Le tipologie flessibili di lavoro subordinato

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RELAZIONE TRA FONTI REGOLATRICI DEL RAPPORTO DI LAVORO Dott.ssa Chiara Fantinato Consulente del Lavoro.
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Le tipologie flessibili di lavoro subordinato Il contratto di lavoro a tempo determinato 1

Nel 1942… Alla nozione unitaria di lavoro subordinato (2094 c.c.) corrisponde una disciplina tendenzialmente unitaria Il lavoratore subordinato è il lavoratore legato all’impresa da un rapporto a tempo pieno ed indeterminato Le sole eccezioni – a parte i rapporti propriamente speciali per la condizione personale dei lavoratori coinvolti – sono il contratto di lavoro a tempo determinato ed il contratto di apprendistato

Le forme di lavoro cd ATIPICHE ORA… Oltre all’idealtipo descritto - il lavoratore a tempo pieno ed a tempo indeterminato - esistono molte forme di lavoro subordinato che divergono dal rapporto standard sotto qualche profilo Le forme di lavoro cd ATIPICHE

L’atipicità non è una nozione tecnico-giuridica ma economico-sociale Nasce per indicare che il lavoro atipico è eccezionale rispetto alla figura socialmente prevalente di lavoro E’ nozione riassuntiva e sintetica valida per diverse tipologie di contratti di lavoro subordinato Ha funzioni meramente descrittive NON CI DICE NULLA SULLA DISCIPLINA APPLICABILE A CIASCUNA DI TALI FORME ATIPICHE

Il lavoro atipico inizia a diffondersi negli anni 80 in poi - tale sviluppo è da correlarsi a quello di un’altra categoria dai contorni non molto definiti LA FLESSIBILITA’ ...ed in particolare la flessibilità in entrata e le tipologie di lavoro flessibile

Cosa vuol dire FLESSIBILITA’?

La flessibilità L’introduzione di forme di lavoro flessibile costituisce solo un tassello del più ampio processo di adeguamento ed adattamento del mondo del lavoro alle esigenze economiche delle imprese La flessibilità è nozione comune alla sociologia all’economia ed al diritto Trova il proprio fondamento in alcune teorie economiche neoliberiste

Segue… La flessibilità in tutte le sue “declinazioni”: Flessibilità interna e flessibilità esterna Flessibilità in entrata e flessibilità in uscita (anche detta flessibilità numerica) Flessibilità organizzativa e funzionale Flessibilità salariale Flessibilità nelle fonti di regolazione

La flessibilità in entrata Stipulazione di condizioni contrattuali di assunzione differenziate La definizione “tipologie flessibili” attiene non soltanto a figure atipiche rispetto al modello tradizionale di lavoratore subordinato ma anche a forme di lavoro autonomo molto vicine al lavoro subordinato (es. lavoro parasubordinato) La flessibilità in entrata è la forma più diffusa di flessibilità nel nostro ordinamento

La flessibilità e l’economia La base teorica su cui si fonda la flessibilità è l’assunto dell’economia neoliberista secondo cui: la rigidità del fattore lavoro ed i costi dei sistemi di sicurezza sociale costituiscono un ostacolo decisivo allo sviluppo economico ed a quello occupazionale Tale teoria è stata sposata anche da taluni studiosi di diritto del lavoro declinata come teoria insiders/outsiders

La flessibilità e la dottrina lavoristica Anni ’70: la dottrina lavoristica guarda con particolare sfavore alla categoria della flessibilità Anni ’80 : (già nel 1973 per la crisi petrolifera) la dottrina accetta il ricorso alla flessibilità solo come intervento di carattere emergenziale – la flessibilità è una cura per la crisi Anni ’90: la flessibilità entra nel lessico ordinario dei lavoristi Ora…

Flessibilità è sinonimo di precarietà? 12

La flessicurezza La sfida dell’Europa è quella di conciliare l’inconciliabile: la flessibilità e la sicurezza per rendere maggiormente competitivo il modello europeo migliorando le condizioni di vita dei lavoratori Le garanzie si spostano dal piano del singolo rapporto di lavoro alle tutele nel mercato del lavoro con investimenti in formazione e sussidi per chi rimane senza occupazione Ciò dovrebbe conciliare la possibilità per le imprese di assumere e la tutela dei lavoratori

Non tutti i lavori flessibili danno la medesima idea di precarietà E’ possibile una graduatoria di lavori flessibili in termini di maggiore o minore precarietà nell’ordinamento giuridico italiano? 14

IL CONTRATTO A TERMINE NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO Il contratto “senza futuro” per eccellenza 15

La “atipicità” temporale della prestazione di lavoro Il contratto a tempo determinato ed il contratto a tempo parziale divergono dal modello standard sotto il profilo temporale IL CONTRATTO A TERMINE La “atipicità” temporale del contratto di lavoro La “atipicità” temporale della prestazione di lavoro a tempo pieno o parziale IL CONTRATTO A TEMPO PARZIALE a tempo determinato o indeterminato

“Il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato” (art. 2097) NEL CODICE DEL 1865 Si vietano le assunzioni a tempo indeterminato. Le uniche assunzioni lecite sono quella a termine NEL CODICE DEL 1942 “Il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato” (art. 2097) NELLA LEGISLAZIONE POST-COSTITUZIONALE Culmine della disciplina restrittiva del contratto a termine (l. 230/1962) 17

La disciplina giuridica del lavoro a termine in Italia fino al codice civile NEL CODICE DEL 1865 NEL CODICE DEL 1942 L’intento è di evitare la costituzione di vincoli perpetui e legami di tipo servile tipici dell’epoca pre-industriale ò Si tutela il lavoratore vietando le assunzioni a tempo indeterminato. Vengono meno le preoccupazioni del 1865 ò “Il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato” (art. 2097 cod. civ.)

La filosofia originaria… Il contratto a termine come eccezione alla regola generale del contratto di lavoro a tempo indeterminato (art. 2097 c.c.: il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato se il termine non risulta dalla specialità del rapporto o da atto scritto – l’apposizione del termine è inefficace se compiuta per “eludere le disposizioni che riguardano il contratto a tempo indeterminato” ) 19

…e la legislazione post-costituzionale Atteggiamento di netto disfavore: la regolazione restrittiva del contratto a termine La limitazione del contratto a termine (1962) come logico complemento della limitazione alla facoltà di recesso (1966 e 1970)

La legge 230/1962: esempio paradigmatico di una stagione particolare del diritto del lavoro Utilizza tutte le tecniche che rivelano l’intenzione di considerare la fattispecie come una eccezione rispetto allo standard Tassatività delle ipotesi (c.d. lista chiusa) Forma scritta Parità di trattamento Conversione sanzionatoria del rapporto Interpretazioni giurisprudenziali restrittive

L’evoluzione legislativa sul contratto a termine Dalla regolamentazione restrittiva degli anni ’60 (l. 230/62) (parte integrante della legislazione antifraudolenta e di garanzia del lavoro subordinato) … …alla rivalutazione del contratto a termine negli anni ’80 e, al ripensamento finale dell’istituto nel 2001 (sintomo della tendenza alla flessibilizzazione delle forme di impiego) 22

Gli anni ‘80 Le leggi 79/1983 e 56/1987 I contratti a termine per punte stagionali (“autorizzati”) e i contratti a termine nelle ipotesi previste dai contratti collettivi (“contrattati”) 23

Gli anni ‘90 La direttiva comunitaria 1999/70/CE (considera il contratto a termine uno strumento di politica attiva del lavoro, ovvero di flessibilità, in entrata, del mercato del lavoro – attuazione della strategia europea per l’occupazione adottata col vertice di Lussemburgo – combinazione di “flessibilità e sicurezza” ) – Non è equiparabile al contratto a tempo indeterminato (maggiore rischio di una precarizzazione) 24

ragioni di carattere tecnico, La disciplina del 2001 l’abbandono del paradigma “regola/eccezione” nel rapporto tra contratto a tempo indeterminato e contratto a tempo determinato L’art. 1 del d. lgs. n. 368 del 2001 prevede che “ è consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” la l. 230 del 1962 viene abrogata. 25

Particolare novità della disciplina del 2001: E’ stato ridimensionato il ruolo della contrattazione collettiva Il rinvio ai contratti collettivi operato dall’art. 23 della l. 56/1987 rappresentava uno dei pilastri della della cosiddetta “flessibilità negoziata” La nuova disciplina esclude, invece, la contrattazione collettiva da compiti di codeterminazione della causali di accesso che vengono, ormai, direttamente liberalizzate dalla legge 26

Condizioni per l’apposizione del termine lecito nelle imprese private L’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 1 del d.lgs. 368/2001 27

L’esigenza deve essere È un rinvio alla libera scelta datoriale tra due tipologie del tutto fungibili (tesi a-causale?) “E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” L’esigenza deve essere temporanea? 28

La questione centrale è se il lavoro a termine sia ammesso solo come extrema ratio, cioè quando sia inevitabile a causa della oggettiva temporaneità dell’occasione di lavoro, oppure anche quando, pur in presenza di un occasione permanente di lavoro, sussista una ragione oggettiva non arbitraria che renda in concreto preferibile un rapporto a termine. 29

Un importante parametro interpretativo di riferimento 6. Considerando che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento; La Direttiva 1999/70/CE (i “Considerando”)

Il dissidio tra due opinioni Nella disciplina delineata dal D. Lgs. 368/01 appare superato l'orientamento volto a riconoscere la legittimità dell'apposizione del termine soltanto in presenza di una attività meramente temporanea Il Ministero del lavoro (Circolare 42/2004) La Corte di Cassazione (sent. 7468/2002) 31

“Il termine costituisce deroga d’un generale sottinteso principio: il contratto di lavoro subordinato, per sua natura, non è a termine” Interpretazione restrittiva della possibilità di apporre un termine al contratto di lavoro 32

Tendenza confermata dalla giurisprudenza di merito successiva 33

Corte d'Appello Milano ( Sezione Lavoro) Sentenza 24/08/2007 , n. 794 Il passaggio da un sistema di casi tassativamente indicati alla liberalizzazione della casistica non è sufficiente ad escludere il carattere di eccezionalità dell'apposizione del termine, rispetto ai contratti a tempo indeterminato, che continuano a costituire la forma ordinaria e normale del rapporto di lavoro. Ciò significa che la liberalizzazione dei motivi per i quali è consentito apporre un termine al contratto non ha fatto venire meno l'impianto che tradizionalmente regola i rapporti di lavoro e cioè quella della necessità di un ancoraggio alla reale esistenza di specifiche esigenze temporanee. 34

Trib. Catania, sez. lavoro 2006 (ennesimo episodio del contenzioso “Poste”) “Considerato che con la nuova disciplina (…) non è venuto meno il principio generale per cui il contratto a termine rimane possibilità ammessa in via di eccezione rispetto alla regola del rapporto a tempo indeterminato, occorre che in concreto siano dal datore di lavoro esplicitate (e provate in giudizio) le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo astrattamente indicate della disposizione dell’art. 1 d. lgs. n. 368 del 2001” 35

Tendenza confermata anche dalla recente giurisprudenza della CGCE Di conseguenza, il beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori (v. sentenza Mangold, cit., punto 64), mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (v. secondo comma del preambolo e n. 8 delle considerazioni generali dell’accordo quadro). SENTENZA DELLA CORTE 4 luglio 2006 Caso Adeneler L’accordo quadro parte dalla premessa che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro, pur riconoscendo che i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori e per determinate occupazioni e attività (v. nn. 6 e 8 delle considerazioni generali dell’accordo quadro). 36

Il disfavore per l’utilizzo del contratto a termine per soddisfare esigenze stabili “l’accordo quadro osta all’applicazione di una normativa nazionale che vieta in maniera assoluta, nel solo settore pubblico, di trasformare in un contratto di lavoro a tempo indeterminato una successione di contratti a tempo determinato che, di fatto, hanno avuto il fine di soddisfare «fabbisogni permanenti e durevoli» del datore di lavoro e che devono essere considerati abusivi”. 37

Ed ancora: Sentenza del 7 settembre 2006, Andrea Vassallo contro Azienda Ospedaliera Ospedale San Martino di Genova e Cliniche Universitarie Convenzionate. Causa C-180/04. Sentenza del 7 settembre 2006, Cristiano Marrosu e Gianluca Sardino contro Azienda Ospedaliera Ospedale San Martino di Genova e Cliniche Universitarie Convenzionate. Causa C-53/04. 38

La soluzione normativa: Il Protocollo sul welfare (legge 247 del 24.12.2007)     All’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, è premesso il seguente comma: «01. Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato» Viene di nuovo riaffermata la centralità del contratto a tempo indeterminato 39

La modifica introdotta dal d. l. 112 del 2008 (convertito con l La modifica introdotta dal d.l. 112 del 2008 (convertito con l. 133 del 2008) È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, …. anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro. 40

Divieti a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi; c) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine; d) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni. 41

Limiti quantitativi e ruolo dell’autonomia collettiva Le clausole collettive di contingentamento l’art. 10, comma 7 Ai contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi viene affidata la individuazione “di limiti quantitativi di utilizzazione dell’istituto” Tali clausole dovrebbero avere il ruolo di bilanciare la realizzata liberalizzazione dell’istituto 42

Limiti quantitativi e ruolo dell’autonomia collettiva Esiste, tuttavia, una serie di rilevanti eccezioni che sottraggono all’autonomia collettiva il potere di fissare limiti quantitativi nelle… (lett. a)-d), comma 7, art. 10) 43

Esclusioni dai tetti a) nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici; b) per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell'elenco allegato al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modificazioni; c) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi; d) con lavoratori di età superiore a 55 anni 44

Si computano negli organici? Prima della riforma del 2001, la normativa e giurisprudenza tradizionalmente consideravano i lavoratori a termine come pienamente computabili Ai fini di cui all’articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori con contratto a tempo determinato sono computabili ove il contratto abbia durata superiore a nove mesi (d. lgs 368/2001). Dal 2001

La forma L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma l (art. 1, comma 2 D. Lgs. 368/2001) ? (1) L’apposizione del termine può risultare anche da un atto scritto diverso dal contratto di lavoro (2) La data di “scadenza” del rapporto si può ricavare indirettamente facendo riferimento ad un evento certo nell’an, incerto nel quando, ma che comunque risulta per iscritto nel contratto

La disciplina dell’utilizzo “continuato” del contratto a termine Contratto a termine e precarizzazione: La disciplina dell’utilizzo “continuato” del contratto a termine 47

…E la sua traduzione nell’ordinamento Interno: IL FINE ESSENZIALE DELLA DIRETTIVA COMUNITARIA… Prevenire gli abusi derivanti dalla successione di contratti a termine …E la sua traduzione nell’ordinamento Interno: Continuazione Proroga Riassunzioni L’art. 5 del decreto 368/01 48

1) Continuazione “di fatto” del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato 1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine il datore di lavoro è tenuto a corrispondere una maggiorazione per ogni giorno di continuazione pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore. 2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini Il periodo di “tolleranza” La conversione ex nunc 49

2) La disciplina delle proroghe Proroga ammissibile soltanto una volta, per un periodo non superiore a quello inizialmente previsto, per contingenze impreviste e imprevedibili per la stessa attività (l.230/1962) Il termine del contratto può essere, prorogato una sola volta quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa a condizione che si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni (D. lgs. 368/2001) 50

Quando l’intervallo proprio non c’è, la sanzione è più pesante 3) LE RIASSUNZIONI SUCCESSIVE Qualora il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Quando si tratti di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto. Presunzione assoluta di frode in caso di mancato rispetto degli intervalli Quando l’intervallo proprio non c’è, la sanzione è più pesante 51

Domanda Allora è possibile, rispettando gli intervalli, procedere a reiterate ed illimitate assunzioni a termine? Si, fatto salvo il 1344 c.c. Il rimedio approntato dalla Finanziaria 2008, confermata dalla “Legge Brunetta” 52

Il nuovo comma 4.bis dell’art. 5 Qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato 53

Il triennio: limite insuperabile? Vale solo per lo svolgimento di mansioni equivalenti Rimangono le altre tipologie atipiche, che non si computano nel limite dei 36 mesi È derogabile dai contratti collettivi Qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato 54

(avviso comune di aprile 08) Inoltre… In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. 8 mesi (avviso comune di aprile 08) 55

Questione: è legittimo un unico contratto a termine la cui durata venga ab origine stabilita in un periodo superiore 36 mesi? Secondo la dottrina, infatti, il D. Lgs. 368/2001 avrebbe consentito la stipulazione di contratti a termine di durata molto ampia, perfino oltre i fatidici tre anni cui ora fa riferimento la previsione in commento. In questo caso, stando alla lettera del comma 4-bis, non si ricadrebbe nell’ipotesi sanzionata con la conversione, poiché la norma prevede che il superamento del limite debba avvenire “per effetto di successione di contratti a termine”.

In realtà, appare plausibile una diversa interpretazione che, proprio alla luce delle novità ora descritte, valorizzi il termine di 36 mesi come termine massimo di durata del contratto a tempo determinato in tutte le ipotesi previste dal D. Lgs. n. 368/2001.

Le conseguenze del contratto a termine illecito… Per insussistenza del “causalone” Per violazione dei divieti espressi Per ragioni attinenti alla forma Per il superamento delle percentuali consentite 58

E la sua “traduzione” per il contratto a termine La nullità “di protezione” e l’effetto di sostituzione della volontà delle parti L’art. 1419, comma 2 E la sua “traduzione” per il contratto a termine La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative La nullità del termine, non importa la nullità del contratto di lavoro in quanto subentra la norma imperativa costituita dal principio per cui il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato “Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato” (comma “01” dell’art. 1 del decreto 368/2001, introdotto dalla Legge Finanziaria 2008) 59

Principio di non discriminazione Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine. 60

Il caso della signora Del Cerro Alonso Dopo un periodo di servizio prestato presso un ospedale pubblico dei Paesi Baschi con un contratto di lavoro a tempo determinato, la signora Del Cerro Alonso era stata assunta a tempo indeterminato. A tal punto, la lavoratrice aveva richiesto che le fossero riconosciuti gli scatti salariali, maturati nel corso dell'anno precedente al suo passaggio di ruolo. Non avendo ricevuto risposta, la stessa aveva adito l'autorità giudiziaria. La questione è finita di fronte la CGCE 61

CORTE DI GIUSTIZIA, Sez. II, 13 settembre 2007, causa C‑307/05, Yolanda Del Cerro Alonso c. Osakidetza-Servicio Vasco de Salud. La nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata nel senso che essa può servire da base ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira all’attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che l’ordinamento nazionale riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato. 62

Sentenza importante perché afferma una tutela che trascende i confini temporali del rapporto di lavoro a tempo determinato, garantendo al lavoratore - anche dopo la eventuale trasformazione del contratto a termine in un contratto a tempo indeterminato - una sorta di «diritto alla ricostruzione della carriera»; diritto esercitabile dopo l'avvenuta «stabilizzazione» presso il medesimo datore di lavoro che lo aveva originariamente assunto a tempo determinato. 63

Il contratto a termine nel pubblico impiego dopo la privatizzazione (altre frenetiche oscillazioni del legislatore) L’originario Art. 36 T.U.P.I. “Le p.a. si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa” 2001 64

La “stretta” dell’ultima Finanziaria (l. 244 del 2007) Le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro a tempo indeterminato e non possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa se non per esigenze stagionali o per periodi non superiori a tre mesi La ratio: il completamento del disegno di stabilizzazione 2007 65

Brunetta Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le p.a. assumono esclusivamente con contratti di lavoro a tempo indeterminato Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le p.a. possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Al fine di evitare abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, le p.a. non possono ricorrere all'utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell'arco dell'ultimo quinquennio 66

Le conseguenze del contratto a termine illecito nella p.a. “In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle p.a., non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ferma restando ogni responsabilità e sanzione” (art. 36.2 TUPI) 67

La questione di costituzionalità con riferimento all’art. “Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le p.a. hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave”. La sanzione La responsabilità 68

La risposta della Corte Costituzionale (27 marzo 2003 n. 89) “Il principio fondamentale in materia di instaurazione del rapporto di impiego alle pubblico è quello dell’accesso mediante concorso, posto a presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione. Ciò giustifica la scelta del legislatore di ricollegare alla violazione di norme imperative conseguenze di carattere esclusivamente risarcitorio, in luogo della conversione del rapporto prevista per i lavoratori privati” 69