IL PROLUNGAMENTO DELLA VITA LAVORATIVA DEI GIOVANI ANZIANI Moncalieri, 22 novembre 2006 INTRODUZIONE Bruno Contini
- Invecchiamento della popolazione - Secondo le proiezioni ISTAT, nel italiano su 3 avrà più di 65 anni - Riduzione drastica della natalità la numerosità delle coorti attuali di nuovi nati è poco più della metà di quella degli anni del baby boom
Una curva a U: ai due estremi: Paesi anglo-sassoni: Gli anziani lavorano (costretti) per riuscire a quadrare il bilancio Paesi scandinavi + Olanda Gli anziani lavorano (non costretti) perché possono contare su un welfare che fornisce i servizi che consentono la loro partecipazione attiva Paesi EU continentale Welfare a metà strada: ridotta partecipazione degli anziani.
Necessaria una ottica intergenerazionale: i problemi degli anziani e quelli dei giovani vanno visti insieme S empre più numerosi gli anziani (abili al lavoro) mentre si è ridotto il numero dei giovani (nel futuro prossimo, non vicino, le coorti in età di lavoro potranno crescere per la ripresa della fertilità e in conseguenza dei flussi immigratori). La disoccupazione giovanile è ancora troppo alta. Necessario ridurla. Quindi, mentre è necessario prolungare la vita lavorativa degli anziani 50+, è contemporaneamente cruciale che i giovani entrino meglio nel mercato del lavoro. Non da precari, condizione che disincentiva laccumulo di capitale umano, ma con una forte motivazione a crescere. Altrimenti, quando andranno un pensione gli anziani, il rimpiazzo sarà ancora più difficoltoso.
Sfida sul piano delle politiche. (i) più entrate (tasse ?) per finanziare -i servizi necessari per sostenere una partecipazione al lavoro elevata; -investimenti in lifelong learning - lintegrazione dei nuovi immigrati e (ii)meno pensioni…
Il FOCUS di questo studio è sulla domanda di lavoro. Politiche del personale cruciali nel determinare le possibilità di un prolungamento effettivo, anche in presenza di una riforma delle pensioni che le favorisca.
PREMESSA : pochi anziani al lavoro In Italia – tra gli ultra 55-enni - solo 1 su 3 è al lavoro, meno di tutti gli altri paesi europei (nei paesi scandinavi gli ultra 55-enni occupati sono oltre il 70%). LUnione Europea si è prefissata come obiettivo quello di portare tutti paesi al 50% di occupazione degli ultra 55 -enni (target di Lisbona). Prolungare lattività lavorativa degli anziani è una necessità, sia per evitare un declino occupazionale generalizzato (simile, anche se non delle proporzioni di quello italiano), sia per non devastare i sistemi pensionistici pubblici, tutti pensati in epoche in cui la popolazione lavorativa era assai più giovane.
Concause: 1.lesodo dallagricoltura (dove, tradizionalmente, tutti lavoravano fino a tarda età; 2.espulsioni in massa a partire dagli anni 80, in seguito alle grandi ristrutturazioni aziendali; 3.utilizzo di pensionamenti anticipati (a spese dello stato); fuga verso la pensione quando si aprivano finestre di uscita, da quando si è cominciato a parlare di riforma delle pensioni con tutte le incertezze che ne derivavano (tira e molla sull eta pensionabile, sui livelli pensionistici ottenibili, ecc); 4.motivi economico – culturali: le donne, che restano a casa per badare alla famiglia; le pensioni che sono state relativamente generose e, fino a non molti anni fa, corrisposte in giovane eta (quelle pubbliche consentivano il pensionamento dopo 19 anni di attivita); la possibilita di continuare attivita' in nero/grigio.
In Italia pochi giovani (< 25 anni) al lavoro, ampiamente al di sotto del ricambio generazionale Solo 4 su 10 lavorano o sono in cerca di occupazione. Di questi 1 su 4 è disoccupato (ma anche in Francia, Spagna e Grecia). Motivi fisiologici sani: si studia di piu (per fortuna). Ma anche questo dipende, almeno in parte dalla mancanza di lavoro. Nel Nord – Est, dove le occasioni di lavoro sono più frequenti, la scolarita e sempre stata piu bassa che nel Centro - Sud. Motivi economici, ma anche di comodo: molti giovani stanno a casa dei genitori relativamente abbienti; rinunciano ai lavoretti di inizio carriera comuni in molti paesi europei; oppure li fanno in nero/ grigio. Motivi culturali: sovente si corre dietro al lavoro per la vita, che non esiste più. Al Sud molti puntano ancora allimpiego pubblico.
Dallinvecchiamento della popolazione a quello delle forze di lavoro Linvecchiamento delle forze di lavoro non dipende solo dalla demografia, ma anche dalle scelte individuali di partecipazione, nonché dalle politiche di personale seguite dalle imprese. Negli anni Ottanta entravano nel mercato molti giovani a spese di altrettanti anziani (giovani anziani) che ne venivano espulsi. A partire dagli anni Novanta, mentre continuano le uscite degli ultra-50enni, si riducono drasticamente gli ingressi dei giovani. Contemporaneamente aumenta il turnover dei giovani: la durata media di un posto-lavoro di un venticinquenne non supera i 3 anni. Dopo 5 anni dal momento del primo ingresso, ne sopravvivono (in qualsiasi tipo di lavoro) solo 60 su 100 entrati.
Distribuzione per età degli occupati alle dipendenze nel settore privato, per dimensione di impresa (1988 e 1998)
Le difficoltà di re-impiego per i lavoratori ultra 50-enni: tempi di rientro nelloccupazione alle dipendenze dopo licenziamento/ dimissioni (in mesi): blu – da imprese piccole (< 20 dip.): dopo 12 mesi ne rientrano il 36% verde – da imprese medio-grandi (> 200 dip.): dopo 12 mesi ne rientrano il 21% Le difficoltà di re-impiego per i lavoratori ultra 50-enni: tempi di rientro nelloccupazione alle dipendenze dopo licenziamento/ dimissioni (in mesi): blu – da imprese piccole (< 20 dip.): dopo 12 mesi ne rientrano il 36% verde – da imprese medio-grandi (> 200 dip.): dopo 12 mesi ne rientrano il 21%
PERCHE TUTTO QUESTO ? MOTIVI ECONOMICI ? ORGANIZZATIVI ? Il costo del lavoro e molto importante. Impiegare un anziano oggi costa all'azienda il 60% in piu' che un giovane di pari qualifica. Venti anni fa il divario era molto più contenuto (circa il 30% in piu). In anni recenti sono aumentati i differenziali retributivi a favore degli anziani. Inoltre gli incentivi a favore dell occupazione giovanile (sgravi fiscali e contributivi) hanno ulteriormente contenuto il costo dei giovani. Motivi legati alle nuove forme organizzative. Gli anziani - si dice - vi si adattano male. Una volta i processi decisionali si svolgevano con le ínformazioni che venivano accentrate e si diffondevano in modo verticale, dall alto della scala gerarchica verso il basso. Oggi l ínformazione viene diffusa in modo orizzontale (anche grazie alle tecnologie informatiche), e gli anziani si adattano male. Per gli anziani che perdono il lavoro a 45 anni, è molto difficile trovarne uno nuovo.
Le retribuzioni degli anziani sono cresciute molto rispetto a quello dei giovani fatta 100 la retribuzione degli over 45 nel settore privato, quella media dei giovani under 25, a parità di mansioni: Le differenze nel costo del lavoro sono ancora più accentuate per via delle misure fiscali volte a favorire lingresso dei giovani che ne riducono ulteriormente il costo
Cosa rispondono i capi del personale intervistati ? La prima risposta: dobbiamo ridurre i costi, e tenere manodopera anziana costa troppo. Miopia generalizzata delle aziende. Alla domanda che strategie di personale avete per fare fronte allesodo che si profilerà tra dieci anni quando così tanti andranno in pensione nello stesso momento ?, la risposta è non ne abbiamo. Ci penseremo a tempo debito. Alla domanda se gli anziani siano più assenteisti anche per piccoli acciacchi, meno interessati al lavoro, meno disposti a fare lavoro straordinario, la risposta è quasi invariabilmente: NO, tutto questo fa parte del comportamento dei giovani……. ……. Ma daltra parte, cosa si può pretendere con i contratti che offriamo loro ? Che forniscono pochi incentivi alla crescita professionale, nè offrono motivi per una fidelizzazione allazienda. In molte aziende sembra che si stia facendo strada un ripensamento sulluso generalizzato dei contratti atipici per i giovani (lavoro giovanile usa e getta).
E' VERO CHE PER FARE LAVORARE I GIOVANI E NECESSARIO ESPELLERE I VECCHI ? tavola rotonda 1 Lo è stato, ma solo per motivi economici, nei periodi di crisi e di grandi ristrutturazioni. Ma la direzione causa-effetto era opposta: siccome bisognava contenere i costi aziendali, si eliminavano gli anziani che costavano di più. Inoltre i nuovi stili di organizzazione del lavoro erano più adatti ai giovani. Ma, al di là nei periodi di crisi, le cose non stanno così. Nei paesi del Nord Europa (e negli Stati Uniti), dove, mediamente, si lavora fino a 65 anni (non solo per motivi economici), giovani e vecchi sono entrambi al lavoro in proporzioni assai maggiori che da noi. A volte, ma non necessariamente nelle stesse aziende.
E' VERO CHE PER FARE LAVORARE I GIOVANI E NECESSARIO ESPELLERE I VECCHI ? 2 Molte mansioni e servizi (a condizioni di lavoro non fisicamente gravose) sono bene attagliati anche per gli anziani. Le banche e le assicurazioni hanno sviluppato nuovi prodotti (credito alle famiglie, piccola consulenza finanziaria ai risparmiatori) in cui si richiede il contatto e la familiarità con il pubblico: qui gli anziani funzionano meglio dei giovani, danno più sicurezza. Nelle produzioni complesse in cui è presente molta tecnologia (non quella informatica) in cui gli anziani sono necessari per insegnare ai giovani.
CHE MISURE PROPORRE ? 1Ridurre gli oneri indiretti (previdenziali) sia per i giovani che per gli anziani, per fare sì che il costo del lavoro non sia più troppo sbilanciato a favore dei giovani. Ridurli per tutti – come si è detto in questi periodi di campagna elettorale – non sembra fattibile (costa troppo sul bilancio dello stato e comunque pregiudica il sistema pensionistico pubblico), e comunque non è affatto lelemento decisivo per risolvere i problemi della competitività del paese a fronte della concorrenza dei paesi dellEst, per non parlare di India e Cina.
CHE MISURE PROPORRE ? 2Programmi di riqualificazione nel corso della vita lavorativa. Oggi sono assai più proponibili di venti-trenta anni fa, quando molte, troppe, persone al lavoro avevano poco più della licenza elementare. La riqualificazione funziona bene quando si ha a che fare con personale istruito. Quanto a livelli di istruzione, i quarantenni di oggi sono molto diversi dei quarantenni degli anni Ottanta. Lo saranno ancora di più tra altri venti anni.
CHE MISURE PROPORRE ? 3Incentivare / premiare pratiche di personale che incentivino il lavoro degli anziani: ridurre i tempi di lavoro; aumentare i periodi di ferie (lo si fa da tempo nei paesi scandinavi); rendete il lavoro più flessibile. Senza rinunciare a incentivare le assunzioni dei giovani, e riducendone gli elementi di precarietà e di insicurezza (riforma degli ammortizzatori sociali).
DAL LAVORO ALLA PENSIONE: FREQUENZE DI ALCUNE TIPOLOGIE DI TRANSIZIONE TRA 1992 e 1997 Direttamente lavoro di lunga durata pensione 41.4 % Direttamente lavoro di media durata pensione 33.2 % Da disoccupazione di breve durata (con indennità), CIG & liste mobilità pensione 11.4 % Da disoccupazione (senza indennità) & disoccupazione di lunga durata pensione 10.9 %
DAL LAVORO ALLA PENSIONE: FREQUENZE DI ALCUNE TIPOLOGIE DI TRANSIZIONE NEL PERIODO per AREA GEOGRAFICA nord centro sud Direttamente lavoro di lunga durata pensione Direttamente lavoro di media durata pensione Da disoccupazione di breve durata (con indennità) CIG & liste mobilità pensione Da disoccupazione (senza indennità) & disoccupazione di lunga durata pensione
IL FUTURO CHE ASPETTA I GIOVANI Col metodo contributivo del sistema pensionistico pubblico (che sta andando lentamente a regime) i giovani di oggi andranno in pensione con il 50% dei loro ultimi stipendi, se sono stati fortunati. Se lo sono stati di meno - 10 anni di precariato allinizio della carriera – la pensione potrà ridursi a meno del 40%. In teoria è necessario ricorrere alla previdenza complementare, quella che ciascuno si paga di tasca sua. Ma quanti sono i giovani che se la possono permettere sin dallinizio della carriera ? Oggi noi anziani siamo sovente in grado di aiutare i nostri figli. Domani i nostri figli non avranno la stessa possibilità di aiutare i loro.