Corso di Laurea in Scienze del Fitness e dei Prodotti della Salute BIOCHIMICA CLINICA Corso di Laurea in Scienze del Fitness e dei Prodotti della Salute Lezione 3 Il diabete mellito Testi consigliati Le Basi della Biochimica- P. C.Champe, R.A.Harvey, D.R. Ferrier- Ed Zanichelli Biochimica per le Discipline Biomediche- J.W. Baynes, M.H.Dominiczak- Casa Editrice Ambrosiana Le Immagini sono state tratte dai testi sopra indicati.
Aspetti generali del diabete mellito Il diabete è una patologia caratterizzata da un innalzamento del glucosio ematico a digiuno, dovuto a una carenza relativa o assoluta di insulina. E’ la causa principale di cecità e di amputazione dell’adulto, ed è una delle principali nei casi di insufficienza renale, attacchi cardiaci e ictus. Il diabete mellito viene classificato in due gruppi: tipo 1 (diabete mellito dipendente dall’insulina) tipo 2 (diabete mellito non dipendente dall’insulina). Negli USA sono diagnosticati ca. 30000 nuovi casi di d.m. di tipo 1 e ca. 625000 di tipo 2 dovuti all’invecchiamento, all’obesità e a stili di vita sedentari. Il d.m. di tipo 2 è in forte aumento anche nei bambini. In Italia il diabete colpisce il 4% della popolazione (ca. 3 milioni di individui) di cui il 10% è affetto dal tipo 1 e il 90% dal tipo 2. Nel mondo ci sarebbero oltre 190 milioni di diabetici.
Il diabete di tipo 1 Negli USA, le persone affette dal diabete di tipo 1 sono circa il 10% della popolazione diabetica totale. La malattia è caratterizzata da una totale mancanza dell’insulina, dovuta a un’aggressione autoimmune alle cellule β del pancreas. L’infiltrazione di linfociti T attivati negli isolotti di Langerhans conduce a una condizione denominata insulite, che negli anni porta ad un graduale impoverimento delle cellule β. I sintomi compaiono all’improvviso quando dall’80% al 90% delle cellule β sono state distrutte. Il pancreas non risponde in modo adeguato all’assunzione di glucosio quindi si deve iniettare insulina per ripristinare il controllo metabolico e impedire una chetoacidosi potenzialmente letale. La distruzione delle cellule pancreatiche richiede sia uno stimolo proveniente dall’ambiente (come un’infezione virale), sia un determinante genetico, attraverso cui le cellule β sono riconosciute come estranee. Due gemelli monozigoti (identici) uno sviluppa il diabete di tipo 1, l’altro ne ha la probabilità solo al 30-50%. Nel diabete di tipo 2 se uno dei due si ammala anche l’altro sviluppa il diabete.
La diagnosi del diabete di tipo 1 L’esordio del diabete di tipo 1 avviene tipicamente nell’infanzia o alla pubertà e i sintomi evolvono. I pazienti mostrano la comparsa improvvisa di poliuria (urinazione frequente), polidipsia (sete eccessiva) e polifagia (fame eccessiva), spesso innescate da un evento stressante o da una malattia. Tali sintomi si accompagnano generalmente ad affaticamento, perdita di peso e debolezza. La diagnosi è confermata da un livello ematico del glucosio a digiuno superiore a 126mg/dL, solitamente accompagnato da una chetoacidosi. Test di tolleranza al glucosio: dopo un digiuno di 8 ore si somministrano al paziente 75g di glucosio per via orale. Paziente diabetico a digiuno glucosio ematico 126mg/dL, aumenta oltre 200mg/dL (glicosuria). Soggetti normali a digiuno glucosio ematico al di sotto di 114mg/dL aumenta fino a 140mg/dL. Falsi positivi: sono dovuti allo stato di stress indotto dal test che stimola la liberazione di adrenalina,che a sua volta fa diminuire la secrezione di insulina dalle cellule β, che ostacola la risposta al carico di glucosio. Il test di tolleranza al glucosio si utilizza solo nei casi in cui la diagnosi è incerta o per fare la diagnosi nelle gestanti.Test glucosio ematico a digiuno.
Cambiamenti metabolici nel diabete di tipo 1 Le anomalie metaboliche del diabete mellito derivano da una carenza di insulina e da un relativo eccesso di glucagone. Questa alterazione dei livelli ormonali influenza profondamente il metabolismo soprattutto in tre tessuti: il fegato, il muscolo e il tessuto adiposo. Iperglicemia e chetoacidosi (25-40%)(infezione o non adeguata risposta alla terapia). Terapia chetoacidosi : somministrazione di fluidi ed elettroliti seguita da insulina a dosi basse per evitare la ipoglicemia. Ipertriacilglicerolemia: nel tessuto adiposo dei diabetici la degradazione delle lipoproteine catalizzata dalla lipoproteina lipasi è ridotta perché diminuisce la sintesi dell’enzima in quanto il livello dell’insulina è basso, per cui il livello plasmatico dei chilomicroni e delle VLDL è elevato.
Confronto tra il diabete di tipo 1 e il digiuno Molti dei cambiamenti metabolici che si verificano nel diabete somigliano a quelli descritti per il digiuno, anche se nel diabete sono molto amplificati. Tuttavia, l’individuazione delle differenze tra il diabete e il digiuno è fondamentale per la comprensione della malattia. Esse includono: a) il livello dell’insulina; b) il livello ematico del glucosio; c) la chetosi; d) l’ipertriacilglicerolemia.
Il trattamento del diabete di tipo 1 Dato che nei pazienti affetti dai diabete di tipo 1, praticamente non ci sono cellule β funzionanti, per tenere sotto controllo l’iperglicemia e la chetoacidosi, si deve somministrare per iniezione sottocutanea insulina esogena. Ci sono due regimi terapeutici di impiego: (1) trattamento standard con insulina, (2) trattamento intensivo con insulina. Trattamento standard rispetto al trattamento intensivo: due iniezioni al giorno di insulina glicemia 225÷275mg/dL, HbA1c 8-9% Hb totale; tre o più iniezioni al giorno glicemia 150mg/dL HbA1c circa 7% Hb totale; valore medio normale di glicemia 114mg/dL, HbA1c fino al 6%. I pazienti in terapia intensiva mostrano una riduzione del 60% delle complicanze a lungo termine del diabete (retinopatia, nefropatia e neuropatia).
Ipoglicemia nel diabete di tipo 1 Per minimizzare l’insorgenza di complicanze a lungo termine della malattia bisogna far diminuire la glicemia, ma ciò non è facile perché nel 90% dei pazienti si può verificare ipoglicemia con coma e crisi convulsive. Nei pazienti affetti da diabete di tipo 1 si sviluppa una carente secrezione di glucagone sia precocemente che a distanza di 4 anni dalla diagnosi. Quindi per impedire una grave ipoglicemia si deve avere un aumento della secrezione di adrenalina ma, con il progredire della malattia si manifesta una neuropatia diabetica del sistema autonomo con una diminuita capacità di secernere adrenalina in risposta all’ipoglicemia. La carenza combinata di glucagone e adrenalina genera una condizione chiamata ipoglicemia asintomatica. L’ipoglicemia può essere anche provocata dall’esercizio fisico intenso (controllo glicemia prima e dopo attività fisica intensa).
Il diabete di tipo 2 E’ la forma più comune della malattia (90% popolazione USA), insorge con gradualità, accompagnato da sintomi evidenti. La malattia è spesso rivelata da esami di routine. Tuttavia, molti individui affetti dal diabete di tipo 2 manifestano per diverse settimane sintomi quali la poliuria e la polidipsia e meno frequentemente polifagia. Nei pazienti affetti dal diabete di tipo2 si verifica una combinazione di resistenza all’insulina e malfunzionamento delle cellule β, ma non è necessaria la somministrazione di insulina e le alterazioni metaboliche sono più lievi del diabete di tipo 1, perché la secrezione di insulina, anche se inadeguata, frena comunque la chetogenesi e attenua lo sviluppo di una chetoacidosi diabetica. La diagnosi si basa sulla iperglicemia a digiuno maggiore di 126mg/dL. Tale tipo di diabete è determinato quasi completamente da fattori genetici, tanto che in coppie di gemelli monozigoti se uno si ammala, lo fa anche l’altro senza che siano coinvolti virus o patologie autoimmuni.
LA RESISTENZA ALL’INSULINA E’ la diminuita capacità dei tessuti bersaglio ( fegato, tessuto adiposo e muscolo) di rispondere adeguatamente a una concentrazione normale di insulina in circolo, che si riflette in una produzione incontrollata di glucosio nel fegato e in una ridotta assunzione di glucosio da parte del tessuto muscolare e adiposo. La resistenza all’insulina e l’obesità: l’obesità è la causa più comune della resistenza all’insulina. Nella maggior parte dei casi, gli individui obesi portatori di resistenza all’insulina non diventano diabetici e possono compensare la loro resistenza all’insulina con un aumento del livello dell’insulina stessa.
La Resistenza all’insulina ed il diabete di tipo 2 La resistenza all’insulina in sé non porterebbe al diabete di tipo 2, ma deve essere compromessa anche la funzionalità delle cellule β. La resistenza all’insulina ed il successivo sviluppo del diabete di tipo 2 si osservano frequentemente negli anziani, negli individui obesi o fisicamente inattivi e in donne gravide, in cui la compensazione della resistenza all’insulina con un aumento della liberazione di insulina stessa è insufficiente. Progressione del livello ematico del glucosio e dell’insulina nei pazienti affetti da diabete di tipo 2
Le cause della resistenza all’insulina La resistenza all’insulina aumenta all’aumentare del peso corporeo e diminuisce con la perdita di peso. Ciò suggerisce che l’accumulo di grasso sia importante per lo sviluppo di una resistenza all’insulina. Il tessuto adiposo non è semplicemente un tessuto che conserva scorte energetiche, ma anche un tessuto secernente. Tra le sostanze regolative prodotte dagli adipociti, si ricordano la leptina, la resistina e l’adiponectina, le quali possono tutte contribuire all’insorgenza di una resistenza all’insulina. Nello sviluppo di una resistenza all’insulina è stato inltre chiamato in causa anche l’elevato livello di acidi grassi che si verifica nell’obesità.
La disfunzionalità delle cellule β Nel diabete di tipo 2, le cellule β del pancreas conservano una capacità secernente, per cui la disponibilità di insulina può variare da un livello inferiore,al normale, a un livello superiore al normale. Tuttavia, vi è in ogni caso una disfunzionalità delle cellule β, nel senso che esse secernono una quantità di insulina insufficiente a correggere l’iperglicemia. Per esempio, nel tipico paziente diabetico obeso il livello dell’insulina è alto, ma non tanto elevato quanto negli individui obesi non diabetici. La naturale progressione della malattia vede quindi un declino della capacità di tenere sotto controllo l’iperglicemia mediante la secrezione endogena di insulina. Il deterioramento della funzione delle cellule β può essere accelerato dall’effetto tossico dell’iperglicemia protratta e dal livello elevato degli acidi grassi liberi.
I cambiamenti metabolici nel diabete di tipo 2 Le alterazioni metaboliche del diabete mellito di tipo 2 sono il risultato di una resistenza all’insulina espressa principalmente dal fegato, dal muscolo e dal tessuto adiposo. Iperglicemia ( chetosi minima o nulla) Ipertriacilglicerolemia
Il trattamento del diabete di tipo 2 L’obiettivo del trattamento del diabete di tipo 2 è quello di mantenere la concentrazione ematica del glucosio entro i limiti normali e di prevenire le complicanze a lungo termine della malattia. In molto casi, la riduzione del peso corporeo, l’esercizio fisico e un cambiamento della dieta correggono l’iperglicemia del diabete di tipo 2. Per conseguire un livello plasmatico soddisfacente del glucosio possono rendersi necessari gli agenti ipoglicemizzanti o la terapia insulinica.
Gli effetti cronici del diabete e la prevenzione Le terapie disponibili moderano l’iperglicemia diabetica, ma non riescono a normalizzare completamente il metabolismo. Il perdurare di un livello elevato del glucosio provoca le complicanze croniche del diabete: aterosclerosi prematura, retinopatia, nefropatia e neuropatia. Il trattamento intensivo con insulina ritarda l’esordio e rallenta la progressione di tali complicanze a lungo temine. Per esempio, l’incidenza della retinopatia decresce con la normalizzazione del livello del glucosio e dell’HbA1c ( figura). I benefici che si hanno con uno stretto controllo del glucosio ematico controbilanciano l’aumentato rischio di andare incontro ad un ipoglicemia grave. Una concentrazione elevata di sorbitolo contribuisce alla formazione della cataratta.
Gli effetti cronici del diabete e la prevenzione L’iperglicemia promuove la condensazione del glucosio con proteine cellulari, in una reazione analoga alla formazione dell’ HbA1c . Tali proteine glicate mediano alcuni dei cambiamenti microvascolari precoci del diabete. Attualmente non esiste un trattamento preventivo del diabete di tipo 1. Il rischio di ammalarsi del diabete di tipo 2 può essere ridotto in misura significativa da un regime che combina un controllo della dieta, la perdita di peso e l’esercizio fisico. La figura mostra l’incidenza della malattia negli individui normali e in quelli sovrappeso, che praticano vari tipi di attività fisica. Altri fattori di rischio per il diabete sono l’ipertensione e un elevato livello ematico di lipidi.