Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. NoèCopyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. FOCUS CLINICI TRASPORTO DEI LIPIDI NEL SANGUE. LIPOPROTEINE PLASMATICHE Dopo la digestione e l’assorbimento, i monogliceridi e gli acidi grassi a lunga catena di provenienza alimentare sono risintetizzati nell’enterocita a trigliceridi che, insieme ad altre sostanze liposolubili (colesterolo, vitamine liposolubili), si aggregano in minute goccioline alle quali aderiscono alcune proteine sintetizzate dall’enterocita stesso. Si formano così i chilomicroni, una delle classi delle lipoproteine adibite al trasporto di materiale lipidico nei fluidi corporei. Dall’enterocita i chilomicroni passano nel circolo linfatico e, attraverso il dotto toracico, pervengono al circolo generale e quindi ai vari tessuti. A questo livello, a opera di un enzima, la lipoproteinlipasi, dai trigliceridi veicolati dai chilomicroni si liberano gli acidi grassi che si depositano nelle cellule, dove: possono essere ossidati per produrre energia; possono essere risintetizzati a trigliceridi come materiale energetico di riserva. segue
Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. NoèCopyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. I trigliceridi a media catena (MCT) hanno differenti modalità di assorbimento e di trasporto. Per la maggior parte sono assorbiti come tali, senza subire i processi di emulsionamento e digestione da parte della bile e della lipasi pancreatica; dopo l'assorbimento, nell'enterocita (cellula della mucosa intestinale) avviene l'idrolisi degli MCT. Gli acidi grassi a media catena, che vengono così liberati, non sono aggregati nei chilomicroni e quindi non entrano nel circolo linfatico ma passano direttamente nel circolo portale (sangue) legati all'albumina; raggiunto il fegato sono qui rapidamente ossidati con produzione di energia (8,3 kcal/g). Gli altri lipidi, trigliceridi a lunga catena (LCT) e colesterolo, per essere trasportati nel plasma devono essere aggregati a proteine in strutture molecolari complesse denominate lipoproteine. In queste particelle la parte proteica funge da veicolo, nel mezzo acquoso del plasma, del materiale lipidico per definizione insolubile in acqua. Si conoscono diverse classi di lipoproteine plasmatiche, ciascuna caratterizzata da un contenuto proteico specifico (apoproteine) e dalla presenza in proporzioni differenti di colesterolo, trigliceridi e fosfolipidi. In base alla loro densità si distinguono: i chilomicroni: sono le lipoproteine a densità più bassa e di maggior volume, costituite per oltre il 98% da lipidi (quasi esclusivamente trigliceridi di provenienza alimentare o esogeni) e per l’1-2% da proteine; sintetizzati nell’enterocita, si rilevano nel sangue dopo un pasto grasso dove, in condizioni normali, non permangono oltre le ore; segue
Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. NoèCopyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. le very low density lipoproteins (o VLDL): sono lipoproteine a densità molto bassa, sintetizzate nel fegato; veicolano buona parte dei trigliceridi di provenienza “endogena” (ovvero sintetizzati nell’organismo stesso) e quote più modeste di colesterolo; le low density lipoproteins (o LDL): sono lipoproteine a bassa densità, più piccole delle VLDL da cui originano nel plasma e più ricche in proteine (apo B); veicolano buona parte del colesterolo destinato a formare le membrane cellulari o a produrre ormoni steroidei. Deputate al trasporto del colesterolo verso i tessuti periferici, un aumento oltre certi limiti della loro concentrazione in circolo (aumento del colesterolo LDL) è messo in relazione a un aumento del rischio cardiovascolare; le high density lipoproteins (o HDL): sono lipoproteine ad alta densità e di piccolo volume. Sintetizzate dal fegato, contengono colesterolo, fosfolipidi e circa il 50% di proteine; sono deputate al trasporto del colesterolo dai tessuti periferici verso il fegato, dove può essere utilizzato per la sintesi degli acidi biliari oppure eliminato con la bile. Un aumento dei loro livelli in circolo (aumento del colesterolo HDL) è in relazione inversa al rischio cardiovascolare: maggiore è la colesterolemia HDL, minore è il rischio.
Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. NoèCopyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. FOCUS CLINICI EFFETTI DEI LIPIDI ALIMENTARI SUL RISCHIO CARDIOVASCOLARE Le variazioni delle concentrazioni plasmatiche delle lipoproteine e in particolare, come correntemente viene effettuato mediante dosaggi chimici, del colesterolo, delle sue frazioni LDL (aterogeno) e HDL (antiaterogeno), e dei trigliceridi, rivestono notevole importanza nella patologia dei vasi arteriosi (arteriosclerosi). Il livello “desiderabile” della concentrazione plasmatica del colesterolo è di 200 mg/dl per l’adulto. Esiste una relazione diretta tra i livelli di colesterolo e quantità di acidi grassi saturi assunti con la dieta, nel senso che l’aumento della quota alimentare si accompagna a un aumento del colesterolo totale del plasma. Per contro, l’apporto di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi della serie n-6 determina una diminuzione della colesterolemia totale e LDL. Tuttavia, mentre i polinsaturi n-6 determinano anche una diminuzione proporzionale del colesterolo HDL, i monoinsaturi (acido oleico) mantengono o innalzano moderatamente i livelli dell'HDL, incidendo positivamente sul rischio cardiovascolare. segue
Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. NoèCopyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. Concentrazioni plasmatiche fino a 200 mg/dl dei trigliceridi sono considerate accettabili. Aumenti della trigliceridemia sono rilevati in seguito all’aumento della quota alimentare dei grassi saturi e, in grado anche maggiore, di zuccheri semplici (saccarosio, fruttosio) e di alcol etilico (bevande alcoliche). Gli acidi grassi polinsaturi della serie n-3 determinano una diminuzione della trigliceridemia e hanno un effetto di prevenzione delle malattie cardiocircolatorie. Gli acidi grassi “trans”, presenti nei grassi idrogenati, hanno un ruolo negativo sul processo aterogenetico, in quanto determinano un aumento del colesterolo LDL e una diminuzione dell’HDL.