La religione e la cultura. La religione è una componente culturale essenziale e permanente dell’umanità (Durkheim). Non esiste società che non abbia modelli culturali religiosi o sacri. L’essere umano ha bisogno: 1) di una proiezione che vada oltre l’esistente, una dimensione trascendente, una sfera superiore; 2) di rappresentarsi la realtà del mondo terreno in cui vive con l’aiuto di un discorso, una narrazione, una spiegazione che sia prova di contraddizioni (sia cioè coerente). L’incrocio di queste due dimensioni produce solitamente una cosmologia: una visione simbolica complessiva che include il mondo terreno e quello ultraterreno in una cornice coerente.
La religione e la cultura. Le concezioni del mondo si hanno quando credenze, valori, simboli sono integrati in un sistema in cui i vari elementi sono connessi tra loro in modo abbastanza coerente. Quando una concezione del mondo ha a che fare con la natura di esseri sovraumani e con i loro rapporti con il mondo si parla di religione. La religione rappresenta un vero e proprio sistema culturale se: Vi è la struttura di significati che sono espressi tramite dottrine e dogmi, attraverso precetti, divieti e simboli. L’individuo e la realtà sono inseriti in un ordine cosmico e sacro Esiste un carattere pubblico di tali tratti e la religione è acquisita attraverso processi sociali di apprendimento. Max Weber ha distinto le religioni universali (induismo, buddismo, cristianesimo, islamismo, ebraismo) e religioni locali. Inoltre, ha proposto altre due classificazioni rispetto all’immagine del mondo e al discorso sulla salvezza. L’immagine teocentrica fa riferimento ad una concezione di un Dio personale trascendentale, mentre l’immagine cosmocentrica ad un Dio impersonale e immanente.
La religione e la cultura. Weber parla di ascetismo quando l’uomo è considerato uno strumento del volere divino, mentre per le religioni che considerano l’essere umano come un vaso, un contenitore pronto ad ospitare l’essenza divina, Weber parla di misticismo. Nel primo caso, le tradizioni religiose tendono a prescrivere un’etica di comportamento precisa, disegnata su una visione del mondo manichea (opposizione tra il bene e il male). Nel secondo caso, invece, le religioni tendono ad offrire i percorsi attraverso cui tendere alla conoscenza delle cose e quindi a strutturare un sistema di carattere cognitivo. Da queste differenze derivano due modi completamente diversi delle religioni medio-orientali (cristianesimo, ebraismo e islam) e orientali (induismo, buddismo, confucianesimo) di essere in rapporto con la cultura intesa in termini ampi. Nel caso delle religioni medio-orientali, l’essere umano è peccatore e soprattutto la vita terrena è improntata ad una personalità attiva, mentre nell’ideale orientale l’atteggiamento di conoscenza e contemplazione produce una personalità più distaccata rispetto all’ordine terreno delle cose.
La religione e le pratiche culturali e sociali. A partire dal tipo di organizzazione di una religione è possibile distinguere tra chiesa e setta. Nel primo caso si tratta di una comunità stabilizzata di credenti, con una lunga influenza sul sistema culturale di riferimento, tale che la semplice nascita all’interno della comunità produce nella maggior parte dei casi un’automatica appartenenza alla chiesa. Al contrario, alla setta non si appartiene per nascita, ma a seguito di una libera scelta e di solito l’ostracismo della chiesa e di alcune norme sociali comporta un numero limitato di fedeli. Inoltre, la setta può esprimere convinzioni e credenze che mettono in discussione alcuni o molti valori della cultura dominante.
La religione e le pratiche culturali e sociali. La sociologia si è posta di fronte al fenomeno delle religioni o in termini di cause che hanno portato alla nascita e allo sviluppo di determinate religioni adottando un approccio storico-sociale o in termini di funzioni che la religione esplica in termini sociali e culturali. Ad esempio, l’approccio di Durkheim rientra nel caso delle funzioni che la religione ha nei confronti della società: attraverso i rituali religiosi, la società esprime un cambiamento emotivo nelle pratiche quotidiane e attraverso il simbolismo religioso essa non fa altro che sancire il senso di appartenenza collettiva rinforzando i legami che uniscono l’individuo alla società. Per il sociologo francese la religione è un sistema di comunicazione di idee, sentimenti e norme regolative del sistema sociale. Malinowski, il famoso antropologo che ha dato sviluppo al funzionalismo nello studio della cultura, sottolinea come la religione e la magia rivestano nelle piccole società la funzione di risolvere situazioni di forte tensione emotiva, fornendo rassicurazioni di fronte al rischio del panico, dell’ansia e del disorientamento.
La religione e le pratiche culturali e sociali. Molte teorie che spiegano il ruolo della religione rispetto ai sistemi sociali e culturali, utilizzando il paradigma della funzione, trascurano gli aspetti conflittuali e di protesta che a volte sono insiti nella storia della genesi e dell’affermazione dei movimenti religiosi. Chi ha invece saputo offrire un’interpretazione sociologica attenta a questi aspetti è Max Weber. Egli ha offerto una lettura delle religioni tesa anche a sottolineare il carattere rivoluzionario delle culture sacre soprattutto nel momento in cui ancora non appaiono sotto forma di chiese stabilite e istituzionalizzate. Spesso, tuttavia, come sottolinea Weber, le religioni universali tendono anche a giustificare le disuguaglianze sociali nella vita terrena. In sintesi se da un lato la storia di una religione può presentare agli inizi un carattere di anti-tradizionalismo culturale, dall’altro l’assetto istituzionalizzato di una religione tende a mantenere inalterato il sistema strutturale di una società.
La religione e le pratiche culturali e sociali. Secondo Marx, le religioni si sviluppano come false visioni della realtà attraverso cui la struttura delle disuguaglianze materiali tra le classi sociali viene riprodotta. Si tratta di sovrastrutture - cioè di idee, credenze, visioni che non hanno a che fare con la realtà strutturale dei rapporti sociali - nate dall’esigenza di spostare le possibilità di cambiamento fuori dall’ordine reale delle cose. Questa tesi è coerente al processo intellettuale dello sviluppo del razionalismo nelle società moderne: se nelle società tradizionali o in quelle piccole la religione rappresenta il sistema culturale per eccellenza - nel senso che la religione corrisponde alla concezione del mondo valida per l’intera comunità - in quelle moderne, industriali, urbanizzate e basate sulla scienza come sistema di conoscenza e concezione del mondo, la religione perde la predominanza culturale e si ritrova circoscritta ad ambiti ristretti della vita sociale.
La religione e le pratiche culturali e sociali. Da questo punto di vista, la ricostruzione storica e sociologica di questo processo di perdita del dominio culturale è stata compiuta soprattutto da Weber e in parte da Durkheim. Quest’ultimo aveva rilevato soprattutto la progressiva autonomizzazione della religione rispetto ad altre sfere sociali, cioè rispetto all’economia, alla politica, alla vita quotidiana. Tale autonomizzazione produce anche conflitto tra la sfera religiosa e le altre sfere sociali e il conflitto a sua volta produce autonomizzazione.