Il sistema monetario internazionale: una panoramica storica Capitolo 8 Il sistema monetario internazionale: una panoramica storica adattamento italiano di Novella Bottini (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il sistema di Bretton Woods dei tassi di cambi fissi 1944 - 1973 Anteprima Obiettivi delle politiche macroeconomiche – equilibrio interno ed esterno Gold standard 1870 - 1914 Il sistema monetario internazionale nel periodo fra le due guerre 1918 - 1939 Il sistema di Bretton Woods dei tassi di cambi fissi 1944 - 1973 (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il crollo del sistema di Bretton Woods Anteprima Il crollo del sistema di Bretton Woods Argomentazioni a favore dei cambi flessibili Argomentazioni contro i cambi flessibili Interdipendenza macroeconomica in regime di cambi flessibili I mercati dei cambi dal 1973 (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Obiettivi macroeconomici “Equilibrio interno” è il nome dato agli obiettivi macroeconomici di pieno impiego (o produzione normale) e stabilità dei prezzi (o bassa inflazione). Un utilizzo insostenibile delle risorse tende a portare a prezzi maggiori (sovraoccupazione); un utilizzo non efficace delle risorse tende a portare a prezzi inferiori (sottooccupazione). Domanda aggregata e produzione instabili tendono a creare prezzi volatili. Movimenti nei livelli dei prezzi riducono l’efficienza dell’economia rendendo il valore reale delle unità monetarie meno certo e quindi rende più difficile la pianificazione per il futuro. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Obiettivi macroeconomici (segue) “Equilibrio esterno” si ottiene quando: Il saldo del conto corrente che non è “troppo” negativo (deficit) da impedire ad un’economia di ripagare i suoi debiti esteri; Il saldo del conto corrente che non è “troppo” positivo (surplus) da mettere i paesi stranieri nella stessa posizione Per esempio, la pressione sul Giappone negli anni 80 e sulla Cina negli anni 2000. Un vincolo di bilancio intertemporale limita le capacità di spesa di ogni paese nel tempo ai livelli che permettono di ripagare gli interessi e il capitale sul debito estero. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il trilemma di economia aperta Un paese che fissa il tasso di cambio della propria valuta e permette la libera circolazione dei capitali rinuncia al controllo sulla politica monetaria nazionale. Un paese con un tasso di cambio fisso, se limita i flussi finanziari internazionali in modo tale che non deve essere necessariamente valida la condizione di parità dei tassi di interesse, R=R*, è in grado di modificare il tasso di interesse interno così da influenzare l’economia nazionale. Un paese con un tasso di cambio flessibile può utilizzare la politica monetaria per guidare l’economia anche se i flussi internazionali sono liberi. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il trilemma di economia aperta (segue) Impossibilità per un paese di conseguire più di due tra i seguenti obiettivi: Stabilità del tasso di cambio; Politica monetaria orientata agli obiettivi interni. Libertà dei movimenti internazionali di capitale. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.1 Il trilemma di politica economica in economia aperta (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politica macroeconomica durante il gold standard 1870 - 1914 Il gold standard dal1870 al 1914 e dopo il 1918 aveva meccanismi che impedivano che i flussi di riserve in oro (la bilancia dei pagamenti) diventassero troppo positivi o troppo negativi. I prezzi tendevano ad aggiustarsi secondo la quantità di oro circolante in un’economia, cosa che aveva effetti sui flussi di beni e servizi: il conto corrente. Le banche centrali influenzavano i flussi di capitale finanziario, di modo che la parte non a riserva del conto finanziario era uguale al saldo del conto corrente, riducendo pertanto i flussi di oro in entrata o in uscita. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politica macroeconomica durante il gold standard (segue) Il meccanismo price-specie-flow è l’aggiustamento dei prezzi quando l’oro (“specie”) entra o esce da un paese, causando un aggiustamento nel flusso di beni. Un flusso di oro in entrata tende a gonfiare i prezzi. Un flusso di oro in uscita tende a ridurre i prezzi. Se il paese domestico ha un avanzo di conto corrente superiore al conto finanziario non rappresentato da riserve, l’oro guadagnato con le esportazioni entra nel paese – facendo aumentare i prezzi in quel paese e riducendoli nei paesi stranieri. I beni del paese domestico diventano cari e i beni dei paesi esteri diventano economici, e ciò riduce l’avanzo di conto corrente del paese domestico e i disavanzi dei paesi stranieri. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politica macroeconomica durante il gold standard (segue) Perciò, il meccanismo price-specie-flow del gold standard poteva ridurre l’avanzo o il disavanzo di conto corrente, ottenendo una misura di equilibrio esterno per tutti i paesi. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politica macroeconomica durante il gold standard (segue) Le“regole del gioco” in regime di gold standard si riferiscono ad un altro processo di aggiustamento che era teoricamente gestito dalle banche centrali: Vendita di attività domestiche quando l’oro esce dal paese per pagare le importazioni. Ciò riduce l’offerta di moneta e incrementa i tassi di interesse, attraendo flussi di capitale finanziario per compensare il deficit di conto corrente. Questo riduce i flussi di oro in uscita. Acquisto di attività domestiche quando l’oro entra nel paese come reddito da esportazioni. Ciò incrementa l’offerta di moneta e riduce i tassi di interesse, riducendo i flussi di capitale finanziario in entrata per compensare il saldo di conto corrente. Questo riduce i flussi di oro in entrata. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politica macroeconomica durante il gold standard (segue) Le banche con riserve in oro decrescenti avevano un forte incentivo a praticare le regole del gioco: non potevano convertire la valuta senza una sufficiente quantità di oro. Le banche con riserve in oro crescenti avevano un debole incentivo a praticare le regole del gioco: l’oro non fruttava interesse, ma le attività domestiche sì. In pratica, le banche centrali con riserve in oro in crescita raramente seguivano le regole. E le banche centrali spesso sterilizzavano i flussi di oro, cercando di evitare ogni effetto sull’offerta di moneta e sui prezzi. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politica macroeconomica durante il gold standard (segue) I risultati del gold standard nell’ottenere l’equilibrio interno sono incerti. Gli USA soffrirono la deflazione e la depressione negli anni 70 e 80 del 1800 dopo aver aderito al gold standard. Il tasso di disoccupazione USA fu in media del 6,8% dal1890 al 1913, ma ebbe una media inferiore al 5,7% dal 1946 al 1992. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Gli anni tra le guerre: 1918–1939 Il gold standard fu interrotto nel 1914 a causa della guerra, ma dopo il 1918 fu provato ancora. Gli USA ripristinarono il gold standard dal 1919 al 1933 a $20,67 l’oncia e dal 1934 al 1944 a $35,00 l’oncia (una svalutazione del dollaro). Il Regno Unito ristabilì il gold standard dal 1925 al 1931. Ma i paesi che aderirono al gold standard per più tempo, senza svalutare la carta-moneta, soffrirono di più la deflazione e la riduzione della produzione negli anni 30. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il sistema di Bretton Woods: 1944–1973 Nel luglio 1944, 44 paesi si incontrarono a Bretton Woods, New Hampshire, per disegnare il sistema di Bretton Woods. cambi fissi contro il dollaro USA e un prezzo fisso del dollaro in termini di oro ($35 l’oncia). Fondarono anche altre istituzioni: Il Fondo Monetario Internazionale La Banca Mondiale L’Accordo Generale sui Dazi e sul Commercio (GATT), il predecessore dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il Fondo Monetario Internazionale Il FMI fu istituito per concedere prestiti ai paesi con disavanzi della bilancia dei pagamenti persistenti (o disavanzo di conto corrente) e per approvare le svalutazioni. I prestiti erano erogati da un fondo pagato dai membri in oro e valute. Ogni paese aveva una quota, che determinava il suo contributo al fondo e l’ammontare massimo che poteva prendere a prestito. L’erogazione dei grandi prestiti era condizionale alla supervisione delle politiche interne da parte del FMI: condizionalità del FMI. Potevano esserci svalutazioni se il FMI decideva che l’economia stava assistendo ad un “disequilibrio strutturale”. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il Fondo Monetario Internazionale (segue) Grazie ai prestiti e alle svalutazioni occasionali, si riteneva che il FMI desse ai paesi sufficiente flessibilità per raggiungere l’equilibrio esterno, permettendo loro tuttavia di mantenere l’equilibrio interno e la stabilità dei cambi fissi nel sistema di Bretton Woods. La volatilità dei tassi di cambio nel periodo 1918–1939, causata dalle svalutazioni e dalla mancanza di un costante gold standard, era vista come causa di instabilità economica. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il sistema di Bretton Woods Per evitare improvvise variazioni nel conto finanziario (che possono causare una crisi della bilancia dei pagamenti), i paesi nel sistema di Bretton Woods spesso ostacolavano i flussi di capitale finanziario tra paesi. Tuttavia, incoraggiavano i flussi di beni e servizi secondo l’idea che il commercio beneficia tutte le economie. Le valute furono gradualmente rese convertibili (scambiabili) tra i paesi membri per incoraggiare il commercio di beni e servizi prezzati in diverse valute. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il sistema di Bretton Woods (segue) In un sistema a cambi fissi, tutti i paesi tranne gli USA avevano politiche monetarie inefficaci ai fini dell’equilibrio interno. Lo strumento principale per l’equilibrio interno era la politica fiscale (spesa pubblica o imposte). Gli strumenti principali per l’equilibrio esterno erano il prestito dal FMI, le restrizioni al capitale finanziario e le rare modifiche ai tassi di cambio. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politiche per l’equilibrio interno ed esterno Supponiamo che nel breve periodo si abbia l’equilibrio interno quando la produzione in pieno impiego è uguale alla domanda aggregata: Yf = C + I + G + CA(EP*/P, A) = A + CA(EP*/P, A) Un aumento della spesa pubblica (o una diminuzione delle tasse) accresce la domanda aggregata e la produzione oltre il livello di pieno impiego. Per ristabilire l’equilibrio interno nel breve periodo, deve esserci una rivalutazione (una riduzione di E). (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politiche per l’equilibrio interno ed esterno (segue) Supponiamo che ci sia equilibrio esterno nel breve periodo quando il saldo di conto corrente raggiunge un certo valore X: CA(EP*/P, Y – T) = X Un aumento della spesa pubblica (o una diminuzione delle tasse) fa aumentare la domanda aggregata, la produzione e il reddito, riducendo il saldo del conto corrente. Per ristabilire l’equilibrio esterno nel breve periodo, deve esserci una svalutazione (un aumento di E). (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.2 Equilibrio interno (II) ed esterno (XX) e le “quattro zone del disagio economico” (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.3 Politiche che conducono all’equilibrio interno ed esterno Espansione fiscale (G o T) Tasso di cambio, E XX Svalutazione che porta all’equilibrio interno e esterno: rendendo più economici i beni domestici, la domanda aggregata, la produzione e il saldo di conto corrente aumentano. II Al punto 2, l’economia è sotto II e XX: ha bassa produzione e basso saldo di conto corrente. 1 4 3 2 Politica fiscale che porta all’equilibrio interno o esterno: riducendo la domanda di importazioni e la produzione o incrementando la domanda di importazioni e la produzione. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politiche per l’equilibrio interno ed esterno (segue) Ma con il sistema di cambi fissi di Bretton Woods, si supponeva che le svalutazioni fossero rare e che la politica fiscale fosse il principale strumento di politica per ottenere sia l’equilibrio interno che quello esterno. Ma in generale, la politica fiscale non può ottenere l’equilibrio interno e quello esterno allo stesso tempo. Tuttavia, una svalutazione può raggiungere sia l’equilibrio interno che quello esterno contemporaneamente. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Politiche per l’equilibrio interno ed esterno (segue) Nel sistema di Bretton Woods, le autorità di politica economica generalmente usavano la politica fiscale per cercare di raggiungere l’equilibrio interno per ragioni politiche. Perciò, l’incapacità di adeguare i tassi di cambio col passare del tempo espose i paesi a squilibri esterni. Le rare svalutazioni o rivalutazioni aiutavano a ripristinare l’equilibrio esterno ed interno, ma gli speculatori cercavano di anticiparli, causando maggiori squilibri interni ed esterni. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il problema dell’equilibrio esterno degli USA nel sistema di Bretton Woods Il crollo del sistema di Bretton Woods fu causato principalmente dagli squilibri degli USA negli anni ‘60 e ‘70. L’avanzo di conto corrente degli USA divenne un disavanzo nel 1971. Una spesa pubblica in rapida crescita incrementò la domanda aggregata e la produzione, così come i prezzi. Un livello dei prezzi e un’offerta monetaria in rapida crescita resero il dollaro sopravvalutato in termini di oro e delle valute straniere. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il problema dell’equilibrio esterno degli USA nel sistema di Bretton Woods (segue) Un altro problema era che quando le economie estere crescevano, il loro fabbisogno di riserve ufficiali internazionali cresceva. Ma questo tasso di crescita era superiore al tasso di crescita delle riserve in oro che le banche centrali detenevano. L’offerta di oro proveniente dalla scoperta di nuovi giacimenti cresceva lentamente. L’alternativa era detenere attività denominate in dollari. Ad un certo punto, le attività denominate in dollari detenute dalle banche centrali straniere sarebbero state maggiori dell’ammontare di oro detenuto dalla Federal Reserve. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il problema dell’equilibrio esterno degli USA nel sistema di Bretton Woods (segue) Gli USA col tempo non avrebbero avuto abbastanza oro: gli stranieri avrebbero perso fiducia nella capacità della Federal Reserve di mantenere fisso il prezzo dell’oro a $35/oncia, e perciò si sarebbero affrettati a convertire le loro attività in dollari prima che l’oro finisse. Questo problema è simile a quello che ogni banca centrale può trovarsi ad affrontare quando cerca di mantenere un cambio fisso. Se i mercati si accorgono che la banca centrale non ha abbastanza riserve ufficiali internazioni per mantenere un cambio fisso, una crisi della bilancia dei pagamenti è inevitabile. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il crollo del sistema di Bretton Woods Gli USA non volevano ridurre la spesa pubblica o aumentare le tasse in modo significativo, né ridurre la crescita dell’offerta di moneta. Queste politiche avrebbero ridotto la produzione e l’inflazione e aumentato la disoccupazione. Gli USA avrebbero potuto ottenere una parvenza di equilibrio esterno al costo di un’economia più lenta. Tuttavia una svalutazione avrebbe potuto evitare i costi di una bassa produzione e di un’alta disoccupazione e raggiungere comunque l’equilibrio esterno (saldo del conto corrente e riserve ufficiali internazionali maggiori). (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il crollo del sistema di Bretton Woods (segue) Gli squilibri degli USA, a loro volta, causarono speculazioni sul valore del dollaro, causando squilibri in altri paesi e rendendo più difficile il mantenimento del sistema di cambi fissi. I mercati finanziari ebbero la percezione che l’economia USA stesse vivendo uno “squilibrio strutturale” e che si sarebbe resa necessaria una svalutazione. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il crollo del sistema di Bretton Woods (segue) In primo luogo, la speculazione su una svalutazione del dollaro generò nei mercati massicci acquisti di oro. La Federal Reserve vendette enormi quantità di oro nel marzo 1968, ma successivamente chiuse i mercati. Quindi, agli investitori non era più permesso riscattare oro dalla Federal Reserve o da altre banche centrali. La Federal Reserve avrebbe venduto solo alle altre banche centrali a $35 l’oncia. Ma anche questo accordo non funzionò: gli USA svalutarono il dollaro in termini di oro nel dicembre 1971 a $38 l’oncia. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il crollo del sistema di Bretton Woods (segue) Secondo, la speculazione sulla svalutazione del dollaro in termini delle altre valute generò massicci acquisti di attività in valuta estera. Nel dicembre 1971 si verificò una svalutazione coordinata del dollaro contro le valute estere di circa l’8% Si generò una speculazione su un’altra svalutazione: le banche centrali europee vendettero enormi quantità di valuta agli inizi di febbraio 1973, ma chiusero successivamente i mercati. Le banche centrali in Giappone e in Europa smisero di vendere le loro valute e di acquistare dollari nel marzo 1973, e permisero alla domanda e all’offerta di valuta di spingere al ribasso il valore del dollaro. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Tabella 8.1 Tassi d’inflazione nei paesi europei, 1966 – 1972 (% all’anno) (Fonte: Organization for Economic Cooperation and Development.,Main Economic Indicators: Historical Statistics, 1964-1983, Parigi, OECD, 1984 e U.S. Bureau of Labor Statistics. I dati sono le percentuali di aumento annuo dell’indice medio dei prezzi al consumo rispetto all’indice medio dell’anno precedente.) (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Il crollo del sistema di Bretton Woods (segue) Il sistema di Bretton Woods crollò nel 1973 perché le banche centrali non erano disposte a continuare ad acquistare attività in dollari sopravvalutati e a vendere attività in valuta estera sottovalutata. Le banche centrali pensarono di interrompere gli scambi nel mercato dei cambi per un certo periodo, lasciare che i tassi di cambio si adeguassero a offerta e domanda e quindi di reimporre presto i cambi fissi. Ma non fu intrapreso nessun nuovo sistema globale di cambi fissi. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.4 Effetto sull’equilibrio interno ed esterno di un aumento del livello dei prezzi Se P* aumenta, il punto 1 si trova nella zona 1 (sovraoccupazione e avanzo eccessivamente elevato). La rivalutazione (una riduzione di E) ristabilisce immediatamente l’equilibrio, spostando l’economia nel punto 2. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Argomentazioni a favore dei cambi flessibili Autonomia della politica monetaria Senza la necessità di scambiare valuta sui mercati dei cambi, le banche centrali sono libere di influenzare l’offerta di moneta domestica, i tassi di interesse e l’inflazione. Le banche centrali possono reagire più liberamente a variazioni della domanda aggregata, della produzione e dei prezzi per raggiungere l’equilibrio interno. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) Stabilizzazione automatica I cambi flessibili cambiano i prezzi dei prodotti di un paese e aiutano a ridurre i “disequilibri fondamentali”. Un disequilibrio fondamentale è causato da un eccessivo aumento dell’offerta di moneta e della spesa pubblica, che portano ad inflazione, come abbiamo visto negli USA nel periodo 1965–1972. Inflazione significa che il potere di acquisto della valuta si riduce, sia internamente che a livello internazionale, e i cambi flessibili possono aggiustarsi automaticamente per tenere in considerazione questa riduzione di valore, come dovrebbe accadere secondo la PPP. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) Un altro disequilibrio fondamentale può essere causato da uno spostamento generale della domanda aggregata per i prodotti di un paese. I tassi di cambio flessibili si aggiusterebbero automaticamente per stabilizzare una domanda aggregata o una produzione alte o basse, mantenendo di conseguenza la produzione più vicino al suo valore normale e stabilizzando anche le variazioni dei prezzi nel lungo periodo. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.5: Effetti di una diminuzione della domanda di esportazioni Riduzione della domanda aggregata Il deprezzamento porta a maggior domanda e produzione di prodotti domestici I cambi fissi implicano una riduzione della produzione pari alla riduzione iniziale della domanda aggregata Gli effetti di una riduzione della domanda di esportazioni (indicata dallo spostamento da DD1 a DD2) sono diversi in regime di cambi flessibili e di cambi fissi. (a) Con cambi flessibili, la produzione si riduce solo a Y2 poiché il deprezzamento della valuta (da E1 a E2) sposta nuovamente la domanda verso i beni di produzione interna. (b) Con il tasso di cambio fisso a E1, la produzione si riduce fino a Y3, poiché la banca centrale riduce l’offerta di moneta (manovra rappresentata dallo spostamento da AA1 a AA2). (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) Nel lungo periodo, in cambi fissi si verifica un deprezzamento reale dei prodotti domestici al ridursi dei prezzi (a causa di domanda aggregata, produzione e occupazione ridotte). Nel breve e nel lungo periodo, in regime di cambi flessibili si verifica un deprezzamento reale dei prodotti domestici attraverso un deprezzamento nominale. I cambi fissi non possono sopravvivere a lungo in un mondo con politiche macroeconomiche divergenti e altre variazioni che influenzano la domanda aggregata nazionale e il prodotto nazionale in modo diverso. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) I cambi flessibili inoltre possono in certi casi evitare la speculazione. I cambi fissi non sono sostenibili se i mercati ritengono che la banca centrale non abbia abbastanza riserve ufficiali internazionali. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) Simmetria (non possibile nel sistema di Bretton Woods) Ora agli USA è permesso di modificare il tasso di cambio, come agli altri paesi. Gli altri paesi possono aggiustare la loro offerta di moneta per obiettivi macroeconomici, come gli Stati Uniti. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Dopo il 1973 Nel 1975, i membri del FMI si incontrarono a Rambouillet, in Francia, per permettere tassi di cambio flessibili, ma per evitare “fluttuazioni erratiche”. Nel 1976 a Kingston, in Giamaica, emendarono gli articoli dell’accordo di partecipazione al FMI per incorporare formalmente i tassi flessibili, Ma si vietava ai membri di “manipolare i tassi di cambio… per guadagnare un ingiusto vantaggio competitivo”, cioè non erano permesse politiche di riallocazione della spesa. Gli articoli approvarono la “sorveglianza” reciproca dei membri per aver la certezza di un comportamento corretto. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Dopo il 1973 (segue) A causa di una politica monetaria restrittiva e di una politica fiscale espansiva negli USA, il dollaro si apprezzò di circa il 50% nei confronti di 15 valute nel periodo 1980–1985. Ciò contribuì al crescente disavanzo del conto corrente rendendo le importazioni più economiche e i beni statunitensi più cari. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Tabella 8.2 Dati macroeconomici per le principali regioni industrializzate dal 1963 al 2009 (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.6 Indici di tasso di cambio effettivo nominale e reale del dollaro dal 1975 al 2010 (Fonte: Fondo Monetario Internazionale, International Financial Statistics.) (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazonale 2
Dopo il 1973 (segue) Per ridurre il valore del dollaro, Germania, Giappone, Gran Bretagna e Francia annunciarono nel 1985 che sarebbero intervenuti congiuntamente nei mercati dei cambi per deprezzare il valore del dollaro. Il dollaro cadde bruscamente il giorno successivo e continuò a scendere dato che gli USA continuarono una politica monetaria più espansionistica, spingendo al ribasso i tassi di interesse. La dichiarazione è conosciuta come accordi del Plaza, perché fu realizzata all’Hotel Plaza di New York. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Dopo il 1973 (segue) Dopo la caduta del valore del dollaro, i paesi erano interessati alla stabilizzazione dei tassi di cambio. USA, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Francia e Canada annunciarono nel 1987 una nuova cooperazione, con l’impegno di stabilizzare i tassi di cambio correnti. Calcolarono delle bande di circa +/- 5% in cui i tassi di cambio correnti potevano fluttuare. L’annuncio è noto come “accordi del Louvre”, perché fu fatto al Louvre di Parigi. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Dopo il 1973 (segue) Non è del tutto chiaro se gli accordi del Louvre hanno avuto successo nello stabilizzare i tassi di cambio. Il crollo del mercato azionario nell’ottobre 1987 rese la stabilità della produzione un obiettivo primario per la banca centrale USA e la stabilità del tasso di cambio un obiettivo secondario. Dopo l’ottobre del 1987 furono decisi (segretamente) nuovi obiettivi, ma dagli inizi degli anni 90, le banche centrali non cercarono più di adeguarsi a questi o ad altri obiettivi. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Tuttavia dal 1973 si sono sviluppati molti sistemi di cambi fissi. Dopo il 1973 (segue) Tuttavia dal 1973 si sono sviluppati molti sistemi di cambi fissi. Il Sistema Monetario Europeo e l’eurozona (studiati nel capitolo 20). La Cina ha fissato la sua valuta. I paesi ASEAN hanno considerato tassi di cambio fissi e il coordinamento della politica. Nessun sistema è corretto per tutti i paesi in tutti i periodi. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.7 Tassi di cambio nominali sul dollaro: Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Giappone, 1973 - 2009 (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.8 Inflazione in Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti dal 1973 al 2009 (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Interdipendenza macroeconomica in regime di cambi flessibili In precedenza, abbiamo ipotizzato che i paesi fossero “piccoli”, cioè le loro politiche non influenzano i mercati mondiali. Per esempio, un deprezzamento della valuta domestica non ha un influenza significativa sulla domanda aggregata, la produzione e i prezzi nei paesi stranieri. Per paesi come il Costa Rica, questa può essere una descrizione accurata. Tuttavia, grandi economie come gli USA, l’UE, il Giappone e la Cina sono interdipendenti perché le politiche di un paese influenzano le altre economie. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Interdipendenza macroeconomica in regime di cambi flessibili (segue) Se gli USA aumentano permanentemente l’offerta di moneta, il modello DD-AA prevede nel breve periodo: un aumento della produzione e del reddito USA. un deprezzamento del dollaro. Quali sarebbero gli effetti per il Giappone? un aumento della produzione e del reddito USA fa crescere la domanda di prodotti giapponesi, incrementando quindi la domanda aggregata e la produzione in Giappone. un deprezzamento del dollaro implica un apprezzamento dello yen, riducendo la domanda di prodotti giapponesi e quindi riducendo la domanda aggregata e la produzione in Giappone. l’effetto complessivo di (1) e (2) è ambiguo. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Interdipendenza macroeconomica in regime di cambi flessibili (segue) Se gli USA aumentano in modo permanente la spesa pubblica, il modello DD-AA prevede: un apprezzamento del dollaro Quali sarebbero gli effetti in Giappone? un apprezzamento del dollaro implica un deprezzamento dello yen e ciò fa crescere la domanda di prodotti giapponesi e quindi aumentare la domanda aggregata e la produzione in Giappone. Quali sarebbero gli ulteriori effetti negli USA? Maggior produzione e reddito in Giappone significa che più reddito è speso nei prodotti USA, incrementando la domanda aggregata e la produzione negli USA nel breve periodo. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Interdipendenza macroeconomica in regime di cambi flessibili (segue) In effetti, gli Stati Uniti sono dipendenti dai risparmi di diversi paesi e hanno preso a prestito ingenti quantità di denaro. Gli stati uniti hanno registrato deficit di conto corrente per molti anni a causa dei loro bassi risparmi e degli elevati investimenti. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.9 I prezzi delle case negli Stati Uniti, 2000 - 2010 (Fonte: Case-Shiller 20-city composite index, da http://www.macromarkets.com/csi_housing/sp_caseshiller.asp.) (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.10 Squilibri esterni globali, 1999 - 2009 (Fonte: Fondo Monetario Internazionale, World Economic Outlook Database.) (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Interdipendenza macroeconomica in regime di cambi flessibili (segue) Ma se i paesi stranieri spendono di più e danno meno a prestito agli Stati Uniti: I tassi di interesse aumentano leggermente, Il dollaro statunitense si deprezza; Il conto corrente statunitense aumenta (diventa meno negativo). (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.11 Tassi di interesse reali a lungo termine per gli Stati Uniti, Canada e Svezia, 1999 - 2010 (Fonte: Global Financial Data e Datastream. I tassi di interesse reali sono una media mobile semestrale dei tassi di interesse mensili dei titoli di stato a dieci anni indicizzati all’inflazione.) (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8.12 Andamento dei tassi di cambio e differenziali di inflazione, 1973 - 2009 Nel periodo dei tassi di cambio flessibili, preso nel complesso, una maggiore inflazione è stata associata a una maggiore svalutazione delle monete. La relazione esatta prevista dalla PPP relativa non è stata comunque soddisfatta per molti paesi. (Fonte: Fondo Monetario Internazionale e Global Financial Data.) (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Sommario Equilibrio interno significa che l’economia gode di produzione e occupazione normali e stabilità dei prezzi. Equilibrio esterno significa approssimativamente un livello costante di riserve ufficiali internazionali o un saldo del conto corrente che non è troppo positivo o troppo negativo. Il gold standard aveva due meccanismi che aiutavano ad evitare squilibri esterni Meccanismo price-specie-flow: aggiustamento automatico dei prezzi con i flussi d’oro in entrata o in uscita da un paese. Regole del gioco: acquisto o vendita di attività domestiche da parte delle banche centrali per influenzare i flussi di capitale finanziario. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Sommario (segue) L’accordo di Bretton Woods nel 1944 istituì i cambi fissi, usando il dollaro come valuta di riserva. Fu anche fondato il FMI per offrire ai paesi finanziamenti dei disavanzi della bilancia dei pagamenti e per giudicare se erano necessari cambiamenti dei cambi fissi. Con il sistema di Bretton Woods, si usava la politica fiscale per ottenere sia l’equilibrio interno che esterno, ma questa politica non è in grado di ottenere entrambi gli obiettivi simultaneamente, e ciò ha portato spesso a squilibri esterni. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Sommario (segue) Gli squilibri interni ed esterni degli USA – causati dalla rapida crescita della spesa pubblica e dell’offerta di moneta – e la speculazione sul valore del dollaro in oro e altre valute alla fine fece cadere il sistema di Bretton Woods. L’alta inflazione generata dalle politiche macroeconomiche USA si trasferì agli altri paesi verso la fine del sistema di Bretton Woods. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Sommario (segue) Le argomentazioni a sostegno dei cambi flessibili sostengono che essi concedono autonomia alla politica monetaria, possono stabilizzare l’economia in caso di variazioni della domanda aggregata e della produzione e possono limitare alcune forme di speculazione. Le argomentazioni contro i cambi flessibili sostengono che possono causare politiche di riallocazione della spesa, rendere la domanda aggregata e la produzione più volatili a causa di politiche non coordinate tra i paesi e rendere più volatili i tassi di cambio. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Sommario (segue) Dal 1973, i paesi hanno intrapreso 2 principali sforzi globali per influenzare i tassi di cambio: Gli accordi del Plaza hanno ridotto il valore del dollaro rispetto alle altre principali valute. Gli accordi del Louvre ebbero lo scopo di stabilizzare i tassi di cambio, ma furono rapidamente abbandonati. I modelli per i paesi grandi considerano l’influenza che le politiche macroeconomiche domestiche hanno nei paesi stranieri. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Fallimenti del coordinamento internazionale delle politiche economiche Capitolo 8 Appendice 8A Fallimenti del coordinamento internazionale delle politiche economiche adattamento italiano di Novella Bottini (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8A.1 Effetti ipotetici di differenti combinazioni di politica monetaria su inflazione e disoccupazione. Le scelte di politica monetaria in un paese influenzano il risultato delle scelte di politica monetaria nell’altro paese. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2
Figura 8A.2 Matrice dei payoff per differenti scelte di politica monetaria Ogni numero indica la riduzione dell’inflazione corrispondente a un aumento unitario del tasso di disoccupazione (cioè – Δπ / ΔU). Se ogni paese agisce unilateralmente, entrambi scelgono le politiche più restrittive. Politiche meno restrittive, se adottate da entrambi i paesi, conducono a un migliore risultato per entrambi. (c) Pearson Italia S.p.A. - Krurman, Obstfeld, Melitz - Economia internazionale 2