Principi di Oncologia Sperimentale

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Transcript della presentazione:

Principi di Oncologia Sperimentale MECCANISMI DEL PROCESSO METASTATICO 3° S. Beninati

Meccanismi del processo metastatico La composizione cellulare delle neoplasie maligne è eterogenea e soltanto alcune cellule tumorali sono in grado di formare metastasi. La comparsa di focolai metastatici è quindi il risultato di un drastico processo di selezione che interviene nelle varie tappe del processo di disseminazione neoplastica:

Fasi del processo metastatico invasività locale; passaggio nel circolo ematico o linfatico; arresto nel distretto capillare; permeazione degli endoteli; colonizzazione di tessuti eterotipici.

Meccanismi di difesa dell'ospite Le cellule tumorali, una volta penetrate nel circolo sanguigno, ricevono un attacco da parte del sistema immunitario dell’ospite: infatti solo un piccolissima parte delle cellule tumorali sopravvive ed è in grado poi di creare tumori secondari.

meccanismi di morte cellulare I possibili meccanismi di morte cellulare includono: stress meccanici in vasi sanguigni di piccolo calibro, cattiva nutrizione, tossicità dovuta agli elevati livelli di ossigeno nel sangue, azione di cellule effettrici immunitarie specifiche o aspecifiche come linfociti T, polimorfonucleati, macrofagi o cellule natural killer (NK), le quali sembrano essere molto efficaci contro le cellule tumorali veicolate dal sangue mentre mostrano un effetto limitato contro cellule tumorali che hanno già formato piccoli focolai metastatici.

Migrazione e crescita Una volta uscite dal torrente ematico, le cellule neoplastiche isolate evidenziano un fenomeno migratorio intraparenchimale che le porta ad addossarsi al sistema arterioso dell’ospite. La successiva evoluzione proliferativa interessa una minoranza delle cellule migrate, molte delle quali rimangono isolate.

evoluzione proliferativa È verosimile che una quota di queste ultime sia destinata a morire e che altre restino quiescenti per periodi di tempo indeterminati.

localizzazioni microscopiche Le cellule neoplastiche che proliferano danno luogo a localizzazioni microscopiche che si dispongono a guisa di manicotto intorno ai vasi o di sottile superficie tra i vasi contigui vicini. La maggior parte di tali formazioni, in assenza di fenomeni angiogenici, raggiunge presto una dimensione limite di qualche centinaio di micron e cessa di crescere volumetricamente

Linfonodi neoplasia con diametro massimo maggiore di 3 cm linfonodi neoplasia con diametro massimo inferiore a 3 cm regione peribronchiale

Treated Control

PLEURA PLEURA A C A M M B M B C M M Copyrigth “Lab. Cell Biochem. and Experimental Oncology” Univ. Tor Vergata, Italy

Copyrigth “Lab. Biochim. Cell.” Univ. Tor Vergata

Copyrigth “Lab. Biochim. Cell.” Univ. Tor Vergata

quiescenza clinica Un’analisi cinetica di queste micrometastasi avascolari mette in evidenza la presenza di un equilibrio dinamico in cui proliferazione e morte cellulare per apoptosi sono equivalenti. Questo stato micrometastatico può essere considerato di “quiescenza clinica”, essendo le dimensioni interessate decisamente al di sotto di quelle clinicamente significative.

Fattori di crescita La proliferazione delle singole cellule insediate nell’organo bersaglio avviene in risposta a fattori di crescita paracrini che possono essere espressi in modo differente nei vari organi. Epidermal growth factor (EGF), IGF, growth factor \beta (TGF-\beta) sono alcuni dei fattori identificati. Vi sono anche elementi che suggeriscono l’ipotesi che alcune neoplasie, soprattutto quelle con maggior capacità metastatizzante, posseggano meccanismi autocrini di sostegno della crescita.

neovascolarizzazione. Una piccola percentuale delle micrometastasi ,in cui evidentemente vi sono cellule che esprimono il fenotipo angiogenico, mostra il fenomeno della neovascolarizzazione. Nel momento in cui nuovi vasi vengono creati dalla proliferazione delle cellule endoteliali a partire dai vasi dell’ospite, si registra una drastica riduzione della apoptosi mentre la proliferazione prosegue a livelli pressoché invariati, e la metastasi inizia a crescere per espansione della popolazione neoplastica e di quella endoteliale associata.

Solo queste ultime metastasi raggiungono un livello dimensionale clinicamente significativo. La selettività per specifiche sedi vascolari è legata: ai meccanismi di adesione alle pareti vasali, al tipo di enzimi degradativi prodotti dalla cellula neoplastica e di enzimi inibitori presenti nel tessuto invaso, ai fattori chemiotattici e aptotattici che guidano l’insediamento della singola cellula nei siti ottimali per la proliferazione, ai fattori di crescita autocrini e paracrini e alla possibilità di iniziare e mantenere il processo angiogenico.

Localizzazione delle metastasi Nel 1889 Paget formulò l’ipotesi del “terreno e seme”, in cui egli postulò che possono verificarsi interazioni differenziali cellula tumorale- organismo ospite, con aspetti più o meno favorevoli allo sviluppo metastatico. Un’ipotesi alternativa è che la cosiddetta “organo-preferenza” si possa spiegare sulla base di considerazioni emodinamiche : il numero di metastasi che si sviluppano in un organo è relativo al numero di cellule rilasciato all’organo dal flusso ematico ed al numero di cellule che si arrestano nei capillari.

Organi bersaglio e modelli in vivo Quindi per i tumori la cui rete vascolare drena nel circolo venoso sistemico*, l’organo di primo passaggio dovrebbe essere il polmone; mentre per i tumori il cui drenaggio venoso avviene nel sistema portale** (tumori gastrointestinali), questo dovrebbe essere il fegato. *VEDI VENA CAUDALE DEL TOPO ** VEDI INOCULO INTRASPLENICO NEL TOPO

Vena porta

Sistema Portale La vena Porta raccoglie circa l’80% del sangue proveniente dagli organi addominali e lo conduce al fegato, dove ne vengono estratte delle sostanze dannose

Successivamente, il sangue così “ripulito”, viene riversato nella circolazione sistemica attraverso la vena cava.

Invasione selettiva In ogni caso le metastasi, generalmente, compaiono a livello dei linfonodi regionali o degli organi il cui letto capillare è il filtro dei principali sistemi venosi: il polmone per il sistema delle cave, il fegato per quello portale.

Invasione selettiva Alcune neoplasie, a causa della loro sede anatomica, metastatizzano di preferenza in determinati distretti. Il carcinoma polmonare, ad esempio, forma frequentemente metastasi cerebrali poiché le sue cellule invadono le vene polmonari, raggiungendo il ventricolo sinistro e penetrano poi nelle arterie carotidi; i carcinomi della mammella, invece metastatizzano frequentemente in corrispondenza delle vertebre raggiunte attraverso il plesso o sistema venoso di Batson

L’organotropismo selettivo di alcune cellule metastatiche potrebbe anche essere dovuto alla proprietà di queste cellule di sopravvivere e di moltiplicarsi esclusivamente o preferenzialmente in un dato distretto anatomico. Lo sviluppo di un focolaio metastatico richiede la formazione di uno stroma di supporto, che deve essere necessariamente costruito a spese della matrice extracellulare dell’organo sede della colonizzazione neoplastica. La composizione di questa matrice varia da tessuto a tessuto: il polmone è ricco di collageno di tipo IV, laminina ed elastina; il fegato di eparan solfato; l’encefalo di mielina e di glicoproteine mielina-associate.

È quindi possibile che la selettività d’impianto delle metastasi di alcune neoplasie umane in determinati organi sia in parte condizionata dal tipo di enzimi idrolitici che la cellula metastatica è in grado di sintetizzare e rilasciare nel mezzo esterno, e dal tipo di molecole che la matrice interstiziale esprime: se capaci o meno di fungere da ligandi per le integrine neoplastiche promuovendo (nel primo caso) o impedendo (nel secondo) la sopravvivenza delle cellule metastatiche.

Studio del processo metastatico in vitro

Metastasi sperimentali E’ possibile riprodurre parte del processo metastatico in vitro. In particolare l’adesione e la migrazione possono essere studiate per mezzo di apparati che mimano il processo stesso. La procedura utilizza le cosidette ”Camere di Boyden”

Camere di Boyden La camera di Boyden è un contenitore di pexiglass diviso in due scompartimenti da un filtro con pori di sezione nota. La parte superiore agisce da contenitore del mezzo di coltura contenente le cellule tumorali da saggiare. La parte inferiore mima l’organo bersaglio e in genere contiene un estratto di questo

CAMERA DI BOYDEN Mezzo di colture con cellule tumorali Matrigel filtro Estratto d’organo

MATRIGEL Il filtro poroso è ricoperto da una miscela di proteine contenute in un gel e mima la membrana basale. Tale gel è denominato Matrigel Le cellule tumorali producono metalloproteasi che proteolizzano il matrigel attraversando il filtro e disponendosi nella parte inferiore di esso.

COMPONENTI DEL MATRIGEL Laminina 56 % Collagene IV 31 % Entactina 8 % fattori di crescita 5 %

Analisi del filtro Dopo l’esperimento di metastasi, i filtri sono rimossi e lavati per allontanare le cellule non adese. I filtri sono quindi analizzati al MO e le cellule adese nella parte inferiore contate con un analizzatore d’immagine computerizzato. Tanto più alto sarà il numero di cellule che hanno attraversato il filtro tanto più alto sarà il potere metastatico delle celule esaminate

Control 72hr 48h

Dal numero di cellule del controllo (non trattato con antineoplastico) e delle cellule trattate si costruisce un grafico dal quale si può evincere se il farmaco possiede attività antimetastatica % invasion Riduzione del 30% Riduzione del 50%