Le politiche del lavoro
Crescita dei lavoratori instabili (% sull’occupazione totale)
Gli obiettivi delle politiche del lavoro Intervenire sull’offerta di lavoro Incidere sulla domanda di lavoro Contrastare la disoccupazione, influendo su domanda e offerta di lavoro Incidere sulle scelte dei datori di lavoro Imporre condizioni sui contratti di lavoro (Hill, 1999)
Le principali funzioni delle politiche del lavoro Regolamentazione del mercato del lavoro Promozione dell’occupazione Mantenimento del reddito 2 tipi di politiche del lavoro: ATTIVE/PASSIVE
Le politiche PASSIVE Sussidi in denaro ai lavoratori che perdono l’impiego AMMORTIZZATORI SOCIALI Si articolano in 3 pilastri: Primo: pilastro assicurativo Secondo: pilastro assistenziale “dedicato” Terzo: pilastro assistenziale generale
Primo pilastro: assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione Criteri di eleggibilità Finanziamento Entità dell’importo Durata
Le politiche ATTIVE sussidi all’occupazione Creazione diretta e temporanea di posti di lavoro formazione professionale sostegno finanziario e servizi alla nuova imprenditorialità servizi per orientamento e collocamento lavorativo
Il quadro storico sindacati: assicurazione volontaria Sindacati e governi locali: “sistema di Gand” (1893) assicurazione pubblica obbligatoria: Inghilterra (1911); Italia (1919)
Modelli di tutela del rischio di disoccupazione Modello scandinavo Modello anglosassone Modello continentale (Modello iberico)
La situazione italiana 1919: schema pubblico di assicurazione obbligatoria (soltanto per lavoratori del settore industriale, con almeno 2 anni di contribuzione) 1945: Cassa Integrazione Guadagni (CIG). È un sostegno per la disoccupazione parziale o temporanea. Integrazioni salariali per massimo 90 giorni del 75% del salario perso
Anni ’40: Monopolio pubblico sul collocamento Legge Fanfani (1949): Sussidio straordinario di disoccupazione. Riforma del sistema di collocamento: 3 meccanismi - richiesta a “chiamata numerica” - richiesta “nominativa” - assunzione diretta
1945-46: uniformazione delle tabelle retributive in tutto il paese; introduzione della SCALA MOBILE Anni ’50-’60: apprendistato (L. 25/1955); contratto di lavoro a tempo determinato (L. 230/1962) Fine ’50- ’60: consolidamento del sistema degli ammortizzatori sociali; istituzione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS)
1969: Autunno caldo Abolizione delle gabbie salariali Statuto dei diritti dei lavoratori (L. 300/1970): Diritti di libertà sul luogo di lavoro Tutela del posto di lavoro, della professionalità, della salute Protezione delle libertà sindacali Disciplina della presenza sindacale nei luoghi di lavoro Tutela delle attività sindacali Articolo 18: sanzioni per licenziamento privo di “giusta causa o giustificato motivo”
Anni Settanta: - unificazione del trattamento tra CIG e CIGS: 80% della retribuzione e prolungamento della durata massima; Accordo Lama-Agnelli: modifiche alla scala mobile; incremento automatico dei salari per ogni punto di crescita del costo della vita Legge sull’occupazione giovanile (L. 285/1977)
Anni Settanta: Legge di sostegno alla ristrutturazione e riconversione aziendale (L. 675/1977) Legge-quadro sulla formazione professionale(L.845/1978)
Anni Ottanta Riduzione delle spese per il sostegno del reddito Sostegno alla ristrutturazione aziendale (contratti di solidarietà in Francia e Italia; e prepensionamenti in Germania, Francia, Spagna e Italia) Deregolamentazione di ingresso e uscita dal mondo del lavoro (contratti “atipici”) Rafforzamento della qualificazione delle risorse umane
In Italia: Prepensionamento (L.155/1981): donne con più di 50 anni e uomini con più di 55 anni, con almeno 15 anni di contributi, possono accedere alla pensione Contratti “di solidarietà” Contratti di formazione e lavoro Contratti part-time Modifica dei vincoli per le procedure di collocamento Tagli alla scala mobile
Anni Novanta Legge 196/1997 “Pacchetto Treu” Regolazione dei contratti per la fornitura e lo svolgimento del lavoro temporaneo (lavoro INTERINALE) Liberalizzazione dei servizi per l’impiego: dagli uffici di collocamento ai Centri per l’impiego - la competenza passa dallo Stato a Regioni ed enti locali - La mediazione tra domanda e offerta di lavoro può essere svolta anche da soggetti privati
Strategia europea per l’occupazione 4 pilastri: Aumentare l’occupabilità Sviluppare l’imprenditorialità Sviluppare la flessibilità Rafforzare le pari opportunità OBIETTIVI Tasso di occupazione del 70% Tasso di occupazione femminile del 60% Tasso di occupazione per lavoratori anziani (55-64 anni) del 50%
Dal Duemila ad oggi Libro bianco sul mercato del lavoro (2001) “spostare il sistema delle tutele dalla garanzia del posto di lavoro, all’assicurazione di una piena occupabilità durante tutta la vita lavorativa” Si punta sulla qualificazione del lavoro e sulla flessibilità (rimozione degli ostacoli per l’utilizzo di forme di rapporto flessibili; revisione dell’art. 18)
Legge 30/2003 (legge Biagi) Ampliamento del processo di “flessibilizzazione in entrata”: Nuove tipologie contrattuali - Somministrazione di lavoro (interinale); lavoro a progetto; lavoro ripartito (job sharing); lavoro a chiamata (job on call); lavoro occasionale accessorio; socio lavoratore di cooperative; apprendistato; contratto di inserimento; part time Rafforzamento della liberalizzazione e dell’ammodernamento dei servizi per l’impiego, per mezzo della compartecipazione di attori pubblici e privati
Legge 30/2003 (legge Biagi) Rafforzamento della liberalizzazione e dell’ammodernamento dei servizi per l’impiego, per mezzo della compartecipazione di attori pubblici e privati (agenzie per il lavoro)
Caratteristiche del mercato del lavoro in Italia Basso tasso di attività rispetto alla media EU Elevato tasso di disoccupazione femminile e giovanile Forte diversificazione per aree geografiche dei tassi di occupazione e disoccupazione
Tasso di attività, EU-15 e Italia. Dati Eurostat 2007
Perché nel mercato del lavoro italiano sono presenti tali disparità di età, genere e tra aree geografiche? Ipotesi della “rigidità del mercato del lavoro”: Si proteggono i posti di lavoro di chi è già occupato (vale a dire, per la gran parte maschi adulti), a discapito di chi ha posizioni marginali (donne e giovani), che devono dunque inserirsi in un mercato del lavoro bloccato.
Ipotesi smentita C’è una certa mobilità orizzontale nel mercato italiano, che riguarda soprattutto le piccole imprese (al di sotto di 15 dipendenti non si applica l’art. 18). In Italia, si registra uno dei tassi di separazione più alti in Europa (quota di lavoratori che perdono il lavoro in un dato periodo temporale). Tuttavia, i maschi adulti hanno un tasso di disoccupazione contenuto, perché coloro che perdono il lavoro trovano rapidamente mente un altro impiego
Occorre, allora, considerare altri elementi: Struttura familiare italiana: modello del male breadwinner; le donne sono “scoraggiate” all’ingresso nel mondo del lavoro e a loro spesso spettano i ruoli di riproduzione familiare Struttura economica italiana: numerose piccole imprese che offrono lavori a bassa qualifica. Difficoltà ad inserire rapidamente giovani qualificati. Scarso ritorno di posizione economico-sociale rispetto all’investimento nell’istruzione e alle aspettative delle famiglie Situazione dei giovani: livelli di istruzione elevati e permanenza prolungata nei nuclei familiari. Maggiore è il sostegno familiare, minore è la propensione all’inserimento nel mondo del lavoro.
Componenti della famiglia Tasso di attività Tasso di occupazione Tasso di disoccupazione 1 componente 74,5 66,9 10,2 2 componenti 44,4 35,6 19,9 Da 3 a 5 31,1 24,4 21,6 Oltre 6 33,5 23,7 29,2 Totale 32,5 25,5 Fonte: ISTAT 2007
Aumenta la quota degli “scoraggiati”, ovverosia di persone non attive che desiderano lavorare, ma rinunciano alla ricerca perché il mercato non offre loro opportunità lavorative. Rappresentano il 4,1% della forza lavoro totale (livello più alto di tutti i paesi Ocse), il 6,8% tra le donne e il 9% dei giovani tra i 15 e i 24 anni (Fonte ISTAT, 2007). L‘effetto di scoraggiamento coinvolge soprattutto i giovani e le regioni del Sud Per il Sud, si rileva una ripresa dei flussi migratori interni (dal Mezzogiorno alle regioni del Nord). Lo Svimez stima un movimento di circa 270.000 persone all’anno (tra il 1961 e ‘63, il movimento Nord-Sud era di 295.000 persone l’anno)
Incidenza di dipendenti a termine sul totale dei dipendenti (valori percentuali). Anno 2007
Dalla flessibilità alla flexicurity Le componenti della flexicurity sono 1) il sistema delle regole in materia di lavoro (norme, contratti, soluzioni organizzative a livello d’impresa); 2) la presenza di strategie integrate per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita finalizzate a promuovere l’occupabilità e l’adattabilità dei lavoratori; 3) l’adozione di politiche attive del mercato del lavoro efficaci; 4) sistemi di protezione sociale finanziariamente sostenibili ed in grado di garantire prestazioni adeguate La flexicurity punta all’uguaglianza di opportunità nell’accesso al lavoro da parte di uomini e donne e sulle misure che favoriscono la conciliazione tra lavoro, famiglia e vita privata
Nel periodo di espansione della flessibilità del mercato del lavoro è aumentato il tasso di occupazione femminile
Rapporto tra politiche ATTIVE e PASSIVE in Italia
Tra i fattori che hanno influenzato l’andamento delle spese per le politiche “passive”, vanno considerati la crescita del lavoro flessibile e l’aumentata maturazione dei diritti relativi al sostegno del reddito che ne sono derivati
Le riforme delle politiche del lavoro Razionalizzazione (delle misure di protezione: riduzione dei livelli e della durata dei sussidi) Attivazione (formazione, riqualificazione, incentivi all’imprenditorialità, incentivi per le assunzioni) Incentivazione (massimizzare i vantaggi del mercato e ridurre il ruolo dello Stato)