La confutazione Keynesiana della teoria neoclassica La grande crisi del 1929 La confutazione Keynesiana della teoria neoclassica
TEORIA KEYNESIANA & PRINCIPI NEOCLASSICI
IL PENSIERO NEOCLASSICO I neoclassici sono liberali che credono nel mercato e che pensano che debba essere in armonia. Credono che se c’è disoccupazione è solo volontaria. Nel mercato non deve intervenire lo Stato, per la pace sociale deve essere arbitro e non giocatore. Pensano inoltre che lo Stato non si debba occupare dei poveri perché se stanno bene i ricchi stanno bene anche i poveri. Il pensiero socialista al contrario crede che i poveri sono poveri perché i ricchi li hanno sfruttati quindi lo Stato deve intervenire per levare ai ricchi e dare ai poveri.
Secondo i principi neoclassici si deve prima risparmiare e poi investire. Le crisi nel sistema non ci possono essere perché il mercato si regola da solo attraverso il meccanismo automatico dei prezzi. Questi sono i punti che caratterizzano il pensiero conservatore-liberale.
LA LEGGE DI SAY I = I (i) S(i) = I(i) Ogni offerta crea la propria domanda. In una situazione di equilibrio tutti i risparmi saranno investiti poiché si ha un tasso d’interesse d’equilibrio. S = S(i) I = I (i) S(i) = I(i)
IL MERCATO DEL RISPARMIO L’offerta di risparmio è fatta dalle famiglie. La domanda di risparmio è fatta dalle imprese.
Durò dieci anni e dimostrò la falsità dei principi neoclassici LA CRISI DEL '29 Durò dieci anni e dimostrò la falsità dei principi neoclassici DISOCCUPAZIONE MERCI INVENDUTE coinvolgimento delle Banche nel crollo delle imprese Crisi finanziaria e panico CHIUSURA IMPRESE RIDUZIONE LIVELLO DELLA PRODUZIONE SOTTOCONSUMO = Non tutto ciò che è prodotto è consumato
KEYNES E’ un intellettuale molto più moderno dei neo-classici. Nel 1936 scrive l’opera “La teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”. Pensa che l’incertezza e l’irrazionalità caratterizzino il sistema economico e tutti gli operatori economici. Critica il pensiero neoclassico, che non era stato in grado di dare risposte convincenti alla crisi. Keynes è inglese ma le sue idee vengono messe in atto da Roosevelt con il progetto “New Deal”, dalla Gran Bretagna e nel dopoguerra da tutti i Paesi dell’Europa occidentale. Negli anni 70 queste idee entrano in crisi. Le politiche keynesiane hanno generato debito pubblico altissimo che si è autoalimentato, la spesa pubblica è stata inefficiente e l’inflazione alta.
Nel lungo andare… …saremo tutti morti John Maynard Keynes
Può ben darsi che la teoria classica rappresenti il mondo nel quale vorremmo che la nostra economia si comportasse…..peccato però che i desideri non coincidano con la realtà e sia vano pensare che l’economia si comporti davvero così perché ciò significa trascurare le difficoltà quando insorgono
Il problema cruciale è la disoccupazione John Maynard Keynes
Parole di Keynes A catturare la mente di Keynes è, nella “Teoria generale” “il paradosso della povertà in mezzo all’abbondanza”
Parole di Keynes Presto o tardi sono le idee, non gli interessi costituiti, che sono pericolose, sia in bene che in male
La difficoltà non sta nelle idee nuove, ma nell’evadere dalle idee vecchie, le quali, per coloro che sono stati educati come la maggioranza di noi, si ramificano in tutti gli angoli della mente” John Maynard Keynes, Prefazione a Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta
L’economista ortodosso (classico e neoclassico) è pronto a sostenere che “tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibili purché si lascino le cose andare da sole” John Maynard Keynes
La difficoltà non sta nelle idee nuove, ma nell’evadere dalle idee vecchie, le quali, per coloro che sono stati educati come la maggioranza di noi, si ramificano in tutti gli angoli della mente” John Maynard Keynes, Prefazione a Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta
Occorre studiare per una “collettività ricca” “possibilità di investimento” che siano “molto più ricche, affinché la propensione al risparmio dei suoi membri più ricchi sia compatibile con l’occupazione dei suoi membri più poveri”
La socializzazione degli investimenti Per stabilizzare il sistema ed evitare le crisi, occorrerebbe che le decisioni di investimento venissero “ a dipendere un po’ meno dal capriccio individuale “ e diventassero “maggiormente un affare di Stato”
“Tirare in ballo oggi lo spettro dell’inflazione per negare l’opportunità di spendere di più in conto capitale, è come mettere in guardia contro i pericoli dell’obesità un paziente che sta lasciandosi deperire per dimagrimento”
Non potete aspettarvi che gli imprenditori si mettano a varare programmi di ampliamenti mentre stanno subendo perdite. E’ la comunità organizzata che deve trovare modalità intelligenti di spesa con lo scopo di dare il calcio di inizio al pallone (…). Non riuscirete mai a far quadrare il bilancio pubblico con misure che riducono il reddito nazionale(…). E’ il peso della disoccupazione e la caduta del reddito nazionale, che stanno buttando all’aria il bilancio. Voi badate alla disoccupazione che il bilancio baderà a se stesso.
La fine del laissez-faire “Il mondo non è governato dall’alto in modo che gli interessi privati e quelli sociali coincidano sempre; né è condotto quaggiù in modo che in pratica essi coincidano. Non è una deduzione corretta dai principi di economia politica che l’interesse egoistico illuminato operi sempre nell’interesse pubblico. Né è vero che l’interesse egoistico sia sempre illuminato. La fine del laissez-faire
Occorre studiare la sfera della domanda
L’instabilità degli investimenti è la causa determinante dell’instabilità del sistema capitalistico
Credo che il capitalismo, saggiamente governato, possa probabilmente essere reso più efficiente di qualsiasi altro sistema ora in vista per quel che riguarda la realizzazione di obiettivi economici, ma che esso sia intrinsecamente molto criticabile per diversi aspetti, in particolare per quelli che attengono alla stabilità e alla giustizia sociale La fine del laissez- faire
La cosa importante per il Governo non è fare ciò che gli individui fanno già, e farlo un po’ meglio o un po’ peggio, ma fare ciò che presentemente non si fa del tutto La fine del laissez-faire
Pensiero Keynesiano John Maynard Keynes è stato un economista britannico. I suoi contributi alla teoria economica hanno dato origine a quella che è stata definita "rivoluzione keynesiana". In contrasto con la teoria economica neoclassica, ha sostenuto la necessità dell'intervento pubblico nell'economia con misure di politica fiscale e monetaria, qualora una insufficiente domanda aggregata non riesca a garantire la piena occupazione. Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non produce i beni necessari. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi.
John Maynard Keynes C=C(y) S=S(y) C + S = 1 Y=C(y) + i(y) C= 1-S Secondo Keynes “Il nostro mondo è governato dall’incertezza e irrazionalità” & “La sfera della domanda, sottovalutata dai neoclassici, è la grande ammalata del sistema” C=C(y) S=S(y) Y=C(y) + i(y) C + S = 1 C= 1-S S= 1-C
Keynes Keynes osserva che i salari non sono flessibili ma rigidi verso il basso, in quanto i sindacati dei lavoratori non accettano diminuzioni dei salari al di sotto di un certo minimo. Infatti, una diminuzione dei salari, determinerebbe un fenomeno di deflazione, cioè una diminuzione del livello generale dei prezzi. Keynes osserva, inoltre, che una diminuzione dei salari non favorisce necessariamente nuove assunzioni in quanto gli imprenditori possono essere indotti a diminuire la produzione se hanno previsioni negative sul futuro dell’economia (animals spirits). Secondo lui il reddito nazionale dipende dalla domanda aggregata: in un sistema si raggiunge la piena occupazione solo se tale domanda è tanto elevata da rendere conveniente l’impiego di tutti i fattori produttivi.
RICETTA KEYNESIANA Fase di depressione : lo Stato ricorre al debito pubblico emettendo titoli per far circolare liquidità. Fase di Espansione: lo Stato si ritira gradualmente dal sistema lasciando maggior spazio ai privati (spesa pubblica ridotta) e tassa i cittadini. Spesa pubblica massiccia e detassazione
IL MOLTIPLICATORE KEYNESIANO Quando non c’è piena occupazione dei fattori produttivi del sistema economico, dati certi valori della propensione al consumo ed al risparmio un investimento autonomo genererà una moltiplicazione del reddito nazionale. Ciò sarà dipeso dalla moltiplicazione del reddito nazionale per il reciproco della propensione marginale al risparmio. Il processo si arresterà quando si sarà creato un ammontare di risparmio pari all’investimento iniziale.
TABELLA ▲Y ▲C ▲S 1000 milioni 800milioni 200 milioni 800 milioni ……………. totale:5000mli Totale: 4000 mli Totale: 1000 mli
Supponiamo che l’operatore globale imprese produttrici di merci decida di effettuare investimenti (I) per 1000 milioni di € perché ha aspettative molto positive sul futuro. Poco importa se il finanziamento proviene da prestiti bancari o dalla spesa dei profitti accumulati nel passato, poiché è l’aspetto reale di quella decisione che conta.
Con quei 1000 milioni le imprese ordineranno un complesso di beni (macchine ed attrezzature) e di servizi (consulenze e progetti) che saranno prodotti da altre imprese, sicché il prodotto o reddito nazionale aumenterà di 1000 milioni (▲Y) rispetto al suo livello precedente.
FASE 1 Quel reddito addizionale sarà distribuito appartenenti al settore alle famiglie dei lavoratori e degli imprenditori che produce beni di investimento a titolo di salari e di profitti e da esse sarà destinato in parte ad una maggiore domanda di beni di consumo (▲C), in parte al risparmio (▲S) secondo le proporzioni stabilite dalla propensione al consumo o al risparmio.
FASE 2 Se la propensione al consumo (C) è pari all’80% (4/5) e la propensione al risparmio (s) è pari al 20% (1/5) dei 1000 milioni iniziali, 800 saranno destinati ad una maggiore domanda di beni di consumo e 200 andranno ad accrescere i risparmi precedenti.
FASE 3 A sua volta l’incremento della domanda dei beni di consumo solleciterà le imprese ad aumentare la produzione delle merci e a venderle in cambio degli 800 milioni, i quali andranno nelle mani delle famiglie dei lavoratori e degli imprenditori operanti nel settore che produce beni di consumo.
FASE 4 Queste ultime (le famiglie) ripeteranno la sequenza: l’80% di quegli 800 milioni (pari a 640 milioni) saranno spesi in nuovi beni di consumo ed il 20% (corrispondente a 160 milioni) andrà ad aggiungersi ai risparmi pregressi.
La storia continuerà ancora per numerose altre fasi fino a giungere ai risultati finali mostrati nella tabella. Alla fine di una lunga catena, il reddito nazionale risulterà aumentato di ben 5 mila milioni (▲Y) di cui 4 spesi in una maggiore domanda di beni di consumo (▲C) e 1000 aggiunti ai risparmi precedenti (▲S).
Il meccanismo del moltiplicatore Questo è il meccanismo del MOLTIPLICATORE DEL REDDITO (▲Y) stimolato da un certo investimento (I) autonomo (nel senso di spesa decisa dalle imprese per motivi loro che non dipendono dalla situazione vigente) e correlato alla propensione al risparmio (s) delle famiglie secondo la formula: ▲Y= I*1/s (s=reciproco propensione marginale).
Pertanto il reddito nazionale (▲Y) aumenterà di un ammontare pari al volume dell’investimento iniziale (I) moltiplicato per il reciproco o inverso della propensione al risparmio (1/s).
In quella formula e in quel ragionamento troviamo conferma della profonda rivoluzione di pensiero rispetto alle tesi dei neoclassici circa la relazione casuale fra i risparmi (s) e gli investimenti (I). Secondo Keynes sono gli investimenti a determinare i risparmi e non viceversa (I S).
In questo schema di pensiero, dal punto di vista del sistema economico nel suo complesso i risparmi non rappresentano una virtù, ma un freno e un limite all’espansione del reddito nazionale; non sono la fonte degli investimenti secondo la logica dei neoclassici ma eventualmente il loro risultato.
Naturalmente, tutto ciò accade nel caso in cui le imprese produttrici di merci decidano di fare investimenti anche a costo di contrarre debiti, decisione né certa, né continua a causa dell’interferenza degli Animal Spirits e questo rappresenta una seconda carenza della domanda effettiva.
Y = c + I c = c (Y) Y = c (Y) + I Y – c (Y) = I Y(1-c) = I Y = 1/1-c x I Y = 1/s x I
Leve per aumentare la domanda Per ottenere un aumento del reddito nazionale è possibile agire su alcuni interventi: - Aumentare la propensione al consumo; mediante leggi che riducono le imposte sul consumo o favorendo alcuni classi sociali meno abbienti - Accrescere il livello degli investimenti del settore privato; - Aumentare la spesa pubblica, sia accrescendo gli investimenti sia accrescendo i consumi di servizi pubblici
Declino del pensiero keynesiano Negli anni ’70 tutti gli stati che avevano adottato le politiche keynesiane entrano in una nuova crisi: Debito pubblico troppo alto Spesa pubblica inefficiente Inflazione alta Negli anni ’80 si torna al neoliberismo.
L'INTERVENTO DELLO STATO E LE TRE POLITICHE PRINCIPALI POLITICA FISCALE: Consiste nella manovra del bilancio dello Stato, attraverso le sue componenti (entrate e spese pubbliche), per fini di politica economica. Se si aumenta la spesa pubblica si sostiene la domanda aggregata e quindi aumenta il reddito nazionale. Se invece si aumentano le imposte, diminuisce i reddito disponibile e quindi la domanda di beni e di consumo.
POLITICA MONETARIA: Consiste nel controllare mediante l’uso di particolari strumenti le variabili monetarie, come la quantità di moneta in circolazione, il livello del tasso di interesse, l’offerta di moneta, la quantità di credito. La politica monetaria nel nostro Paese è attuata dalla Banca d’Italia, in stretta coordinazione con la Banca centrale europea.
LA POLITICA DEI REDDITI Consiste nella promozione di accordi fra le parti sociali (sindacati dei lavoratori e sindacati degli imprenditori) con la mediazione del Governo per frenare la crescita dei salari e dei prezzi al fine di combattere l’inflazione. Ha a che fare con la sfera della distribuzione. Lo Stato non è il soggetto principale, ma svolge un ruolo di promozione e di sostegno. Si impegna a controllare i prezzi dei servizi pubblici destinabili alla vendita e a contenere le aliquote delle imposte sui consumi.
Oggi allo Stato spettano i seguenti compiti: CONTROLLARE L’ATTIVITA’ FORMARE LE RISORSE UMANE CONTROLLARE L’ATTIVITA’ DEI PRIVATI COMBATTERE I MONOPOLI EMETTERE E CONTROLLARE LA MONETA ATTUARE POLITICHE DI PIENA OCCUPAZIONE REALIZZARE UN SISTEMA DI WELFARE
CREARE LE INFRASTRUTTURE CREARE UN AMBIENTE FAVOREVOLE ALLE IMPRESE DIFENDERE I CONFINI MANTENERE L’ORDINE PUBBLICO AMMINISTRARE LA GIUSTIZIA