Castelnuovo Berardenga 1- L. Febvre e L. Gambi 2- Una descrizione di descrizioni di paesaggio 3- Paesaggio , metafora euristica 4- Humboldt: dall’arte alla scienza 5- Il paesaggio terrestre (1947) 6- Il paesaggio come storia sociale 7- La casa rurale toscana 8- Nota bibliografica Francesco Micelli 2013-T 29.4
Lucien Febvre e Lucio Gambi Nel 1946 Lucien Febvre, ragionando sulle diversità della Francia, dichiara assurda la definizione della geografia come scienza del paesaggio. Proprietà, diritto, legge, consuetudini disciplinano le risorse naturali e le sottopongono ai disegni degli uomini, così che ciò che appare è riflesso di realtà profonde soprattutto di ordine storico, sociale ed economico. Febvre orienta le ricerche del giovane Gambi sulla Romagna, anticipa le sue resistenze al Paesaggio terrestre (1949) di Biasutti. I maestri della geografia italiana avvertono ambiguità e polisemia del termine, sollecitano per tempo la necessità di una riflessione critica. La prima guida del Museo del paesaggio di Castelnuovo Berardenga ( Siena 1999) accetta la critica gambiana ai concetti geografici di paesaggio umano e racconta una storia della geografia italiana come educazione dello sguardo, come attenzione ai “quadri ecologici”, come razionale progettualità.
Una descrizione di descrizioni di paesaggio . Di fatto Bruno Vecchio e Cristina Capineri esaminano i significati del paesaggio nel senso di una storia delle idee. Propongono una descrizione delle descrizioni dei paesaggi aprendosi a significative voci esterne, soffermandosi sui modi della conoscenza piuttosto che sui risultati di singole monografie I “brani scelti”: Cosgrove (1988): “un parco paesaggistico è più palpabile, ma non più reale, non meno immaginario, di un paesaggio dipinto o di una composizione poetica”, Simmel (1912) per ricorda come ogni individualità paesaggistica esordisca quale esperienza estetica. Paolo D’Angelo e Kenneth Olwig (2001, 2002) insistono sul rapporto tra rappresentazione e cosa rappresentata, sulle sollecitazioni che arte e politica esercitano su chi osserva il paesaggio. L’arco delle discipline che si avvale di questa “immagine culturale” può richiamare Paolo Mantegazza, uno dei maestri di Biasutti. Durante il viaggio in Argentina (1854 ) immagina secondo le indicazioni di Humboldt , “degnissimo pittore”, i sedici principali quadri della natura, che potrebbero riassumere l’estetica del nostro globo quali scene primarie, scheletro di ogni veduta che sia grande e bella della natura (M.p.157)
Paesaggio, metafora euristica Il paesaggio è anzitutto studiato come momento dell’arte moderna e contemporanea da Paola Bruscoli, Letizia Galli, Annalisa Ranieri, che esaminano paesaggi d’Arcadia, paesaggi leonardeschi, paesaggi ideali che correggono la natura, paesaggi olandesi, paesaggi romantici di Turner e Constable, soffermandosi sul buon governo di Ambrogio Lorenzetti, lasciando a Leonardo Scelfo il dialogo tra arte dei giorni nostri e paesaggio toscano. Il caso di Josiah Gilbert. In Cadore Terra di Tiziano ( Londra, 1869): sostiene che l’arte è guida dello sguardo, che le indicazioni del pittore, fissate in concreti dipinti, insegnano la bellezza delle Dolomiti. Tiziano, nel 1552, usa per primo il termine paesaggio, ne dimostra la natura di “ fenomeno che presuppone un’esperienza estetica”.
Humboldt: dall’arte alla scienza B.Vecchio ritrae Alexander von Humboldt: spiega il “nesso inscindibile fra la contemplazione estetica e l’osservazione scientifica” sostiene conoscenza e coscienza dell’uomo rispetto ai Quadri della Natura (1808). Le idee per una geografia delle piante diventano raccordo tra botanica e scienze ambientali, anticipazione di Darwin. Farinelli rinforza da una particolare angolatura questo argomentare: le nuove scelte della borghesia tedesca, cui Humboldt si rivolge, non negano gusto e bellezza del paesaggio; avviano tuttavia le minute analisi della scienza per rifletterle nella “complessità globale” (Zusammenhang), che ne giustifica e rinsalda i percorsi.
Il paesaggio terrestre Capineri presenta Il paesaggio terrestre (1947) di R. Biasutti in due momenti: 1- La carta della grandi forme del paesaggio diventa teatro d’azione dell’”uomo ecologico” ( cfr. la Voelkerkunde ratzeliana). 2- L’unità vivente uomo-natura è quindi ricollocata nel clima positivistico nel quale, nonostante l’anticonformismo costante, il geografo era inserito. Capineri legge nella distinzione tra “paesaggio sensibile” e “paesaggio geografico” la pretesa di una scienza induttiva che registrerebbe l’esistente escludendo ogni mediazione soggettiva. Mette alla prova come “applicazione descrittiva” le procedure biasuttiane studiando il “paesaggio senese” secondo clima, morfologia, idrografia, vegetazione, secondo la connessione di questi fattori. Il “paesaggio umanizzato” o “antropogeografico” ricompare come concetto rielaborato da Aldo Sestini, Il paesaggio, Milano 1963 nella collana Conosci l’Italia
Paesaggio come storia sociale Vecchio illustra le idee di Gambi: 1- ciò che gli occhi osservano trova senso più nello studio dei catasti, degli archivi privati, degli archivi notarili, più nelle figure dell’arte o della serie cartografiche che nelle relazioni spaziali tra oggetti. 2- ciò che non si vede, credenze religiose, fatti psicologici, costumi giuridici, libero mercato o meno, spiegano il rapporto città-campagna, l’assetto delle coltivazioni, la fisionomia dei quadri ambientali. Il paesaggio rurale in specie dipende più dalle forme di conduzione e dalle tecniche agrarie che dal clima-suolo. Il caso della mezzadria, anomalia italiana rispetto ai campi aperti e al bocage, è immediatamente sottolineato. La “coltura promiscua” è la struttura agraria che consente la lettura dei paesaggi senesi differenziando tra loro, secondo la “rete dei poderi”, Chianti, Val d’Elsa, Crete e Val d’Orcia, Monte Amiata; Val di Merse e Val di Chiana.
La casa rurale come “strumento di lavoro” La casa rurale toscana La casa rurale come “strumento di lavoro” 1- rivaluta l’elasticità di Biasutti nella classificazione delle abitazioni dei contadini in Toscana 2- giustifica quindi la ricerca, dal Medioevo ai giorni nostri, sulle case rurali di quella regione che Leonardo Rombai e Renato Stopani eseguono secondo parametri rigorosamente gambiani. In termini concreti, esaminando cioè i più significativi lavori della geografia italiana, Vecchio ha ribadito: 1- l’importanza di Gambi, della visione storicista che lo caratterizza nella definizione del paesaggio agrario 2- il valore della casa rurale nella storia delle strutture agrarie allineando Cattaneo, Arrigo Lorenzi, Gambi stesso, Emilio Sereni, Henri Desplanques. Il paesaggio come rappresentazione diventa il quadro di vita nel quale le società si specchiano. La percezione disciplina le scelte e, fin dove è possibile, riconosce e ordina gli oggetti secondo precise esigenze culturali. I paesaggi palladiani nella descrizione di Cosgrove, mentre si avvalgono dei risultati della ricostruzione storicista, colgono specifici significati della cultura veneta. Villa e campagna, congiuntura storica e visione neoplatonica, sono in questo caso elementi tra loro inseparabili.
Nota bibliografica B. Vecchio-Cristina Capineri, Castelnuovo Berardenga. Museo del paesaggio, Siena 2012 L. Febvre, La Terra e l’evoluzione umana. Introduzione geografica alla storia, Torino 1980 P. Mantegazza, Rio de la Plata e Tenerife. Viaggi e avventure di un giovane medico italiano nei paesi dell’America Latina, Milano 1990 F. Farinelli, L’arguzia del Paesaggio,”Casabella” 1991, pp.10-12 R. Biasutti, Il paesaggio terrestre, Torino 1947 J. Gilbert, Cadore Terra di Tiziano, Londra 1869 A.Sestini, Il paesaggio, Milano 1963 D. Cosgrove, Il paesaggio palladiano, Verona 2000