sulla luminosità/produttività

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sulla luminosità/produttività Esperimento sulla luminosità/produttività I fatti: la prima fase (1923-1927) I manuali di organizzazione curiosamente non danno a volte esattamente conto di quella che fu effettivamente la prima fase degli esperimenti di Hawthorne. Gli studi furono cominciati nel 1923, e a condurli non fu Mayo, ma Charles Snow del Comitato per l’Illuminazione Industriale (Committee of Industrial Lightning) e che erano finanziati dalla General Electric. Gli esperimenti si svolsero (così come i successivi) presso gli impianti della Western Electric Company (Hawthorne Works) a Cicero, poco fuori Chicago, nell’Illinois e il loro scopo era quello di studiare l’impatto dell’illuminazione sulla produttività dei lavoratori. Abbastanza "lineari" quindi erano le motivazioni dell’esperimento così come lineari erano i risultati che ci si attendeva. Tuttavia, nel mondo delle certezze tayloristiche, era evidentemente arrivato il tempo per qualche sorpresa, e così i risultati di differenti livelli di illuminazione sull’output furono del tutto imprevisti, e sicuramente non riconducibili a un rapporto di proporzionalità diretta. In particolare, emerse che durante la durata degli esperimenti, il livello generale di produttività crebbe, indipendentemente dal maggiore o minore livello di illuminazione. quelli proposti dal taylorismo.

Ricerche di Elton Mayo alla Western Electric Co. tra il 1927 e il 1932 L’unico vincolo umano nei ritmi di lavoro è costituito, secondo Taylor, dalla resistenza fisica ad uno sforzo prolungato. E’ proprio questa la via che le prime ricerche sul campo cominciarono a percorrere. Gli studi sulla fatica permisero ben presto di osservare che essa è associata al fenomeno della monotonia e che entrambe provocano un rallentamento dei ritmi lavorativi ed un abbassamento della soglia dell’attenzione. A seguito degli studi di tre scienziati inglesi, Wyatt, Fraser e Stock, si diffusero le prime osservazioni in merito alle modalità per risolvere o attenuare il problema provocato dai due fenomeni congiunti. Gli studiosi proposero alcuni metodi che, per la prima volta, attribuivano la giusta importanza all’aspetto relazionale di ogni singolo lavoratore. Si proponeva, infatti, di svolgere più attività durante uno stesso turno, dotate di senso compiuto e di cui il lavoratore doveva poter prendere coscienza; gli operai avrebbero dovuto lavorare in postazioni che non favorissero l’isolamento, ma la formazione di gruppi spontanei; dovevano essere introdotti periodi di riposo e ripristinata la retribuzione a cottimo. A partire dagli esperimenti di Elton Mayo cominciò la considerazione della natura sociale e relazionale dell’individuo e l’osservazione della rilevanza delle motivazioni e del bisogno di sicurezza insito in ognuno trasformerà l’azienda da apparato esclusivamente tecnico in un sotto-sistema sociale più flessibile ed equilibrato. Nel 1927 presso le Officine Hawthorne dello stabilimento della Western Electric Company situate in un sobborgo di Chicago fu avviato un programma di ricerche sperimentali sul grado di connessione esistente tra illuminazione e rendimento. Dopo una serie di rilevazioni fatte basandosi sul livello di produttività raggiunto in diverse condizioni d’illuminazione, i risultati si rivelarono inaspettati e il rapporto tra le due variabili (produttività e illuminazione) si mostrò così anomalo ed irregolare da far pensare all’esistenza di una variabile interveniente, il cosiddetto “fattore umano”, ovvero il complesso dei fattori psicologici latenti che condiziona il comportamento manifesto dei soggetti. La dimostrazione dell’esistenza del “fattore umano” si ebbe nella rilevazione di un effetto particolare che fu poi denominato “effetto Hawthorne”. Questo fenomeno consisteva nel comportamento che i lavoratori, consci di essere soggetti ad osservazione, mettevano in atto. Il comportamento comportava un miglioramento delle prestazioni lavorative e di conseguenza un aumento della produttività; quindi presumibilmente le trasformazioni positive rilevate non sarebbero derivate tanto dagli effettivi miglioramenti delle condizioni lavorative, bensì dagli esperimenti stessi. Mayo pose quindi l’attenzione, a differenza di Taylor, non solo sulla retribuzione, ma sull’intero contesto lavorativo, nonostante si percepisca l’importanza di perseguire l’obiettivo della massima produttività, si comprende anche la necessità di orientarsi al raggiungimento di questo scopo attraverso mezzi diversi rispetto a quelli proposti dal taylorismo.

Ricerche sulla luminosità Misura degli effetti della variazione di luce sulla produttività Situazione iniziale Luminosità aumentata Luminosità diminuita Ritorno alla situazione iniziale I fatti: la seconda fase (1927-1931) Nel 1927 l’università di Harvard mandò a Cicero il professor Elton Mayo, insieme ai suoi colleghi del Department of Industrial Research, per condurre ulteriori studi sulle relazioni tra condizioni di lavoro e produttività. Questa seconda fase degli esperimenti di Hawthorne (la prima condotta da Mayo), si svolse dal 1927 al 1931. Nella prima serie di esperimenti, Mayo "prelevò" sei donne dalla linea d’assemblaggio, le isolò dal resto dello stabilimento e le mise a lavorare alla presenza di un supervisore che più che altro era un osservatore amichevole e non ricopriva quindi la figura di supervisore autoritario. Mayo apportò frequenti cambiamenti alle condizioni lavorative (di cui si darà dettaglio fra breve), e lo fece sempre discutendo e spiegando i cambiamenti preventivamente con le componenti stesse del gruppo. Nella seconda serie di esperimenti, i ricercatori selezionarono invece direttamente solo due dei sei componenti, e affidarono a queste il compito di scegliere altre quattro ragazze per completare il gruppo. Questa seconda serie, per la quale forniamo le condizioni e i risultati osservati, fu condotta sull’attività di assemblaggio di relay telefonici e si avvaleva di un meccanismo di feedback garantito dalla presenza di un osservatore che era presente durante tutta la durata dell’esperimento, annotava ogni avvenimento e teneva informate le ragazze sull’esperimento stesso, chiedendo loro altresì consigli e informazioni, oltre che ascoltare le loro eventuali lamentele. ………………………………………. Il fattore che permise un aumento di produttività in condizioni svantaggiose fu rintracciato infatti nel fatto che nel corso dell’esperimento l’oggetto della ricerca era cambiato: i sei individui si erano trasformati in un gruppo (2). Il gruppo stesso aveva deciso di cooperare completamente e spontaneamente all’esperimento, avendo quindi la sensazione di partecipare liberamente, senza essere sottoposto a comandi dall’alto o limitazioni dal basso. Il gruppo maturò un maggiore senso di responsabilità, che sostituì alla disciplina imposta da un’autorità superiore, quella auto-imposta dal gruppo stesso, che in quanto tale rimase anche al momento del ritorno alle condizioni originarie. L’attenzione di Mayo si concentrò sul fatto che le ragazze, esercitando una libertà che prima non potevano avere, avevano creato un piccolo sistema sociale, che includeva anche l’osservatore. Tra di loro parlavano,scherzavano, e cominciarono a frequentarsi anche al di fuori del posto di lavoro. Mayo aveva scoperto un concetto fondamentale, per quanto quasi ovvio ai nostri giorni: i luoghi di lavoro sono ambienti sociali e all’interno di essi le persone sono motivate da molto più che il semplice interesse personale. Egli concluse che ogni aspetto dell’ambiente industriale portava con sé un valore sociale: quando le ragazze furono "isolate" dal resto dei lavoratori per effettuare l’esperimento, ciò accrebbe la propria autostima; quando fecero esperienza di un rapporto amichevole con il proprio supervisore, ciò le rese più felici sul lavoro; quando egli discuteva preventivamente i cambiamenti con loro, ciò accrebbe il loro senso di appartenenza a un "team" allargato. Produttività bassa Aumento della produttività Aumento della produttività Paradosso?

Scala dei bisogni individuali Secondo Maslow Secondo Herzberg DI AUTOREALIZZAZIONE sviluppo del proprio potenziale umano e professionale DI STIMA stima di sé e rispetto da parte degli altri MOTIVAZIONALI DI AFFILIAZIONE buone relazioni e integrazione con il gruppo di appartenenza DI SICUREZZA condizioni non minaccianti, continuità di reddito Abraham Maslow ha elaborato la cosiddetta teoria della "piramide dei bisogni" secondo la quale i bisogni si presentano secondo una precisa scala gerarchica, e un bisogno di livello più elevato non è motivante per un individuo se egli non ha soddisfatto prima i bisogni di livello inferiore Quali sono le motivazioni che spingono un individuo al lavoro? Abraham Maslow, negli anni '50, ha elaborato una teoria denominata "scala dei bisogni" o "piramide dei bisogni". Essa parte dal presupposto che, una volta che un individuo percepisce un bisogno, pone in essere gli strumenti ritenuti più adatti a soddisfarlo. Secondo tale teoria i bisogni percepiti dall'individuo sono raggruppabili in cinque diverse categorie e sono organizzati secondo una precisa gerarchia, per cui un bisogno non è motivante per un individuo se questi non ha prima soddisfatto i bisogni di livello inferiore nella scala gerarchica. Alla base della piramide vi sono i bisogni fisiologici, cioè quei bisogni legati alla stessa sopravvivenza dell'uomo (fame, sete, riposo, riparo). Tali bisogni sono i primi a dover essere soddisfatti e, solamente quanto essi sono appagati in modo regolare, sorgono nell'individuo le altre necessità di livello superiore. Seguono poi i bisogni di sicurezza intesa sia come sicurezza fisica, garantita da norme che tutelano la salute e l'incolumità dei lavoratori, che come bisogno di stabilità del lavoro, quindi l'assistenza contro la disoccupazione, le malattie e gli infortuni. Sostanzialmente si tratta di bisogni legati al desiderio di protezione e di tranquillità. Un gradino più sopra nella scala dei bisogni, troviamo quelli sociali, ovvero il senso di appartenenza al gruppo, il bisogno di essere accettati dagli altri, di riceve amicizia ed affetto. Poi vengono i bisogni di stima intesa sia nel senso di stima degli altri che di autostima. All'ultimo livello della piramide ci sono i bisogni di autorealizzazione che consistono nel voler essere ciò che si desidera in base alle proprie capacità e alle proprie aspirazioni e nel voler occupare una posizione soddisfacente nel gruppo. Secondo Maslow, un bisogno regolarmente soddisfatto non possiede una elevata forza motivante. Inoltre, un bisogno non è motivante se i bisogni di livello gerarchico inferiore non sono stati soddisfatti, quindi perché un bisogno di livello gerarchico superiore emerga è necessario che quelli di ordine inferiore siano stati tutti soddisfatti. Nelle società economicamente più progredite, dove i bisogni di livello inferiore della scala gerarchica sono comunemente soddisfatti (come i bisogni fisiologici e quelli di sicurezza) la motivazione alla stima e alla autorealizzazione prevalgono su altri bisogni gerarchicamente inferiori. La piramide di Maslow è stata oggetto di parecchie critiche, ad esempio: non necessariamente si deve passare attraverso tutti i livelli della scala gerarchica, mentre è possibile che alcuni di essi siano saltati. Infatti gli individui possono percepire i bisogni in modo diverso per cui alcuni possono decidere di soddisfare i bisogni di grado più elevato sacrificando altri di ordine inferiore; accade che in situazioni diverse e in contesti economici e culturali diversi le scale dei bisogni degli individui possono essere differenti; la teoria esclude che un individuo possa essere spinto da più bisogni contemporaneamente anche se con diversa intensità. FISIOLOGICI PRIMARI O FISIOLOGICI elementare sopravvivenza: cibo, casa, vestiario 4