A cura di Sergio Carlesso Bibliografia: “Psicologia e Scuola” n. 29, sett./ott. 2013, Ed. Giunti.

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A cura di Sergio Carlesso Bibliografia: “Psicologia e Scuola” n. 29, sett./ott. 2013, Ed. Giunti

Come premessa propongo la tabella seguente di “Confronto fra Modello didattico tradizionale e Modello inclusivo”.

Pratiche didattiche tradizionaliPratiche didattiche che favoriscono l’integrazione MODELLO DI INSEGNAMENTO DIRETTOMODELLO DI INSEGNAMENTO INDIRETTO Centrato sull’insegnanteCentrato sull’alunno Diretto dall’insegnanteFacilitato dall’insegnante Obiettivi standardizzatiObiettivi personalizzati Lezione frontaleOrganizzazione di esperienze Lineare verso uno scopo prestabilitoPer temi, intorno a problemi Libro di testo come strumento principaleFonti e materiali diversi L’insegnamento procede in modo individualisticoL’apprendimento procede in comparazione con altri compagni La conoscenza è frammentata per facilitare la memorizzazione La conoscenza è un tutto di parti interconnesse L’insegnante insegna, gli studenti ascoltanoGli studenti lavorano su progetti con l’aiuto dell’insegnante Lo studente riproduce la conoscenza presentata dall’insegnante e dal testo Lo studente produce conoscenza e competenza Lo studente è controllato attraverso i votiValutazione formativa e autentica

Gli “alunni con sviluppo atipico” imparano di più o di meno se inseriti nelle classi ordinarie? E i loro compagni “a sviluppo tipico”? Alunni diversamente abili

Quali dinamiche relazionali caratterizzano le classi in cui sono inseriti alunni con disabilità? Alunni diversamente abili

ALCUNI ESEMPI DI ESPERIENZE DIDATTICHE IN CLASSE Negli esempi seguenti la situazione “A” rappresenta un modello di attività tradizionale, NON INCLUSIVA, trasformata in ATTIVITA’ INCLUSIVA nella situazione “B”.

ALCUNI ESEMPI DI ESPERIENZE DIDATTICHE IN CLASSE 1° esempio: Rei, alunno straniero con difficoltà linguistiche. 2° esempio: Lucia, alunna con significativo ritardo cognitivo. 3° esempio: Omar, alunno con funzionamento intellettivo borderline.

1° ESEMPIO: REI MODELLO COMPETITIVO- INDIVIDUALISTICO TRASFORMATO IN LAVORO DI GRUPPO FAVORENTE L’INCLUSIONE

DESCRIZIONE DELLA SITUAZIONE Ad anno scolastico iniziato, Rei, da poco arrivato in Italia, è stato inserito in una classe seconda media. Rei dimostra significative difficoltà linguistiche: si esprime a stento e capisce solo frasi molto semplici. Forse anche in ragione di queste barriere linguistiche, risulta isolato all’interno del gruppo dei compagni e spesso mette in atto comportamenti problematici che finiscono con il destabilizzare l’equilibrio della classe.

SITUAZIONE “A” (pratica non inclusiva) L’insegnante di matematica detta agli alunni alcuni problemi e poi li invita a risolverli individualmente nel più breve tempo possibile. Rei fatica a comprendere il testo e non può quindi risolvere i problemi. Allora si alza e inizia a disturbare.

SITUAZIONE “B” (pratica inclusiva) Nell’ambito di una proposta didattica sulla soluzione dei problemi, gli alunni vengono divisi in piccoli gruppi: ad ogni gruppo è richiesto di ideare un problema da sottoporre ad un altro; l’obiettivo di ciascun gruppo è: “risolvere il problema ideato da un altro gruppo in un tempo stabilito”. Rei se la cava male con la lingua, però ha una grande destrezza e velocità di calcolo. Ecco che questa sua abilità diventa una preziosa risorsa all’interno del suo gruppo; la solita ritrosia del ragazzo sparisce, lasciando il posto a una collaborazione attiva che favorisce scambi comunicativi autentici e costruttivi.

2° ESEMPIO: LUCIA DIDATTICA CON OBIETTIVI STANDARDIZZATI, LINEARE VERSO UNO SCOPO PRESTABILITO, TRASFORMATA IN DIDATTICA INCLUSIVA CON OBIETTIVI PERSONALIZZATI

DESCRIZIONE DELLA SITUAZIONE Lucia, 13 anni, in ragione di un significativo ritardo cognitivo, è inserita in una classe 5^ con compagni di due anni più giovani di lei. Lucia presenta inoltre notevoli limitazioni nel movimento, assenza di linguaggio verbale, ma forte intenzionalità comunicativa.

SITUAZIONE “A” (pratica non inclusiva) Lucia rimane sempre in aula con i compagni; segue tuttavia una programmazione didattica individualizzata e completamente separata da quella curriculare. La bambina osserva spesso i compagni, manifesta a suo modo il desiderio di fare le loro stesse attività e si innervosisce quando le vengono precluse.

SITUAZIONE “B” (pratica inclusiva) Ai fini di garantire a Lucia la massima autonomia personale possibile, l’intervento didattico si pone l’obiettivo prioritario di potenziarne le abilità motorie fini. Durante la lezione di geometria la classe lavora sulle figure piane: disegna quadrati, rettangoli e triangoli evidenziandone il contorno e misurandone il perimetro. Parallelamente, Lucia esercita la sua manualità costruendo le stesse figure sulle quali stanno lavorando i compagni con il pongo, facendo giochi di incastro con i blocchi logici, attività di ritaglio di figure che poi vengono attaccate sul suo quaderno e sui quaderni dei compagni.

3° ESEMPIO: OMAR DIDATTICA CON OBIETTIVI STANDARDIZZATI, LINEARE VERSO UNO SCOPO PRESTABILITO, EMARGINANTE, TRASFORMATA IN DIDATTICA INCLUSIVA CON OBIETTIVI PERSONALIZZATI

DESCRIZIONE DELLA SITUAZIONE La classe di Omar, un alunno con un funzionamento intellettivo borderline, è impegnata in una lezione di scienze.

SITUAZIONE “A” (pratica non inclusiva) L’insegnante spiega che cosa succede mescolando sostanze diverse: utilizza esempi e descrizioni verbali, descrive alcuni esperimenti, trasmette molte informazioni, alcune delle quali ridondanti. Nella successiva verifica, la maggior parte degli alunni dimostra di aver ben compreso la spiegazione, ma alcuni, tra cui Omar, non hanno colto nemmeno i concetti fondamentali.

SITUAZIONE “B” (pratica inclusiva) L’insegnante inizia la lezione informando gli alunni su tempi e contenuti delle attività. Prosegue recuperando le loro preconoscenze, organizza e ristruttura queste ultime e fa sperimentare direttamente cosa succede quando si mescolano sostanze diverse. L’insegnante cura che tutti gli allievi facciano domande e, a turno, si impiastriccino con i materiali a disposizione, coinvolgendo direttamente i più restii. La lezione si chiude con un riepilogo a più voci, anche quella di Omar, dell’esperienza svolta.

Le situazioni presentate avevano lo scopo di esemplificare come le consuete modalità di operare in classe possano diventare efficaci per tutti gli studenti, organizzando le attività didattiche in modo flessibile, attivando i “punti di forza” che ciascun alunno inevitabilmente possiede. CONCLUSIONI

PROPOSTA Raccogliere esempi di attività inclusive messe in atto nelle nostre classi. Se avete messo in atto “buone prassi” di attività inclusive in classe, sarebbe stimolante farle conoscere e metterle a disposizione dei Colleghi attraverso il sito web dell’Istituto.

GRAZIE PER L’ATTENZIONE