Il rischio cardiovascolare nel paziente nefropatico:

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Il rischio cardiovascolare nel paziente nefropatico: DALLA MICROALBUMINURIA ALL’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA: UN PROGRESSO INEVITABILE? Il rischio cardiovascolare nel paziente nefropatico: implicazioni terapeutiche Realizzato con il contributo educazionale di

Associazione tra malattie renali e ipertrofia ventricolare sinistra (1827-31) R. Bright 1789-1859 L’associazione tra rene e malattie cardiovascolari può essere fatta risalire ad oltre due secoli fa. Sir Richard Bright fu il primo a descrivere sulla base dei riscontri autoptici di pazienti nefropatici una associazione non casuale tra ingrandimento del cuore e raggrinzimento dei reni. Oggi possiamo interpretare tale descrizione sulla base delle nostre conoscenze fisiopatologiche: è infatti ben noto che l’ipertrofia ventricolare sinistra conseguente ad un prolungato stato ipertensivo è tipica della malattia renale cronica.

Malattia renale cronica e rischio cardiovascolare 100 10 1 Mortalità annuale (%) 0.1 Emodialisi Popolazione generale 0.01 Mortalità CV in dialisi Il legame tra CKD e patologia CV, già così evidente quando la funzione renale è ancora relativamente conservata, diventa ancora più stretto quando il paziente raggiunge la fase dell’ESRD. Il rischio di morte per cause CV per ogni fascia di età è nettamente aumentato nella popolazione in dialisi rispetto alla popolazione generale non uremica. Come si può dedurre da questa diapositiva, che è ormai divenuta un’icona della cardionefrologia, la forbice è particolarmente netta per le fasce di età più giovani, per cui un dializzato di circa 30 anni ha le stesse probabilità di morire per cause CV di un soggetto con normale funzione renale di oltre 75 anni di età (18). 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75-84 > 85 Età, anni Foley RN et al, J Am Soc Nephrol 1998

Rischio di eventi cardiovascolari in base alla presenza di nefropatia o coronaropatia R.R. (95 % C.I.) Insufficienza renale Microalbuminuria e microalbuminuria Coronaropatia Più recentemente è stato documentato che la presenza di alterazioni renale anche lievi comporta già un significativo aumento del rischio cardiovascolare. 0.5 1 1.25 1.5 2.0 2.5 Rischio aumentato Il valore predittivo dell’insufficienza renale e della microalbuminuria è paragonabile a quello della presenza di coronaropatia e diventa ancora più evidente quando essi sono presenti entrambi. Mann JF, Yusuf S et al., Ann Int Med, 2001

Stadi di malattia renale e cardiovascolare ESRD CHF End-stage MRC ( GFR) Progressione Eventi CV Albuminuria Proteinuria Sviluppo TOD CAD IVS Anziani, DM, HTN A rischio Elderly, DM, HBP Il “continuum cardiorenale”: dall’esposizione ai fattori di rischio allo sviluppo del danno d’organo. Poiché lo siluppo di danno cardiaco e renale procede di pari passo nel paziente iperteso dall’esposizione ai fattori di rischio fino alla manifestazione clinica conclamata di danno d’organo (endpoint intermedi) ed infine all’evento (rispettivamente infarto o scompenso e ESRD), alcuni autori anno coniato il termine “intersezione cardiovascolare” per descrivere questo fenomeno che non solo ha meccanismi fisiopatologic comuni ma anche importanti implicazioni cliniche ( ).   Sarnak MJ, Greene T, Wang X, Beck G Cusek JW, Collins AJ, Levey AS. The effect of a lower target blood pressure on the progression of kidney disease: long-term follow-up of the modification of diet in renal disease study. Ann Intern Med. 2005 Mar 1;142(5):342-51. Malattia renale cronica Malattia cardiovascolare Sarnak MJ. Am J Kidney Dis 2000

20 -200 x 5x Il rene come sensore di rischio CV 3-5 x CRF Trapianto Rischio Cardiovascolare 3-5 x Fasi successive di malattia renale cronica CRF 20 -200 x Terapia sostitutiva Il rene come “sensore” del rischio cardiovascolare. Il rene può dunque essere considerato un sensore del rischio cardiovascolare del paziente. La presenza di insufficienza renale cronica comporta un aumento di 3-5 rispetto alla popolazione di pari età. Tale rischio aumenta in modo esponenziale (fino a 200 volte) nei pazienti in dialisi e si riduce nuovamente quando il filtrato glomerular eviene ripristinato dal trapianto di rene. Rigetto cronico 5x Trapianto

Stadi della malattia renale cronica (CKD) Filtrato Glomerulare, ml/min Stadio I Marcatori Urinari (AlbU/ProtU, etc.) Stadio II Disfunzione Renale Lieve Stadio III Disfunzione Renale Moderata Stadio IV Disfunzione Renale Severa Stadio V Uremia (ESRD) La classificazione della CKD in stadi La classificazione più accreditata della malattia renale cronica (CKD) è quella delle K/DOQI americane (2). Gli stadi 1-2 sono caratterizzati dalla presenza di segni di interessamento renale, come proteinuria dosabile o microematuria, in assenza di riduzione dei valori calcolati di filtrato glomerulare (GFR), che risultano superiori a 60 ml/min. Lo stadio 3 è caratterizzato dalla riduzione del GFR a valori inferiori a 60 ml/min, indipendentemente dalla presenza di segni di danno renale. Attraverso lo stadio 4 la CKD progredisce poi fino all’ESRD (stadio 5) cui corrispondono valori di GFR inferiori a 15 ml/min e che coincide con l’inizio del trattamento sostitutivo della funzione renale mediante dialisi o trapianto. 130 120 110 100 90 80 70 60 50 40 30 20 15 10 0 Filtrato Glomerulare, ml/min

La Malattia Renale Cronica è molto prevalente Albuminuria, lieve GFR Stadio Descrizione GFR (ml/min/1/73 m2) Prevalenza USA GRONINGEN 1 Albuminuria, GFR normale o  > 90 3.3% 1.3% 2 Albuminuria, lieve GFR 60 - 89 3.0% 3.8% 3 Moderata  GFR 30 - 59 4.3% 5.3% 4 Severa  GFR 15 - 29 0.2% 0.1% 5 Uremia < 15 or RRT 0.0% Totale 11.0% 10.5% La malattia renale cronica nei suoi vari stadi è relativamente frequente nella popolazione generale (intorno al 10-12%). Nei sottogruppi a maggior rischio cardiovascolare, ipertesi, diabetici, anziani e obesi la prevalenza di danno renale raggiunge il 30-50%. K/DOQI Clinical Practical Guidelines Am J Kidney Dis 2003 Coresh et al; Am J Kidney Dis 2004 De Zeeuw et al; Kidney Int; in press

Struttura della presentazione Rischio cardiovascolare nei pazienti con malattia renale cronica in trattamento conservativo (diapositive 10-17) Rischio cardiovascolare nei pazienti con ESRD in trattamento sostitutivo dialitico (diapositive 19-24) Rischio cardiovascolare nel trapiantato di rene (diapositive 26-32) L’intervento terapeutico nelle varie fasi della malattia renale cronica (slides 34-49)

Fattori di rischio cardiovascolare nell’IRC Fattori di rischio “tradizionali” Età avanzata Prevalenza maschile Ipertensione Aumento LDL colesterolo Riduzione HDL colesterolo Diabete mellito Tabagismo Sedentarietà Stress psicosociale Familiarità per malattie CV Fattori di rischio “specifici” Albuminuria/proteinuria Aumento del volume extracellulare Squilibri elettrolitici Ipertrigliceridemia Anemia Malnutrizione Fattori trombogenici Stress ossidativo Iperomocisteinemia Infezioni/infiammazione Tossine uremiche Insufficienza renale e fattori di rischio cardiovascolare. Accanto ai fattori di rischio cardiovascolare di tipo tradizionale (pannello sinistro) i pazienti con una riduzione anche lieve del filtrato glomerulare sono in genere caratterizzati da numerosi altri fattori di rischio peculiari dell’insufficienza renale (pannello ds). Tra questi merita di essere riscirdata la pesenza di anemia. ( ) Sarnak MJ, Levey AS. Epidemiology, diagnosis, and management of cardiac disease in chronic renal disease. J Thromb Thrombolysis. 2000 Oct;10(2):169-80. Review.   Sarnak MJ. Am J Kidney Dis 2000

Prevalenza di fattori di rischio CV in 1058 pazienti con CKD agli stadi 3-5 non in dialisi * * * Prevalenza di fattori di rischio CV tradizionali e specifici nella CKD Questa interessante analisi cross-sectional condotta in Italia su oltre 1000 pazienti con CKD agli stadi 3-5 non ancora in trattamento dialitico (9) mostra che la prevalenza di fattori di rischio CV sia tradizionali sia specifici della malattia renale è già molto elevata per valori di GFR appena ridotti (CKD stadio 3) e tende ad aumentare progressivamente con l’ulteriore ridursi del GFR. E’ interessante notare che l’ipertensione arteriosa è descritta in quasi il 90% dei soggetti e ciò configura una condizione di rischio CV elevatissima per tutti i pazienti con insufficienza renale indipendentemente dallo stadio della CKD. * p almeno < .01 (2 ) De Nicola L, Kidney Int 2006

Prevalenza di disfunzione renale e danno d’organo cardiovascolare n = 358, durata ipertensione 36 mesi (mediana), PA 158/101 mmHg P = 0.002 P < 0.0001 Prevalenza di disfunzione renale, % I pazienti con ipertensione arteriosa e disfunzione renale lieve mostrano compromissione d’organo polidistrettuale. La prevalenza di disfunzione renale aumenta progressivamente all’aumentare della massa ventricolare sinistra (quartili, pannello di sinistra) e dello spessore medio-intimale delle carotidi (quartili, pannello di destra). (19.3-42.4) (42.5-49.9) (50.0-58.4) (58.5-91.5) (0.2--0.54) (0.55-0.69) (0.70-0.89) (0.90-1.40) Quartili di MVSI, g/m 2.7 Quartili di IMT, mm G. Leoncini et al., Hypertension 2003

Malattia Renale Cronica e rischio CV nella popolazione (n = 1,120,295) Mortalità generale Eventi CV Ospedalizzazione Rischio relativo aggiustato Il rischio CV aumenta con il progredire dell’insufficienza renale Addirittura il rischio di eventi CV, di mortalità CV e di ospedalizzazione per cause CV aumenta progressivamente con il ridursi del GFR (7). Il filtrato glomerulare come fattore di rischio cardiovascolare nella popolazione generale. La stima del filtrato glomerulare si è rivelato un accurato predittore di mortalità per tutte le cause e di morbilità cardiovascolare nella popolazione generale ( ). Go AS, Chertow GM, Fan D, Mc Cullogh CE, Hsu CY. Chronic kidney disease and the risks of death, cardiovascular events, and hospitalization. N Engl J Med. 2004 Sep 23;351(13):1296-305 GFR 45-59 ml/min/1.73 m2 GFR 30-44 ml/min/1.73 m2 GFR 15-29 ml/min/1.73 m2 GFR <15 ml/min/1.73 m2 Go AS et al, New Engl J Med 2004

Il livello sierico normale-alto di creatinina è un predittore di rischio CV nell’IA: lo studio PIUMA Q1 Screat ( 0.94 m;  0.79 f) Q2 Screat (0.95-1.04 m; 1.05-1.17 f) Q3 Screat (1.05-1.17 m; 0.87-0.95 f) Q4 Screat ( 1.18 m;  0.96 f) RR 1.30 (C.I. 1.07-1.59), p < 0.01 per ogni 0.23 mg/dL  S creat. Aggiustato per età, sesso, fumo, colesterolo, IVS, protU, PA, Tx 1 4 0.9 Q1 3 p < 0.05 Q1vs Q4 0.8 Q2 Sopravvivenza senza eventi CV 0.7 (%) Eventi CV ogni pz-anno 2 Q3 0.6 Nello studio PIUMA, in un periodo di osservazione di circa 10 anni, i pazienti ipertesi con valori di creatininemia più elevati (pur all’interno del valori di normalità) avevano una maggiore incidenza di eventi cardiovascolari (pannello di sinistra). Sulla destra la prevalenza di eventi Cv in base ai quartili di creatininemia al basale. 1 2 3 4 Q4 1 0.5 N= 1829, p < 0.003 by log-rank test 2 4 6 8 10 Quartili di creatinina sierica Follow-up, anni Schillaci G. et al., Arch Intern Med 2001

L’albuminuria è un predittore di patologia cardiovascolare nella DM di tipo 2 A: U-Prot < 150 mg/L B: U-Prot 150–300 mg/L C: U-Prot > 300 mg/L 1 40 0.9 p < 0.001 A 30 0.8 B Sopravvivenza senza malattie CV 0.7 Incidenza (%) 20 0.6 C 10 Proteinuria e mortalità CV nella popolazione con CKD Anche nei pazienti con CKD, non diversamente da quanto descritto negli ipertesi essenziali, l’incidenza di eventi CV maggiori e la mortalità CV correlano direttamente con l’entità della proteinuria, come evidenzia questo studio di Miettinen (16) in pazienti affetti da nefropatia diabetica. 0.5 Overall: p < 0.001 10 20 30 40 50 60 70 80 90 Ictus Coronaropatia Mesi Miettinen H et al. Stroke 1996; 27: 2033-2039

La microalbuminuria predice la mortalità precoce dopo IMA 35 n = 309 Mortalità al 3° giorno in ospedale, % 12 2 RISCHIO RELATIVO di morte in pazienti dopo IMA, in base alla presenza di ipertensione, albuminuria o entrambi Ipertensione Albuminuria Entrambi Primo giorno 4.2 ( P . 008) 5.4 (P < .0001) 11.1 (P < .0001) Terzo giorno 4.1 (P . 003) 9.8 (P < .0001) 10.2 (P < .0001) Modelli bivariati aggiustati per: età, CK-MB, AST, frequenza cardiaca, scompenso cardiaco, aritmie La microalbuminuria è un predittore di mortalità nel post infarto. La conpresenza di ipertensione arteriosa e microalbuminuria comporta un rischio relativo di morte di circa 11 volte superiore ai pazienti normotesi e normoalbuminurici. Modified from Palatini et al., J Hypertens 1998

Funzione renale e sopravvivenza nei pazienti con insufficienza renale cronica: lo studio PRIME-II 1.0 0.9 0.8 0.7 0.6 0.5 0.4 0.3 n = 1906 Clear. Creat. >76 ml/min Proporzione di sopravvivenza Clear. Creat. 59-76 ml/min Clear. Creat. 44-58 ml/min Nei pazienti con scompenso cardiaco la sopravvivenza è influenzata negativamente dalla presenza di un filtrato glomerulare ridotto. Clear. Creat. <44 ml/min 250 500 750 1000 1250 Giorni Hillege H, Circulation 2000

Struttura della presentazione Rischio cardiovascolare nei pazienti con malattia renale cronica in trattamento conservativo (diapositive 10-17) Rischio cardiovascolare nei pazienti con ESRD in trattamento sostitutivo dialitico (diapositive 19-24) Rischio cardiovascolare nel trapiantato di rene (diapositive 26-32) L’intervento terapeutico nelle varie fasi della malattia renale cronica (slides 34-49)

Prevalenza di patologie del VS all’inizio della dialisi Ecocardiogrammi di 413 nuovi pazienti in emodialisi 28% Dilatazione VS 16% Normale 41% IVS concentrica 16% Disfunzione sistolica Parfrey PS, et al. Nephrol Dial Transplant 1996

Prevalenza di patologia CV nei pazienti in dialisi Prevalenza di patologia CV in dialisi Una delle spiegazioni di questa situazione risiede nella elevata prevalenza osservata nei pazienti in dialisi di coronaropatia e di insufficienza cardiaca (circa 40%) ma soprattutto di LVH (70- 80%) (18). Adattata, da: Foley RN, AJKD 1998

Cardiomiopatia e mortalità CV in dialisi 1,0 0,9 0,8 VS normale 0,7 0,6 IVS concentrica 0,5 Sopravvivenza 0,4 VS dilatato 0,3 Disfunzione sistolica LVH e mortalità in dialisi In effetti è stato ben documentato che le alterazioni della morfologia e della geometria del ventricolo sinistro nel paziente in dialisi si associano a una riduzione della sopravvivenza che è progressivamente più evidente passando dalle forme di LVH concentrica alle forme dilatative e a quelle associate a iniziale disfunzione sistolica del ventricolo sinistro (19). 0,2 0,1 78 Mesi Modificata, da: Parfrey PS, NDT 1996

Rischio di morte e di eventi CV fatali e non fatali in base alla concentrazione di ADMA in 225 emodializzati Morte Eventi CV Disfunzione endoteliale, inibizione del sistema dell’ossido nitrico, dimetil-arginina asimmetrica (ADMA) e rischio CV nell’ESRD. Infine, esistono evidenze sul ruolo della disfunzione endoteliale nella genesi dell’aumentata morbilità CV anche nell’ESRD. Nei pazienti con ridotta funzione renale uno dei fattori responsabili è l’accumulo nel plasma di un potente inibitore endogeno della sintesi di ossido nitrico (NO), la dimetil-arginina asimmetrica (ADMA). Nella popolazione generale elevati livelli di ADMA sono risultati associati ad aumentato rischio CV. Nella coorte dello studio CREED, costituita da 225 pazienti in emodialisi, il rischio di morte per tutte le cause e di eventi CV fatali e non fatali aumentava significativamente nei soggetti con livelli di ADMA oltre il 50° percentile, e l’ADMA risultava addirittura il secondo predittore di prognosi CV sfavorevole nella Cox regression analysis (28). < 50 50-75 > 75 Adattata, da: Zoccali C, Lancet 2001

Rischio relativo di morte in base a differenti categorie di fosforemia in 40538 emodializzati Fosforemia e rischio relativo di morte nei pazienti in dialisi Uno dei meccanismi attraverso i quali si attua la precoce calcificazione vascolare e quindi anche coronarica dei soggetti affetti da ESRD è l’iperfosforemia e il conseguente aumento del prodotto CaxP. In questa analisi condotta su oltre 40000 emodializzati il rischio di morte, e soprattutto di morte cardiaca, aumentava progressivamente con l’aumentare dei valori medi di fosforemia pre-dialitica (25). ;odificata, da Block GA, JASN 2004

Sopravvivenza cumulativa in base ai quartili di PCR in 91 pazienti in emodialisi seguiti per 3 anni PCR come indicatore di infiammazione cronica e mortalità in dialisi Il legame tra infiammazione cronica e rischio CV è stato chiaramente dimostrato anche nell’ESRD. In questo studio condotto su pazienti in emodialisi la sopravvivenza a tre anni dall’inizio dell’osservazione si riduceva progressivamente con l’aumentare della concentrazione plasmatica di uno dei più classici marker di infiammazione, la proteina C reattiva (PCR) (27). Modificata, da: Yeun et al. AJKD 2000

Struttura della presentazione Rischio cardiovascolare nei pazienti con malattia renale cronica in trattamento conservativo (diapositive 10-17) Rischio cardiovascolare nei pazienti con ESRD in trattamento sostitutivo dialitico (diapositive 19-24) Rischio cardiovascolare nel trapiantato di rene (diapositive 26-32) L’intervento terapeutico nelle varie fasi della malattia renale cronica (slides 34-49)

Mortalità CV per fasce di età nei pazienti trapiantati di rene ( ) e nella popolazione generale ( ) 10 1 Mortalità annuale, % .1 .01 Mortalità CV nel trapianto di rene Analogamente a quanto osservato per il paziente dializzato, la mortalità CV rimane molto elevata per tutte le fasce di età anche dopo trapianto di rene, e la patologia CV rimane la principale causa di morbilità e mortalità di questi pazienti (18). .001 Modificata, da: Foley RN, Am J Kidney Dis, 1998

Prevalenza di malattia CV dopo trapianto di rene rispetto alla popolazione generale e alla dialisi Prevalenza, % Patologia CV nel paziente trapiantato Sebbene una riduzione nella prevalenza dei quadri più importanti di malattia CV sia osservabile nel portatore di trapianto di rene rispetto al soggetto con ESRD in dialisi, ci troviamo pur sempre di fronte a prevalenze ben superiori a quelli della popolazione generale (29). In particolare la LVH è presente in circa la metà dei soggetti, mentre l’insufficienza cardiaca (CHF) è circa sei volte più frequente di quanto osservato nella popolazione generale. Una delle cause di questa situazione è rappresentata dal fatto che, anche in presenza di un recupero pressochè completo della funzione renale, un paziente trapiantato di rene presenta un danno d’organo CV che si è già determinato e progressivamente consolidato nella fase precedente dell’ESRD. Da: Rigatto C, Parfrey P, Nat Clin Pract Nephrol 2006

Rischio Relativo di CAD nei pazienti trapiantati di rene rispetto alla popolazione generale del Framingham Heart Study (FHS) Uomini Donne FHS Tx FHS Tx Età 1.05 1.06 1.40 1.10 Col 160-199 1.00 1.00 1.00 1.00 200-239 1.19 2.39 1.28 2.07 240-279 1.66 2.02 1.28 2.44 > 280 1.93 2.25 1.71 1.84 HDL < 35 1.64 1.02 2.32 9.16 45-49 1.00 1.00 1.00 1.00 PA 120-129/80-84 1.00 1.00 1.00 1.00 130-139/85-89 1.33 1.05 0.93 1.26 140-159/90-99 1.68 1.19 1.30 1.63  160/100 1.86 1.47 1.59 0.31 Diabete s/n 1.53 2.78 1.82 5.40 Fumo s/n 1.69 1.95 1.34 1.82 Il rischio di cardiopatia ischemica (CAD) è aumentato nel trapiantato di rene In questo studio è stato valutato l’impatto di differenti fattori di rischio di cardiopatia ischemica (CAD) nei pazienti trapiantati di rene attraverso un confronto con la popolazione generale non selezionata dello Studio Framingham. I predittori del rischio di CAD che sono risultati significativi nel post-trapianto rispetto alla popolazione generale erano l’età, la presenza di diabete e l’abitudine al fumo tra gli uomini, e nuovamente il diabete e bassi livelli di HDL tra le donne (31). E’ interessante notare che l’inadeguato controllo pressorio e l’ipercolesterolemia, pur conferendo un aumento del 50 e rispettivamente del 100% del rischio di CAD nella popolazione trapiantata maschile, non la rendono peraltro maggiormente esposta al rischio di CAD rispetto alla popolazione generale non trapiantata. Adattata, da: Kasiske BL, JASN 2000

Aumentata prevalenza dei fattori di rischio CV tradizionali nei trapiantati di rene Fattore di rischio Pop. generale % Emodializzati % Trapiantati % Ipertensione 21-26 80 70-85 Fumo 26 25 Colesterolo tot > 240 mg/dl 20 60 HDL-colesterolo < 35 mg/dl 15 50 LDL-colesterolo > 130 mg/dl 40 30 Trigliceridi > 200 mg/dl 45 35 Fattori di rischio CV tradizionali nel trapiantato Inoltre la prevalenza dei fattori di rischio CV tradizionali è più elevata nel paziente trapiantato di rene che nella popolazione generale (30). Da: Marcen R, NDT 2006

Possibili meccanismi di danno CV delle principali classi di immunosoppressori nel trapianto di rene Steroidi: volemia ipertensione arteriosa diabete dislipidemia Anti-calcineurinici : azione pro-proliferativa ipertensione arteriosa Sirolimus: dislipidemia La terapia immunosoppressiva come fattore di rischio CV Questa aumentata prevalenza dei fattori di rischio tradizionali è in parte legata agli effetti collaterali della terapia immunosoppressiva. Inoltre i farmaci immunosoppressori possono indurre un aumento del rischio CV anche attraverso meccanismi diretti, come l’attivazione del sistema renina-angiotensina o l’azione pro-proliferativa che sono stati per esempio descritti per gli anti-calcineurinici.

Fattori di rischio di CHF de novo in 638 trapiantati di rene RR (95% CI) Il rischio di insufficenza cardiaca (CHF) de novo nei trapiantati di rene La CHF è una complicanza CV frequente nel trapiantato di rene. In questo studio che ha valutato oltre 600 soggetti con trapianto funzionante, sono stati valutati i fattori di rischio di CHF de novo. Oltre all’incremento della PA e alla riduzione dell’emoglobina, il diabete, l’ipoalbuminemia e la condizione di ricevente da donatore cadavere sembrano rappresentare le condizioni più significativamente associate al rischio di sviluppare una CHF de novo (32). età + 10 aa diabete Hgb – 1g/dl PAS +10 mmHg alb – 1 g/dl don.cadavere Da: Rigatto C, JASN 2002

Sopravvivenza del paziente in funzione della presenza o meno di LVH nel 1° anno dopo trapianto di rene LVH e sopravvivenza nei trapiantati di rene Infine la presenza di LVH a un anno dal il trapianto è associata a una significativa riduzione della sopravvivenza dei pazienti nel follow-up a lungo e lunghissimo termine (33). Questo dato conferma ulteriormente la notevole importanza prognostica di questa condizione che è legata a una aumentata incidenza di CAD, di infarto, di morte improvvisa e di CHF. Adattata da: Rigatto C, JASN 2003

Struttura della presentazione Rischio cardiovascolare nei pazienti con malattia renale cronica in trattamento conservativo (diapositive 10-17) Rischio cardiovascolare nei pazienti con ESRD in trattamento sostitutivo dialitico (diapositive 19-24) Rischio cardiovascolare nel trapiantato di rene (diapositive 26-32) L’intervento terapeutico nelle varie fasi della malattia renale cronica (slides 34-49)

Outcome primario, IM, mortalità CV e mortalità totale in 980 pazienti con CKD (creatinina > 1.4 mg/dl) trattati con ramipril (R) o placebo (P) * * Outcome CV nei pazienti con CKD trattati con ramipril: lo studio HOPE Anche l’uso dell’ACE-inibitore nei pazienti con ridotta funzione renale è risultato associato a ridotta mortalità da tutte le cause e da cause CV, rispetto a quanto osservato nel gruppo in placebo. E’ quanto emerge da questa analisi condotta nei pazienti dello studio HOPE (35). * p almeno < .05 Modificata, da: Mann JFE, Ann Intern Med 2001

Effetto cardioprotettivo della riduzione della proteinuria nella nefropatia diabetica: lo studio RENAAL 2.0 1.5 Hazard ratio per eventi CV 1.0 0.5 Riduzione della proteinuria e cardioprotezione Anche la riduzione della proteinuria rappresenta un obiettivo di intervento sulla prognosi CV dei pazienti con CKD. Una sotto-analisi del trial RENAAL, condotto su 1513 pazienti con nefropatia diabetica secondaria a diabete tipo 2, ha dimostrato che la riduzione della proteinuria nel breve termine (6 mesi) era associata a una più efficace cardioprotezione. In dettaglio, una riduzione del 50% dell’escrezione urinaria di albumina indotta dalla terapia con ARB era il solo predittore significativo di outcome CV favorevole, espresso da una diminuzione del 18% del rischio CV in toto, e del 27% del rischio di sviluppare CHF (36). 0.0 -90 -25 0 25 50 72 Riduzione della proteinuria (%) Modificata, da: De Zeeuw et al., Circulation 2004

Effetti dell’intervento multifattoriale sulla mortalità nel diabete di tipo 2 L’intervento terapeuto multifattoriale nel paziente con disfunzione renale ad alto rischio Lo studio STENO II ha dimostrato come, a prescindere dalle classi farmacologiche impiegate, una strategia terapeutica intensiva che ottenga obiettivi ambiziosi ed individualizzati produce già nel medio termine una significativa riduzione degli endpoint macrovascolari (infarto miocardio, ictus) e microvascolari (retinopatia, nefropatia diabetica) ( ). Gaede P, Vedel P, Larsen N, Jensen GV, Parving HH, Pederson HH. Multifactorial intervention and cardiovascular disease in patients with type 2 diabetes. N Engl J Med. 2003 Jan 30;348(5):383-93.   Peter Gæde, N Engl J Med 2008; 358: 580

Aumentata incidenza di complicanze intraospedaliere dopo PTCA nell’IRC P < 0.05 P < 0.05 Creatinina < 1.5 mg/dl, n = 45 % % Creatinina > 1.5 mg/dl, n = 2046 Shock cardiogeno Embolia arteriosa P < 0.01 P < 0.05 La malattia renale cronica implica un aumentato rischio di complicanze periprocedurali in caso di PTCA. % % Morte Morte o IMA Q Szczech LA et al, Circulation 2002

Trattamento ospedaliero con ASA+BB per IMA in pazienti con nefropatia cronica n = 1724 IMA con sopraslivellamento del tratto ST P < 0.0001 per trend % I pazienti nefropatici sono sottotrattati in caso di IMA > 81.5 63.1-81.5 46.2-63.1 < 46.2 Dialisi Clearance di creatinine corretta, ml/min/72 kg McCullough P, Am Heart J 2002

Riduzione del rischio relativo* di mortalità ospedaliera con la combinazione ASA+BB Clearance di creatinine corretta, ml/min/72 kg > 81.5 63.1-81.5 46.2-63.1 < 46.2 Dialisi Riduzione del rischio, % Eppure il trattamento è efficace, anche se meno che nei pazienti con normofunzione P < 0.0001 per tutti vs. non trattati n = 1724 IMA con sopraslivellamento del tratto ST * aggiustato per l’età McCullough P, Am Heart J 2002

* * * * Mortalità a 30 giorni in pazienti con insufficienza renale terminale (ESRD) con IMA: effetto dei beta-bloccanti Beta-bloccante No beta-bloccante * P < 0.001 Tutto il coorte Pazienti ideali per il tx individuale P = 0.02 P = 0.03 RRR 40% RRR 34% RRR 56% * RRR 53% * Mortalità a 30 giorni (%) Ed è un peccato perché l’uso del Bbloccante ad es. si associa ad un significativo beneficio anche in presenza di IRC pur se con una RRR inferiore a quella registrata nei pazienti con normale funzione renale * * Non ESRD ESRD Non ESRD ESRD Berger AK et al, J Am Coll Cardiol 2003

* * * * Mortalità a 30 giorni in pazienti con insufficienza renale terminale (ESRD) con IMA: effetto dell’ASA ASA No ASA * P < 0.001 Tutto il coorte Pazienti ideali per il tx individuale P = 0.01 NS RRR 50% RRR 53% RRR 63% RRR 65% Mortalità a 30 giorni (%) * * Ancora una volta anche se non ci sono controindcazioni l asola presenza di IRC si associa a trattamento meno aggressivo, in questo caso con ASA * * Non ESRD ESRD Non ESRD ESRD Berger AK et al, J Am Coll Cardiol 2003

* * * * Mortalità a 30 giorni in pazienti con insufficienza renale terminale (ESRD) con IMA: effetto degli ACE-inibitori ASA No ACE-I * P < 0.001 Tutto il coorte Pazienti ideali per il tx individuale P = 0.02 P = 0.43 RRR 48% RRR 47% RRR 33% RRR 27% Mortalità a 30 giorni (%) * * * * Analoghi risultati si ottengono analizzando i dati sull’impiego di ACE-I Non ESRD ESRD Non ESRD ESRD Berger AK et al, J Am Coll Cardiol 2003

Benefici di ASA, beta-bloccanti e ACE-I in pazienti con ESRD patients dopo IMA Tutto il coorte Effetto ASA Effetto beta-bloccante Effetto ACE-I Pazienti ideali No ESRD ESRD Nel complesso dunque la terapia cardioattiva si associa ad un significativo beneficio anche nei pz con ESRD (fatta forse eccezione per i BB) sia in presenza che in assenza di controindicazioni relative all’impiego di questi farmaci. Certo il beneficio è spesso lievemente inferiore a quello registrato nei pazienti con normofunzione renale ma spesso non significativamente inferiore… 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 Berger AK et al, J Am Coll Cardiol 2003

Terapia in pazienti con ESRD e IMA: The Cooperative Cardiovascular Project No ESRD, n = 145740 ESRD, n = 1025 Tutto il coorte Pazienti ideali per il tx individuale Perc. di sommonistrazione Sono sottotrattat anche se non ci sono controindicazioni all’uso dei farmaci ASA BB ACE-I ASA BB ACE-I P < 0.001 per ogni paragone Berger AK et al, J Am Coll Cardiol 2003

Effetto dell’intervento con ACE-i ed EPO sulla sopravvivenza a lungo termine in 153 emodializzati con LVH Trattamento combinato con ACE-i ed eritropoietina sulla mortalità negli emodializzati con LVH L’importanza della LVH come fattore di rischio CV nel paziente in trattamento dialitico è stata ripetutamente sottolineata. In questo studio di London gli emodializzati con LVH che rispondevano con una regressione dell’ipertrofia cardiaca a una terapia combinata con EPO e ACE-i presentavano un migliore tasso di sopravvivenza a lungo termine rispetto ai “non responder” (37), particolarmente nel follow-up a lungo termine (105 mesi). Modificata da: GM London, JASN 2001

Differenze media pesata (IC 95%) Effetti delle statine sulla concentrazione dei lipidi e sulla funzione renale in paziente con insufficienza renal cronica Parametro No. dei trial (No. dei pazienti) Differenze media pesata (IC 95%) Heterogeneità (l2; %) Colesterolo totale (mg/dl) 42 (6390) -42.28 (-47.25; -37.32) 94.9 Colesterolo LDL (mg/dl) 39 (6216) -43.12 (-47.85; -38.40) 94.1 Colesterol HDL (mg/dl) 40 (5621) 0.41 (-0.78; 1.60) 94.4 Trigliceridi (mg/dl) 39 (5569) -23.71 (-33.52; -13.90) 89.5 Filtrato glomerulare (ml/min o ml/min/1.73 m2 11 (548) 1.48 (-2.32; 5.28) 62.0 Escrezione urinaria delle proteine (g/24 h) 6 (311) -0.73 (-0.95; -0.52) 58.6 Le statine sono raccomandate nei pazienti nefropatici per la riduzione del rischio di eventi cardiovascolari e per la nefroprotezione. Esse riducono la proteinuria e pertanto potrebbero svolgere un effetto renoprotettivo a lungo termine. Strippoli G. and al. BMJ 2008

La terapia con ACE-i o ARB è associata a prolungata sopravvivenza dei riceventi trapianto di rene Terapia con ACE-i o ARB nel trapiantato di rene: effetti sulla sopravvivenza Infine, una recente analisi retrospettiva condotta su oltre 2000 soggetti sottoposti a trapianto di rene, ha dimostrato una significativa riduzione della mortalità CV nel medio-lungo termine nei pazienti trattati con farmaci ad azione sul sistema renina-angiotensina (ACE-i e ARB) rispetto al gruppo non trattato con queste classi di farmaci (40). modificata, da: Heinze G, JASN 2006

Conclusioni Il rischio CV è aumentato nella CKD rispetto alla popolazione generale e tende a crescere con il progredire dell’insufficienza renale verso l’ESRD Tale situazione è motivata da: aumentata prevalenza dei fattori tradizionali di rischio CV comparsa di nuovi fattori che sono peculiari e specifici dell’insufficienza renale Un approccio multifattoriale da attuarsi precocemente, già nelle fasi iniziali della CKD, rappresenta la strategia più efficace per cercare di contrastare questa situazione con un duplice obiettivo: migliorare la prognosi generale dei pazienti affetti da CKD ottimizzare la gestione economico-assistenziale del malato “renale”

Strategie d’intervento Controllo ottimale della pressione arteriosa (PA < 130/80 nella CKD e nel trapianto; < 140/90 in dialisi) Riduzione della proteinuria Trattamento della dislipidemia (statine) Identificazione dell’anemia e trattamento con EPO già nella CKD iniziale ( Hgb target almeno > 11 g/dl) Identificazione e trattamento della LVH Ottimizzazione della terapia dialitica Terapia e prevenzione di iperparatiroidismo secondario, deficit di vit. D e alterazioni del metabolismo Ca-P IMPIEGO DI FARMACI AD AZIONE SUL SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA