LA MISSIONE DI MATTEO RICCI IN CINA
Matteo Ricci, missionario gesuita, intraprese un viaggio in Cina per eseguire studi sulla religione e sulla cultura cinesi. I Cinesi, privi com’erano di ogni contatto con i popoli stranieri, dimostravano una grossolana ignoranza sulla geografia: infatti, le loro tavole cosmografiche riducevano la Terra alle loro quindici province. Hanno, inoltre, attribuito al loro impero il nome di tutto l’universo chiamandolo Thien Hia. Osservando una cosmografia in tavola con i caratteri europei, desiderarono vederla scritta in caratteri cinesi.
Matteo Ricci si mise al lavoro anche allo scopo di predicare il vangelo al popolo pagano; parecchi cinesi sono stati, infatti, condotti verso il Cristianesimo. I cinesi credono che il cielo sia rotondo, ma ritengono che la Terra sia quadrata e non hanno dubbi che il loro impero sia al centro di questa. E poiché non erano in grado di dimostrare che la terra fosse un globo, Matteo Ricci fece in modo che il regno della Cina stesse in bella vista in mezzo alla descrizione degli studi, con grande piacere e soddisfazione dei Cinesi.
GLI AZTECHI Gli aztechi a partire dalla metà del XIV secolo occuparono l’altopiano del Messico dando vita ad una civiltà molto evoluta e fondarono un impero che si estendeva dall’Atlantico al Pacifico. Simbolo del loro potere fu la capitale Tenochtitlan. Cosi come si era rapidamente sviluppata la civiltà Azteca venne distrutta dagli spagnoli. L’impero Azteco era organizzato in una sorta di confederazione di piccoli Stati. Gli Aztechi pur lasciando alle tribù sottomesse poteri autonomi esercitavano su di essi una pesante pressione fiscale. La società Azteca era divisa in caste, al vertice del potere c’era l’imperatore condizionato da un consiglio supremo. La maggior parte della popolazione era invece impegnata nella coltivazione dei campi su cui era basata la loro economia e il loro commercio. Il punto di forza dell’impero era la religione: convinti di essere stati scelti dagli dei, gli Aztechi si ritenevano in dovere di ringraziarli con frequenti sacrifici umani.
Gli Incas L’impero degli Incas si formò solo alla metà del XIV secolo e si sviluppò nell’attuale Perù e parte della Bolivia, del Cile, della Colombia e dell’Ecuador. Il sistema politico inca era basato su una rigida gerarchia sociale: al vertice c’era l’imperatore o inca, il “capo” e il figlio del Sole, e sotto di lui la nobiltà, composta dai capi dell’esercito e dai sacerdoti. Non esisteva la proprietà privata e la terra era lavorata dai contadini per il bene di tutti. Complesse erano le attività economiche: sulla costa, oltre alla pesca, praticavano l’agricoltura irrigua; sull’altopiano coltivavano patate, ad altre quote allevavano i lama e gli alpaca; un articolato sistema di scambi garantiva la continua circolazione di prodotti. Abili ingegneri, essi seppero costruire un eccezionale sistema di comunicazioni con strade e ponti. Erano anche esperti di tessitura e lavorazione dell’oro e del bronzo. Non avevano un sistema di scrittura, ma idearono il quipu, un preciso strumento di calcolo. La loro religione era simile a quella azteca.
Il diverso grado d’integrazione dei popoli soggiogati da Aztechi e Incas Friedrich Katz evidenzia le differenze politico-amministrative tra gli Aztechi e gli Incas. Per quanto riguarda l’integrazione statale, gli Incas garantivano alla popolazione grandi spostamenti attraverso un’enorme rete stradale e favorivano l’integrazione religiosa e linguistica. Per consolidare le loro conquiste, gli Incas, dovevano perseguire necessariamente una politica di integrazione. Dovevano controllare rigorosamente i territori sottomessi e dovevano, almeno in apparenza, dare e non soltanto prendere, proclamando la Pax incaica, istituendo grandi opere di irrigazione, ridistribuendo le materie prime tra le varie aree ecologiche della regione andina. Gli aztechi, invece, non avevano un’amministrazione statale e non avviavano progetti di integrazione nella società per i popoli sottomessi; solo nella valle di Mexico c’era una divisone in gruppi di lavoratori e un’amministrazione giudiziaria. Questa diversità era il risultato dei diversi rapporti tra i popoli tra vincitori e vinti e anche della varietà delle differenti condizioni ecologiche.
I MAYA La popolazione dei Maya si insediò in alcune zone del Messico, dell’Honduras e del Salvador. Essa raggiunse il massimo sviluppo tra il 300 e il 900 d.C.: aveva una struttura politica basata su città-stato e la sua società era divisa in caste. I nobili detenevano il potere, mentre gli uomini “inferiori” costituivano la classe produttiva. I Maya erano soprattutto agricoltori, coltivando mais, fagioli, zucca, peperoncino e cacao, ma anche abili artigiani e commercianti. Assai progrediti culturalmente, usavano un sistema di scrittura geroglifica e avevano profonde conoscenze in matematica e astronomia. I rituali sacri avevano una grandissima importanza, poiché erano convinti che dal loro rispetto dipendesse la sopravvivenza dell’universo e degli dei.
Le scoperte geografiche In Europa l’uomo sviluppa una vita più attiva e, avendo fiducia nelle capacità umane, dà il via alla cosiddetta Rivoluzione Scientifica nel XV secolo. Durante questo periodo, la scoperta della sfericità del globo consentì la scoperta di nuove terre. Cristoforo Colombo riteneva fosse possibile raggiungere l’Oriente facendo rotta per l’Occidente, poiché era a conoscenza delle correnti dell’Oceano Atlantico, le quali, se la Terra fosse stata piatta, non sarebbero potute esistere. Egli era, infatti, convinto che partendo dalle coste atlantiche e dirigendosi verso Ovest, avrebbe raggiunto la penisola indiana. Il 3 Agosto 1492 salpò da Palos e il 12 Ottobre raggiunse la prima isola dell’arcipelago delle Bahamas, che chiamò San Salvador. Qui vivevano però degli indigeni assai diversi dalle ricche popolazioni che Colombo credeva di trovare. Egli dapprima raggiunse Cuba, credendo fosse il Giappone, e poi l’attuale Haiti. A questo primo viaggio ne seguirono altri tre in cui il navigatore raggiunse le coste del Venezuela, dell’Honduras e di Panama; ma rimase fino all’ultimo convinto che fossero province dell’impero del Gran Khan o le coste dell’India, tanto che chiamò Indiani i loro abitanti.
Magellano e Vespucci Colombo morì ancora privo della consapevolezza di aver compiuto una straordinaria scoperta. Fu solo Amerigo Vespucci, nella seconda metà del XV secolo, a comprendere l’importanza dell’impresa di Colombo. Venutone a conoscenza esplorò le coste dell’America meridionale, convincendosi di trovarsi di fronte ad un nuovo continente, che qualche anno più tardi verrà denominato, in suo onore, America. Nel corso del XVI secolo divenne una priorità trovare il modo di oltrepassare il nuovo continente per giungere in Asia. Fu Ferdinando Magellano che individuò il passaggio a Sud: nel 1520 varcò la Terra del Fuoco, attraversando poi il pacifico, per giungere alle coste delle Filippine.
LE CARAVELLE Le prime caravelle furono messe a punto dai portoghesi all’inizio del XV secolo per affrontare viaggi oceanici di grande durata. Lo scafo di queste navi era piuttosto snello e dotato di due o tre alberi con una velatura inizialmente triangolare; successivamente la caravella fu dotata di una vela quadrata che spingeva la nave al massimo della velocità, e di due triangolari che sfruttavano la spinta del vento laterale, correggendo la direzione della nave anche grazie al timone di poppa. La caravella utilizzava prevalentemente l’energia del vento e non quella dei rematori. Poteva essere fornita di un castello a prua e di un cassero (cioè di un ponte) a poppa. Per i lunghi viaggi le caravelle ospitavano in coperta piccole imbarcazioni che servivano per arrivare a terra quando la nave non poteva avvicinarsi alla riva. Cristoforo colombo intraprese il suo primo viaggio con due caravelle (la Pinta e la Nina) e una caracca (la santa Maria) cioè una nave molto più robusta.
Navi per commercio e artiglieria: I GALEONI La rapidissima evoluzione tecnica e le nuove esigenze mercantili portarono all’abbandono delle piccole caravelle, a favore dell’utilizzo dei grandi galeoni più funzionali per il commercio e capaci di utilizzare l’artiglieria di bordo. Queste innovazioni tecniche si rivelarono preziose per gli europei, conferendo loro una decisiva superiorità militare sui popoli del Vecchio e del Nuovo mondo.
Conseguenze delle conquiste La scoperta del Nuovo Mondo ebbe, però, conseguenze impreviste e sconvolgenti per i popoli e le culture amerinde, il cui incontro con gli Europei fu fatale: le società delle Americhe precolombiane andarono incontro ad un rapidissimo tracollo culturale, sociale e demografico, determinato dallo sfruttamento dei conquistadores. Per accaparrarsi le immense ricchezze del nuovo continente gli Spagnoli non esitarono ad abbattere con la violenza i locali domini dei popoli indios. Hernan Cortès conquistò l’impero azteco tra il 1519 e il 1521, sfruttando la sorpresa suscitata dalle armi da fuoco e dai cavalli. La conquista dell’impero inca venne affidata a Francisco Pizarro tra il 1531 e il 1533. L’avidità dei conquistadores e le malattie epidemiche, in particolare il vaiolo, portate nel continente americano dagli Europei portò in pochi anni alla quasi totale estinzione della popolazione indigena annientando il 90% di essa. La scoperta dell’America ebbe, però, anche conseguenze positive tra cui l’importazione oltre oceano delle nuove colture vegetali, come mais, patata, pomodoro, zucca, fagioli, cacao, ananas e tabacco. Viruela = vaiolo
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