Prof. Antonio Lo Faro Il recesso dal contratto di lavoro DIRITTO DEL LAVORO Il recesso dal contratto di lavoro Diritto del lavoro 2004-05
Le ipotesi “minori” di estinzione del rapporto di lavoro Risoluzione per mutuo consenso; Maturazione del termine nei rapporti a scadenza finale; Impossibilità sopravvenuta della prestazione Morte del lavoratore ….
Il recesso unilaterale Si tratta della causa di estinzione del rapporto di lavoro più rilevante dal punto di vista normativo e sociale. A seconda del contraente che pone in essere la decisione “unilaterale” di recedere dal rapporto, si distinguono: Le dimissioni (da parte del lavoratore); Il licenziamento (da parte del datore di lavoro).
L’impostazione originaria, ancora in parte presente nel codice civile L’istituto giuridico del recesso dal rapporto di lavoro nella filosofia dei codici liberali: ognuna delle due parti può liberamente recedere dal rapporto di lavoro alle medesime condizioni Il principio generale della libera recedibilità medesime condizioni =
La libera recedibilità bilaterale nel codice del 1865… Ratio simile a quella che sorreggeva il divieto di rapporti di lavoro a tempo indeterminato Considerata una conquista di civiltà giuridica per il lavoratore, elevato alla condizione di libero contraente formalmente posto su un piano di parità negoziale
…e nel codice civile del 1942: il recesso “ad nutum” pari significato giuridico di dimissioni e licenziamento “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti…” (art. 2118 cod. civ.) Ciascuno dei contraenti
L’unico limite imposto alle parti: IL PREAVVISO o la corrispondente indennità sostitutiva L’unico limite imposto alle parti: IL PREAVVISO
No, nella misura in cui è posto a carico di entrambe le parti L’obbligo del preavviso per entrambe le parti incide sul principio di libera recedibilità e sulla sua sottesa impostazione? No, nella misura in cui è posto a carico di entrambe le parti Rivela una considerazione della situazione di sostanziale disparità negoziale tra le parti? Consente un controllo giurisdizionale sulla decisione datoriale? No, nella misura in cui i motivi della decisione datoriale rimangono insindacabili
In alcuni casi viene meno anche il limite del preavviso La “giusta causa” “…o senza preavviso qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione del rapporto” (2119 c.c.)
La necessità di dimostrare la ricorrenza di una giusta causa incide sul principio di libera recedibilità? Per recedere da un rapporto di lavoro senza preavviso occorre dimostrare la sussistenza di una giusta causa L’unica conseguenza che deriva dalla mancanza di una giusta causa non è l’invalidità del recesso, ma la necessità di concedere il preavviso (o, meglio, la relativa indennità)
Nel sistema del codice civile la libertà di licenziare non viene intaccata… DALL’OBBLIGO DI PREAVVISO (art. 2118 c.c.) NÉ DALLA PREVISIONE DELLA GIUSTA CAUSA (art. 2119 c.c.) Perché la mancanza di giusta causa ex art. 2119, anche ove accertata dal giudice, lascia comunque libero il datore di licenziare, con l’unico limite della indennità sostitutiva del preavviso Perché il licenziamento con preavviso ex art. 2118 rimane assolutamente insindacabile dal giudice
Parità formale e diseguaglianza sostanziale dei contraenti Le dimissioni del lavoratore creano al datore di lavoro il mero fastidio di una sostituzione Il licenziamento comporta invece per il lavoratore la perdita della fonte del proprio sostentamento “Il contratto di lavoro riguarda l’avere per il datore ma l’essere per il lavoratore” (F. Santoro Passarelli)
Dopo la Costituzione La progressiva riduzione della libera recedibilità da principio ad eccezione residuale qual è il compromesso più accettabile per comporre il contrasto tra libertà dell’iniziativa economica privata (art. 41 Cost) e diritto al lavoro (art. 4 Cost)?
La tendenza evolutiva dell’ordinamento italiano 1. Selezionare le ipotesi di legittimo recesso del rapporto per iniziativa del datore DUE PRINCIPI Il blocco dei licenziamenti (1945 ) La successiva contrattazione interconfederale (1950) La legge 604 del 1966 L'art. 18 dello Statuto La legge 108/1990 2. Sottoporre il giudizio di legittimità del recesso al controllo giurisdizionale
La giurisprudenza della Corte che precede la riforme degli anni 60-70 Il diritto al lavoro (art. 4) non è norma precettiva per cui il recesso ad nutum è da considerarsi comunque legittimo legittimo “l'art. 4 della Costituzione, come non garantisce a ciascun cittadino il diritto al conseguimento di un'occupazione (…) così non garantisce il diritto alla conservazione del lavoro”
continua Con ciò non si vuol dire che la disciplina dei licenziamenti si muova su un piano del tutto diverso da quello proprio dell'art. 4 della Costituzione. occorre una legge…
continua … il potere illimitato del datore di lavoro di recedere dal rapporto a tempo indeterminato non costituisce più un principio generale del nostro ordinamento. Le condizioni economico-sociali del Paese consentono una nuova disciplina, verso la quale l'evoluzione legislativa viene sollecitata anche da raccomandazioni internazionali
La disciplina del licenziamento oggi: due tipologie di normative (I) I LIMITI (II) I RIMEDI (quando si può legittimamente licenziare?) Giusta causa e giustificato motivo (quali sono le conseguenze del licenziamento illegittimo?) Risarcimento o reintegra nel posto di lavoro
(I) I LIMITI SOSTANZIALI La “correzione” del libero recesso (l. 604/1966) LA GIUSTA CAUSA CAMBIA FUNZIONE Non più finalizzata al mero riconoscimento del preavviso Ma elevata ad elemento di legittimità del licenziamento Il licenziamento come recesso “vincolato”
Il principio di causalità del licenziamento come principio costituzionale in ambito europeo Articolo 30 Carta di Nizza: Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali
Il principio della causalità del recesso GIUSTIFICATO MOTIVO (l. 604/1966) Soggettivo Oggettivo GIUSTA CAUSA (2119 c.c.) Notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ragioni attinenti alla attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa Gravissimo inadempimento delle obbligazioni contrattuali
L’interpretazione delle clausole generali di giusta causa e di giustificato motivo da parte della giurisprudenza
LA NOZIONE DI GIUSTA CAUSA gravissimo inadempimento contrattuale o anche circostanze esterne al sinallagma contrattuale?
Un’ipotesi classica di licenziamento come sanzione dell’inadempimento Sussiste la giusta causa di licenziamento nel caso in cui il lavoratore abbia trascorso il tempo destinato al lavoro, e come tale retribuito, a collegarsi per scopi personali ad Internet ed a consultare i documenti scaricati, con la rete telefonica pagata dall'azienda, integrando tale comportamento una grave violazione degli obblighi contrattuali (Corte d'appello Ancona 1/8/2003)
Fatti esterni comunque riconducibili alla nozione di inadempimento Vincenzo C., dipendente con mansioni di operaio, si è assentato per malattia, essendo stato colpito da lombosciatalgia acuta. Durante l’assenza ha lavorato nell’esercizio commerciale della moglie. L’azienda lo ha licenziato. Il Pretore ha nominato un consulente tecnico, dalla cui relazione è risultato che la collaborazione alla conduzione dell’esercizio commerciale s’era svolta con modalità richiedenti movimenti in iperestensione (spostamento e sistemazione della merce) e flessione del tronco (apertura e chiusura dei locali), tali da produrre un effetto ritardante del pieno recupero fisico La Suprema Corte ha confermato la validità del licenziamento rilevando che il dipendente aveva dimostrato piena indifferenza per il nocumento che arrecava all’organizzazione aziendale: “Non si vede come il datore di lavoro possa continuare a fare affidamento sulla leale e corretta collaborazione di un dipendente che si sottragga al dovere primario di rendere possibile la prestazione ritardando il recupero della capacità a svolgere mansioni contrattualmente dovute” (Cassazione n. 2378 del 17 febbraio 2003)
2) Fatti inerenti alla vita privata del lavoratore
della delicatezza delle funzioni affidate al soggetto; Al ritorno da un volo internazionale, un assistente di volo è stato trovato in possesso di modica quantità di stupefacente. La sentenza di merito, che ha ritenuto non sussistere una giusta causa, va cassata perché non ha tenuto conto: della delicatezza delle funzioni affidate al soggetto; dei profili di grave pericolo per la incolumità dei passeggeri; dell'esigenza di continua attenzione da prestarsi nell'esercizio delle mansioni; della responsabilità aggravata dell'azienda per eventuali accadimenti negativi conseguenti a tale situazione; della immanente lesività dell'immagine della società del danno concreto alla stessa cagionato, posto che al dipendente, in conseguenza del fatto, fu ritirato il tesserino di accesso ai locali doganali ed aeroportuali; della strumentalizzazione del rapporto di dipendenza e del servizio per l'approvvigionamento della droga
Il principio generale La condotta inerente alla vita privata del lavoratore, di norma irrilevante ai fini della lesione del rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, può integrare giusta causa di licenziamento qualora fatti e comportamenti estranei alla sfera del contratto siano tali da far venire meno quella fiducia che integra presupposto essenziale della collaborazione tra datore e prestatore di lavoro. Cass. civ., sez. lav., 22 agosto 1997, n. 7884 fatti e comportamenti estranei alla sfera del contratto siano tali da far far venire meno quella fiducia
…segue: la valutazione “in concreto” del vincolo fiduciario Nel caso di giusta causa di licenziamento, i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave negazione dell'elemento della fiducia; la valutazione relativa deve essere operata con riferimento non già ai fatti astrattamente considerati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla qualità del singolo rapporto, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, alle circostanze del suo verificarsi e ad ogni altro aspetto correlato alla specifica connotazione del rapporto (Cass. civ., sez. lav., 27 marzo 1998, n. 3270) bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla qualità del singolo rapporto
3) L’entità del pregiudizio patrimoniale Un dirigente di una filiale di una catena di grandi magazzini, è sorpreso in un'altra filiale sita in una città diversa, ad occultare sulla propria persona alcuni oggetti di modestissimo valore economico, quali una confezione di chiavi tubolari e un paio di solette da scarpe (Cass. civ., sez. lav., 18 giugno 1998, n. 6100) E’ UNA GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO?
SI Nel caso di licenziamento per giusta causa, viene in considerazione non l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale (rilevanti in sede penale), ma la ripercussione sul rapporto di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento - in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del lavoratore rispetto agli obblighi assunti
Un altro caso In ipotesi di licenziamento per giusta causa (comminato a dipendente di impresa operante nel settore della grande distribuzione per avere consumato in due mattinate successive alcuni pasticcini), la complessiva valutazione della gravità dell’infrazione, è da condurre sulla base dei seguenti criteri: esistenza o meno di precedenti disciplinari, posizione del dipendente all’interno dell’organizzazione aziendale, modalità della commissione del fatto, entità del danno provocato all’impresa;
… ove, in applicazione di tali criteri, risultino l’inesistenza di precedenti disciplinari, lo svolgimento di mansioni non implicanti particolari responsabilità, modalità di commissione del fatto implicanti indici minimali di intensità dolosa, nonché la particolare tenuità del danno provocato, il licenziamento deve considerarsi illegittimo, trattandosi di infrazione inidonea a minare irreparabilmente l’elemento fiduciario (Pret. Varese 9/5/97)
GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO Le possibili conseguenze paradossali del rilievo attribuito alla sussistenza del vincolo fiduciario Comportamento veniale del lavoratore Notevole inadempimento degli obblighi contrattuali Se viene meno la fiducia GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO GIUSTA CAUSA Licenziamento in tronco Licenziamento con preavviso
e la condanna la implica necessariamente? 4) I rapporti tra giudizio penale e giudizio civile nel caso del recesso per giusta causa Il proscioglimento esclude sempre la sussistenza di una giusta causa di licenziamento ? e la condanna la implica necessariamente?
Assolto ma licenziato Il Tribunale ha riconosciuto la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato ad un dipendente che aveva tentato, in concorso con altri, di sottrarre denaro dai conti correnti dei clienti della banca e che, chiamato a rispondere del reato di associazione a delinquere, era stato assolto dal giudice penale per essere rimasta l'intenzione criminosa alla fase, penalmente non rilevante, degli atti preparatori Trib. Roma, 30 settembre 1997
Enrico G. , dipendente della S. p. A Enrico G., dipendente della S.p.A. Terminal Contenitori Porto di Genova, è stato licenziato con l’addebito di aver fatto inviare al direttore generale vari quantitativi di merce mediante l’apposizione della firma contraffatta dal medesimo. Pretore e Tribunale hanno invalidato il licenziamento, affermando che il fatto attribuito al lavoratore, integrante il reato contravvenzionale di molestie, poteva definirsi uno scherzo di pessimo gusto, una condotta fastidiosa, ma inidonea ad interferire sulla comunità di lavoro. L’azienda ha proposto ricorso per cassazione sostenendo che la motivazione data dal Tribunale per la sua decisione doveva ritenersi gravemente illogica in quanto, pur dando atto che il lavoratore aveva commesso un reato nei confronti del direttore generale, aveva escluso la sanzionabilità di questa illecita condotta con il licenziamento
Condannato ma reintegrato La Suprema Corte ha confermato la sentenza del Tribunale rilevando che la condotta tenuta dal lavoratore, pur costituendo un reato, non aveva una portata violenta, intimidatrice ovvero ingiuriosa e quindi era inidonea a influire sull’attività lavorativa del direttore e a ripercuotersi sulla comunità di lavoro aziendale. (Cassazione Sezione Lavoro n. 18282 del 23 dicembre 2002)
Il rilievo del giudicato penale DOPO il licenziamento considerato valido per g.m.o. in caso di applicazione di misure restrittive della libertà personale (rinvio)
GIUSTA CAUSA (2119 c.c.) Rilievo di fatti estranei al rapporto… …se, con riferimento alla specifica prestazione, sono in grado di alterare il vincolo fiduciario… …senza considerare l’entità del danno patrimoniale… …e a prescindere da ogni rilievo del parallelo giudizio penale
La nozione di giustificato motivo: Oggettivo: ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa Soggettivo: notevole inadempimento degli obblighi contrattuali I rapporti con la nozione di giusta causa Insindacabilità delle scelte datoriali, mitigata solo da: C.d. obbligo di repechage Verifica del nesso di causalità
La valutazione giudiziale dell’esigenza organizzativa Il titolare della ditta Star Ricambi, ha licenziato un’impiegata, con motivazione riferita alla necessità di dare un lavoro a suo figlio, che aveva appena assolto agli obblighi di leva. “La interpretazione del termine "giustificato" di cui all'art. 3 della legge n. 604 del 1966 che il ricorrente implicitamente prospetta è esclusa dalla lettera del medesimo articolo che precisa il significato del termine alternativamente come notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro (giustificato motivo soggettivo) ovvero ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro, al regolare funzionamento di essa (giustificato motivo oggettivo). È evidente che l'esigenza di dare lavoro ad un figlio nella azienda, anche allo scopo di addestrarlo alla conduzione di essa in vista della successione, non rientra tra le ragioni che integrano il giustificato motivo oggettivo” (Cassazione Sezione Lavoro n. 10371 del 30 luglio 2001)
Il G.m.o. riconducibile a fatti interenti alla persona del lavoratore “in caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, l’impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato non è ravvisabile per effetto della sola ineseguibilità dell’attività attualmente svolta dal lavoratore, perché può essere esclusa dalla possibilità di adibire il lavoratore ad una diversa attività, che sia riconducibile – alla stregua di una interpretazione del contratto secondo buona fede – alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti (art. 2103 codice civile) o, se ciò è impossibile, a mansioni inferiori, purché tale diversa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore
Il licenziamento inefficace Il licenziamento nullo Fattispecie di licenziamento invalido, diverse dalla annullabilità (mancanza di giusta causa o giustificato motivo) Il licenziamento inefficace Privo delle forme prescritte Il licenziamento nullo Discriminatorio, Intimato durante il periodo di malattia o maternità In occasione di matrimonio della lavoratrice 1) Comunicazione per iscritto 2) Possibilità di richiedere i motivi entro 15 giorni 3) Obbligo di rispondere entro 7 giorni 4) Altre “irritualità” (non immediatezza, modificazione dei motivi)
Il licenziamento disciplinare Un caso particolare di licenziamento soggetto a specifiche “forme” procedurali Il licenziamento disciplinare
Il problema del licenziamento disciplinare L’art. 7 dello Statuto Le norme disciplinari relative alle infrazioni e alle relative sanzioni devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti Il datore non può irrogare sanzioni senza aver preventivamente contestato l’addebito al lavoratore e averlo sentito a sua difesa Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale Queste disposizioni si applicano al licenziamento disciplinare? ovvero Il licenziamento è una sanzione disciplinare?
La fonte del problema E il licenziamento? “Non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro” (art. 7, c. 4 Statuto) E il licenziamento?
Le diverse conseguenze pratiche sul piano procedurale Se il licenziamento è qualificato come sanzione disciplinare Se il licenziamento non è qualificato come sanzione disciplinare Si applica l’art. 7 Statuto Si applica la disciplina ordinaria (L. 604/66/ Contestazione dell’addebito Difesa del lavoratore assistito, se vuole, dal sindacato Comunicazione per iscritto del recesso Possibilità di richiedere i motivi entro 15 giorni
La soluzione giurisprudenziale IL LICENZIAMENTO COME SANZIONE ONTOLOGICAMENTE DISCIPLINARE (l’area della giusta causa è pressoché interamente coperta da licenziamenti disciplinari)
(II) I RIMEDI RISARCIMENTO o EFFETTIVA REINTEGRA nel posto di lavoro (quali sono le conseguenze del licenziamento illegittimo perché privo di giusta causa o giustificato motivo?) Tutela reale Tutela obbligatoria RISARCIMENTO o EFFETTIVA REINTEGRA nel posto di lavoro
COSA SI INTENDE PER “TUTELA OBBLIGATORIA” (art. 8 l. 604/1966) Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro …o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto risarcire riassumere
Una norma pragmatica… …e un po’ ipocrita Nell’ambito della tutela obbligatoria, il licenziamento privo di giustificazione è illegittimo, ma è ugualmente idoneo a produrre i suoi effetti (Mancini) La finta alternativa tra riassunzione e pagamento dell’indennità La monetizzazione di fatto del licenziamento
COSA SI INTENDE PER “TUTELA REALE” (art. 18 l. 300/1970) il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. inefficace annulla nullità reintegrare
COSA SI INTENDE PER “TUTELA REALE” (art. 18 l. 300/1970) Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei relativi contributi assistenziali e previdenziali; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione
ALLA TUTELA OBBLIGATORIA: QUI UN ATTO INVALIDO NON È IDONEO LA DIFFERENZA DI FONDO RISPETTO ALLA TUTELA OBBLIGATORIA: QUI UN ATTO INVALIDO NON È IDONEO A PRODURRE GLI EFFETTI PER I QUALI ESSO E’ STATO ADOTTATO
Alcuni nodi applicativi problematici L’esecuzione dell’ordine di reintegra La detraibilità dell’aliunde perceptum La detraibilità dell’aliunde percipiendum
Una rilevante questioni processuale La riforma in appello della sentenza di primo grado che era stata favorevole al lavoratore: Le somme corrisposte in esecuzione della sentenza che ordina la reintegra nel posto di lavoro costituiscono risarcimento del danno ingiusto subito dal lavoratore per l’illegittimo licenziamento, di modo che con la riforma della sentenza che dichiara la legittimità dell’impugnato licenziamento viene a cadere l’illecito civile ascritto al datore di lavoro e non sussiste più l’obbligo del risarcimento a suo carico. Pertanto, le somme percepite dal lavoratore perdono il loro titolo legittimante e devono essere, conseguentemente, restituite al datore di lavoro (Cass. 30/3/2006 n. 7453, Pres. Lupi)
Un correttivo Le somme corrisposte dal datore di lavoro in esecuzione della sentenza che ordina la reintegrazione nel posto di lavoro costituiscono risarcimento del danno; in caso di riforma della sentenza che dichiara l'illegittimità del licenziamento, pertanto, venendo conseguentemente meno l'obbligo di risarcimento a suo carico, esse devono essere restituite fin dal momento della riforma della sentenza. Solo quando all'ordine di di reintegrazione abbia fatto seguito l'effettiva ripresa dell'attività lavorativa resta preclusa, a norma dell'art. 2126 c.c., la ripetibilità delle somme versate al lavoratore a titolo di retribuzione per l'attività stessa (Cass. 13/1/2005 n. 482).
Il nuovo art. 102 bis disp. att. c.p.p La reintegra nel posto di lavoro in funzione non sanzionatoria (l. 322/1995) Il nuovo art. 102 bis disp. att. c.p.p Chiunque sia stato licenziato perché sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ovvero degli arresti domiciliari ha diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro in caso di sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero di provvedimento di archiviazione
L’indennità sostitutiva della reintegra Le modifiche del 1990 L’indennità sostitutiva della reintegra “Il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto” Una giuridificazione delle prassi transattive
Area in cui si applica ancora il principio della libera recedibilità I lavoratori domestici I lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti per la pensione, salvo che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto I lavoratori in prova I dirigenti
COME CONVIVONO LE TRE DISCIPLINE DEL LICENZIAMENTO? Le discipline successive non sostituiscono quella precedenti. Tutte continuano a trovare applicazione Artt. 2118 e 2119 c.c. (recesso ad nutum) Art. 8 l. 604/1966 (tutela obbligatoria) Art. 18 Statuto dei lavoratori (tutela reale)
Il problema del computo dei dipendenti Unità produttive fino a 15 dipendenti Unità con più di 15 o datori con più di 60 dipendenti L’intensità della tutela dipende dalle dimensioni dell’unità produttiva ove avviene il recesso Area della stabilità obbligatoria: alternativa rimessa al datore di lavoro Area della stabilità reale: ordine giudiziale di reintegra
Oltre il “velo” della personalità giuridica Oltre il “velo” della personalità giuridica? Recenti orientamenti giurisprudenziali Pur non essendo consentito attribuire all’attività di gruppo, di per sé, un valore giuridicamente unificante, è tuttavia sempre possibile, in presenza di determinate caratteristiche organizzative e strutturali, ravvisare, in caso di collegamento societario, un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione è ravvisabile ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico e ciò venga accertato in modo adeguato (Cass. n. 4274 del 24 marzo 2003)
Due eccezioni importanti PRIMA ECCEZIONE Casi in cui, anche nelle grandi imprese, si applica la tutela obbligatoria LE ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA
Definizione di “organizzazione di tendenza” “datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto” Problemi applicativi: a) l’ambito di estensione della disciplina, con riferimento alle istituzioni scolastiche laiche o confessionali (ambito oggettivo di applicazione); b) l’ambito di estensione della disciplina con riferimento al personale che non è ideologicamente legato all’organizzazione (ambito soggettivo di applicazione)
Due eccezioni importanti SECONDA ECCEZIONE Casi in cui, anche nelle piccole imprese, e anche nell’area del licenziamento ad nutum, si applica la tutela reale IL LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO
Alcune indicazioni di prospettiva L’ART. 18 DELLO STATUTO: una norma perennemente al centro dei dibattiti sulla “modernizzazione” del diritto del lavoro
Sgombrare il campo dalle false rappresentazioni del problema Da un articolo del senatore Debenedetti (PD) sul Sole 24 ore di qualche anno fa: “Occorre introdurre norme che rendano possibile il licenziamento per giustificato motivo economico“ Il senatore Debenedetti bocciato all’esame di diritto del lavoro…
Pur evitando rappresentazioni distorte, si può discutere di alcuni profili problematici legati a: Incertezza del giudizio (tra diversi giudici, tra diverse fasi storiche, tra diverse aree territoriali) Costi probabilmente eccessivi per l’impresa in caso di processo molto lungo
L’ultimo tabù? (Accornero 1999) Verso il superamento dell’art. 18 nell’ordinamento italiano?
L’obbligo giudiziale di reintegra, questione fondamentale nell’ordinamento italiano E’ vero o non è vero che – dal punto di visto giuridico – costituisce una anomalia tutto italiana? E’ vero o non è vero che – dal punto di vista economico – costituisce un nodo centrale per la competitività le imprese italiane?
Germania l’efficacia dell’atto resta sospesa durante la pendenza del giudizio eventualmente instaurato dal lavoratore, che così continua a svolgere la propria prestazione pur in costanza di un atto di recesso In Germania, di ogni licenziamento deve essere informato il Betriebsrat, a pena di nullità dell’atto di recesso. Il Betriebsrat ha poi una settimana di tempo per rispondere, al termine della quale può avallare la scelta chiedere chiarimenti contestare il recesso contestare il recesso
Olanda Il licenziamento individuale per giustificato motivo soggettivo ed oggettivo (non quelli per giusta causa, data la necessaria “immediatezza” di questi) deve essere preceduto da una “autorizzazione” amministrativa dell’ispettorato del lavoro
Una prima conclusione: due possibili modelli di gestione del licenziamento Modello di gestione “preventiva”, del licenziamento, che trova i suoi elementi costitutivi in una proceduralizzazione dei poteri datoriali Modello di gestione “successiva”, che rinvia la definizione della vicenda ad un momento cronologicamente posteriore all’atto di recesso
L’ORIGINE DEI PROBLEMI INTERNI IL MODELLO ITALIANO: TUTTO IL PESO SCARICATO SUL MOMENTO GIUDIZIALE A VALLE DEL RECESSO L’ORIGINE DEI PROBLEMI INTERNI La reintegra e i suoi possibili effetti distorsivi in un sistema giudiziale non perfettamente funzionante
Un possibile esempio (estremo) Licenziamento per g.m.o. intimato da una impresa di 16 dipendenti nel 2000 Causa in primo grado avviata nel 2004 (possibile fino alla riforma del Collegato lavoro) e conclusa nel 2006 con sentenza a favore dell’impresa Causa in secondo grado avviata nel 2006 e conclusa nel 2008 con sentenza a favore dell’impresa Causa in Cassazione avviata nel 2008 e conclusa nel 2010 con sentenza a favore del lavoratore L’impresa condannata a reintegrare il lavoratore e a corrispondere una indennità pari a 10 anni di retribuzione, più 10 anni di contribuzione previdenziale.
A differenza del principio di causalità del recesso, la reintegra non è una nozione costituzionalmente vincolata La Corte costituzionale (sent. n. 46/2000) ha escluso che la tutela reale rappresenti “l’unico possibile paradigma attuativo” dei principi di cui agli artt. 4 e 35 della Costituzione I POSSIBILI INTERVENTI CORRETTIVI SUGGERITI IN DOTTRINA: Gli interventi sul processo (e la sua durata) La possibile diversificazione nella tutela fondata sulle diverse cause di invalidità del recesso
Le iniziative di riforma negli anni 2000
L’accantonamento dell’art L’accantonamento dell’art. 18 nel disegno di legge delega del II governo Berlusconi (2002) La reintegra non avrebbe più trovato applicazione ai lavoratori: Che emergono dal sommerso La cui assunzione farebbe scattare la soglia dimensionale Il cui contratto a tempo indeterminato sia frutto di una conversione
Due doppi regimi e l’art. 3 Cost vecchi e nuovi assunti con contratto a termine “stabilizzato” Tra lavoratori Tra imprese Due imprese di 20 lavoratori, a seconda della data di assunzione degli ultimi 5
Le proposte sul contratto unico (I “Bocconiani”) Contratto di lavoro a tempo indeterminato per tutti ma caratterizzato da un periodo di tre anni in cui il recesso del datore di lavoro non abbisogna di giustificazione, ma dà in ogni caso diritto al lavoratore ad un compenso pari a quindici giorni di retribuzione per ogni tre mesi di anzianità (più o meno 6 mensilità per un contratto di tre anni) Dopo la fine del triennio troverebbe applicazione la normativa attuale
La proposta del “firing cost” Diritto del lavoro (M-Z) La proposta del “firing cost” COME? LA DIAGNOSI: L’incertezza come costo: LA TERAPIA: eliminare l’incertezza insita nel sistema giudiziale di valutazione del giustificato motivo oggettivo Eliminando il filtro giudiziale. Il pagamento di una indennità di licenziamento come predeterminazione legislativa del giustificato motivo oggettivo Prof. Antonio Lo Faro
Il disegno di legge del Senatore Ichino – d. d. l Il disegno di legge del Senatore Ichino – d.d.l. 18737/2009 (al centro del dibattito scientifico ed istituzionale negli ultimi anni)
Le novità per i licenziamenti “oggettivi”: il cuore della proposta Le esigenze economiche od organizzative che motivano il licenziamento non sono soggette a sindacato giudiziale, salvo il controllo, quando il lavoratore ne faccia denuncia, circa la sussistenza di motivi discriminatori o di mero capriccio, intendendosi per tali motivi futili totalmente estranei alle esigenze organizzative o produttive aziendali.
Le (nuove) tutele per il lavoratore licenziato per motivi oggettivi All’atto della cessazione del rapporto conseguente a licenziamento non disciplinare, al prestatore è dovuta dal un’indennità pari a tanti dodicesimi della retribuzione lorda complessivamente goduta nell’ultimo anno di lavoro, quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio in azienda.
E oggi (anzi domani)?
La bozza del nuovo art. 18 (versione del 21.3.2012)
La prima bozza di riforma dell’art. 18 (v. materiali sul sito)