Immanuel Kant Königsberg, 1724 - 1804.

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Aspetti Epistemologici dell’Informatica Prof.ssa Stefania Bandini Dott. Gianluca Colombo Dott. Luca Mizar Federici Dipartimento di Informatica, Sistemistica.
Transcript della presentazione:

Immanuel Kant Königsberg, 1724 - 1804

Vita e opere 1746-49 prima pubblicazione: Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive 1755 Libero docente 1770 Professore ordinario di logica e metafisica all'Università di Königsberg 1781 Critica della ragione pura 1788 Critica della Ragion Pratica 1790 Critica del Giudizio 1796 Fine dell'attività di docente 1798 ultima pubblicazione: Antropologia dal punto di vista pragmatico

Uno dei filosofi più importanti nella storia del pensiero occidentale. Il suo interesse, rivolto in un primo periodo ai problemi scientifici e cosmologici, si rivolse prevalentemente ai problemi della conoscenza umana

Nel 1775 pubblica la Storia universale della natura e teoria del cielo Formula l' ipotesi dell' origine dell' universo da una nebulosa che , con poche varianti , ma in maniera del tutto indipendente ( anche perchè lo scritto di Kant non ebbe circolazione a causa del fallimento dell' editore ) , sarà ripresa qualche anno dopo da Laplace ( donde la denominazione di teoria di Kant-Laplace ) .

In risposta alla domanda: che cos'è l'illuminismo? 1784 L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a sé stesso. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità se la causa di esso non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo. […] Sennonché a questo Illuminismo non occorre altro che la libertà, e la più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi. Ma io odo da tutte le parti gridare - Non ragionate! - L'ufficiale dice: - Non ragionate, ma fate esercitazioni militari. - L'impiegato di finanza: - Non ragionate, ma pagate! - L'uomo di chiesa: - Non ragionate, ma credete! » (Cfr. I. Kant in Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo? Del 1784)

De mundi sensibilis atque intellegibilis forma et principiis 1770 La dissertazione discussa da Kant per la sua nomina a professore ordinario , è considerata insieme come l' ultimo scritto del periodo precritico e il primo della fase critica . Due gradi di conoscenza: Conoscenza sensibile: le rappresentazioni delle cose come appaiono. La conoscenza sensibile riguarda cioè la dimensione fenomenica ( dal greco phaìnomai = appaio ) delle cose , considerate non già nel loro essere in sè , ma nel loro essere modificate dalle forme della sensibilità . Conoscenza intellettuale: le rappresentazioni delle cose come sono . La conoscenza intellettuale riguarda invece le cose in sè , nella loro dimensione noumenica ( noumenon = pensato , dal verbo greco noeìn = pensare ) , nel loro vero essere , coglibile esclusivamente col pensiero . Nella prima parte dell' opera , dedicata alla conoscenza sensibile , Kant perviene dunque , con piena maturità , all' idea che noi non percepiamo le cose come sono in sè , ma necessariamente le modifichiamo nel procedimento percettivo , adattandole alle forme soggettive della nostra intuizione . Queste forme percettive , che sono a priori , perchè non dipendono dall' esperienza , sono lo spazio e il tempo . Con questo Kant anticipa , quasi testualmente , il contenuto della Critica della ragion pura dedicata alla trattazione della sensibilità .

La rivoluzione copernicana esprime l' essenza del criticismo : la conoscenza non consiste nell' adeguazione del soggetto all' oggetto , bensì nella modificazione dell' oggetto secondo le forme a priori del soggetto . Kant parla con orgoglio del proprio sistema, definito criticismo perché, secondo la derivazione etimologica dal verbo krìno (io giudico), si propone di vagliare le possibilità, i limiti e la validità delle nostre conoscenze. La filosofia tradizionale riteneva che fossero le cose a dettarci le leggi del loro apparirci, secondo Kant è al contrario il nostro intelletto a dettare alle cose le strutture all'interno delle quali esse possono fenomenizzarsi. Schematizzando si può dire che, come Copernico ruppe col geocentrismo del mondo antico e medievale introducendo l'ipotesi eliocentrica, così Kant non fa più ruotare la ragione intorno alle cose, ma viceversa le cose intorno alla ragione.

Il tribunale della ragione Lo studio di Kant attorno ai limiti della conoscenza vuole essere un vero e proprio tribunale della ragione, dove la ragione processa se stessa, in modo da vigilare sull'innata tendenza umana a travalicarne i limiti (il razionalismo, ovvero la tendenza a costruire verità metafisiche per mezzo del solo pensiero razionale, senza riscontro nella realtà concreta). "E' necessario un richiamo alla ragione affinché assuma nuovamente il più arduo dei suoi compiti, cioè la conoscenza di sé, e istituisca un tribunale che la tuteli nelle sue giuste pretese, ma tolga di mezzo quelle prive di fondamento, non già arbitrariamente, ma in base alle sue leggi eterne e immutabili; e questo tribunale altro non è se non la critica della ragion pura stessa. Con questa espressione non intendo alludere a una critica dei libri e dei sistemi, ma alla critica della facoltà della ragione in generale". (Critica della ragion pura). *** Nella Critica della ragion pura Kant si propone di sottoporre a giudizio la ragione umana. Per critica della ragion pura qui si intende l'indagine rigorosa "della facoltà della ragione riguardo a tutte le conoscenze a cui può aspirare indipendentemente da ogni esperienza", al fine di poter stabilire la possibilità di una metafisica come scienza. La conoscenza dovuta all'esperienza è detta a posteriori, mentre quella che è indipendente dall'esperienza è detta a priori. Solo la conoscenza a priori è universale e necessaria.

La ragione e i suoi limiti Con il termine "critica della ragione pura" Kant intende porre una critica (un giudizio, un'analisi delle capacità) della ragione "pura", ovvero la ragione scremata da qualsiasi elemento empirico "accidentale", la ragione in sé stessa, per come si struttura e come permette di considerare la realtà secondo modalità necessarie e universali (i modi aprioristici della conoscenza). nucleo centrale della filosofia di Kant è l'affermazione che il contenuto della conoscenza umana non può corrispondere alle cose come sono in se stesse. Il contenuto della coscienza non permette di conoscere le cose in modo che corrispondano alla realtà, poiché la coscienza opera sulla realtà un processo di mediazione e tale mediazione impedisce necessariamente l'accesso alla fonte autentica della realtà. La mente, in sostanza, opera sulla realtà in sé una serie di interpretazioni secondo le proprie caratteristiche, una serie di interpretazioni che si pongono nel momento stesso in cui ci si accinge a pensare. Tali interpretazioni impediscono di fatto di attingere alla reale conoscenza della realtà. In questi casi è solito fare l'esempio degli occhiali. La mente umana è come un paio di occhiali colorati che l'uomo non può togliersi. La mente è necessariamente un modo specifico di percepire la realtà, non ha la qualità di percepire le cose per come sono realmente, poiché i processi mentali filtrano la realtà attraverso i loro meccanismi peculiari. Se la mente fosse un paio di occhiali colorati, l'uomo non potrebbe che guardare la realtà attraverso il colore dominante di quelle lenti. La mente umana è dunque una lente: essa deforma e legge la realtà attraverso le sue specifiche caratteristiche.

La cosa in sé La realtà inconoscibile è chiamata da Kant "cosa in sé", La quale risulta pensata dalla mente come "noumeno", ovvero, "oggetto del pensiero", poiché la cosa in sé viene pensata ma non può essere "vista" dalla mente per come si presenta (la cosa in sé è come un oggetto mai visto contenuto in una scatola, il noumeno è il pensiero dell'oggetto che tuttavia non può essere visto). Da questo si evince che la realtà che l'uomo percepisce attraverso la mente è un fenomeno ("ciò che appare") sotto il quale esiste un'ulteriore realtà, chiusa in sé e alla conoscenza. Quella di Kant è una critica radicale al concetto di metafisica. Se essa è il tentativo di conoscere la realtà autentica delle cose attraverso la razionalità espressa dalla coscienza, per Kant, come si è visto, non si può conoscere la realtà autentica delle cose (la cosa in sé) attraverso la razionalità, ma si può solamente venire a contatto con il fenomeno sensibile costituito dal mondo. Come può affermare Kant che esiste necessariamente una cosa in sé che tuttavia rimane inaccessibile, nella forma, al pensiero? La prova dell'esistenza in sé delle cose viene necessariamente dal fatto che se il contenuto della coscienza è fenomeno e apparenza della realtà autentica, deve per forza di cose esistere una realtà alla quale questa interpretazione venga riferita, altrimenti si giungerebbe al paradosso di una apparenza che non ha alle sue spalle alcuna realtà.

Conoscenza a priori e conoscenza a posteriori Per Kant la conoscenza universale e necessaria, ovvero la conoscenza che si pone al di sopra delle opinioni soggettive è la conoscenza a priori. La conoscenza a-priori è il modo sempre identico secondo il quale la mente interpreta la realtà (la nostra mente percepisce alcuni aspetti della realtà sempre in un certo modo e mai in un altro. La nostra mente, ad esempio, percepisce sempre il fluire del tempo e l'estensione dello spazio, i quali sono intuizioni, o conoscenze, a-priori). Se la mente umana e il suo contenuto non possono che venire a contatto con il fenomeno, è anche vero che la mente umana interpreta la realtà in sé sempre allo stesso modo secondo le sue proprie caratteristiche. Queste caratteristiche peculiari che rappresentano i modi in cui la realtà in sé viene interpretata dalla coscienza sono un tipo di conoscenza a-priori, ovvero un tipo di conoscenza che è vera indipendentemente dal contenuto dell'esperienza La conoscenza a posteriori, per contro, è quel tipo di conoscenza che può mutare secondo il mutare dell'esperienza empirica di fatto. Se la conoscenza di un oggetto implica a priori che tale oggetto possegga una certa forma, la conoscenza a posteriori indica quale è la sua forma concreta. La conoscenza a posteriori viene quindi dopo l'intuizione a priori dell'oggetto ed è quel tipo di conoscenza che si fonda sul confronto con le esperienze empiriche passate, che non può esistere senza questo confronto. La conoscenza a posteriori è la conoscenza empirica delle cose, la quale muta con il mutare degli accadimenti.

. Kant Critica della ragion pura La ragione e i suoi limiti Con il termine "critica della ragione pura" Kant intende porre una critica (un giudizio, un'analisi delle capacità) della ragione "pura", ovvero la ragione scremata da qualsiasi elemento empirico "accidentale", la ragione in sé stessa, per come si struttura e come permette di considerare la realtà secondo modalità necessarie e universali (i modi aprioristici della conoscenza). Tale critica avrà un duplice esito: 1) negativo, in quanto determinerà i limiti dell’uso della ragione; 2) positivo, in quanto definirà l’uso legittimo della ragione. Pertanto, l’interrogativo di fondo è “che cosa posso conoscere”

I giudizi Giudizi analitici: Il sapere scientifico è certo e sicuro. Le proposizioni della scienza sono dette giudizi perché costituite da un soggetto e un predicato. I giudizi sono dunque la trama essenziale del conoscere. Giudizi analitici: Sono rigorosi e a priori nel senso che il loro contenuto non deriva dall’esperienza; sono dotati dei caratteri della necessità e universalità. Il predicato è compreso nel soggetto: es. tutti i corpi sono estesi. sono privi di novità, poiché il predicato non aggiunge nulla di nuovo al concetto del soggetto. Giudizi sintetici: Sono derivati dall’esperienza, abbiamo un’estensione della conoscenza, ma non una garanzia della sua necessità e universalità; dipendendo dall’esperienza sono a posteriori. Il predicato offre un contenuto informativo nuovo: es. i corpi sono pesanti, il predicato pesanti ci fa conoscere una proprietà nuova del soggetto i corpi.

Giudizi sintetici a priori Tali giudizi sono limitati al campo applicativo della matematica e della fisica (sono presenti in Newton). In essi il rigore matematico (necessità e universalità) si coniuga con un incremento di conoscenza derivante dall’esperienza (novità). “Tutto ciò che accade ha una causa”: questo giudizio è sintetico, perché in esso il predicato aggiunge qualcosa di nuovo al soggetto (novità); a priori, perché valendo ovunque e per sempre, non può derivare dall’esperienza. Le proposizioni scientifiche, dunque, sono al tempo stesso feconde di nuove conoscenze, ma anche necessarie e universali. Queste verità derivano il proprio carattere di necessità dalla struttura inerente alla nostra mente, dal modo naturale e inevitabile in cui la nostra mente deve agire. La mente dell’uomo non è cera passiva, su cui l’esperienza e la sensazione scrivono la loro volontà assoluta e capricciosa, e nemmeno è un nome astratto per una serie o un gruppo di stati mentali, è un organo attivo, che foggia e coordina le sensazioni in idee, un organo che trasforma la molteplicità caotica dell’esperienza nell’ordinata unità del pensiero. Ma come?

Il Trascendentale Trascendentale è l’interrogativo su come siano possibili i “giudizi sintetici a priori”, o, che è lo stesso, su come sia possibile la conoscenza scientifica. “Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupi, in generale, non tanto di oggetti, quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti nella misura in cui questo deve essere possibile a priori “ Trascendentale Il termine designa la condizione di possibilità della conoscenza, intesa come contenuta nei limiti dell’esperienza. Il termine,. Desunto dalla Metafisica, (dove indicava le caratteristiche ultime dell’Essere: unum, verum et bonum) è adoperato da Kant in senso gnoseologico, per cui trascendentale è quella filosofia che si occupa non degli oggetti della conoscenza, ma di determinare per via teorica (a priori), ossia prima dell’esperienza, le condizioni che rendono possibile la conoscenza degli oggetti (dell’esperienza), e dunque non riguarda il sopramondo dei metafisici.

Sezioni della “Critica della ragion pura”: 1) Estetica trascendentale, tratta le forme a priori della sensibilità: spazio e tempo; 2) Logica trascendentale: a) Analitica trscendentale tratta le categorie dell’intelletto e l’Io penso; b) dialettica, tratta le idee della ragione ( Dio, anima, mondo ) considerandole solo pensabili, ma non conoscibili; Da questo discende che essendo finalizzata all’analisi delle condizioni a priori della conoscenza, tutta la Critica ha una funzione trascendentale, ossia è una teoria della possibilità a priori della conoscenza.   Disciplina Facoltà Forme a priori Estetica trascendentale sensibilità Spazio e tempo Analitica trascendentale Intelletto Categorie Dialettica trascendentale Ragione Idee

Estetica Trascendentale Estetica non fa riferimento a una teoria del bello o del gusto, ma ai principi dell’intuizione sensibile (in greco aìsthesis significa sensibilità). La sensibilità appare a Kant con una duplice fisionomia: essa è certamente passiva , in quanto riceve dall’esperienza esteriore i dati percettivi, ma è anche attiva, in quanto organizza il materiale che riceve dall’esterno attraverso due forme a priori: lo spazio e il tempo. Spazio e tempo sono le forme a priori della sensibilità. Spazio e tempo Lo spazio è la forma pura del senso esterno, in virtù del quale possiamo cogliere gli oggetti fuori di noi. Esso fonda la validità della geometria. Il tempo è la forma pura del senso interno, cioè la rappresentazione a priori che fonda la possibilità di conoscere i nostri stati interiori e la loro successione temporale (secondo un prima e un poi). Il tempo è per Kant, in accordo con tutta la tradizione filosofica, più importante dello spazio, perché la conoscenza di ogni oggetto (anche esterno) deve per forza passare per la coscienza. Esso fonda, inoltre, la possibilità dell’aritmetica, perché è in virtù dell’intuizione pura del tempo (e della successione) che si giustuifica il concetto di numero (successione infinita di elementi 1,2,3…

Fenomeno e Noumeno Fenomeno Noumeno Il fenomeno è la realtà per come è da noi conosciuta, dal greco phainomenon “ciò che appare”; gli oggetti della conoscenza non si danno mai nella loro essenza (“cosa in sé), ma sempre seconod le forme a priori della nostra senssibilità e le categorie dell’intelletto. La conoscenza dunque è sempre soggettiva. Soggettivo per Kant non equivale a qualcosa che vari da individuo a individuoe, dunque, che possa essere inteso come relativo.Al contrario soggettivo significa che è a priori, cioè è parte essenziale dell’uomo stesso in quanto tale. Noumeno Il noumeno o cosa in sé è è la realtà concepita indipendentemente dal soggetto che la conosce e quindi dalle forme a priori della sensibilità e dalle categorie dell’intelletto. Viene dal greco noumenon “ciò che è pensato” ( dal verbo noein percepire con la mente), e allude al fatto che tale dimensione, estendendosi al di là dei fenomeni è soltanto pensabile, essa costituisce una delle più forti tentazioni della ragione umananel suo desiderio di spingersi oltre l’esperienza, ma resta inconoscibile.

Analitica trascendentale L'analitica trascendentale rappresenta la "parte positiva" della logica trascendentale e studia gli elementi della conoscenza pura dell'intelletto e i principi senza i quali nessun oggetto può essere assolutamente pensato; insomma studia le forme a priori dell'intelletto.   L’intelletto E’ la facoltà che ci permette di produrre spontaneamente rappresentazioni della realtà. Le forme a priori mediante cui l’intelletto opera sono chiamate da Kant “concetti puri” o “categorie”, che hanno la funzione di organizzare il materiale proveniente dall’intuizione sensibile. Senza sensibilità nessun oggetto ci sarebbe dato, e senza intelletto nessun oggetto pensato. I pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche [...] La conoscenza non può scaturire se non dalla loro unione.

Categorie e concetti Categorie Concetto Le categorie (dal greco Kategorein “affermare, dire”) sono, per kant, “i concetti puri” in virtù dei quali l’intelletto può ordinare, classificare e unificare a priori, nei giudizi, le varie intuizioni empiriche della sensibilità. Kant assegna ad esse una funzione gnoseologica. Le categorie sono 12, raggruppate in quattro tipologie che rispecchiano le tipologie dei giudizi, poiché l’attività dell’intelletto non è altro che un’attività di giudicare ossia dare giudizi attribuendo un predicato a un soggetto. Le 4 tipologie di categorie sono: quantità, qualità, relazione, modalità. Concetto E’ la funzione tipica dell’intelletto, consistente nel dare ordine e unità alle diverse rappresentazioni: Si dicono empirici quei concetti costruiti con materiale derivante dall’esperienza sensibile; si dicono “Puri” i concetti che si originano dall’intelletto stesso, senza alcuna partecipazione della sensazione.

Tavola delle categorie Quantità Tavola dei giudizi Tavola delle categorie Quantità Singolari Particolari Universali Unità Pluralità Totalità Qualità Affermativi Negativi Infiniti Realtà Negazione Limitazione Relazione Categorici Ipotetici Disgiuntivi Inerenza e sussistenza Causalità e dipendenza Comunanza Modalità Problematici Assertori apodittici Possibilità-impossibilità Esistenza-inesistenza Necessità-contingenza

Io Penso (Ich denke) Tale espressione denota una funzione logico-formale, non creatrice, in virtù della quale l’io unifica tutte le rappresentazioni, attraverso le categorie dell’intelletto. Operando in tal modo, l’io penso o “autocoscienza” detto anche “appercezione trascendentale”, fonda la possibilità del sapere umano, assicurando a esso necessità e universalità. La scienza, dunque, è possibile proprio in quanto garantita dall’Io penso, suprema attività legislatrice della natura. L’Io penso è il fondamento di ogni nostra conoscenza. Esso accompagna ogni nostra rappresentazione conservando la propria identità, ossia non cambiando col variare delle rappresentazioni medesime. L’Io penso kantiano non è l’Io individuale di ciascun soggetto empirico, ma rappresenta la struttura del pensare comune ad ogni soggetto. Il nostro pensiero è, perciò, attività unificatrice e sintetizzante La rivoluzione copernicana di Kant consiste, dunque, nel riconoscere alla coscienza umana, non in quanto singola coscienza , ma in quanto struttura mentale che accomuna tutti gli uomini, la funzione di dare ordini e leggi ai fenomeni della natura (attività legislatrice della mente). L’Io penso è: 1)Attività unificatrice e sintetizzante; 2)una funzione di sintesi e non sostanza; 3) la forma delle forme; 4) l’unità sintetica dell’appercezione; 5)Appercezione trascendentale.

Deduzione trascendentale Questa espressione è desunta dal lessico giuridico, e indica la dimostrazione della legittimità dell’applicazione delle categorie dell’intelletto ai fenomeni naturali. Il problema si pone in quanto le categorie dell’intelletto, essendo concetti puri, a prima vista non avrebbero titolo a ordinare i fenomeni naturali, oggetti non creati dall’intelletto stesso e di natura del tutto dissimile da esso. In altre parole, siamo davanti al problema del rapporto tra la realtà naturale e il pensiero. Tale rapporto è visto da Kant in termini gnoseologici, e inoltre, non è trattato come qualcosa di irrisolvibile: infatti, la presunta incompatibilità viene risolta da Kant mediante la tesi che la natura esiste “per noi” solo in quanto è conosciuta dal soggetto o io penso che nei confronti della natura svolge la funzione di attività legislatrice, poiché presenta concetti e categorie (a priori) in grado di darle forma e ordine (imponendole le proprie leggi).

Lo schematismo trascendentale Essendo intuizioni e concetti eterogenei, Kant cerca un modo di conciliarli. Ciò avviene attraverso quello che lui chiama SCHEMATISMO TRASCENDENTALE Accertato che le categorie dell’intelletto sono essenziali per avere la conoscenza delle cose, Kant si mostra estremamente scrupoloso nel giustificare come sia possibile che i fenomeni (oggetti della sensibilità9 possano essere sussunti sotto i concetti (o categorie) dell’intelletto, due realtà così differenti. La soluzione è trovata collocando tra l’intelletto e la sensibilità una terza facoltà. l’immaginazione produttiva. Quest’ultima.infatti, essendo capace di rappresentarsi un oggetto, anche in sua assenza, è ritenuta da Kant perfettamente in grado di far da ponte tra la sensibilità e l’intelletto. Più in particolare, kant afferma che tale mediazione viene attuata dall’immaginazione creatrice attraverso la produzione del cosidetto “Schema trascendentale”, individuato nel tempo, che è sia omogeneo ai fenomeni (in quanto è la consizione di tutte le sensazioni sia esterne che interne) sia forma a priori (e quindi, omogeneo all’intelletto).

Dialettica trascendentale In quest'ultima parte dell'opera Kant si occupa del problema della metafisica come scienza. Qui, Kant mostra come sia impossibile costituire la metafisica come scienza. Assume il termine “Dialettica” in senso negativo, come un’arte sofistica che scambia per realtà le proprie illusioni. Nella dialettica trascendentale Kant intende motivare la necessità profonda che spinge l'uomo ad indagare su argomenti che vanno oltre l'esperienza tramite ragionamenti fallaci. Ciò è dovuto al desiderio innato della mente umana che la spinge a voler trovare una conoscenza totale della realtà. Questo si fonda su tre idee trascendentali: l'anima: totalità dei fenomeni interni; il mondo (o cosmo): totalità dei fenomeni esterni; Dio: totalità di tutte le totalità e fondamento di ogni cosa. Queste tre idee, che costituiscono la parte essenziale della metafisica tradizionale, non sono altro che illusione e mera parvenza di verità. La ragione, infatti, non può dimostrare né l’esistenza di Dio, né l’immortalità dell’anima, né l’ordine generale del mondo nella sua totalità, perché in tal caso dovrebbe abbandonare il terreno dell’esperienza.

Distinzione kantiana tra conoscere e pensare L’uomo, dice Kant, sarà sempre tentato di pensare che esista un Dio o che l’anima sia immortale, ma pensare non equivale a conoscere. Infatti, sostiene il filosofo, dobbiamo distinguere tra conoscere e pensare. La conoscenza richiede due elementi: A) innanzitutto l’intuizione sensibile, per cui un oggetto è dato; b) in secondo luogo il concetto, in virtù del quale un oggetto è concepito (tramite le categorie dell’intelletto). Se manca uno di questi elementi non si può avere la conoscenza. A