passività onerose, che generano rispettivamente ricavi per interessi attivi e costi per interessi passivi; L’equilibrio economico delle banche si fonda principalmente sul margine di interesse, costituito dalla differenza fra le due voci di ricavo e di costo menzionate. Ricavi per interessi attivi (-) Costi per interessi passivi (=) Margine di interesse

L’equilibrio economico (3) Più in dettaglio, il conto economico di una banca, riclassificato in forma scalare, presenta in via generale la seguente struttura stilizzata: Ricavi per interessi attivi (-) Costi per interessi passivi (=) Margine di interesse (MI) (-) Ricavi netti da servizi (=) Margine di intermediazione (-) Costi operativi (=) Risultato di gestione (-) Accantonamenti, proventi e oneri diversi (=) Risultato lordo di imposte -) Imposte (=) Risultato netto

L’equilibrio finanziario (1) La nozione di equilibrio finanziario rinvia alla capacità della gestione aziendale di: - mantenere con sufficiente continuità e stabilità l’equilibrio fra i flussi di cassa in entrata e quelli in uscita; - essere costantemente in grado di far fronte ai propri impegni di pagamento nella specie monetaria richiesta. Eventuali difficoltà di fronteggiare tempestivamente ed economicamente le uscite di cassa profila l’esposizione della banca al rischio di liquidità.

L’equilibrio finanziario (2) Le banche sono particolarmente esposte al rischio di liquidità a causa delle funzioni assolte nell’ambito del sistema: il loro passivo a vista (che rappresenta la componente fondamentale della moneta detenuta dal pubblico) è per definizione soggetto ad un rischio di prelievo a discrezione del depositante; una parte delle attività detenute in portafoglio (i prestiti) non è negoziabile sui mercati secondari e non sono facilmente liquidabili a discrezione della banca. La scadenza media dell’attivo è dunque normalmente superiore a quella del passivo.

L’equilibrio finanziario (3) Il rischio finanziario deriva dalla possibilità che non si raggiunga nel medio periodo un equilibrio fra entrate e uscite in condizione di redditività soddisfacente. Lo squilibrio fra entrate e uscite può essere coperto tramite: - l’utilizzo di riserve di base monetaria appositamente costituite; - la vendita di attività sul mercato secondario; - l’emissione di nuove passività. La sistematicità del ricorso a tali correttivi può generare costi finanziari che nel lungo periodo rischiano di intaccare la redditività aziendale.

L’equilibrio patrimoniale (1) La nozione di equilibrio patrimoniale si riferisce alla capacità della banca di mantenere nel tempo un CAPITALE NETTO POSITIVO, cioè un’adeguata eccedenza del valore attuale dell’attivo rispetto a quello nominale del passivo; In tal caso si dice che la banca è solvibile, è cioè in grado di fronteggiare totalmente le obbligazioni verso i propri creditori senza perdite di capitale proprio in ipotesi di liquidazione dell’attività; N.B.: il concetto di valore attuale va inteso come valore delle attività al netto delle possibili perdite che ragionevolmente si possono immaginare in base agli andamenti dei tassi di mercato o in base alle condizioni di solvibilità della clientela.

L’equilibrio patrimoniale (2) La determinazione del valore attuale delle attività è abbastanza problematica, specie per un osservatore esterno; Nell’ambito del vincolo di solvibilità entra allora in gioco il livello di capitalizzazione della banca, che costituisce una garanzia di solvibilità aziendale e dunque di equilibrio patrimoniale; Il rischio patrimoniale deriva dalla possibilità che la banca mostri un livello di patrimonializzazione inadeguato ai fini del raggiungimento degli obiettivi aziendali o rispetto alle prescrizioni delle Autorità preposte alla vigilanza sul sistema finanziario.

Il rischio di tasso di interesse Si identifica con la possibilità che l’andamento dei tassi di mercato provochi variazioni divergenti del rendimento medio degli impieghi e del costo medio della raccolta, con conseguenti ripercussioni sul margine di interesse. Tale rischio scaturisce dalla presenza in bilancio di un disallineamento tra poste attive e passive che riguarda: - la durata contrattuale (per i contratti a scadenza determinata); - i tempi di repricing (rivedibilità dei tassi) per le operazioni a scadenza indeterminata.

Il rischio di tasso di interesse: step di calcolo Definisco l’orizzonte temporale entro il quale valutare l’esposizione della banca al rischio considerato; Riclassifico il bilancio separando le operazioni a tasso rinegoziabile da quelle a tasso non rinegoziabile; Quantifico l’ammontare del GAP; Formulo previsioni circa l’andamento dei tassi sul mercato (in  o in ); Gestisco il GAP in funzione delle previsioni sui tassi e tenendo conto del tipo di strategia - prudenziale o speculativa - che il management intende seguire.

Il rischio di tasso di interesse STEP DI CALCOLO 1 – orizzonte temporale Definisco l’orizzonte temporale t0 - t1 (gapping period) entro il quale valutare l’esposizione al rischio. Ad esempio la valutazione può essere a fine mese, fine trimestre o fine anno. E’ essenziale definire chiaramente l’orizzonte temporale assunto come riferimento del calcolo perché esso consente di discriminare tra poste sensibili e non sensibili; Una posta può essere “sensibile” ai tassi o invece essere ” non sensibile” a seconda del periodo prescelto.

Il rischio di tasso di interesse STEP DI CALCOLO 2 – poste sensibili In bilancio considero solo le poste che generano direttamente il margine di interesse: le attività fruttifere di interesse e le passività onerose; Tra queste separo le operazioni a tasso rinegoziabile - sensibili - da quelle a tasso non rinegoziabile - non sensibili. Quali sono le poste sensibili? Quelle il cui tasso di interesse può essere rivisto al variare dei tassi sul mercato, cioè:  quelle che scadono nell’intervallo temporale considerato t0 - t1  quelle che prevedono contrattualmente la possibilità di revisione del tasso in t0 - t1  quelle scadenti a vista o a tempo indeterminato

Il rischio di tasso di interesse STEP DI CALCOLO 3 – quantificazione del GAP Il Gap è dato dalla differenza tra le attività sensibili e le passività sensibili individuate in bilancio: Due indicatori: GAP/ATTIVITA’ FRUTTIFERE TOT = esprime l’importanza relativa del grado di mismatching GAP/MP = fornisce una misura dell’adeguatezza della dotazione patrimoniale nel fronteggiare il tipo di rischio considerato GAP= AS - PS

Il rischio di tasso di interesse STEP DI CALCOLO 3 – il gap 1. Gap è positivo se AS>PS: significa che la scadenza media ponderata delle attività è inferiore a quella delle passività. Il Margine di Interesse (MI) migliora in fase di interessi crescenti e peggiora in fase di tassi calanti; 2. Gap è nullo se AS=PS: l’intermediario si trova in questo caso in una situazione sostanzialmente protetta dal rischio di tasso di interesse (nell’ipotesi che la variazione dei tassi di mercato impatti in modo uniforme sulle poste attive e passive); 3. Gap è negativo se AS<PS: significa che la scadenza media ponderata delle attività è superiore a quella delle passività. In tale evenienza il MI peggiora in fase di interessi calanti e migliora in fase di tassi crescenti.

Il rischio di tasso di interesse Esempio 1 prevedo che i tassi di interesse sul mercato aumentino Se il Gap > 0 e i tassi  allora MI  : questo perché la quota di AS è maggiore rispetto alla quota di PS dunque i ricavi per interessi attivi aumentano più dei costi per interessi passivi; Se il Gap è nullo, cioè AS = PS, il MI resta sostanzialmente invariato; Se il Gap < 0 e i tassi  allora il MI  perché la banca dovrà rinegoziare il prezzo sulle passività sensibili (sostenendo l’onere di maggiori tassi passivi) a fronte di tassi attivi prefissati. L’incremento dei ricavi sulle AS sarà inferiore rispetto all’aumento dei costi sulle PS.

Il rischio di tasso di interesse Esempio 2 prevedo che i tassi di interesse sul mercato si riducano Se Gap > 0 e i tassi  allora MI : questo perché la quota di AS è maggiore della quota di PS quindi la riduzione dei ricavi per interessi attivi sarà superiore alla riduzione del costo per interessi passivi; Se il Gap è nullo il MI resta sostanzialmente invariato; Se Gap<0 e i tassi  allora il MI : questo perché la quota di Attività il cui tasso di interesse può essere rivisto - si riduce - è inferiore rispetto alla quota di passività onerose il cui costo varia - si riduce - al variare dei tassi.

Il rischio di tasso di interesse STEP DI CALCOLO 4 – formulazione di previsioni circa l’andamento dei tassi sul mercato Si prevede che i tassi di interesse si riducano Si profila un aumento del MI se il Gap è negativo, una sua riduzione se il Gap è positivo. Si prevede che i tassi di interesse sul mercato aumentino Si prospetta una situazione contraria alla precedente. N.B.: le implicazioni delle variazioni di tasso sul mercato sono molto diverse a seconda del livello e del segno del GAP che caratterizza la banca in un dato istante

Il rischio di tasso di interesse STEP DI CALCOLO 5 - Manovra del GAP in funzione dell’approccio di gestione del rischio seguito Esistono due diversi approcci di gestione del rischio di tasso di interesse: uno prudenziale e l’altro più speculativo. Strategia tendente alla completa eliminazione del mismatching e dunque al costante pareggiamento delle AS e delle PS (strategia detta di IMMUNIZZAZIONE); Strategia tendente al periodico aggiustamento del gap allo scopo di trarre vantaggio dalle previsioni sull’evoluzione dei tassi di mercato. Si tratta dunque di portarsi ad avere il massimo GAP positivo in ipotesi di rialzo dei tassi e il massimo GAP negativo qualora si prevedesse invece un ribasso dei tassi di interesse sul mercato.