Disturbi dell’apprendimento

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Transcript della presentazione:

Disturbi dell’apprendimento

Definizione di apprendimento E’ un processo attraverso il quale si origina una modificazione stabile nel comportamento conseguente all’esperienza, all’esercizio, all’osservazione

Basi dell’apprendimento Fattori neurobiologici Fattori relazionali Fattori culturali

Fattori neurobiologici Integrità del SNC Maturazione del SNC Consapevolezza o coscienza (attività del SRA) Capacità di memorizzazione (lobo temporale, amigdala, ippocampo)

Esistono due tipi di memoria Memoria a breve termine Memoria a lungo termine

Memoria a breve termine Ci permette di ricordare per alcuni minuti un’informazione Vede in gioco processi chimici, legami tra radicali liberi che però non persistono a lungo.

Memoria a lungo termine Sono in gioco modificazioni microstrutturali con formazione di nuove sinapsi e nuovi microcircuiti stabili nel tempo Importanza dell’integrità dei canali di percezione

Fattori relazionali Ambienti sociali: famiglia e scuola

Famiglia Rapporto con la madre (0-1 anno) Rapporto con i due genitori (2-3 anni)

Scuola Rapporto con i coetanei (>3 anni) e altri adulti (insegnanti)

Fattori culturali Diversità tra famiglia e scuola: richieste, gratificazioni, frustrazioni diverse Ruolo dell’insegnante. Aspettative positive o negative Ruolo dei genitori nell’attivare o meno l’interesse del figlio e nel somministrare in modo equo le frustrazioni

Disturbi di apprendimento Difficoltà aspecifiche di apprendimento: possono manifestarsi all’inizio della scolarizzazione o ad iter scolastico inoltrato Disturbi specifici dell’apprendimento

Difficoltà aspecifiche all’inizio della scolarizzazione Per difficoltà di ambientamento scolastico in bambini privi di una precedente esperienza scolastica (scuola materna); costituiscono il fenomeno definibile come “separation anxiety disorder”.  Si può avere anche la condizione di un bambino proveniente da un ambiente carente sul piano socio-culturale che improvvisamente si trova in un ambiente che gli pone richieste di un livello molto più alto. Il fattore inibitorio è presente in entrambe queste condizioni, che dal punto di vista culturale sono opposte; l’evoluzione può essere nel primo caso verso disturbi di tipo ansioso-nevrotico e nel secondo verso disturbi reattivi del comportamento definibili come “disordini della condotta”.

Difficoltà aspecifiche ad iter scolastico inoltrato Ritardi mentali lievi che possono non emergere in età prescolare; sono definibili come pseudo-normalità intellettive. Il Q.I. all’inizio può essere ai limiti della norma, ma scivola presto verso i limiti inferiori, o sotto già nel 2° ciclo elementare al momento del passaggio all’operatorietà astratta. Disarmonie evolutive che rappresentano un campo assai vasto, in cui comprendiamo la disfunzione cerebrale minima, i disordini borderline della personalità la sindrome iperattività-­disattenzione, le prepsicosi. Queste forme possono essere caratterizzate da “piccoli segni neurologici”, come modeste alterazioni elettrrofisiologiche o alterazione degli equilibri neuromedatoriali. Episodi depressivi minori, che si possono osservare con una certa frequenza nei bambini in età scolare e che si manifestano con un calo immotivato dell’impegno scolastico ed una coartazione della vita sociale, degli interessi in genere, tristezza, facilità al pianto, discorsi sulla morte, idee di colpa e/o comportamenti suicidali. Le epilessie infracliniche in cui in cui si possono avere molte crisi pluriquotidiane: ad es. il piccolo male o condizioni come 1’ESES (POCS) o la sindrome di Landau-Kleffner.

Disturbi specifici di apprendimento Sono situazioni di cui non può essere spiegata l’origine: non possono essere documentate alterazioni di sorta; l’EON è normale o solo lievemente alterato Hanno tendenza a migliorare Vengono alla luce in rapporto all’attività scolastica Sono stati correlati ad una “disfunzione cerebrale minima”

Eziopatogenesi complessa Ipotesi ereditaria Ipotesi lesionale Ipotesi psicologica (frustrazioni etc…)

Alcuni esempi Dislessia Disortografia Discalculia

Dislessia Difficoltà di apprendimento della lettura in livello di intelligenza normale, senza deficit sensoriali. Si associa quasi sempre a disortografia

Dislessia: incidenza 3,8 % (Stella e coll.) Dislessia evolutiva (disturbo congenito permanente di una funzione neurologica superiore che determina incapacità di decodificare un simbolo grafico trasformandolo in suono con mancanza di automatismo) 20-25 % Difficoltà di letto-scrittura di altro tipo Si manifestano tra i 7 e i 12 anni

Dislessia evolutiva: sintomatologia Incapacità a distinguere caratteri molto simili (M-N; B-D; B-P; T-D; F-V ) per forma e suono Inversioni Omissioni Sostituzioni Scrittura speculare

Dislessia evolutiva: forme E’ possibile distinguere due forme di dislessia: la dislessia superficiale per cattivo funzionamento della via lessicale e la dislessia fonologica con cattivo funzionamento della via fonologica La prima via è definita via LESSICALE (o di accesso diretto), in quanto consente il riconoscimento di parole conosciute e memorizzate. Il lettore esperto utilizza entrambe le vie: la via lessicale viene rinforzata dall’esercizio. La seconda via, che richiede un processo di analisi delle singole unità sub lessicali, è detta FONOLOGICA: nei modelli neuropsicologici la decodifica del grafema e la sua conversione nel corrispondente fonema rappresenta il nocciolo del processo della lettura, in quanto consente la lettura delle parole incontrate per la prima volta.

Dislessia evolutiva: caratteristiche La dislessia è in definitiva caratterizzata da un ritardo di lettura severo e persistente che resiste ai comuni metodi di insegnamento ed ai tentativi di recupero ed è caratterizzato particolarmente da una difficoltà di automatizzazione della lettura (il bambino dislessico mostrerebbe difficoltà a fissare le corrispondenze grafema-fonema ed a velocizzare questo processo e quindi a passare alla successiva fase di decodifica di unità morfologiche). Molti dati riportano una prognosi più favorevole di questo disturbo in bambini in cui il Q.I. è più elevato, in quanto migliori qualità cognitive consentono una maggiore possibilità di sviluppare efficaci strategie di compenso di tipo metacognitivo.

Disortografia Si associa alla dislessia Dettato: inversioni, trasformazioni, omissioni Testo libero: vocabolario povero, testo scarno

Discalculia Difficile diagnosi differenziale Difficoltà a contare (ci si aiuta con le dita) Difficile l’acquisizione del concetto di numero Quasi impossibili le 4 operazioni

Disturbi associati Alterazioni del linguaggio Disturbi della lateralizzazione Alterazioni dell’orientamento spazio-temporale Disturbi emotivi (tics, enuresi, fobie, ansia)

Diagnosi Anamnesi: familiarità Esame neurologico: negativo Livello intelligenza: Q.I.P.> Q.I.V. Esame della lettura Esame della scrittura Tests specifici: batteria per la valutazione della dislessia e della disortografia evolutiva (Sartori, Job, Tressoldi); prove MT di lettura (Cornoldi-gruppo MT); batteria di valutazione neuropsicologica per l’età evolutiva- BVN 5-11 (Bisiacchi, Cendron, Gugliotta, Tressoldi, Vio) EEG: normale Esame audiometrico Visita oculistica

Diagnosi differenziale Ipodotazione intellettiva Disfasie Ipoacusia Cattiva iniziazione alla lettura Ambliopia o altri disturbi visivi

Interventi da applicare in ambito scolastico Spesso è inutile e dannoso insistere con la lettura E’ utile proporre al bambino dislessico vie alternative per gli apprendimenti, senza abbandonare del tutto la letto-scrittura: sono utili le registrazioni, l’uso di audio-visivi, l’utilizzo di ausili quali il computer e la calcolatrice Bisogna adottare elasticità nelle proposte didattiche e nelle prove valutative (tempi maggiori, unità didattiche brevi) L’insegnante di sostegno non è la risposta adeguata nei confronti di queste problematiche, tuttavia l’insegnamento individualizzato (attraverso anche altre forme) rappresenta in queste sistuazioni la modalità necessaria.