La preistoriala preistoria gli Egizigli Egizi il mondo greco-romanoil mondo greco-romano l’Orientel’Oriente il Sudamericail Sudamerica il Medioevoil Medioevo.

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la preistoriala preistoria gli Egizigli Egizi il mondo greco-romanoil mondo greco-romano l’Orientel’Oriente il Sudamericail Sudamerica il Medioevoil Medioevo il Rinascimentoil Rinascimento l’era modernal’era moderna l’era contemporaneal’era contemporanea I colori nella storia dell’Uomo

L’età contemporanea Se nel XIX secolo si assiste ad una rivoluzione copernicana nel campo dei pigmenti, grazie alla sintesi di moltissimi nuovi prodotti disponibili per la tavolozza dei pittori, il XX secolo nasce sotto l’impronta caratteristica data dai nuovi leganti sintetici, che rivoluzionano il modo di impiegare i colori. L’introduzione di queste sostanze polimeriche ha indubbiamente portato grande sviluppo nella tecnologia delle pitture, in termini di ingiallimento ridotto, flessibilità maggiore, tempi di essiccamento più brevi e l’eliminazione, in alcuni casi, dei solventi organici come diluenti Al giorno d’oggi, la maggior parte dei colori ha come legante una resina sintetica. Tra queste, la parte da leone è svolta dalle resine acriliche

Nuovi pigmenti Oltre che per l'introduzione dei leganti sintetici, il XX secolo è importante anche per la creazione di numerosi pigmenti nuovi, molti dei quali a base organica, e di numerosi coloranti. Non potrebbe essere altrimenti, visto l'enorme sviluppo dell'industria della chimica organica che, a partire dalla sintesi del malva nel 1856, mise a disposizione migliaia e migliaia di nuove molecole per tutti i campi della società, compreso, ovviamente, quello artistico Di fatto, la relazione tra chimica e arte è stata vantaggiosa per entrambi i soggetti. Importanti sviluppi nella chimica di sintesi furono stimolati dalla necessità da parte degli artisti di avere nuovi materiali. Si spiega così come mai molte delle più importanti industrie chimiche attuali, come si è detto in precedenza, nascano come manifatture di coloranti sintetici; e come la riproduzione dell'arte e del colore nella fotografia e nella stampa siano alla base del successo di colossi industriali come la Xerox e la Kodak

I nuovi materiali pittorici sono perciò sostanze artificiali, che vengono sintetizzate nei laboratori chimici di tutto il mondo ma soprattutto in Germania. Nei primi anni del '900 circa l'80% dei coloranti sintetici usciva dalle industrie chimiche tedesche, comprese le versioni artificiali dell'indaco e dell'alizarina. Tra le prede di guerra degli Angloamericani dopo la I e la II guerra mondiale ci furono ricette e interi apparati industriali per la produzione di coloranti Vista l'importanza dei coloranti storici (come indaco, porpora e robbia) nella pittura, era facile pensare che l'introduzione degli analoghi sintetici avrebbe avuto un impatto formidabile nel campo dell'arte. Effettivamente l'alizarina sintetica, introdotta nel 1869, risultava essere molto affidabile, in quanto assai meno fugace della sua versione naturale ricavata dalla robbia. All'inizio, tuttavia, molti dei nuovi colori a base organica si mostrarono inadatti alla pittura. I cosiddetti coloranti di anilina, ricavati dalla distillazione del catrame da carbon fossile, pur essendo enormemente più economici delle versioni naturali e apparentemente più brillanti, risultavano alquanto fugaci e tendevano a svanire nel giro di pochi giorni

Van Gogh è tra le vittime di questi prodotti: la sua scelta di impiegare la lacca geranio, un colorante rosa a base di eosina (sx), ha portato disastri tra alcune sue opere (come in Two girls, sx), a causa del viraggio al grigio della lacca In seguito, perciò, furono stabilite norme rigorose circa i test da eseguire sui nuovi composti che entravano nel mercato dell'arte. Nel 1907 i produttori di colori sintetici fecero un accordo che li vincolava a testare per alcuni anni i loro prodotti prima di poterli mettere sul mercato. L'accordo stabiliva che i nuovi coloranti dovevano possedere almeno la stabilità alla luce dell'alizarina sintetica. Questo accordo fu poi in realtà rapidamente aggirato

Il bianco titanio Tra i pigmenti puramente inorganici (pochi) spicca il bianco titanio, costituito da biossido di titanio, TiO 2. La sua introduzione data al 1920 ed è giustificata dall'esigenza di trovare un sostituto meno tossico del bianco piombo, possibilmente migliore del bianco zinco La sintesi del bianco titanio arriva più di cento anni dopo la scoperta del metallo nel 1796 da parte del chimico tedesco Martin Klaproth. L’ossido di titanio esiste in natura in tre forme cristalline differenti, anatasio (sx, sistema tetragonale), brookite (centro, ortorombica) e rutilo (dx, tetragonale). Di queste il rutilo è la più comune ed è stato talvolta impiegato come pigmento

La versione sintetica del biossido di titanio ha però caratteristiche migliori, anche dal punto di vista cromatico, essendo ottenibile in forma più pura. Il minerale rutilo tende al giallo o ad altre tinte a seconda delle impurezze (es. ferro) ed è inoltre difficile da macinare Lo sviluppo del bianco titanio fu portato avanti simultaneamente in Norvegia e negli USA, dove esistevano grandi depositi di minerale titanifero, in realtà investigati come possibili fonti di ferro La sintesi dell’ossido di titanio procede dal minerale ilmenite, FeTiO 3, in presenza di acido solforico, oppure dal tetracloruro di titanio Attualmente l’ossido di titanio sintetico trova numerosissime applicazioni al di là dell’uso come materiale pittorico

Il bianco titanio è un materiale molto resistente e dal potere coprente straordinario (dx), tanto da diventare in breve tempo il principale pigmento bianco, ancora oggi quasi del tutto insostituibile anche a livello industriale. Si noti che, al giorno d’oggi, tra i colori è il bianco quello più importante come produzione Il bianco titanio è stato recentemente identificato nell’inchiostro della Vinland Map, risultando decisivo nel confutare l’autenticità del documento

I pigmenti organici Mentre nei secoli precedenti i pigmenti erano sempre costituiti da sostanze minerali, quindi di natura esclusivamente inorganica, nel XX secolo vengono introdotte alcune classi di pigmenti sintetici di natura organica. L’introduzione di questi materiali è dovuta in larga parte al grande sviluppo dell’industria chimica tedesca Verso la fine del XIX secolo più della metà dell’industria dei coloranti in Europa aveva sede in Germania. Tra i primi prodotti a essere sintetizzati presso le industrie tedesche ci furono i coloranti azoici, basati sull’intermedio azo (sx) scoperto da Griess nel Il primo composto azoico risale al 1863 ed era un colorante giallo brillante chiamato giallo di anilina o giallo di Field, dal nome del suo scopritore I primi coloranti erano in realtà sintetizzati senza avere piena comprensione delle molecole. Si trattava prevalentemente di colori gialli, arancioni e rossi, che potevano essere trasformati in lacche, ma generalmente le proprietà tecniche non erano soddisfacenti

Le cose cambiano notevolmente con l’introduzione dei pigmenti organici nel 1884, quando si scoprì che sali insolubili di coloranti azoici potevano essere sintetizzati senza necessità di trasformarli in lacche Il primo vero pigmento azoico fu il giallo tartrazina, brevettato nel 1884 e attualmente ancora in uso. In seguito sono stati introdotti molti  -naftoli, tra cui il rosso toluidina Un famoso gruppo di pigmenti azoici noti con il nome di Hansa è stato introdotto in Germania nel 1911, il primo dei quali fu il giallo Hansa G, molto brillante e di grande successo commerciale Nelle figure sono riportati esempi di pigmenti azoici rossi (sx) e gialli (dx)

Le ftalocianine furono tra le prime sostanze ad essere prodotte come veri pigmenti. Si tratta di una classe di superpigmenti con proprietà notevolissime in termini di intensità di colore, resistenza alla luce e ai reagenti chimici. In breve tempo hanno monopolizzato il mercato dei pigmenti blu e verdi, eliminando dall’uso corrente l’indaco. Attualmente sono molto popolari presso gli artisti e risultano i pigmenti più venduti in assoluto Come spesso accade, questi pigmenti furono scoperti per caso. Il primo fu il blu di ftalocianina, citato come impurezza blu nel 1907 e sviluppato intenzionalmente nel La struttura risultò essere quella di una sale di ferro; successivamente fu prodotta una ftalocianina con il rame (dx), di colore più intenso Il pigmento fu brevettato nel 1935 sotto il nome di Monastral Fast Blue BS; in breve fu seguito dal verde di ftalocianina, ricavabile per addizione di atomi di cloro e/o bromo sui quattro anelli benzenici esterni; al crescere del numero di atomi di bromo il colore tende al giallo I nomi commerciali delle ftalocianine più comuni sono PB15 per quella blu, PG7 e PG36 per quelle verdi alogeno-sostituite

Altre due classi di pigmenti organici sono state introdotte nella seconda metà del XX secolo. Si tratta dei chinacridoni e dei dichetopirrolopirroli I chinacridoni hanno struttura policiclica (dx) e mostrano colori molto intensi, variabili dal giallo-rosso al violetto a seconda dei sostituenti R 1 ed R 2 sui due anelli benzenici esterni. Possiedono eccellente resistenza alla luce e sono quindi considerati materiali pittorici di alta qualità La struttura dei chinacridoni è stata evidenziata nel 1896 ma un prodotto impiegabile come pigmento non fu disponibile se non dal 1935, e a livello industriale da 20 anni dopo. Nel 1955 cominciò la produzione di pigmenti a base di chinacridoni da parte della DuPont, che incontrò il favore di alcuni artisti tra cui Jackson Pollock, Robert Rauschenberg e altri membri del movimento espressionista astratto di New York. Molti artisti hanno in seguito impiegato queste moderne vernici, comprese quelle non specificamente intese a scopo artistico, sperimentandone le proprietà ottiche. I composti più importanti sono chiamati CI Pigment Violet 19 (sopra) e CI Pigment Red 122

I dichetopirrolopirroli o DPP (dx) sono pigmenti basati su un cromoforo eterociclico scoperto nel 1974; i nuovi prodotti sono stati brevettati nel 1983 dalla Ciba-Geigy, dopo ricerche condotte in grande segretezza. I DPP sono rossi e arancioni e hanno proprietà eccellenti ma anche prezzo elevato; per questo hanno trovato applicazione principalmente nell'industria automobilistica, ma è ipotizzabile una loro più ampia introduzione nel mercato artistico. Il più importante è il CI Pigment Red 254 Negli ultimi anni, una maggior coscienza dei rischi associati all'uso di composti contenenti metalli pesanti ha portato a cercare nuove soluzioni. Il mercato dei colori rosso, arancio e giallo è infatti ancora dominato da pigmenti a base di piombo, cromo e cadmio, tutti elementi potenzialmente tossici. In questa ottica, nel 2000 una nuova classe di materiali inorganici è stata sviluppata nei laboratori del Max Planck Institut di Stoccarda (Germania). Questi composti sono ossinitruri di tantalio, zirconio, calcio, lantanio e altri metalli nitrurabili, dalla struttura analoga agli spinelli e alla perovskite e dai colori variabili tra il rosso e il giallo, la cui intensità è funzione del contenuto di azoto. Essi sono considerati promettenti come candidati per sostituire i pigmenti metallici: come brillantezza, potere coprente, stabilità alla luce e al calore rivaleggiano con i pigmenti a base di cadmio, mentre il colore può essere facilmente regolato con piccole variazioni della composizione. I composti si ottengono passando ammoniaca su ossidi dei metalli citati. Resta da vedere se sia possibile commercializzarli con facilità

Esistono infine altre classi minori di pigmenti organici, tra i quali possiamo citare: l'arancio perinone il viola diossazina il verde nitroso

colorepigmentinaturacolorepigmentinatura rosso rosso di Marte inorganicablu blu cobalto inorganica rosso cadmio inorganica blu oltremare sintetico inorganica azoiciorganica blu di manganese inorganica chinacridoniorganica blu ceruleo inorganica arancio arancio cadmio inorganica blu di ftalocianina organica azoiciorganicaviola viola cobalto inorganica arancio perinone organicachinacridoniorganica giallo giallo limone inorganicadiossazinaorganica giallo cromo inorganicanero nero di carbone inorganica giallo zinco inorganica nero d'ossa inorganica giallo cadmio inorganica nero di Marte inorganica giallo di Marte inorganicaverde ossido di cromo inorganica azoiciorganicaviridianainorganica marrone terre d'ombra e di siena inorganica verde di ftalocianina organica bianco bianco titanio inorganica verde nitroso organica Una lista (necessariamente non omnicomprensiva) dei materiali pittorici a disposizione degli artisti contemporanei può essere la seguente:

Pablo Picasso Benchè sia considerato il più grande esponente dell'arte del XX secolo, Pablo Picasso usava una tavolozza molto limitata, quasi tediosa; il che può sembrare paradossale per un artista che abbia prodotto più di opere. Il colore era per lui secondario rispetto alle forme. L'analisi dei suoi dipinti mostra una tavolozza di non più di 6-7 pigmenti, e nemmeno tutti moderni: ocra gialla, vermiglione, blu cobalto, giallo cadmio. La sua incredibile abilità nel mescolare i colori gli permetteva di ottenere un ampio range di tinte Nel cosiddetto periodo blu ( ), Picasso impiegò soltanto un bianco e un nero, alcuni blu (oltremare sintetico, blu di Prussia, blu cobalto) e il giallo cadmio, anche miscelato al blu per ottenere il verde. Questi pigmenti sono identificabili nel Vecchio chitarrista (sx, 1904). In seguito, nel periodo rosa, Picasso subisce l'influenza degli Impressionisti e l'uso dei pigmenti si espande a tinte più sfumate e colori complementari come rosa e verde

Nelle Demoiselles d'Avignon (sx, 1907) Picasso impiega questa tavolozza: marrone: terre a base di ferromarrone: terre a base di ferro nero: nero d'ossanero: nero d'ossa verde: verde smeraldoverde: verde smeraldo giallo: giallo cadmiogiallo: giallo cadmio bianco: bianco piombobianco: bianco piombo rosa/rosso: vermiglione miscelato con bianco piomborosa/rosso: vermiglione miscelato con bianco piombo blu: blu cobaltoblu: blu cobalto

I colori a base di resine sintetiche Un’ulteriore rivoluzione si ha attorno agli anni ’30 quando vengono introdotti i colori a base di resine sintetiche. In questo caso l’innovazione non è dovuta a nuovi pigmenti o coloranti, ma al mezzo disperdente, costituito da una serie di polimeri organici di vario tipo, tra cui le resine acriliche, le resine di polivinilacetato o PVA e le resine alchidiche. I colori preparati con questi mezzi hanno caratteristiche decisamente innovative Tra questi sono di particolare importanza i colori acrilici, pigmenti con resine acriliche come leganti. Assomigliano all’acquerello e alla tempera in quanto sono diluibili con acqua. Essiccano rapidamente rimanendo stabili in ogni condizione atmosferica. Sono lisci e opachi, ma possono esser resi trasparenti da forti diluizioni Gli acrilici sono utilizzabili su ogni tipo di supporto senza particolari accorgimenti. Una tavolozza di una dozzina di colori di base consente una larga gamma di tinte e toni

La sperimentazione di questi prodotti è legata ai pittori di murales messicani degli anni ’20, in particolare Diego Rivera e David Siqueiros (dx sotto). Sulla base dei loro insegnamenti una intera generazione di artisti americani è stata iniziata ai colori acrilici. Dagli anni ’50 negli Stati Uniti questi materiali sono impiegati largamente da Francis Bacon, Richard Hamilton, David Hockney, Roy Lichtenstein, Pablo Picasso, Jackson Pollock, Bridget Riley, Mark Rothko, Frank Stella e Andy Warhol. Sono poi disponibili in Europa dagli anni Sessanta

L'identificazione dei materiali pittorici nelle opere d'arte contemporanea è una vera sfida per il chimico analitico. Mentre nelle opere pittoriche del passato ci si confrontava con poche decine di pigmenti, generalmente presenti come puri o in semplici miscele, nei dipinti del XX secolo si ha a che fare con due problemi principali: i prodotti disponibili sono diventati migliaiai prodotti disponibili sono diventati migliaia si tratta di formulazioni estremamente complesse, spesso veri e propri segreti industriali e comunque contenenti numerosi composti oltre al principio colorante, come eccipienti, emulsionanti, antiossidanti, plastificanti, stabilizzanti alla luce, biocidi, ecc.si tratta di formulazioni estremamente complesse, spesso veri e propri segreti industriali e comunque contenenti numerosi composti oltre al principio colorante, come eccipienti, emulsionanti, antiossidanti, plastificanti, stabilizzanti alla luce, biocidi, ecc. A complicare ulteriormente le cose va considerata l'enorme complessità, dal punto di vista diagnostico, dei leganti sintetici, anche essi presenti in numerosissime varietà. Spesso la presenza del legante sintetico è talmente massiva da impedire l'identificazione del pigmento disperso al loro interno Gran parte delle informazioni attualmente disponibili si devono al lavoro pioneristico di Tom Learner (dx), conservatore presso la Tate Gallery di Londra, che, impiegando tecniche sofisticate come la GC-MS con pirolisi e la spettroscopia FTIR, ha investigato numerosi dipinti riuscendo a identificare pigmenti, coloranti e leganti. Un altro esperto da citare è il Prof. Chiantore

Le tecniche spettroscopiche (Raman, FTIR) applicate alla caratterizzazione dei materiali pittorici dell'arte contemporanea forniscono informazioni con difficoltà. In linea di massima si ottengono spettri molto complessi, con un numero elevato di bande non facilmente ascrivibili al solo pigmento o al solo colorante. I database di spettri non sono ancora ricchi come quelli relativi ai pigmenti antichi Nella figura è riportato uno schema per l'identificazione di coloranti azoici mediante analisi Raman. L'identificazione avviene con un diagramma a flusso, basato sulla presenza/assenza di alcune bande caratteristiche

Sono descritti nel seguito alcuni esempi di studi analitici eseguiti da Learner con Py-GC-MS e FTIR su opere d'arte contemporanea conservate presso la Tate Gallery di Londra Whaam! di Roy Lichtenstein (1963). Il pigmento giallo risulta essere giallo cromo in resina acrilica a base di poli n-butil metacrilato

Alpha Phi di Morris Louis (1961). In questo caso l'analisi Py-GC- MS permette l'identificazione del legante (resina acrilica a base di poli n-butil metacrilato) ma non dei pigmenti. Attraverso l'analisi FTIR e SEM-EDX si può identificare la presenza di giallo cadmio, verde di ftalocianina e blu oltremare sintetico

Mr. and Mrs. Clark and Percy di David Hockney ( ). L'analisi è agevolata dal fatto che nel 1971 l'artista donò alla Tate Gallery la sua tavolozza, che potè quindi essere campionata senza intervenire sul dipinto. Dall'analisi Py-GC-MS e FTIR risulta la presenza di coloranti azoici rossi e gialli, blu cobalto e giallo cadmio. Il legante acrilico è un copolimero di etil acrilato e metilmetacrilato

Hyena Stomp di Frank Stella (1962). I colori identificati sono giallo cromo, blu di Prussia e un colorante azoico rosso. Il legante è una resina alkyd

Sundark blues di Gillian Ayres (1994). Il dipinto è stato realizzato appena tre anni prima dell'analisi e ciò si riflette nell'evidenza di un legante a olio molto giovane. Nel colore giallo-arancione è individuato un colorante azoico

Maschere nigeriane In questa maschera lignea, parte di un set di manufatti provenienti dalla Nigeria e conservati presso il Museo di giallo di cromo tracce di blu di ftalocianina bianco titanio Antropologia di Torino, sono stati identificati alcuni pigmenti che permettono di classificare l'opera come arte contemporanea

Il blu di Klein Yves Klein non fu mai un artista del calibro di Turner, Rembrandt o Tiziano, ma è ricordato per una cosa particolare: l’International Klein blue, usato per una serie di dipinti monocromi negli anni ‘50 Klein credeva che il solo colore fosse sufficiente a esprimere ciò che lui voleva dire, senza la distrazione di linee e forme. In effetti il blu di Klein non è altro che blu oltremare sintetico, steso con una tecnica particolare. Klein voleva preservare la brillanza cromatica del pigmento, evitando di usare i tradizionali disperdenti a olio; per fare ciò impiegò una resina sintetica chiamata Rhodopas M60A, che agiva da legante senza invalidare l’intensità del pigmento. Ancora una volta, l’ispirazione viene dalla collaborazione con il colorista. La ricetta fu brevettata nel 1960

Il Colour Index Il nostro excursus temporale nella storia dei materiali pittorici termina con la descrizione di un’esigenza molto sentita dagli artisti e dai produttori: la necessità di razionalizzare l’enorme quantità di sostanze disponibili attualmente sul mercato Considerata la Bibbia dei tintori, il Colour Index International è stato introdotto nel 1971 dalla Society of Dyers and Colourists. Esso elenca e descrive tutti i colori prodotti industrialmente in 9000 pagine distribuite su 9 volumi. I colori sono catalogati per tinta e uso e sono contrassegnati con un numero legato alla composizione chimica, es. PB17 indica il blu di ftalocianina Il Colour Index è ispirato al lavoro del ricercatore britannico George Field, il più famoso dei colourmen, che nel XIX secolo studiò approfonditamente e preparò pigmenti e coloranti