Da angolature diverse e con accenti diversi la liturgia, attraverso la Parola proclamata, invita a meditare sull’amore fedele e ‘serio’ di Dio nei confronti.

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Da angolature diverse e con accenti diversi la liturgia, attraverso la Parola proclamata, invita a meditare sull’amore fedele e ‘serio’ di Dio nei confronti dell’uomo: un amore che sa essere esigente, ma che vuole donare la salvezza fino all’offerta di sé. Nel Figlio Innalzato si manifesta questo indicibile mistero, fonte di vita, fonte di gioia…

La prima lettura propone la pagina conclusiva del Secondo Libro delle Cronache. Israele, tornando a riflettere sul suo lontano passato, vi si scorge la vera causa dell’esilio babilonese. Non una infausta sconfitta militare, ma… L’ostinato peccato di un popolo sordo ai richiami di Dio, attraverso la voce insistente dei profeti:

Questa chiave di lettura permette di rileggere l’esperienza vissuta da Israele con uno sguardo di fede, scorgendo nella distruzione di Gerusalemme e del tempio il segno e la misura di un… Peccato senza misura. È quello che l’anonimo autore denuncia all’inizio della sua “cronaca”:

È impossibile sottovalutare il peso di simili parole, che suonano come una confessione e un monito perenne: Tutto il popolo di Israele, con capi e sacerdoti, moltiplicano le loro infedeltà alla legge di Dio, giungendo a profanare il luogo più santo della sua dimora, Gerusalemme e il tempio. Nessuno l’avrebbe più ritenuto possibile!

In realtà, scrive l’autore sacro, è stato Israele a voltare le spalle al suo Dio. Quando si è accecati dal peccato, cioè dal tenace orgoglio di bastare a se stessi, non c’è altra via che il castigo. Esso costringe ad aprire gli occhi, ritrovando la giusta direzione. Il castigo di Dio diventa incomprensibile e assurdo, fin tanto che non viene letto alla luce della Parola:

È così che la Parola di Dio illumina gli avvenimenti umani e permette di scoprirne il senso vero: La distruzione di Gerusalemme non è un disastro senza rimedio. La “morte” dell’esilio non è definitiva e lascia sperare in una nuova vita. Le ultime parole del libro delle Cronache annunciano la realizzazione di tale speranza.

Il re persiano Ciro incarna inaspettatamente questa speranza. Egli fa ricostruire il tempio e rimpatriare gli esuli che lo vorranno. Come Nabucodonosor fu strumento dell’ira di Dio su Gerusalemme, così Ciro diventa strumento della sua misericordia verso Israele.

Con la Lettera agli Efesini (seconda lettura) siamo introdotti nel “cuore” di Dio e della sua mirabile opera di salvezza a favore dell’uomo. Fin dalle prime righe, Dio ci è svelato come ricco di misericordia e di amore. È per questo grande amore che “ci ha fatti rivivere in Cristo”, strappandoci alla morte del peccato.

Cosa significa allora essere nella verità? Se è in contrapposizione con “fare il male”… Essere nella verità significa “fare il bene”. Significa inserirsi nel progetto salvifico di Dio creatore che ama e che vuole il bene della sua creatura. Per questo chi ama è nella verità. Per questo chi lotta per il bene dell’uomo è dalla parte di Dio, è suo figlio!