Cultura popolare e cultura di massa Dalla scuola di Francoforte alla scuola di Birmingham Studi culturali e media
‘Negli undici anni sotto la sua guida il centro conobbe uno sviluppo spettacolare, gettando le basi di studi e ricerche - sulla cultura popolare britannica, sulle sottoculture e le mode giovanili, sui mass-media, sulle arti visive, sul razzismo e sull’etnicità destinati a lasciare traccia prima nel dibattito britannico e poi in quello internazionale.’ (Mellino, p.8) ‘diverse volte Hall ha affermato di essere sempre stato interessato non alla teoria in sé (o fine a sé stessa) quanto al “teorizzare” le diverse congiunture storiche.’ (Mellino, p.9)
‘Il principale contributo che Stuart Hall ha finora apportato al pensiero critico degli ultimi cinquant’anni consiste nel sostenere e dimostrare che ‘le questioni culturali sono questioni assolutamente politiche’ (Procter p. 1)
‘Nato a Kingston, in Giamaica, nel 1932, Hall è cresciuto in una famiglia da lui stesso definita ‘piccolo borghese, che voleva essere una famiglia alto-borghese, che tentava di essere una famiglia vittoriana inglese.’ (Procter, p. 4)
‘Hall descrive come oppressiva la sua educazione all’interno di un ambiente coloniale e così attento alle appartenenze di classe. Si sentiva alienato dalla famiglia a causa della sua pelle relativamente scura e dei crescenti dissidi con la madre che ‘pensava di essere praticamente inglese’.’ (Procter, p. 4-5)
‘Se Hall fu, per certi aspetti, una figura centrale nella nascita del campo degli studi culturali in Gran Bretagna, ciò è stato in parte grazie alle intuizioni derivanti dal suo rapporto decentrato e controverso con le idee dominanti di ‘Inghilterra’ e ‘Inglesità’ (Procter, p. 4-5)
‘Le trasformazioni che ebbero luogo nella cultura britannica negli anni Cinquanta forniscono il contesto fondamentale per comprendere le prime fasi del pensiero di Hall sulla cultura popolare.’ (Procter p. 15) La società del benessere; piena occupazione; crescita del tempo libero, da produttori a consumatori; crisi della sinistra socialista.
Hall scelse di affrontare proprio questa crisi negli anni Cinquanta e Sessanta, attraverso una serie di articoli sulla politica, la letteratura e l’istruzione, pubblicati principalmente dalla New Left Review. In questi articoli, Hall e altri critici operarono una seria analisi della nuova società dei consumi e delle forme di cultura popolare a essa associate; la sinistra tradizionale aveva semplicemente ripudiato tali manifestazioni nella nuova società post-bellica’ (Procter p. 16)
‘In sostanza, laddove il marxista per così dire ‘volgare’ sosterrebbe che l’economia determini la produzione culturale (“determinismo economico”), Hall, accanto ad altri intellettuali della New Left, sostiene che i processi culturali determino a loro volta il clima sociale ed economico.. Si arriva alla conclusione che la politica sia inseparabile dalla cultura popolare e che la cultura popolare sia centrale (e non secondaria) al dibattito politico (Procter p. 20-21)
Che cos’è la cultura popolare Che cos’è la cultura popolare? Cultura popolare pre-industriale (folk): comunità, rituale Cultura di massa (industrializzazione) Cultura popolare: spazio di negoziazioni di significati attraverso cui si dispiega la lotta per l’egemonia (Antonio Gramsci)
Scuola di Francoforte Institut für Sozialforschung (1923) Walter Benjamin (1892-1940) Theodor Adorno (1903-1969) Max Horkheimer (1895-1973) Jurgen Habermas (1929-) (Wilhelm Reich, Leo Lowenthal etc)
La comunicazione di massa (1890-1960) Rivoluzione industriale e società di massa I nuovi media della comunicazione di massa: Fotografia (dalla seconda metà dell’800) Cinema (primi film 1895) Radio (dagli anni ‘20) Televisione (dal 1950)
La comunicazione di massa e la modernità (1890-1960) Economia/società: industrializzazione, urbanizzazione, società dei consumi e dello spettacolo, semiotizzazione dell’economia Le avanguardie artistiche (surrealismo, dada, futurismo etc) Eventi storici e geopolitici: guerre mondiali, totalitarismi, rivoluzioni Picasso ‘I tre ballerini’ 1925
Benjamin contro Adorno
Theodor W. Adorno Il carattere di feticcio in musica e la regressione dell’ascolto (1938) Theodor W. Adorno e Max Horkheimer L’industria culturale. Illuminismo come mistificazione di massa (1947)
Le società nazi-fasciste, socialiste e capitaliste sono ugualmente caratterizzate dal dominio della razionalità strumentale: “Adorno è fuggito dalla Germania nazista e viene a contatto diretto con l’altra faccia della società di massa: dal totalitarismo della violenza del nazismo a un’altra forma di totalitarismo quello fondato sull’onnipotenza del mercato. Mentre il primo riduce la società ad una caserma, spinge un’intera nazione all’autodistruzione della guerra totale e insieme progetta l’eliminazione fisica di un intero popolo, il secondo agisce sulle emozioni, gli affetti, gli impulsi, soprattutto quelli latenti, per fare della società un grande supermercato.” (Ricciardi p. 147)
2. La cultura prodotta dall’industria culturale è caratterizzata dall’esportazione dei principi della produzione industriale nell’ambito della cultura (standardizzazione, pseudo-individualità etc)
‘Lo strumento di questo ‘asservimento’ non è il comando politico o la forza repressiva: è quello che Adorno chiama la ratio tecnologica, cioè l’affermazione del valore assoluto e oggettivo della tecnica applicata alla produzione. Essa impone la necessità di un progresso caratterizzato dal continuo aumento dei volumi di produzione delle merci e dall’estensione incontrollata delle dimensioni del mercato e dei consumi. Le parole chiave in negativo sono standardizzazione, tutto uguale.’ (Ricciardi p. 147)
3. Il consumatore dei prodotti dell’industria culturale è alienato, atomizzato e infantilizzato: ‘…ciò che è più conosciuto ha maggior successo e per questo viene continuamente eseguito e dunque sempre meglio conosciuto… L’attuale tipo di ascolto è quello di individui regrediti inchiodati a uno stadio di sviluppo infantile… Ma essi non sono infantili, bensì infantilistici.., […]gli ascoltatori regrediti si comportano come i bambini, e continuano a desiderare ostinatamente sempre la stessa pappa che gli hanno messo davanti una volta.” (Adorno Il carattere di feticcio della musica e il regresso dell’ascolto cit p. 144)
Walter Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1936)
1. L’opera d’arte è sempre stata riproducibile tecnicamente, ma nella società di massa moderna la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte è diventata la modalità principale di produzione e fruizione dell’esperienza estetica (litografia, fotografia, cinema)
2. La riproducibilità tecnica dell’opera d’arte comporta la perdita dell’hic et nunc o aura dell’opera d’arte. “La sua esistenza unica è irripetibile nel luogo in cui si trova.”l’ ’autenticità e l’originalità dell’opera d’arte tradizionale. Nel caso della fotografia e del cinema è proprio il concetto di ‘autentico’ che viene a mancare’
‘La diffusione ‘di massa’ degli oggetti artistici mette in discussione il valore cultuale dell’arte e ne afferma invece il valore espositivo. Attribuire all’opera d’arte un valore cultuale significa inserirla in una tradizione in cui il fruitore non ha diritto di parola: è l’autorità che ne determina la diffusione, il valore e il significato sono un valore assoluto, un valore religioso e quindi non discutibile.’ (Ricciardi p. 132)
3. Una volta liberatasi da questo legame con l’originale e l’autentico, l’opera d’arte può essere appropriata dalle masse, che possono fruirne dove e come vogliono.
‘Moltiplicando la riproduzione essa pone al posto di un evento unico una serie quantitativa di eventi. E permettendo alla riproduzione di venire incontro a colui che ne fruisce nella sua particolare situazione, attualizza il riprodotto… Il suo significato sociale è.. La liquidazione del valore tradizionale dell’eredità culturale.’ (Benjamin in Ricciardi p. 33)
4. Ambivalenza degli esiti politici della riproducibilità: politicizzazione dell’arte o esteticizzazione della politica? (cf Lewis Hine 1910, St Louis, Missouri)
‘Fiat ars – pereat mundus’, dice il fascismo, e, come ammette Marinetti, si aspetta dalla guerra il soddisfacimento artistico della percezione sensoriale modificata dalla tecnica. E’ questo, evidentemente, il compito dell’arte per l’arte… La sua autoestraniazione ha raggiunto un grado che le permette di vivere il proprio annientamento come un godimento estetico di prim’ordine. Questo è il senso dell’estetizzazione della politica che il fascismo persegue. Il comunismo gli risponde con la politicizzazione dell’arte.’ (Benjamin L’Opera d’arte nell’epoca..)
La cultura popolare in Italia Umberto Eco ‘Fenomenologia di Mike Bongiorno’ (1961) Pierpaolo Pasolini Scritti Corsari (1973-1975)