IPERTENSIONE FISIOPATOLOGIA, EPIDEMIOLOGIA E TRATTAMENTO
Classificazione in base all'eziologia Forma primitiva (essenziale o idiopatica) Forme secondarie a eziologia nota L’ipertensione secondaria comprende il 5-10% dei casi che originano da una patologia sottostante a livello renale, endocrino, vascolare, neurogeno #
Ipertensione secondaria Ha meccanismi patogenetici conosciuti Si sviluppa a causa di una patologia sottostante che, se identificata in tempo, può essere spesso corretta con la conseguente risoluzione dello stato ipertensivo Può essere sospettata nelle persone giovani con ipertensione severa e nei pazienti che non rispondono alla terapia #
Ipertensione arteriosa primaria La sua eziologia è sconosciuta L’interazione di condizionamenti ambientali (stress, livello di sedentarietà, obesità e componenti della dieta) e di influenze genetiche può favorire l’aumento dei valori e influenzare il decorso e la prognosi #
# Complicanze Gli organi bersaglio maggiormente colpiti sono: Cuore Encefalo Rene # Retina
Controllo della pressione arteriosa Pressione arteriosa = Gittata cardiaca x Resistenze periferiche (RP) Ipertensione = Aumento gittata cardiaca e/o Aumento RP Vasocostrizione Precarico Contrattilità Frequenza Volume fluidi Sistema renina- angiotensina- aldosterone Sistema nervoso simpatico Ritenzione renale di sodio Fattori genetici Eccessiva introduzione di sodio Kaplan 1994
portata cardiaca x resistenze periferiche totali Meccanismi di sviluppo Poiché pressione arteriosa = portata cardiaca x resistenze periferiche totali i meccanismi ipertensivi possono agire mediante: # aumento delle resistenze periferiche aumento della portata cardiaca
dell’espressione genica, Ipertensione e aterosclerosi Ipertensione e aterosclerosi Ipertensione Shear stress Danno endoteliale Ispessimento parete vasale Modificazioni dell’espressione genica, citochine, fattori di crescita, molecole di adesione Modificazioni metabolismo lipidi Modificazioni dello stato redox / radicali liberi Aterosclerosi
Adeguatezza del controllo terapeutico Prognosi Dipende da: Origine (primitiva o secondaria), gravità e durata dell’ipertensione Adeguatezza del controllo terapeutico # Presenza di altri fattori di rischio, di patologie associate o di danni d’organo
# Complicanze Ipertensione Complicanze cerebrali Complicanze cardiache Encefalopatia Emorragia T rombosi Complicanze cerebrali Infarto lacunare TIA Demenza Ipertrofia ventricolare sin. Scompenso cardiaco Complicanze cardiache Aritmie Angina Ipertensione Infarto Emorragie essudati Complicanze retiniche Edema della papilla # Dissecazione aortica Complicanze vascolari Placche ateromatose (aorta, carotidi, coronarie) Nefrosclerosi Complicanze renali Insufficienza renale
Ipertensione e rischio di ulteriori malattie Malattia Rischio relativo (ipertesi vs normotesi) Arteriopatia coronarica 2 - 3 volte Ictus 7 volte Scompenso cardiaco 2 - 3 volte Arteriopatia periferica 2 - 3 volte
Prognosi e fattori di rischio Ipertensione (PAS > 195 mmHg) x 3 Fumo x 1,6 x 4,5 x 16 x 6 x 9 #• Ipercolesterolemia (> 333 mg/dl) x 4
Ipertensione e rischio cardiovascolare Uomini Donne 5 4 3 Rischio relativo corretto 2 1 Ictus Scompenso Coronaropatia V asculopatia Nefropatia* cardiaco periferica terminale congestizio * dati non disponbili per il sottogruppo di sesso femminile Padwal, 2001
Ipertensione e rischio cardiovascolare Ictus Cardiopatia ischemica 4,00 4,00 2,00 2,00 1,00 1,00 0,50 0,50 0,25 0,25 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 Categoria di pressione diastolica basale Categoria di pressione diastolica basale 76 84 91 98 105 76 84 91 98 105 Media approssimativa della pressione diastolica abituale (mmHg) MacMahon, 1990
Ipertensione e rischio cardiovascolare 36 68 Pressione n = 7557 79 diastolica in condizioni 83 32 basali 88 (mmHg) 92 28 24 20 16 160 170 180 190 200 210 220 Pressione sistolica in condizioni basali (mmHg) Staessen, 2000
Studio di Framingham: rischio cardiovascolare in rapporto alla presenza di più fattori di rischio 50 44 40 30 19 20 13 Probabilità a 10 anni (%) 10 6 Ipertensione Ipertensione Ipercolesterolemia Fumo Diabete IVS Ipercolesterolemia Ipertensione Ipercolesterolemia Ipertensione Fumo Kannel, 1992
Studio di Framingham: rischio di ictus in rapporto all’ipertensione Incidenza media annua (per 10.000) 100 50 Normotesi (<140/90 mmHg) Ipertesi borderline Ipertesi (>160/95 mmHg) (uomini e donne di 45-74 anni) Donne Uomini 5 14 38 6 17 48 p < 0,01 Kannel ,1975
Studio di Framingham: rischio di arteriopatia periferica occlusiva in rapporto all’ipertensione 50 100 8 15 29 26 38 54 Incidenza media annua (per 10.000) Donne Uomini Normotesi (< 140/90 mmHg) Ipertesi borderline Ipertesi (>160/95 mmHg) (uomini e donne di 45-74 anni) p < 0,01 Kannel , 1975
Ipertrofia ventricolare sinistra: diagnosi strumentale
Ipertensione e rischio cardiovascolare Ictus Cardiopatia ischemica 4,00 4,00 2,00 2,00 1,00 1,00 0,50 0,50 0,25 0,25 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 Categoria di pressione diastolica basale Categoria di pressione diastolica basale 76 84 91 98 105 76 84 91 98 105 Media approssimativa della pressione diastolica abituale (mmHg) MacMahon, 1990
Pressione arteriosa e rischio negli anziani (Framingham Study) 65-94 years 35-64 years Men Women Events/ 1000 patients Events/ 1000 patients 90 90 80 80 70 70 60 60 50 50 40 40 I dati provenienti dai 30 anni di osservazione condotti dai ricercatori di Framingham, in questo caso, divisi per genere, fra giovani e anziani, evidenziano una aumentata incidenza di eventi cardiovascolari per i gradi maggiori di ipertensione. Questa correlazione, tuttavia, è più evidente per la popolazione anziana. (Vokonas PS, Kannel WB, Cupples LA. Epidemiology and risk of hypertension in the elderly: The Framingham study. J Hypertens 1988; 8(Suppl 1): S3-S9). 30 30 20 20 10 10 74- 119 120- 139 140- 159 160- 179 180- 300 74- 119 120- 139 140- 159 160- 179 180- 300 SBP SBP Vokonas et al 1988
Benefits of Lowering BP Percentuale di riduzione Incidenza di ictus 35–40% Incidenza di infarto miocardico 20–25% Incidenza di scompenso cardiaco 50% JNC 7, 2002
Epidemiologia dell’ipertensione arteriosa ITALIA : 33% degli uomini e 31% delle donne è iperteso (PA 160/95 mmHg o in trattamento farmacologico) Il 50% degli uomini ed il 34% delle donne non viene trattato farmacologicamente. LOMBARDIA : 33% degli uomini ed 28% delle donne è iperteso Il valore medio della PAS è pari a 135 mmHg negli uomini e 132 mmHg nelle donne. Il valore medio della PAD è pari a 87 mmHg negli uomini e 83 mmHg nelle donne.
La percezione del rischio cardiovascolare nella popolazione Studio REACT 5104 soggetti di entrambi i sessi di età fra i 40 ed i 70 anni scelti a random in cinque nazioni: Francia Germania Inghilterra Italia Svezia interrogati sulla percezione del rischio di malattia cardiovascolare
La percezione della principale causa di morte nella popolazione europea Studio REACT Int J Clin Pract 2002
La percezione dei fattori che aumentano il rischio cardiovascolare Studio REACT
Quanti conoscono i valori di pressione arteriosa e di colesterolemia ideali ? %
Società Europea dell’Ipertensione Arteriosa e Società Europea di Cardiologia: Linee Guida 2003 per il trattamento dell’ipertensione arteriosa ULTIMA VERSIONE 2007 Nel recente passato le Società Europee di Ipertensione e di Cardiologia non hanno pubblicato proprie Linee Guida relative all’ipertensione arteriosa, decidendo di avallare quelle preparate dal Comitato congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e della Società Internazionale dell’Ipertensione (ISH) [1,2], le cui raccomandazioni, con minime modifiche, sono state incorporate in un documento congiunto europeo relativo alla prevenzione della malattia coronarica [3,4]. A partire dal 1999, si è accumulato un numero considerevole di nuove evidenze relative ad alcuni importanti quesiti lasciati aperti dalle Linee Guida OMS-ISH pubblicate in quell’anno, rendendo opportuno il presente aggiornamento.
Classificazione dei livelli di pressione arteriosa
Definizione e classificazione dell’ipertensione La relazione continua tra livelli di pressione arteriosa e rischio cardiovascolare rende arbitraria ogni definizione o classificazione numerica dell’ipertensione... La valutazione non deve basarsi solo sul livello di pressione arteriosa, ma sulla stima del rischio cardiovascolare globale del paziente
VALUTAZIONE DIAGNOSTICA Le procedure diagnostiche sono rivolte a: Stabilire i livelli di pressione arteriosa 1 Identificare cause secondarie di ipertensione 2 Valutare il rischio cardiovascolare globale ricercando la presenza di altri fattori di rischio, di danno d’organo e di patologie concomitanti 3
Misurazione della pressione arteriosa I valori misurati in ambulatorio con lo sfigmomanometro devono essere sempre quelli di riferimento Il monitoraggio 24 ore può essere preso in considerazione in caso di : eccessiva variabilità dei valori clinici valori clinici elevati costantemente in assenza di danni d’organo grossa discrepanza fra i valori clinici e quelli misurati a casa resistenza alla terapia L’automisurazione a domicilio deve essere incoraggiata per : fornire più dati al medico per la sua decisione migliorare la aderenza del paziente alla terapia deve essere scoraggiata se : induce ansia provoca automodificazioni della terapia
Misurazione pressione arteriosa Quando si valutano i valori pressori è necessario: Lasciare il paziente seduto per alcuni minuti in una stanza tranquilla prima di iniziare la procedura di rilevazione pressoria. Eseguire almeno due misurazioni intervallate da 1 o 2 minuti e una misurazione aggiuntiva se le prime due sono molto diverse tra loro. Usare un bracciale standard (12-13 cm di altezza e 35 cm di lunghezza), ma disporre di bracciali più grandi e più piccoli nel caso rispettivamente di soggetti obesi e magri. Usare bracciali pediatrici nei bambini. Le procedure diagnostiche sono finalizzate a: 1) stabilire i livelli pressori, 2) identificare le cause secondarie di ipertensione, 3) valutare il rischio cardiovascolare globale mediante la ricerca di fattori di rischio aggiuntivi, danno d’organo bersaglio e presenza di malattie o condizioni cliniche concomitanti [46]. Le procedure diagnostiche comprendono: 1. la misurazione ripetuta della pressione arteriosa; 2. la valutazione della storia clinica; 3. l’esame obiettivo; 4. le valutazioni strumentali e di laboratorio, alcune delle quali sono raccomandate come parte dell’approccio routinario in tutti i pazienti con ipertensione arteriosa e dovrebbero essere largamente impiegate (almeno nell’ambito dei sistemi sanitari più efficienti e sviluppati in Europa), mentre altre sono indicate solo quando suggerite da alcune indagini di base specifiche o dal decorso clinico del paziente. Le procedure di misurazione della pressione sono state recentemente discusse in un documento pubblicato a cura del Gruppo di Lavoro della Società Europea dell’Ipertensione [48]. Posizionare il bracciale a livello del cuore qualunque sia la posizione del paziente. Usare le fasi I e V (scomparsa dei toni di Korotkoff) per identificare rispettivamente la pressione sistolica e diastolica.
Procedure per la misurazione della pressione arteriosa Misurare la pressione arteriosa in entrambe le braccia in occasione della prima visita per identificare eventuali disparità legate a una vasculopatia periferica. In questa situazione considerare il valore più alto come quello di riferimento nel caso si impieghi la tecnica auscultatoria. Misurare la pressione arteriosa dopo 1 e 5 minuti dall’assunzione dell’ortostatismo nei soggetti anziani, nei pazienti diabetici e in altre condizioni in cui può essere frequente o sospettata ipotensione ortostatica. Misurare la frequenza cardiaca mediante metodo palpatorio (per 30 secondi) dopo la seconda misurazione pressoria in posizione seduta.
Modalità di misurazione della pressione arteriosa Dovrebbero sempre essere utilizzati come riferimento i valori pressori rilevati nell’ambulatorio del medico o in ambito clinico. Il monitoraggio ambulatorio della pressione arteriosa può essere considerato di valore clinico aggiuntivo quando: – esiste una considerevole variabilità tra i valori pressori rilevati ambulatorialmente in occasione della stessa visita medica o di varie visite; – si rilevano in ambulatorio elevati valori pressori in pazienti che peraltro presentano un rischio cardiovascolare globale basso; – esiste una marcata discrepanza tra i valori pressori rilevati in ambulatorio e quelli a domicilio; – si sospetta che il paziente sia resistente al trattamento; – esistono finalità di ricerca. La pressione arteriosa è caratterizzata da ampie variazioni sia nello stesso giorno che in giorni diversi [47].Pertanto la diagnosi di ipertensione arteriosa deve basarsi su misurazioni ripetute eseguite in occasioni diverse. La pressione arteriosa può essere rilevata dal medico o dal personale infermieristico nell’ambulatorio o in ambiente ospedaliero (ambulatorio dedicato o centro dell’ipertensione), dal paziente a domicilio o automaticamente durante un periodo di 24 ore.
Modalità di misurazione della pressione arteriosa L’automisurazione pressoria domiciliare dovrebbe essere incoraggiata con la finalità di: – fornire maggiori informazioni su cui basare la decisione terapeutica del medico; – migliorare la compliance del paziente alla terapia. L’automisurazione pressoria domiciliare deve essere scoraggiata quando: – può causare ansia nel paziente; – induce automodifiche dello schema terapeutico I valori di normalità sono diversi per la pressione rilevata in ambito clinico, durante monitoraggio ambulatorio e a domicilio
I valori di normalità sono diversi a seconda della metodica utilizzata Pressione clinica 140/90 Pressione monitorata 24h 125/80 Automisurazione a casa 135/85
Stratificazione dei pazienti in base al rischio cardiovascolare globale Per la stratificazione del rischio cardiovascolare globale del paziente, bisogna valutare, oltre al livello della PA, anche la presenza di:
Stratificazione del rischio Fattori di rischio Danni d’organo Diabete mellito Condizioni cliniche associate
Fattori di rischio utilizzati per la stratificazione Livello di pressione sistolica e diastolica Età (maschi > 55 aa , femmine > 65 aa) Fumo Dislipidemia CT > 250 mg/dL o LDL-C > 155 mg/dL o HDL-C < 40 M , < 48 F Storia familiare di malattia cardiovascolare precoce 55aa M, 65 aa F Obesità addominale circ addominale 102cm nei M , 88 cm nelle F
Diabete mellito Definito da: GLICEMIA A DIGIUNO >126 mg/dl GLICEMIA POSTPRANDIALE (dopo 2 ore) >198 mg/dl
Categorie di rischio cardiovascolare PA normale PA normale alta Ipertensione Grado 1 Ipertensione Grado 2 Ipertensione Grado 3 Nessun altro fattore di rischio Rischio nella media Rischio nella media Rischio aggiunto basso Rischio aggiunto moderato Rischio aggiunto elevato Rischio aggiunto basso Rischio aggiunto basso Rischio aggiunto moderato Rischio aggiunto moderato Rischio aggiunto molto elevato 1 - 2 fattori di rischio 3 o più fattori di rischio o danno d’organo o diabete Rischio aggiunto moderato Rischio aggiunto elevato Rischio aggiunto elevato Rischio aggiunto elevato Rischio aggiunto molto elevato Rischio aggiunto elevato Rischio aggiunto molto elevato Rischio aggiunto molto elevato Rischio aggiunto molto elevato Rischio aggiunto molto elevato Patologie associate
Categorie di rischio cardiovascolare rischio nei successivi 10 anni di: Patologia Cardiovascolare Patologia Cardiovascolare Fatale <15% 15 - 20% 20 - 30% >30% <4% 4 - 5% 5 - 8% >8% Rischio basso Rischio moderato Rischio elevato Rischio molto elevato
La sindrome metabolica Costellazione di fattori di rischio maggiori, stili di vita, fattori di rischio emergenti Elevata prevalenza nei soggetti con cardiopatia ischemica Il carattere distintivo è una struttura corporea con aumento della circonferenza addominale The metabolic syndrome This slide emphasizes the need to identify patients with metabolic syndrome and the characteristic "abdominal profile" of those who have it. Note that abdominal obesity is measured at the top of the iliac crest and not the umbilicus. A tape measure should be in every examining room to facilitate this measurement. Although abdominal obesity as determined by waist circumference is not as accurate as results obtained from a CT scan, it is easy, cheap, and available. Reference: National Institutes of Health. Clinical Guidelines on the Identification, Evaluation, and Treatment of Overweight and Obesity in Adults—The Evidence Report. Obes Res 1998;6 (suppl 2):51S-209S.
La sindrome metabolica: definizione Circonf. vita: >102 cm (M), > 88 cm (F) Obesità addominale <40 mg/dL (M) <50 mg/dL (F) C-HDL basso 110 mg/dL Iperglicemia 130/85 mm Hg Ipertensione 150 mg/dL Ipertrigliceridemia Cut off Elementi costitutivi (3) Metabolic syndrome as a secondary goal after LDL-C This slide shows the features of the metabolic syndrome. To achieve this diagnosis, a patient should have 3 or more of these characteristics. Reference: Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults. Executive summary of the third report of the National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III). JAMA 2001;285:2486-2497. Expert Panel. JAMA 2001;285:2486
Prevalenza di sindrome metabolica e sue componenti in una popolazione di soggetti ipertesi Cuspidi 2004 56,2% 26% 30,2% 26,4% Prevalenza % 9% Cuspidi J Hypertens 2004; 22: 1991
Goal del trattamento In base alle correnti evidenze, desunte dai maggiori trials, si raccomanda che la pressione arteriosa venga energicamente ridotta al meno al di sotto di 140/90 mmHg ed anche meno, se tollerata, in tutti i soggetti ipertesi. Nei diabetici e nefropatici i valori pressori devono stare stabilmente al di sotto di 130/80 mmHg
La decisione di iniziare un trattamento antiipertensivo si basa su due criteri : Il livello di rischio cardiovascolare globale Il livello di pressione sistolica e diastolica
Goal del trattamento Il goal primario del trattamento è quello di raggiungere la massima riduzione del rischio cardiovascolare globale. Questo obiettivo richiede il trattamento di tutti i fattori di rischio reversibili identificati, incluso fumo, dislipidemia e diabete e l’appropriato trattamento delle condizioni cliniche associate, oltre al trattamento degli elevati livelli pressori di per sé.
Goal del trattamento In base alle correnti evidenze, desunte dai maggiori trials, si raccomanda che la pressione arteriosa venga energicamente ridotta al meno al di sotto di 140/90 mmHg ed anche meno se tollerata, in tutti i soggetti ipertesi. Nei diabetici e nefropatici i valori pressori devono stare stabilmente al di sotto di 130/80 mmHg
Trattamento non-farmacologico Le modificazioni dello stile di vita che si sono dimostrate in grado di ridurre la pressione arteriosa o il rischio cardiovascolare, e che quindi dovrebbero essere prese in considerazione comprendono: abolizione del fumo; calo ponderale; riduzione dell’eccessivo consumo di bevande alcoliche; esercizio fisico; dieta iposodica; incremento dell’apporto alimentare di frutta e verdura e riduzione dell’assunzione di grassi totali e saturi. Quando appropriate, le modificazioni dello stile di vita devono essere attuate in tutti i pazienti,compresi i soggetti con pressione arteriosa normale alta e quelli che richiedono un trattamento farmacologico. La finalità è quella di ridurre la pressione arteriosa e di controllare gli altri fattori di rischio e le condizioni cliniche associate. Tuttavia, le modificazioni dello stile di vita non si sono dimostrate in grado di prevenire le complicanze cardiovascolari nei pazienti ipertesi. Esse, quindi, non devono procrastinare senza motivo l’inizio del trattamento farmacologico, particolarmente nei pazienti che presentano un livello di rischio elevato, né ridurre in alcun modo la compliance del singolo soggetto al trattamento farmacologico stesso.
Trattamento non-farmacologico Le modificazioni dello stile di vita che si sono dimostrate in grado di ridurre la pressione arteriosa o il rischio cardiovascolare, e che quindi dovrebbero essere prese in considerazione comprendono: abolizione del fumo; calo ponderale; riduzione dell’eccessivo consumo di bevande alcoliche; esercizio fisico; dieta iposodica; incremento dell’apporto alimentare di frutta e verdura e riduzione dell’assunzione di grassi totali e saturi. Quando appropriate, le modificazioni dello stile di vita devono essere attuate in tutti i pazienti,compresi i soggetti con pressione arteriosa normale alta e quelli che richiedono un trattamento farmacologico. La finalità è quella di ridurre la pressione arteriosa e di controllare gli altri fattori di rischio e le condizioni cliniche associate. Tuttavia, le modificazioni dello stile di vita non si sono dimostrate in grado di prevenire le complicanze cardiovascolari nei pazienti ipertesi. Esse, quindi, non devono procrastinare senza motivo l’inizio del trattamento farmacologico, particolarmente nei pazienti che presentano un livello di rischio elevato, né ridurre in alcun modo la compliance del singolo soggetto al trattamento farmacologico stesso.
I farmaci antiipertensivi disponibili Diuretici Beta bloccanti Calcio antagonisti ACE inibitori Antagonisti recettoriali della angiotensina II Alfa1 bloccanti Bloccanti dei recettori adrenergici centrali
I diuretici Sede d’azione (triamterene, amiloride, spironolattone) Tubulo prossimale Inibitori anidrasi carbonica Branca ascendente Henle Diuretici dell’ansa Tubulo distale Tiazidici, indapamide Collettori Risparmiatori di potassio (triamterene, amiloride, spironolattone) Meccanismo d’azione antiipertensiva Natriuresi riduzione volemia, gittata cardiaca Vasodilatazione riduzione resistenze periferiche Aumento sintesi prostaglandine Riduzione Ca intracellullare Riduzione reattività vasale Iniziare con una monoterapia a basse dosi ed eventualmente, se il farmaco iniziale non è ben tollerato, sostituirlo con un altro presenta il vantaggio di identificare il composto a cui il singolo paziente risponde nel migliore dei modi (in termini sia di efficacia che di tollerabilità); ma, a meno che la farmacogenomica non ci fornisca un aiuto in un prossimo futuro, questo approccio rimarrà di difficile attuazione sia per i medici che per i pazienti e può ridurre la compliance del paziente stesso alla terapia. Uno svantaggio ovvio dell’approccio terapeutico basato sull’impiego di una terapia di combinazione, anche se a basso dosaggio, è quello legato alla possibilità di somministrare a un paziente un farmaco di cui non ha bisogno; d’altra parte, i vantaggi sono rappresentati dal fatto che (1) è più probabile ottenere un adeguato controllo dei valori pressori e delle complicanze dell’ipertensione se vengono contemporaneamente utilizzati due farmaci con meccanismi di azione diversi tra loro; (2) utilizzando una terapia di combinazione è possibile impiegare due farmaci a basso dosaggio, avendo così maggiori probabilità di evitare la comparsa di eventi avversi; (3) associazioni fisse disponibili nei Paesi europei ed extra-europei consentono, impiegando due farmaci in una sola compressa, di ottimizzare la compliance del paziente alla terapia. ESH/ESC Guidelines, 2003
I diuretici I più usati Tiazidici Risparmiatori potassio Idroclorotiazide Clortalidone Bendrofluazide Indapamide Effetti collaterali Tiazidici Risparmiatori potassio IpoKaliemia Iperkaliemia Ipomagnesiemia Ginecomastia Alcalosi metabolica Iperuricemia Ridotta tolleranza glicidica Ipercolesterolemia Ipertrigliceridemia Impotenza Iniziare con una monoterapia a basse dosi ed eventualmente, se il farmaco iniziale non è ben tollerato, sostituirlo con un altro presenta il vantaggio di identificare il composto a cui il singolo paziente risponde nel migliore dei modi (in termini sia di efficacia che di tollerabilità); ma, a meno che la farmacogenomica non ci fornisca un aiuto in un prossimo futuro, questo approccio rimarrà di difficile attuazione sia per i medici che per i pazienti e può ridurre la compliance del paziente stesso alla terapia. Uno svantaggio ovvio dell’approccio terapeutico basato sull’impiego di una terapia di combinazione, anche se a basso dosaggio, è quello legato alla possibilità di somministrare a un paziente un farmaco di cui non ha bisogno; d’altra parte, i vantaggi sono rappresentati dal fatto che (1) è più probabile ottenere un adeguato controllo dei valori pressori e delle complicanze dell’ipertensione se vengono contemporaneamente utilizzati due farmaci con meccanismi di azione diversi tra loro; (2) utilizzando una terapia di combinazione è possibile impiegare due farmaci a basso dosaggio, avendo così maggiori probabilità di evitare la comparsa di eventi avversi; (3) associazioni fisse disponibili nei Paesi europei ed extra-europei consentono, impiegando due farmaci in una sola compressa, di ottimizzare la compliance del paziente alla terapia. ESH/ESC Guidelines, 2003
I beta bloccanti Classificazione Selettivi 1 Non selettivi alfa+beta Atenololo Nadololo Metoprololo Propanololo Carvedilolo Bisoprololo Sotalolo Labetalolo Betaololo Timololo Con ISA Con ISA Con proprietà vasodilatatrici Acebutololo Mepindololo Nebivololo Esmololo Oxprenololo Pindololo Liposolubili Idrosolubili Pindololo Atenololo Bisoprololo Sotalolo Iniziare con una monoterapia a basse dosi ed eventualmente, se il farmaco iniziale non è ben tollerato, sostituirlo con un altro presenta il vantaggio di identificare il composto a cui il singolo paziente risponde nel migliore dei modi (in termini sia di efficacia che di tollerabilità); ma, a meno che la farmacogenomica non ci fornisca un aiuto in un prossimo futuro, questo approccio rimarrà di difficile attuazione sia per i medici che per i pazienti e può ridurre la compliance del paziente stesso alla terapia. Uno svantaggio ovvio dell’approccio terapeutico basato sull’impiego di una terapia di combinazione, anche se a basso dosaggio, è quello legato alla possibilità di somministrare a un paziente un farmaco di cui non ha bisogno; d’altra parte, i vantaggi sono rappresentati dal fatto che (1) è più probabile ottenere un adeguato controllo dei valori pressori e delle complicanze dell’ipertensione se vengono contemporaneamente utilizzati due farmaci con meccanismi di azione diversi tra loro; (2) utilizzando una terapia di combinazione è possibile impiegare due farmaci a basso dosaggio, avendo così maggiori probabilità di evitare la comparsa di eventi avversi; (3) associazioni fisse disponibili nei Paesi europei ed extra-europei consentono, impiegando due farmaci in una sola compressa, di ottimizzare la compliance del paziente alla terapia.
I beta bloccanti Meccanismo d’azione antiipertensiva Riduzione gittata cardiaca (gittata sistolica e frequenza) Resettaggio barocettoriale Attività antireninica Azione diretta sul SNC Aumento prostaglandine Iniziare con una monoterapia a basse dosi ed eventualmente, se il farmaco iniziale non è ben tollerato, sostituirlo con un altro presenta il vantaggio di identificare il composto a cui il singolo paziente risponde nel migliore dei modi (in termini sia di efficacia che di tollerabilità); ma, a meno che la farmacogenomica non ci fornisca un aiuto in un prossimo futuro, questo approccio rimarrà di difficile attuazione sia per i medici che per i pazienti e può ridurre la compliance del paziente stesso alla terapia. Uno svantaggio ovvio dell’approccio terapeutico basato sull’impiego di una terapia di combinazione, anche se a basso dosaggio, è quello legato alla possibilità di somministrare a un paziente un farmaco di cui non ha bisogno; d’altra parte, i vantaggi sono rappresentati dal fatto che (1) è più probabile ottenere un adeguato controllo dei valori pressori e delle complicanze dell’ipertensione se vengono contemporaneamente utilizzati due farmaci con meccanismi di azione diversi tra loro; (2) utilizzando una terapia di combinazione è possibile impiegare due farmaci a basso dosaggio, avendo così maggiori probabilità di evitare la comparsa di eventi avversi; (3) associazioni fisse disponibili nei Paesi europei ed extra-europei consentono, impiegando due farmaci in una sola compressa, di ottimizzare la compliance del paziente alla terapia.
I beta bloccanti Effetti collaterali Astenia Disturbi del sonno Estremità fredde Impotenza Aumento trigliceridi Aumento LDL Riduzione HDL Ridotta tolleranza glicidica (ridotta sensibilità all’insulina) Gli effetti metabolici sono più marcati con i non selettivi, minori con i selettivi e con quelli dotati di ISA Iniziare con una monoterapia a basse dosi ed eventualmente, se il farmaco iniziale non è ben tollerato, sostituirlo con un altro presenta il vantaggio di identificare il composto a cui il singolo paziente risponde nel migliore dei modi (in termini sia di efficacia che di tollerabilità); ma, a meno che la farmacogenomica non ci fornisca un aiuto in un prossimo futuro, questo approccio rimarrà di difficile attuazione sia per i medici che per i pazienti e può ridurre la compliance del paziente stesso alla terapia. Uno svantaggio ovvio dell’approccio terapeutico basato sull’impiego di una terapia di combinazione, anche se a basso dosaggio, è quello legato alla possibilità di somministrare a un paziente un farmaco di cui non ha bisogno; d’altra parte, i vantaggi sono rappresentati dal fatto che (1) è più probabile ottenere un adeguato controllo dei valori pressori e delle complicanze dell’ipertensione se vengono contemporaneamente utilizzati due farmaci con meccanismi di azione diversi tra loro; (2) utilizzando una terapia di combinazione è possibile impiegare due farmaci a basso dosaggio, avendo così maggiori probabilità di evitare la comparsa di eventi avversi; (3) associazioni fisse disponibili nei Paesi europei ed extra-europei consentono, impiegando due farmaci in una sola compressa, di ottimizzare la compliance del paziente alla terapia.
I calcio antagonisti Classificazione Diidropiridine Fenilalchilamine Benzodiazepine Amlodipina Verapamil Nifedipina Gallopamil Diltiazem Lercanedipina Clentiazem Lacidipina Marcato effetto Scarso effetto vasodilatatore periferico vasodilatore periferico Effetto Scarso effetto sulla conduzione Marcato effetto sulla conduzione intermedio e contrattilità cardiaca e contrattilità cardiaca Iniziare con una monoterapia a basse dosi ed eventualmente, se il farmaco iniziale non è ben tollerato, sostituirlo con un altro presenta il vantaggio di identificare il composto a cui il singolo paziente risponde nel migliore dei modi (in termini sia di efficacia che di tollerabilità); ma, a meno che la farmacogenomica non ci fornisca un aiuto in un prossimo futuro, questo approccio rimarrà di difficile attuazione sia per i medici che per i pazienti e può ridurre la compliance del paziente stesso alla terapia. Uno svantaggio ovvio dell’approccio terapeutico basato sull’impiego di una terapia di combinazione, anche se a basso dosaggio, è quello legato alla possibilità di somministrare a un paziente un farmaco di cui non ha bisogno; d’altra parte, i vantaggi sono rappresentati dal fatto che (1) è più probabile ottenere un adeguato controllo dei valori pressori e delle complicanze dell’ipertensione se vengono contemporaneamente utilizzati due farmaci con meccanismi di azione diversi tra loro; (2) utilizzando una terapia di combinazione è possibile impiegare due farmaci a basso dosaggio, avendo così maggiori probabilità di evitare la comparsa di eventi avversi; (3) associazioni fisse disponibili nei Paesi europei ed extra-europei consentono, impiegando due farmaci in una sola compressa, di ottimizzare la compliance del paziente alla terapia.
I calcio antagonisti Effetti collaterali Diidropiridinici Edemi Flushing tachicardia Fenilalchilamine e Benzodiazepina Stipsi Blocchi cardiaci Riduzione contrattilità Gli effetti metabolici sono assenti Iniziare con una monoterapia a basse dosi ed eventualmente, se il farmaco iniziale non è ben tollerato, sostituirlo con un altro presenta il vantaggio di identificare il composto a cui il singolo paziente risponde nel migliore dei modi (in termini sia di efficacia che di tollerabilità); ma, a meno che la farmacogenomica non ci fornisca un aiuto in un prossimo futuro, questo approccio rimarrà di difficile attuazione sia per i medici che per i pazienti e può ridurre la compliance del paziente stesso alla terapia. Uno svantaggio ovvio dell’approccio terapeutico basato sull’impiego di una terapia di combinazione, anche se a basso dosaggio, è quello legato alla possibilità di somministrare a un paziente un farmaco di cui non ha bisogno; d’altra parte, i vantaggi sono rappresentati dal fatto che (1) è più probabile ottenere un adeguato controllo dei valori pressori e delle complicanze dell’ipertensione se vengono contemporaneamente utilizzati due farmaci con meccanismi di azione diversi tra loro; (2) utilizzando una terapia di combinazione è possibile impiegare due farmaci a basso dosaggio, avendo così maggiori probabilità di evitare la comparsa di eventi avversi; (3) associazioni fisse disponibili nei Paesi europei ed extra-europei consentono, impiegando due farmaci in una sola compressa, di ottimizzare la compliance del paziente alla terapia.
Il Sistema Renina Angiotensina (SRA) Angiotensinogeno Renina Bradichinina ACE-inibitori Angiotensina I ACE Chimasi Angiotensina II Antagonisti recettoriali Ang II Prodotti di degradazione Recettore AT1 Recettore AT2 Proliferazione cellulare Vasocostrizione Vasodilatazione Effetto antiproliferativo
Indicazioni Controindicazioni Tosse da ACE-inibitore Ipertrofia ventricolare sinistra Stenosi bilaterale arterie renali Fibrillazione atriale Iperpotassiemia Microalbuminuria Gravidanza Diabete di tipo 2 con nefropatia Antagonisti recettoriali Ang II Diabete di tipo 1 e 2 con nefropatia Nefropatia Post-IMA Disfunzione ventricolare sinistra Scompenso cardiaco ACE-inibitori Relative Assolute Indicazioni Controindicazioni
ACE inibitori Effetti collaterali Tosse secca Ipotensione prima dose Iperkaliemia Angioedema Eruzioni maculopapulose NON PIU’ PRESENTI CON GLI ATTUALI Disgeusia Leucopenia Gli effetti metabolici sono assenti Iniziare con una monoterapia a basse dosi ed eventualmente, se il farmaco iniziale non è ben tollerato, sostituirlo con un altro presenta il vantaggio di identificare il composto a cui il singolo paziente risponde nel migliore dei modi (in termini sia di efficacia che di tollerabilità); ma, a meno che la farmacogenomica non ci fornisca un aiuto in un prossimo futuro, questo approccio rimarrà di difficile attuazione sia per i medici che per i pazienti e può ridurre la compliance del paziente stesso alla terapia. Uno svantaggio ovvio dell’approccio terapeutico basato sull’impiego di una terapia di combinazione, anche se a basso dosaggio, è quello legato alla possibilità di somministrare a un paziente un farmaco di cui non ha bisogno; d’altra parte, i vantaggi sono rappresentati dal fatto che (1) è più probabile ottenere un adeguato controllo dei valori pressori e delle complicanze dell’ipertensione se vengono contemporaneamente utilizzati due farmaci con meccanismi di azione diversi tra loro; (2) utilizzando una terapia di combinazione è possibile impiegare due farmaci a basso dosaggio, avendo così maggiori probabilità di evitare la comparsa di eventi avversi; (3) associazioni fisse disponibili nei Paesi europei ed extra-europei consentono, impiegando due farmaci in una sola compressa, di ottimizzare la compliance del paziente alla terapia.
Il diabete di nuova insorgenza è più frequente negli ipertesi che nei normotesi. L’incidenza aumenta con l’uso di diuretici e beta bloccanti Il diabete di nuova insorgenza indotto dal trattamento conferisce una prognosi negativa
Insorgenza di diabete in un follow-up di 10 anni Studio PAMELA % Mancia ESH 2006
Sehsadri S : Stroke 2006 ; 37: 344
Prevenzione primaria con trattamento diuretico in soggetti anziani con ipertensione sistolica isolata - 36%
Nitrendipina vs placebo Prevenzione primaria in soggetti anziani con ipertensione sistolica isolata Nitrendipina vs placebo - 42%
Candesartan vs placebo Studio SCOPE : prevenzione primaria nella ipertensione sistolica isolata dell’anziano. Candesartan vs placebo Incidenza ictus fatali e non fatali - 28% J Am Coll Cardiol 2004;44:1175
Dati italiani Dopo uno stroke il rischio di recidiva varia da 10 a 15% il primo anno e da 4 a 9% per ogni anno nei primi 5 anni Uno su sei soggetti che ha avuto uno stroke rischia di averne un altro entro due anni Un soggetto che ha avuto uno stroke è 10 volte più a rischio di un altro di pari età e sesso che non ne abbia avuti SPREAD 2003
Prevenzione secondaria Studio ACCESS Ictus mortali e non mortali Giorni al primo evento 100 200 300 400 0% 10% 20% Candesartan Placebo 5% 15% - 53% p<0.05 Schrader J et al., 25. Tagung d. Hochdruckliga, Bielefeld, 28.11.2001.
prevenzione secondaria con perindopril + indapamide Studio PROGRESS : prevenzione secondaria con perindopril + indapamide Chapman : Stroke 2004;35:116
Studio LIFE : sottostudio in pazienti anziani con ipertensione sistolica isolata - 40% Kjeldsen, S. E. et al. JAMA 2002;288:1491-1498. Copyright restrictions may apply.
EFETTO DEI DIVERSI FARMACI SULLA INCIDENZA DI ICTUS Metanalisi in Prevenzione primaria ACE inibitori e calcio antagonisti verso placebo ACE inibitori e calcio antagonisti verso trattamento tradizionale e tra loro LANCET 2003
Calcio antagonisti nella prevenzione dell’ictus: Metanalisi di 13 studi su 105.000 soggetti Verdecchia : Am J Hypert 2004
CONCLUSIONI I diuretici sono cerebroprotettivi I beta-bloccanti non sono cerebroprotettivi Gli ACE-inibitori sono meno cerebroprotettivi dei diuretici I calcio-antagonisti sono cerebroprotettivi come i diuretici I sartani sono cerebroprotettivi come i calcio-antagonisti
Trattamento di associazione nella nefropatia non diabetica Percentuale che raggiunge endpoint primario * * p=0.02 Nakao N, Lancet gennaio 2003
Questi dati suggeriscono che aggiungendo un Antagonista recettoriale ad un ACE inibitore si può massimizzare l’effetto protettivo di quest’ultimo sulla funzione renale. Questo indipendentemente dalla modificazione dei valori pressori