Dante nella selva oscura Da La Divina Commedia Inferno, Canto 1° I.I.S. “G. Cantoni” – Treviglio (BG) classi 4°A-4°E a.s. 2012/2013
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, 3 ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte 6 che nel pensier rinova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ v’i trovai, 9 dirò de l’ altre cose ch’i’ v’ho scorte. Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto 12 che la verace via abbandonai. […]
E come quei che con lena affannata, uscito fuor dal pelago a la riva, 24 si volge a l’acqua perigliosa e guata, così l’animo mio,ch’ ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo 27 che non lasciò già mai persona viva.
Parafrasi (1-3) A metà della strada, cui si può paragonare l’esistenza umana, mi trovai a vagare all’interno di una buia foresta, perché avevo smarrito la via del bene. (4-6) Ah, come è penoso descrivere come era questa orrida foresta, intricata e difficile da percorrere , che al solo ricordo ridesta in me l’ angoscia che vi provai! (7-9) La selva [ cioè: la vita peccaminosa ] è così sgradevole, che la morte lo è solo poco di più; tuttavia per dire anche del bene che vi incontrai, parlerò anche delle altre cose che vi ho visto.
nella foresta, tanto ero assonnato [cioè: (10-12 ) Non so riferire in modo compiuto come penetrai nella foresta, tanto ero assonnato [cioè: spiritualmente ottenebrato ] nel momento in cui abbandonai la via della verità. [ ... ] (22-24) E come un naufrago che, respirando con affanno, uscito fuori del mare e giunto sulla riva, si volge a guardare con terrore l’acqua in cui aveva rischiato la vita, (25-27) così il mio animo, ancora nella disposizione di chi fugge, si volse indietro a osservare quel passaggio, quel luogo [ la selva ] che nessuno aveva attraversato uscendone vivo.
IL CONTENUTO Intorno ai 35 anni, Dante vive un periodo di profonda crisi che lo porta a smarrire la via del bene e quindi si ritrova nella selva oscura che simboleggia il peccato. Non a caso il poeta inizia il canto con le parole “Nel mezzo del cammin di nostra vita”: questo primo verso sta ad indicare che il viaggio del grande scrittore fiorentino non coinvolge solo lui, ma tutta l’umanità, così che anch’essa possa salvarsi dal peccato. L’inizio in medias res sottolinea la maestria di Dante nell’evitare argomenti scomodi, come la spiegazione di come si sia ritrovato nella selva. Questa foresta del peccato viene vista come un luogo oscuro, dove la luce della verità non può arrivare. Dove non c’è la luce, ci sono le tenebre e di conseguenza ci si smarrisce, si ha paura e si prova un forte senso di perdizione.
Dante fa trasparire tutte queste sensazioni tramite i primi nove versi, sottolineando più volte l’oscurità di questa selva definita aspra, forte e selvaggia. Il bosco provoca paura anche al solo ricordo e il poeta, pur scioccato da ciò che vede, decide di raccontare la sua esperienza di viaggio in tutti i suoi aspetti per trattare del bene che troverà compiendolo. E’ il sonno, ovvero la “dormienza” della coscienza, che fa perdere a qualsiasi uomo la via del bene e lo fa cadere nel peccato. Dante, quando sta per uscire dalla selva, si sente come un naufrago che è riuscito a salvarsi, che guarda indietro e vede la morte a cui è scampato.
STRUTTURA E TECNICHE Il primo canto, come tutta la Divina Commedia, è composto in terzine costituite da versi endecasillabi in rima incatenata, detta anche dantesca perché utilizzata nell’intero poema. Lo schema metrico individuabile è, quindi: ABA BCB CDC. Le categorie grammaticali più usate da Dante sono nomi, verbi e aggettivi che ruotano tutti intorno alla parola-chiave “selva”. Tutti i termini del volgare fiorentino utilizzato sono finalizzati, infatti, a rilevare e rimarcare la crudezza, l’oscurità e l’intrico che caratterizzano questa foresta . Anche la punteggiatura, dando il giusto ritmo al verso, sottolinea la sensazione angosciata dell’anima prigioniera del peccato.
Nel testo ci sono figure retoriche di suono, figure retoriche di senso, figure retoriche di ordine. Figure di suono - esta selva selvaggia e aspra (v. 5) allitterazione in S a retro a rimirar (v.26) allitterazione in R paura poco queta durata notte passai tanta pieta allitterazione in P e in T selva selvaggia (v.5) paronomasia
Figure retoriche di senso - selva oscura (v.2) Metafora La selva rappresenta il peccato - diritta via (v.3) Metafora la via del bene - per trattar del ben che vi trovai (v.8) Metafora Dante si riferisce a Virgilio - sonno (v.11) Metafora Il sonno rappresenta il torpore spirituale - verace via (v.12) Metafora La verace via rappresenta la via del bene e della verità - E come quei che con lena affannata […] a rimirar lo passo (vv. 22-26) Similitudine Dante si paragona a un naufrago che sfugge alla morte in mare e si ferma a guardare il motivo del suo scampato pericolo e della sua angoscia - lo passo (v. 26) Metafora Lo passo rappresenta il limite tra la selva e la salvezza
Figure retoriche dell’ordine - selvaggia e aspra e forte (v Figure retoriche dell’ordine - selvaggia e aspra e forte (v. 5) Accumulazione per polisindeto Serve per dare ritmo al verso marcando il tono degli aggettivi che sottolineano come la selva sia un luogo rischioso - la verace via abbandonai (v. 12) Anastrofe Il normale ordine delle parole è invertito per sottolineare l’abbandono della via della verità
INTERPRETAZIONE La selva è il punto di partenza del viaggio di Dante per la purificazione. Una volta toccato il fondo, il poeta deve capire il vero senso del pentimento affrontando le fatiche e gli orrori infernali fino a Lucifero, osservando tutte le anime in cerca di salvezza sul monte del Purgatorio e raggiungendo i beati in Paradiso fino alla visione di Dio uno e trino: dalle tenebre assolute alla luce piena dell’Empireo. L’esperienza di questo viaggio, però, non riguarda solamente il poeta, ma si allarga all’intera umanità.