Prof. Maurizio Pietro Faggioni

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Transcript della presentazione:

Prof. Maurizio Pietro Faggioni Lo stato vegetativo Prof. Maurizio Pietro Faggioni

Le tecnologie biomediche di rianimazione e di sostegno vitale hanno permesso di “richiamare alla vita” (rianimare) soggetti nei quali la respirazione e il battito cardiaco si erano arrestati per qualche minuto.

Talora si assiste solo ad una ripresa delle funzioni vegetative dell’organismo, senza una ripresa delle funzioni cognitive. Così si è formata una particolare popolazione di pazienti stabilizzati («cronici») o – secondo alcuni – una speciale categoria di esseri umani che, non avendo ripreso le funzioni cerebrali superiori, vivono una vita di qualità molto scadente.

È una situazione nuova creata dalla medicina stessa. Il soggetto viene sottratto alla morte, ma resta inchiodato in una situazione di bassissima qualità di vita. Non è una vita artificiale o una vita diversa («diversamente vivi»), ma una vita umana in condizioni minimali.

L’opinione pubblica, impressionata e divisa di fronte agli episodi più inquietanti chiede agli esperti di medicina, di etica, di diritto di fare chiarezza e di stabilire linee di comportamento affidabili. Anche per gli addetti ai lavori la condizione nota come Stato vegetativo (SV) riserva aspetti oscuri ed elementi di perplessità.

Storie drammatiche Nancy Cruzan

La notte dell’11 gennaio 1983, Nancy Cruzan, venticinquenne, mentre sta guidando lungo una strada di campagna nei pressi di Carthagena (Missouri), perde il controllo della vettura che si capovolge. Ritrovata priva di funzione cardiaca e respiratoria, viene rianimata dal personale paramedico prontamente accorso: riprende la funzione cardiorespiratoria, ma resta in coma.

Aveva subito una commozione cerebrale associata a grave anossia, che deve essersi protratta per almeno 12-14 minuti prima della rianimazione. Considerato che dopo 6 minuti il danno cerebrale diventa permanente, la prognosi era molto preoccupante.

Dopo circa un mese, pur rimanendo priva di conoscenza, fu in grado di deglutire e di alimentarsi per via orale, anche se i medici realizzarono, con il consenso del marito, una gastrostomia per l’alimentazione (PEG) e inserirono una agocannula per l’idratazione.

Trasferita al centro statale di riabilitazione di Mount Vernon, non dette segni di ripresa dallo SV in cui era caduta. Le spese di assistenza costavano ai contribuenti circa 9300$ / mese (= 4500 euro) . Dopo tre anni, il marito la abbandonò e infine anche i genitori chiesero di interrompere le procedure di nutrizione e idratazione artificiale (NIA). Di fronte al rifiuto dei medici, i genitori si rivolsero alla Corte della Contea per ottenere il permesso di rimuovere il “tubo” per l’alimentazione, sostenendo che era un diritto riconosciuto dalla common law la libertà di non ricevere trattamenti medici indesiderati.

Il giudice accolse la richiesta di sospensione con sentenza del 27 luglio 1988, ma il Procuratore Generale del Missouri, fece appello alla Corte Suprema dello Stato, che capovolse la sentenza e impose la prosecuzione (4 voti contro 3). La famiglia fece appello alla Corte Suprema degli Stati Uniti che, il 25 giugno 1990, dichiarò che lo Stato può mantenere un paziente nelle condizioni di sostegno vitale artificiale se non si può fornire una prova “chiara e convincente” che la persona stessa vuole morire (5 voti contro 4). Questa sentenza apriva la strada alla eutanasia.

Il 30 agosto 1990 i Cruzan chiesero al giudice Teel una nuova udienza perché erano stati rintracciati tre compagne di lavoro che testimoniarono che Nancy non avrebbe mai voluto vivere “come un vegetale” attaccata a una macchina. Di fronte alla prova della volontà espressa da Nancy in antecedenza, il 5 dicembre 1990 il giudice Teel approvò la richiesta dei genitori e una settimana prima di Natale si procedette alla interruzione della nutrizione e della idratazione.

Il suo dramma in 3 date …

Come Nancy ….

Terri Schiavo + 31 marzo 2005

Eluana Englaro + 9 febbraio 2009

La “vita sospesa” di Eluana 18.01.1992: Incidente Gennaio 1994: entra nello SV 19.01.1996: padre-tutore 1999-2008: nove sentenze giudiziarie

Sentenza depositata il 9 luglio 2008 Corte d'Appello di Milano “… autorizzazione a disporre l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale realizzato mediante alimentazione e idratazione con sondino naso-gastrico …” “Assistita” dall’Associazione ‘Per Eluana’, coordinata dal dr. Amato De Monte, Eluana cessò di vivere alle ore 19.35 del 9 febbraio 2009.

CHE COS’È LO STATO VEGETATIVO?

I dati biomedici essenziali Il termine Stato vegetativo fu proposto nel 1972 per descrivere la situazione di pazienti con gravi danni cerebrali nei quali l’iniziale condizione di coma trapassa in uno stato di vigilanza (wakefulness) con apertura e chiusura spontanea degli occhi, ma senza ripresa della coscienza (awareness).

assenza della coscienza e ripresa della vigilanza COMA assenza della coscienza e della vigilanza STATO VEGETATIVO e ripresa della vigilanza

Stati di compromissione della coscienza e loro possibile evoluzione.

Livelli di consapevolezza (“awareness”) e di vigilanza (“arousal”) in diverse situazioni di coscienza.

livello di consapevolezza livello di vigilanza

Le cause più comuni sono i traumi cranici; l’encefalopatia ipossico-ischemica; i disordini degenerativi e metabolici del SNC. Si possono perciò presentare quadri anatomopatologici diversi, ma due reperti sono i più frequenti: nel caso di ipossia e ischemia si riscontra spesso una necrosi della lamina corticale oppure una necrosi selettiva del talamo con danni molto meno estesi a carico della corteccia cerebrale; l’altro reperto riguarda diffusi danni agli assoni dei neuroni che isolano la corteccia dal collegamento con altre parti dell’encefalo.

La corteccia cerebrale

Preparato anatomico che dimostra la necrosi laminare in alcune aree di corteccia che appare assottigliata

Questi pazienti presentano funzioni ipotalamiche e troncoencefaliche più o meno integre, ma non si riscontrano segni di consapevolezza né di sé, né dell’ambiente.

L’encefalo

- la respirazione spontanea - la termoregolazione La conservazione delle funzioni troncoencefaliche ed ipotalamiche spiega il persistere delle funzioni vegetative: - la respirazione spontanea - la termoregolazione - il controllo della attività cardiocircolatoria - alcuni riflessi essenziali (deglutizione, suzione, tosse, altri riflessi dei nervi cranici e spinali). - i cicli veglia-sonno

Assenza di segni di coscienza Nello SV vero e proprio non è riscontrabile clinicamente nessuna significativa funzione cerebrale di tipo corticale e quindi si presume che non abbiano nessuna attività cerebrale cosciente in senso ordinario. Non esprimono segni di consapevolezza di sé, degli altri e dell’ambiente, né forme di comunicazione, e rivestono significato incerto la comparsa occasionale di sorrisi, di pianto, di grugniti e altri suoni. Sono assenti risposte finalizzate e riproducibili a stimoli sensoriali, mentre si riscontrano movimenti afinalistici del tronco e dei fianchi. Non si riscontra nessun controllo volontario degli sfinteri: l’incontinenza urinaria e fecale sono la regola.

Il cervello e le attività superiori

Studi strumentali dell’attività cerebrale Lo studio elettroencefalografico mostra un’attività elettrica diffusa e polimorfa, ma piuttosto aspecifica, non modificata da stimolazione sensoriale. Studi recenti di neuroimaging hanno però dimostrato variazioni nella funzione di aree cerebrali in corrispondenza di voci e suoni. Si sospetta che possano avere forme di sensazioni (anche nocicettive) confuse .

La prognosi Le probabilità di ripresa sono variabili a seconda dell’età del paziente e della eziologia. Il 52% degli adulti e il 62% dei bambini che erano in SV da un mese, dopo un evento traumatico, hanno recuperato la coscienza entro un anno. La funzionalità viene recuperata in modo completo solo dal 7% degli adulti e dall’11% dei bambini.

A volte i soggetti in SV evolvono verso uno stato di minima coscienza, ma le speranze di miglioramento ulteriore sono quasi nulle.

La Multi-Society Task Force del 1994 ha dichiarato la situazione di SV praticamente irreversibile se perdura 12 mesi dopo una lesione traumatica o 3 mesi dopo una lesione non traumatica. Si è proposto di denominare questa situazione di irreversibilità “stato vegetativo permanente”. Prima di quel periodo di tempo si parla di “stato vegetativo persistente”.

Questi dati ... possono essere usati da un medico per determinare quando uno stato vegetativo persistente diventa permanente, cioè, quando un medico può dire alla famiglia del paziente o altri aventi diritto che, con un alto grado di certezza medica, non c’è ulteriore speranza per un recupero della coscienza o che, se la coscienza venisse recuperata, il paziente resterebbe gravemente inabile. The Multi-Society Task Force, 1994

L’espressione stato vegetativo permanente si riferisce ad una probabilità prognostica, non ad una entità nosografica distinta. Questa probabilità prognostica corrisponde a una realtà clinica, anche se non vale con certezza assoluta per tutti i soggetti. In effetti alcuni pazienti escono dallo SV dopo i termini indicati dalla Task Force, anche se il recupero è molto modesto.

“Medical fiction” ? Si tratta di una nomenclatura utile per affrontare i dilemmi decisionali connessi con queste situazioni, più che della descrizione di una entità clinica, tanto che C. Borthwick ha definito lo “stato vegetativo permanente” una medical fiction. La prognosi di irreversibilità dello SVP è una deduzione sulla base di teorie neurologiche e di generalizzazioni statistiche e obbliga l’etica a lavorare su un terreno di relativa incertezza.

TERMINOLOGIA Nonostante siano entrate nell’uso comune le nozioni di SV persistente e SV permanente, parte della comunità scientifica ha preso le distanze da questa terminologia preferendo parlare di «SV durante x mesi o anni» e, più di recente, di sindrome della veglia arelazionale o non-responsiva.

Decorso dello stato vegetativo Fino a dieci anni fa la speranza di vita di questi pazienti era di 2-5 anni. Sopravvivenze oltre i 10 anni erano eccezionali. Ora stanno diventando sempre più comuni. Bambini e anziani hanno una minore speranza di vita rispetto ai giovani e agli adulti.

Le cause di morte infezioni polmonari e urinarie (52%), cachessia (30%); morte improvvisa di causa ignota (9%); insufficienza respiratoria (6%); ictus o tumori (3%).

NELLO STATO VEGETATIVO? QUALE ASSISTENZA NELLO STATO VEGETATIVO?

Livelli di trattamento nello SV trattamenti rianimatori ad alta tecnologia (come ventilazione meccanica, dialisi e rianimazione cardiopolmonare); trattamenti medici e altri trattamenti comunemente prescritti (inclusi antibiotici e ossigenoterapia); idratazione e nutrizione; assistenza infermieristica o domestica per mantenere il decoro e l’igiene personale.

Principi etici nella cura dei soggetti in SV Rispetto della vita personale senza discriminazioni in base alla qualità Diritto di ricevere cure proporzionate Rifiuto dell’accanimento terapeutico Interventi inutili (futility) e dannosi Rifiuto di forme di eutanasia, anche passiva

Per stabilire la ragionevolezza di una certa terapia, bisogna distinguere le diverse fasi cliniche, dalla fase acuta e subacuta alla fase di stabilizzazione.

Che fare quando inizia la fase della “vita vegetativa”? Finché ci sono speranze di ripresa (fase acuta e post-acuta) è doveroso praticare ogni terapia utile. Che fare quando inizia la fase della “vita vegetativa”?

Anche quando le speranze di guarigione finiscono, sono doverose le terapie di sostegno vitale (in particolare nutrizione e idratazione), le cure igieniche e gli interventi terapeutici più semplici.

Cure e trattamenti in fase cronica Cure ordinarie di I e II livello (nutrizione e idratazione; nursing; mobilizzazione passiva; terapie per fatti intercorrenti ?). In linea di principio sono doverose. Cure per favorire l’assistenza (es. sulle articolazioni anchilosate). Sono legittime. Cure di complicanze e malattie croniche. Sono straordinarie: sentire i congiunti.

Sembra ragionevole – invece - astenersi da terapie e interventi che impediscono il naturale evolversi della situazione ormai irreversibile verso l’exitus (es. dialisi, rianimazione …)

LA QUESTIONE DELLA NUTRIZIONE E IDRATAZIONE ARTIFICIALE

Come avviene la nutrizione Molti di questi soggetti possono deglutire automaticamente se il cibo è posto loro in bocca In quelli che non deglutiscono e, in genere, per evitare che il cibo possa andare nell’albero respiratorio, la nutrizione avviene per vie artificiali. Sondino nasogastrico (per periodi brevi) e quindi PEG (gastrostomia endoscopica percutanea)

PEG (gastrostomia endoscopica percutanea)

Sospendere la NIA? Nei pazienti in cui non si spera più una ripresa alcuni propongono la sospensione di ogni terapia e assistenza, inclusa la nutrizione e l’idratazione artificifiale (NIA). Data la via artificiale di somministrazione, - dicono - la NIA è assimilabile ad una terapia e può essere interrotta come qualsiasi altra terapia diventata inutile o gravosa.

LA NIA È UNA TERAPIA?

Anche quando l’alimentazione e l’idratazione devono essere forniti da altre n persone ai pazienti in SVP per via artificiale, ci sono ragionevoli dubbi che tali atti possano essere considerati “atti medici” o “trattamenti medici” in senso proprio, analogamente ad altre terapie di supporto vitale, quali, ad esempio, la ventilazione meccanica. Acqua e cibo non diventano infatti una terapia medica soltanto perché vengono somministrati per via artificiale. CNB 30 settembre 2005

Nutrizione e idratazione vanno considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere (garantendo la sopravvivenza, togliendo i sintomi di fame e sete, riducendo i rischi di infezioni dovute a deficit nutrizionale e ad immobilità). CNB 30 settembre 2005

7.6. - Non v’è dubbio che l’idratazione e l’alimentazione artificiali con sondino nasogastrico costituiscono un trattamento sanitario. Esse, infatti, integrano un trattamento che sottende un sapere scientifico, che è posto in essere da medici, anche se poi proseguito da non medici, e consiste nella somministrazione di preparati come composto chimico implicanti procedure tecnologiche.

Messa fra parentesi la discussione se la NIA sia un trattamento o no, nello SV permanente ricorrere a questo «mezzo» è accanimento?

Accanimento terapeutico Si definisce accanimento terapeutico l’insistenza nel ricorso a presidi medico-chirurgici che non modificano in modo significativo il decorso naturale e irreversibile della malattia, non migliorando e talora peggiorando la qualità di vita del paziente.

Accanimento terapeutico è un trattamento di documentata inefficacia in relazione all'obiettivo, a cui si aggiunge la presenza di un rischio elevato /o una particolare gravosità per il paziente con un’ulteriore sofferenza, in cui l'eccezionalità dei mezzi adoperati risulti chiaramente spro-porzionata rispetto agli obiettivi della condizione specifica. CNB, 1996

Inutilità Accanimento Dannosità

Accanimento? I bioetici italiani parlano di accanimento, gli spagnoli di encarnizamiento, i francesi di acharnement. L’espressione “medical futility” impiegata dalla bioetica anglosassone - in riferimento a contesti analoghi - non ha lo stesso peso semantico.

ANCHE PER LA CASSAZIONE ITALIANA, LA NIA NON E’ ACCANIMENTO

8. Diversamente da quanto mostrano di ritenere i ricorrenti, al giudice non può essere richiesto di ordinare il distacco del sondino nasogastrico: una pretesa di tal fatta non è configurabile di fronte ad un trattamento sanitario, come quello di specie, che, in sé, non costituisce oggettivamente una forma di accanimento terapeutico, e che rappresenta, piuttosto, un presidio proporzionato rivolto al mantenimento del soffio vitale, salvo che, nell’imminenza della morte, l’organismo non sia più in grado di assimilare le sostanze fornite o che sopraggiunga uno stato di intolleranza, clinicamente rilevabile, collegato alla particolare forma di alimentazione.

Se non è accanimento in senso stretto, può diventare una cura sproporzionata e, quindi, ragionevolmente sospendibile?

Un trattamento, infatti, può. non essere “futile” Un trattamento, infatti, può non essere “futile” (dal punto di vista tecnico-medico) ma chiedere un impegno eccessivo o portare a effetti giudicati indesiderati (es. prolungare il decorso di una patologia senza speranza).

(A futile treatment is a) “treatment that in the opinion of the health care team will be completely ineffective; this term does not include treatment that may be effective but whose results are deemed undesirable”. OF LIFE AND DEATH Report of the Special Senate Committee Senate of Canada, 1995

La legge francese del 22-4-2005 Art. 1 Questi atti non devono essere proseguiti con una ostinazione irragionevole. Allorché appaiono inutili sproporzionati o non abbiano altro effetto che il solo mantenimento artificiale della vita possono esser sospesi o non essere intrapresi

In caso della compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finché sia ritenuta ragionevolmente utile evitando ogni forma di accanimento terapeutico. Codice deont. 2006, Art. 39

Per la morale cattolica nutrizione e idratazione in linea di principio non sono né accanimento, né cure sproporzionate.

Se, infatti, interrompo l’idratazione e la nutrizione la persona non muore per la patologia di base non più contrastata, ma muore di inanizione e disidratazione. Non rinuncio a fare cure inutili e lascio subentrare la morte, ma sono io a causare la morte. Non è rinuncia all’accanimento. È eutanasia passiva.

PER LA DOTTRINA DELLA FEDE CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE RISPOSTE A QUESITI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE STATUNITENSE CIRCA L’ALIMENTAZIONE E L’IDRATAZIONE ARTIFICIALI  Roma, 1 agosto 2007 07/04/2017

Primo quesito: È moralmente obbligatoria la somministrazione di cibo e acqua (per vie naturali oppure artificiali) al paziente in “stato vegetativo”, a meno che questi alimenti non possano essere assimilati dal corpo del paziente oppure non gli possano essere somministrati senza causare un rilevante disagio fisico? Risposta: Sì. La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’inanizione e alla disidratazione. 07/04/2017

Secondo quesito: Se il nutrimento e l’idratazione vengono forniti per vie artificiali a un paziente in “stato vegetativo permanente”, possono essere interrotti quando medici competenti giudicano con certezza morale che il paziente non recupererà mai la coscienza? Risposta: No. Un paziente in “stato vegetativo permanente” è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali.  07/04/2017

La nutrizione artificiale somministrata a un paziente comatoso o in stato vegetativo o in fase terminale va ritenuta una cura ordinaria o minimale da sospendere solo in prossimità della morte naturale o quando risulti gravosa o impraticabile.

Se per la Corte di Cassazione la NIA non è accanimento, ma un mezzo proporzionato, con quali motivazioni, è stata decisa la sospensione della NIA a Eluana Englaro?

LA SENTENZA DEL 16 OTTOBRE 2007

Ove il malato giaccia da moltissimi anni (nella specie, oltre quindici) in stato vegetativo permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi al mondo esterno, e sia tenuto artificialmente in vita mediante un sondino nasogastrico che provvede alla sua nutrizione ed idratazione, su richiesta del tutore che lo rappresenta, e nel contraddittorio con il curatore speciale, il giudice può autorizzare la disattivazione di tale presidio sanitario (fatta salva l’applicazione delle misure suggerite dalla scienza e dalla pratica medica nell’interesse del paziente), unicamente in presenza dei seguenti presupposti:

(a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona.

1. Irreversibilità della situazione 2. Accertamento della volontà del paziente di interrompere la NIA in considerazione della sua comprensione della dignità della vita.

La questione antropologica

VITA DEGNA – VITA INDEGNA VITA IN CONDIZIONI INDEGNE

La vita umana non è mai “indegna”. Dobbiamo trattare ogni vita in modo tale da dimostrare che noi crediamo nel suo valore e nella sua dignità, anche quando un soggetto giudicasse la sua vita indegna.

Due prospettive diverse

Il valore della vita umana dipende dalla sua qualità. Esistono vite di qualità così bassa che è ragionevole sopprimere o non sostenere. Il valore della vita dipende dal fatto di essere vita di un membro della famiglia umana, indipendentemente dalla sua qualità. Anche se la qualità di vita è molto bassa queste vite non possono essere soppresse.

RICONOSCI LA STESSA DIGNITA’ AD OGNI ESSERE UMANO. NON SOPPRIMERE MAI UNA VITA UMANA IN QUALUNQUE CONDIZIONE SI PRESENTI.

Sembra a qualcuno che queste vite non siano neppure pienamente umane.

VITA BIOLOGICA VITA BIOGRAFICA

07/04/2017

Not all humans are persons Not all humans are persons. Not all humans are self-conscious, rational, and able to conceive of the possibility of blaming and praising. Fetuses, infants, the profoundly mentally retarded, and the hopelessly comatose provide examples of human non persons. They are not prime participants in the moral endeavour. Only persons have this status. H. T. Engelhardt, The Foundations of Bioethics, Oxford 19967 138.

Nonostante le apparenze, questi soggetti sono ancora entro i confini della vita umana

Alla fine, il vero nodo etico sta nella esistenza o meno di un diritto a darsi la morte («right to die»).

La novità della Sentenza della Cassazione rispetto alla dottrina e alla prassi finora accettate è che, pur restando il dovere generale del medico di fornire al paziente privo di coscienza mezzi proporzionati, inclusa la alimentazione e l’idratazione, si riconosce esplicitamente al paziente il diritto di rifiutare mezzi di sostegno vitale e si riconoscono le dichiarazioni previe riguardo a questa evenienza.

Perché dovrebbe essere più lodevole per un uomo invecchiato, che sente il declino delle proprie forze, attendere la propria lenta consumazione e il disfacimento, che non porre termine in piena coscienza alla propria vita? In questo caso il suicidio è un’azione del tutto naturale e a portata di mano che, come vittoria della ragione, dovrebbe giustamente suscitare rispetto. NIETZSCHE F., Umano troppo umano, n. 80

“Non volere essere” è un possibile contenuto mentale, ma è un contenuto contraddittorio.

E. Kant, Fondazione della metafisica dei costumi Una natura in cui fosse legge che quello stesso sentimento che è destinato a promuovere la vita, distrugga la vita stessa, è una natura in sé contraddittoria e, quindi, non può sussistere come natura. E. Kant, Fondazione della metafisica dei costumi Natura è qui “esistenza di cose in quanto determinata da leggi generali”

Esiste il diritto di rifiutare trattamenti sanitari (es Esiste il diritto di rifiutare trattamenti sanitari (es. rischiosi, gravosi, inaccettabili per convinzioni personali), ma non esiste un diritto a darsi la morte.

L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. … Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente. Catechismo Chiesa Cattolica 2278

La società non può accettare volontà autodistruttive dei cittadini. Giusto e rispettoso della persona è rispettare la sua volontà attuale o presumibile sulla terapie da praticarsi o non praticarsi. La società non può accettare volontà autodistruttive dei cittadini. La cura e il rispetto per le vite marginali sono segno di civiltà e di solidarietà.

I sostenitori della legalizzazione [dell’eutanasia] hanno un argomento principale. Lo chiamerò “argomento della libertà”. Secondo questo argomento, ciascun paziente morente dovrebbe esser libero di scegliere l’eutanasia, o rifiutarla, come questione di libertà personale. Nessuno, compreso il governo, ha il diritto di imporre ad una persona la scelta da fare. Se un paziente morente vuole l’eutanasia, è un affare privato; dopo tutto, la vita appartiene all’individuo, e così l’individuo dovrebbe essere il solo a decidere. Questo argomento è centrato sul principio che le persone dovrebbero essere libere di vivere la propria vita come meglio credono. RACHELS J., Legalizzare l’eutanasia,

Nei pazienti in cui non si spera più una ripresa si propone da parte di alcuni la sospensione di ogni intervento, inclusa l’alimentazione e l’idratazione. C’è chi propone la sospensione di alimentazione e idratazione anche per quelli in minima coscienza (es. Terry Schiavo).