Karl Marx Il Capitale.

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Karl Marx Il Capitale.
Transcript della presentazione:

Karl Marx Il Capitale

Il Capitale Marx esamina le leggi economiche che regolano lo sviluppo del capitalismo, dalle quali dipende destino della borghesia.

Critica dell’economia politica Marx prende le distanze dai teorici dell’economia borghese, in quanto: hanno trasformato in fatti naturali, prodotti contingenti della storia (ad es.: la proprietà); non hanno compreso la natura conflittuale del sistema capitalistico. Marx nega l’esistenza di leggi universali dell’economia: ogni formazione sociale ha leggi storiche specifiche.

Merce e valore Punto di partenza è l’analisi della merce. In essa si distinguono: valore d’uso, cioè la sua utilità, la sua capacità a rispondere a determinati bisogni; valore di scambio, ossia qualcosa di uguale in merci diverse (di differente valore d’uso), che le rende scambiabili in differenti proporzioni.

Valore di scambio = Lavoro Con gli economisti classici, Marx ritiene che il valore di scambio di una merce risieda nel “lavoro socialmente necessario” per produrla. Merci diverse hanno il medesimo valore perché richiedono lo stesso tempo di lavoro, in base alla produttività media del periodo. Il valore di scambio non è il prezzo, che dipende anche dalle condizioni di mercato (valore e prezzo non sono però indipendenti).

Feticismo L’atteggiamento dell’economia politica che considera le merci come entità aventi valore di per sé per Marx è perciò “feticismo”. Dietro alla merce c’è il lavoro dell’uomo. Gli scambi di merci non sono rapporti tra cose, ma tra persone.

A prima vista, una merce sembra una cosa triviale, ovvia A prima vista, una merce sembra una cosa triviale, ovvia. Dalla sua analisi, risulta che è una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici. […] la forma di merce e il rapporto di valore dei prodotti di lavoro nel quale essa si presenta non ha assolutamente nulla a che fare con la loro natura fisica e con le relazioni fra cosa e cosa che ne derivano. Quel che qui assume per gli uomini la forma fantasmagorica di un rapporto fra cose è soltanto il rapporto sociale determinato fra gli uomini stessi. Quindi, per trovare un’analogia, dobbiamo involarci nella regione nebulosa del mondo religioso. Quivi, i prodotti del cervello umano paiono figure indipendenti, dotate di vita propria, che stanno in rapporto fra di loro e in rapporto con gli uomini. Così, nel mondo delle merci, fanno i prodotti della mano umana. Questo io chiamo il feticismo che s’appiccica ai prodotti del lavoro appena vengono prodotti come merci, e che quindi è inseparabile dalla produzione delle merci. Il Capitale

Il capitalismo Il capitalismo si distingue dai precedenti sistemi produttivi in quanto finalizzato al profitto e non al consumo: mentre il ciclo produttivo precapitalistico può essere espresso dalla formula: M  D  M quello capitalistico assume la forma: D  M  D', dove: D' > D.

Origine del plusvalore Tale ciclo implica l’esistenza di un “misterioso” plusvalore (D' − D): che non può venire dal denaro (= mezzo di scambio) né dallo scambio (= tra valori equivalenti) In realtà, l’origine del plusvalore sta nella “merce particolare” che è acquistata dal capitalista: la forza-lavoro, che ha infatti come valore d’uso la capacità di produrre valore (di scambio).

Il lavoro come merce Il capitalista compra dall’operaio la forza lavoro e la paga, come le altre merci, con ciò che basta per riprodurla (= quanto basta a mantenere in vita l’operaio). Di una giornata lavorativa dell’operaio: Solo una parte (tempo di lavoro necessario) serve perciò a produrre il valore del suo salario; tutto il resto (tempo di lavoro supplementare) va a vantaggio del capitalista.

Tempo di lavoro necessario Tempo di lavoro supplementare Salario di una giornata lavorativa 10 € Valore prodotto in una giornata lavorativa 15 € Plusvalore che va al capitalista 5 € 8 ore 4 ore Tempo di lavoro necessario Tempo di lavoro supplementare Giornata lavorativa (12 ore)

capitale costante + variabile Profitto ≠ Plusvalore Saggio del plusvalore = plusvalore capitale variabile Saggio del profitto = plusvalore capitale costante + variabile Saggio = tasso Capitale variabile = salari Capitale costante = macchine e investimenti

Aumentare il plusvalore Per aumentare il profitto il capitalista deve aumentare il plusvalore: aumentando il tempo di lavoro supplementare (plusvalore assoluto), attraverso l’allungamento dell’orario di lavoro. riducendo il tempo di lavoro necessario, (plusvalore relativo), ossia incrementando la produttività attraverso cooperazione, manifattura e grande industria.

Contraddizioni Ma l’accrescersi della produttività causa il le crisi cicliche di sovrapproduzione: determinate paradossalmente non dalla penuria ma dalla sovrabbondanza di beni; superate attraverso distruzione di beni, licenziamenti e conquista di nuovi mercati, il che porterà solo a nuove più gravi crisi. Mentre i profitti tendono a calare, a causa dei maggiori investimenti necessari.

La storia dell’industria e del commercio è ormai da decenni solo la storia della sollevazione delle moderne forze produttive […] contro i rapporti di proprietà che esprimono le condizioni di esistenza e di dominio della borghesia. Basta citare le crisi commerciali, che nel loro minaccioso ricorrere ciclico mettono sempre più in questione l’esistenza dell’intera società borghese. […] Nelle crisi scoppia un’epidemia sociale che in tutte le altre epoche sarebbe stata considerata un controsenso: l’epidemia della sovrapproduzione. La società si trova improvvisamente ricacciata in uno stato di momentanea barbarie; una carestia, una guerra di annientamento totale sembrano sottrarle ogni mezzo di sussistenza; l’industria, il commercio appaiono distrutti, e perché? Perché la società ha incorporato troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio. Le forze produttive di cui essa dispone non servono più allo sviluppo della civiltà borghese e dei rapporti borghesi di proprietà; al contrario, esse sono diventate troppo potenti per quei rapporti, ne sono frenate, […]. I rapporti borghesi sono diventati troppo angusti per contenere la ricchezza che essi stessi hanno prodotto. Come supera le crisi la borghesia? Da una parte con l’annientamento coatto di una massa di forze produttive; dall’altra conquistando nuovi mercati e sfruttando più a fondo quelli vecchi. In che modo, insomma? Provocando crisi più generalizzate e più violente e riducendo i mezzi necessari a prevenirle. Manifesto del Partito Comunista

Fine del capitalismo La società si polarizza in due sole classi antagonistiche, laddove i proletari tendono a crescere mentre i capitalisti a diminuire, finché la contraddizione tra le forze di produzione sempre più sociali ed il carattere privatistico dei rapporti di produzione determina la fine del sistema capitalistico stesso.