LA TEORIA DELLE SCELTE PUBBLICHE Un approfondimento 1 1
Teoria delle scelte sociali Teoria delle votazioni Si studiano le diverse procedure di voto (unanimità, maggioranza, ecc.) degli organi collegiali (comitati) da cui scaturiscono gli obiettivi nelle società democratiche Teoria assiomatica Si studiano tutte le regole concepibili per vedere se esse soddisfano caratteristiche assiomatiche desiderabili Il problema è interessante se cambiando procedura di voto si ottengono esiti sociali diversi
Preferenze del comitato Teoria delle votazioni Comitato: un gruppo di persone che perviene a una decisione, fra più alternative, raggiunta tramite il voto. Agenda con N punti. Pi i = 1,2, ..,N Preferenze del comitato di scheda di voto D = [d1, d2, .., dN], urna Pi preferenze dell’individui i.mo Seguiremo due ipotesi: i) informazione completa; ii) possibilità di votazione strategica Le tre scelte “costituzionali” che deve fare il comitato: il “peso” dei voti: in numero di voti assegnati a ogni Pi le procedure di voto: confronti fra item; ordine del giorno; presidente le modalità per determinare P: la selezione della mozione vincente
La regola dell’unanimità Analisi normativa della regola: La sola regola che garantisce la libertà individuale (Wicksell) La regola che costituisce l’analogo politico della libertà di scambio dei beni sul mercato (Buchanan) La sola regola che può imporre la volontà comune (Kant) La regola dell’unanimità è la procedura di voto “ideale”, il punto di partenza da cui studiare ogni altra procedura
Ciò garantisce che il principio di Pareto sia soddisfatto. Unanimità Il principio di unanimità richiede che tutti i singoli approvino una determinata scelta. Ciò garantisce che il principio di Pareto sia soddisfatto. D’altra parte attribuisce a ciascun individuo un potere di veto su qualsiasi proposta. Ciò determina diversi problemi.
Unanimità Il principio dell’unanimità produce spesso situazioni di indifferenza fra soluzioni Pareto- efficienti. L’esito è manipolabile attraverso modificazioni dell’ordine del giorno. Tale principio non è indifferente rispetto alle alternative irrilevanti.
c’è almeno un votante che può trarre vantaggio dalla falsa La manipolazione della procedura ordinaria dell’unanimità Path dependence La soluzione finale dipende dalla successione dell’OdG e quindi può essere manipolata dal presidente Se ammettiamo che ogni partecipante possa adottare un comportamento strategico (voto insincero) la procedura di voto dell’unanimità è manipolabile anche dai singoli partecipanti c’è almeno un votante che può trarre vantaggio dalla falsa comunicazione delle sue preferenze.
L’opposto avviene (Y è approvato) se l’ordine di votazione è Z,X,Y Unanimità UB X Y Z UA Se l’ordine di votazione è Z, Y, X l’individuo B sfrutta il suo potere di veto per far scartare l’alternativa Y e far approvare X. L’opposto avviene (Y è approvato) se l’ordine di votazione è Z,X,Y
I costi del voto sono di due tipi Unanimità L’unanimità confligge con il principio di minimizzazione dei costi del voto. I costi del voto sono di due tipi interni (C), dipendono dal fatto che la volontà di una parte dell’elettorato è sacrificata al volere della maggioranza (unanimità C=0) Decrescono al crescere del quorum (n)
Crescono al crescere del quorum Unanimità esterni (D), costi di negoziazione che dipendono dal tempo necessario a definire una scelta. Crescono al crescere del quorum Il grafico mostra che un quorum inferiore al 100% minimizza i costi del voto
Concludendo sull’unanimità Il ruolo del presidente: un “pari” con grandi poteri, nello scegliere l’OdG (la procedura non è neutrale rispetto alla delibera, l’obiettivo) Questa regola protegge ciascun individuo dalle altrui coercizioni nel senso che, con il suo diritto di veto, chiunque può bloccare qualsiasi decisione collettiva da cui si senta penalizzato. La regola non è però immune da un’altra forma di “tirannia” consistente nella incapacità di assumere una decisione e quindi nella conservazione dello status quo. Lo status quo, la soluzione peggiore, non può essere cambiata con il voto sincero
Il principio di Pareto debole non è soddisfatto Maggioranza Il voto a maggioranza può apparire come il metodo più immediato per ridurre i costi di negoziazione del meccanismo di scelta collettiva. Tuttavia questo sistema incorre in problemi ancora più gravi rispetto all’unanimità. Il principio di Pareto debole non è soddisfatto
Maggioranza Si consideri l’esempio proposto da Brian Berry: scompartimento di un treno, 5 viaggiatori. Delibera a 1 dimensione: decidere se lo scompartimento è fumatori o no. Delibera a 2 dimensioni: bisogna decidere sullo scompartimento, ma il treno non parte se una soluzione non è raggiunta. A seguito della produzione di un bene pubblico le possibilità di consumo di due gruppi di individui vengono incrementate. La ripartizione del costo del bene pubblico definisce l’allocazione finale delle risorse
L’insieme dei punti Pareto efficienti è quello compreso tra Z e Y. Maggioranza K UB Z X Y UA L’insieme dei punti Pareto efficienti è quello compreso tra Z e Y. Se il gruppo B è più numeroso del gruppo A, ci aspetteremmo che il voto a maggioranza selezioni un punto tra Z e K
Le preferenze sociali non sono sempre transitive. Maggioranza Le preferenze sociali non sono sempre transitive. Ciò fa sì che l’esito del voto sia talvolta non definito. Consideriamo il caso in cui le alternative vengono confrontate a coppie. L’alternativa selezionata deve ottenere una maggioranza contro ogni altra (Condorcet winner)
Caso 1 In questo caso le preferenze sono transitive e vi è un Condorcet winner B batte A 25 a 18 voti A batte C 25 a 18 voti B batte C 35 a 8 voti quindi: B > A > C
Le preferenze non sono transitive e non vi è un Condorcet winner Caso 2 Le preferenze non sono transitive e non vi è un Condorcet winner B batte A 25 a 18 voti A batte C 25 a 15 voti C batte B 26 a 17 voti quindi: B > A > C > B
Preferenze unimodali Condizione sufficiente (ma non necessaria) per avere un Condorcet winner è che le preferenze individuali siano di tipo single-peaked U U U q q q single-peaked single-peaked Non single-peaked
Quindi, il risultato del voto a maggioranza non sempre soddisfa la proprietà di transitività: scelte sociali binarie compiute sulla base delle preferenze individuali possono produrre esiti non transitivi, e quindi non riflettere a dovere le preferenze della collettività. L’ordine con cui si mettono in votazione le alternative condiziona il risultato finale: p.e. se voto prima tra A e B e poi confronto il vincitore con C, vince C, ma se voto prima tra B e C e poi confronto il vincitore con A, vince A!
Come risolvere il paradosso? Per esempio, con il metodo di Borda: si chiede agli elettori non solo di ordinare le alternative, ma anche di attribuire loro un punteggio crescente in ordine di preferenza (p.e. 1 punto alla meno preferita, 3 punti alla maggiormente preferita). Invece che utilizzare una votazione binaria, la società sceglie l’alternativa che ottiene il punteggio maggiore.
L’esito della votazione dipende dalla scala soggettiva di punteggio Regola di Borda 1° = 2 punti 2° = 1 punto 3° = 0 punti 1° = 4 punti 2° = 1 punto 3° = 0 punti x: 2x3 + 2x5 + 0x7 + 0x6 = 16 y: 1x3 + 0x5 + 2x7 + 1x6 = 23 z: 0x3 + 1x5 + 1x7 + 2x6 = 24 x: 4x3 + 4x5 + 0x7 + 0x6 = 32 y: 1x3 + 0x5 + 4x7 + 1x6 = 37 z: 0x3 + 1x5 + 1x7 + 4x6 = 36 L’esito della votazione dipende dalla scala soggettiva di punteggio
In realtà, ogni sistema elettorale è un modo più o meno sofisticato di ottenere una scelta sociale a partire dai giudizi individuali. Purtroppo un famoso teorema dimostra che nessun sistema è perfetto: nessuna regola di scelta sociale è in grado di soddisfare un insieme minimale di requisiti “ovvi”. Questo significa che qualsiasi sistema democratico è necessariamente imperfetto: nel convertire i giudizi individuali in scelte sociali si verificheranno sempre degli “errori”.
Il teorema di impossibilità di Arrow Hp: gli individui hanno preferenze sulle alternative A, B, C. Quattro requisiti minimali. La regola di scelta sociale deve soddisfare i seguenti criteri/assiomi: Unanimità: se tutti preferiscono A a B, la regola sceglie A; Transitività: se A batte B e B batte C, allora A batte C; Indipendenza dalle alternative irrilevanti (IAI): la scelta sociale tra A e B non deve dipendere dai giudizi su (o dall’esistenza di) una terza alternativa C; Non dittatorialità: nessun individuo può far prevalere le proprie preferenze nella scelta sociale. Kenneth Arrow (1951) dimostra che nessuna regola di scelta sociale (e quindi nessun sistema di voto) può soddisfare tutti e quattro i requisiti. In particolare, se la regola soddisfa i primi tre assiomi, allora la scelta sociale coincide con le preferenze di un individuo (il dittatore).
Il teorema dell’elettore mediano Nonostante il paradosso di Condorcet ed il teorema di Arrow, il voto a maggioranza rimane la regola di scelta sociale più utilizzata. Ma “chi” decide in caso di voto a maggioranza? Ovvero: in una società democratica le preferenze di quale gruppo di elettori si traducono in scelta sociale? Hp1: vari livelli possibili di spesa pubblica. Hp2: ogni elettore ha il proprio budget ideale e in ogni caso preferisce i budget più simili al proprio ideale. Hp3: gli elettori sono distribuiti in ordine crescente in base al rispettivo budget ideale. Il teorema dell’elettore mediano afferma che, seguendo il principio di maggioranza, verrà scelto il budget preferito dall’elettore mediano, cioè dall’elettore collocato esattamente al centro della distribuzione.
35% 25% 20% 15% 5% 20 5 10 15 % di elettori Spesa pubblica (mld. €) Portare il lucido 5% 20 Spesa pubblica (mld. €) 5 10 15
Si noti che l’elettore mediano (quello che lascia il 50% degli altri elettori alla propria destra ed alla propria sinistra), non è né necessariamente né l’elettore medio (quello che esprime il budget ideale medio), né l’elettore modale (quello il cui budget ideale raccoglie il maggior numero di preferenze). L’elettore mediano vince perché il suo budget ideale batte in un confronto binario a maggioranza qualsiasi altro budget proposto. Esempio: il budget ideale dell’elettore mediano è 10 mld. Sia un budget superiore (p.e. 12 mld) che uno inferiore (p.e. 8 mld) sono sempre battuti in un voto a maggioranza dal budget di 10 mld.
Il teorema supera anche il paradosso di Condorcet: se ogni elettore punta al budget preferito, il budget scelto dall’elettore mediano prevale sempre. Di fatto, l’elettore mediano è il “dittatore” che decide (= vince) sempre. Un’implicazione del teorema è la c.d. “corsa al centro” dei partiti politici: il partito (o coalizione) il cui programma si assicura i favori dell’elettore mediano è sicuro di vincere le elezioni, anche se magari è maggiore il numero di elettori che prediligono programmi più estremi.