Prof. Antonio Lo Faro Il recesso dal contratto di lavoro Diritto del lavoro 2004-05
Le ipotesi “minori” di estinzione del rapporto di lavoro Risoluzione consensuale o per mutuo consenso; Maturazione del termine nei rapporti a scadenza finale; Morte del lavoratore; Impossibilità sopravvenuta della prestazione.
L’esercizio del potere di recesso dal rapporto di lavoro Si tratta della causa di estinzione del rapporto di lavoro più rilevante dal punto di vista normativo e sociale. A seconda del contraente che pone in essere la decisione “unilaterale” di recedere dal rapporto, si distinguono: Le dimissioni (da parte del lavoratore); Il licenziamento (da parte del datore di lavoro).
L’impostazione originaria, ancora in parte presente nel codice civile L’istituto giuridico del recesso dal rapporto di lavoro nella filosofia dei codici liberali: ognuna delle due parti può liberamente recedere dal rapporto di lavoro alle medesime condizioni Il principio generale della c.d. libera recedibilità
pari significato giuridico di dimissioni e licenziamento La libera recedibilità nel codice civile del 1942: il recesso “ad nutum” pari significato giuridico di dimissioni e licenziamento “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti…” (art. 2118 cod. civ.) Ciascuno dei contraenti
L’unico limite imposto alle parti: IL PREAVVISO o la corrispondente indennità sostitutiva L’unico limite imposto alle parti: IL PREAVVISO
In alcuni casi viene meno anche il limite del preavviso La “giusta causa” “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto…. senza preavviso qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto” (2119 c.c.)
Pertanto, nel sistema del codice civile prevale la “libertà di licenziare” 1) Perché il licenziamento con preavviso ex art. 2118 c.c. rimane assolutamente insindacabile dal giudice (è sufficiente dare il preavviso o corrispondere l’indennità sostitutiva) 2) Perché la mancanza di giusta causa ex art. 2119 c.c., anche ove accertata dal giudice, lascia comunque libero il datore di licenziare, con l’unico limite della indennità sostitutiva del preavviso
La diseguaglianza sostanziale dei contraenti Le dimissioni del lavoratore creano al datore di lavoro il mero fastidio di una sostituzione Il licenziamento comporta invece per il lavoratore la perdita della fonte del proprio sostentamento “Il contratto di lavoro riguarda l’avere per il datore ma l’essere per il lavoratore” (F. Santoro Passarelli)
Dopo la Costituzione La progressiva riduzione della libera recedibilità da principio ad eccezione residuale qual è il compromesso più accettabile per comporre il contrasto tra libertà dell’iniziativa economica privata (art. 41 Cost) e diritto al lavoro (art. 4 Cost)?
La tendenza evolutiva dell’ordinamento italiano: tre pilastri e due principi 1. Selezionare le ipotesi di legittimo recesso del rapporto per iniziativa del datore I DUE PRINCIPI I pilastri normativi: La legge 604 del 1966 L'art. 18 dello Statuto La legge 108/1990 2. Sottoporre il giudizio di legittimità del recesso al controllo giurisdizionale
La disciplina del licenziamento oggi: due tipologie di normative (I) I LIMITI (II) I RIMEDI (quali sono le conseguenze del licenziamento illegittimo?) Risarcimento o reintegra nel posto di lavoro (quando si può legittimamente licenziare?) Giusta causa e giustificato motivo
(I) I LIMITI SOSTANZIALI (a partire dalla legge n. 604/1966) LA GIUSTA CAUSA CAMBIA FUNZIONE Non più finalizzata al mero riconoscimento del preavviso Ma elevata ad elemento di legittimità del licenziamento Il licenziamento come recesso “vincolato”
Il principio della causalità del recesso Giustificato motivo (l. n. 604 del 1966): Soggettivo Notevole inadempimento degli obblighi contrattuali Oggettivo: ragioni attinenti alla attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa GIUSTA CAUSA (2119 c.c.) Gravissimo inadempimento delle obbligazioni contrattuali
(A) LA NOZIONE DI GIUSTA CAUSA Solo “gravissimo” inadempimento contrattuale o anche circostanze esterne al sinallagma contrattuale?
Il principio generale Una condotta di norma irrilevante ai fini della lesione del rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, può integrare giusta causa di licenziamento qualora fatti e comportamenti estranei alla sfera del contratto siano tuttavia tali da far venire meno quella fiducia che costituisce il presupposto essenziale della collaborazione tra datore e prestatore di lavoro.
(B) Il giustificato motivo di licenziamento Soggettivo: notevole inadempimento degli obblighi contrattuali I rapporti con la nozione di giusta causa: il confronto “quantitativo” fra le modalità dell’inadempimento Oggettivo: ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa Insindacabilità di fondo delle scelte datoriali, mitigata solo da: Verifica “minima” circa la veridicità della ragione addotta Verifica del nesso di causalità tra scelta imprenditoriale e conseguenza Osservanza dell’obbligo di “ripescaggio” in altra mansione (licenziamento come extrema ratio)
Il licenziamento inefficace Il licenziamento nullo (C) Fattispecie di licenziamento invalido, diverse dalla annullabilità (mancanza di giusta causa o giustificato motivo) Il licenziamento inefficace Privo delle forme prescritte Il licenziamento nullo Discriminatorio, Intimato durante il periodo di malattia o maternità In occasione di matrimonio della lavoratrice 1) Comunicazione per iscritto 2) Possibilità di richiedere i motivi entro 15 giorni 3) Obbligo di rispondere entro 7 giorni
L’impugnativa del licenziamento Art. 6, l. 604/1966: Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta; ovvero della comunicazione, sempre in forma scritta, dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento.
L’impugnativa può essere: GIUDIZIALE EXTRAGIUDIZIALE impedisce, in ogni caso, la decadenza qualsiasi atto scritto idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore
Le novità introdotte dalla l. 183/2010 (c.d. collegato lavoro) In caso di impugnativa extragiudiziale, questa e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. (art. 32, comma 2, l. n. 183 del 2010) La disposizione si applica anche al “recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalita' a progetto, di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile”. (art. 32, comma 3, l. n. 183 del 2010) 21
(II) I RIMEDI RISARCIMENTO o EFFETTIVA REINTEGRA nel posto di lavoro (quali sono le conseguenze del licenziamento illegittimo perché privo di giusta causa o giustificato motivo?) Tutela reale Tutela obbligatoria RISARCIMENTO o EFFETTIVA REINTEGRA nel posto di lavoro
Tutele e “dimensioni” dell’azienda Area della stabilità reale Unità produttive fino a 15 dipendenti L’intensità della tutela dipende dalle dimensioni dell’unità produttiva ove avviene il recesso Unità con più di 15 o datori con più di 60 dipendenti Area della stabilità obbligatoria Area della stabilità reale
1) COSA SI INTENDE PER “TUTELA OBBLIGATORIA” (art. 8 l. 604/1966) Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro …o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (elevabile a fino a 10 o 14 mensilità per lavoratori con anzianità di servizio superiore a 10 o 20 anni)
Una norma pragmatica… …e un po’ ipocrita La finta alternativa tra riassunzione e pagamento dell’indennità La monetizzazione di fatto del licenziamento Nell’ambito della tutela obbligatoria, il licenziamento privo di giustificazione è illegittimo, ma è ugualmente idoneo a produrre i suoi effetti
2) La “TUTELA REALE” (art. 18 l. 300/1970) il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. inefficace annulla nullità reintegrare
dal giorno del licenziamento La sanzione risarcitoria accessoria alla “TUTELA REALE” (art. 18 l. 300/1970) Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei relativi contributi assistenziali e previdenziali; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione
Tutela reale: la novella della legge n. 108 del 1990 ha previsto l’indennità sostitutiva della reintegra “Il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto”
La differenza fra tutela reale e obbligatoria Tutela obbligatoria: Comporta la semplice “riassunzione” del lavoratore, con costituzione ex novo di un rapporto di lavoro. Tutela reale: comporta la reintegrazione del lavoratore, dunque il licenziamento illegittimamente intimato è considerato “tamquam non esset”
3) Area in cui si applica ancora il principio della libera recedibilità (art. 2118 cod. civ.) I lavoratori domestici I lavoratori ultrasessantacinquenni in possesso dei requisiti per la pensione, salvo che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto I lavoratori in prova I dirigenti (salva la “giustificatezza” del recesso se prevista dal CCNL)
Due casi in cui si applicano discipline sanzionatorie peculiari PRIMA IPOTESI Casi in cui, anche nelle piccole imprese e anche nell’area del licenziamento ad nutum, si applica SEMPRE la tutela reale SECONDA IPOTESI Casi in cui si applica SEMPRE la tutela obbligatoria, con esclusione di quella reale IL LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO LE ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA
Definizione di “LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO” L’art. 3, legge n. 108 del 1990 lo identifica mediante rinvio all’art. 4, l. n. 604 del 1966 e all’art. 15, st. lavoratori “discriminazione per motivi sindacali, politici, religiosi, razziali, di lingua, di sesso, di handicap, di età, basati sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali”.
Definizione di “organizzazione di tendenza” “datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto”
Il recesso da parte del lavoratore: le dimissioni volontarie Si applica al caso delle dimissioni la disciplina civilistica: esercizio di un diritto potestativo (atto unilaterale recettizio) esercitando il quale si determina, unilateralmente, il momento terminale di un contratto stipulato a tempo indeterminato (artt. 1373, comma 2 e 1334 cod. civ.)
Il preavviso e il caso delle dimissioni “per giusta causa” Ai sensi dell’art. 2118 cod. civ., è normalmente dovuto, da parte del lavoratore, il preavviso o l’indennità sostitutiva nella misura prevista dai CCNL (in questo secondo caso, mediante trattenuta sul TFR). Ai sensi dell’art. 2119, 1° comma, ultima parte, cod. civ., “al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità per mancato preavviso”.
Il caso del “vizio del consenso” Corte di Cassazione 18 marzo 2008, n. 7292: “Ai fini dell’annullabilità dell’atto di dimissioni del lavoratore subordinato per lo stato di incapacità ex art. 428 c.c. occorre provare che il dichiarante si trovasse in uno stato di incapacità di intendere o di volere, per qualsiasi causa, anche transitoria”
Il caso delle dimissioni della lavoratrice madre Art. 55, comma 4, d. lgs. n. 151/2001: “la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino…deve essere convalidata dal servizio ispettivo del ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro”
Prof. Antonio Lo Faro Il licenziamento collettivo e la specificità della disciplina di tutela (essenzialmente procedurale) LEGGE 23 luglio 1991, n. 223 (traspositiva di una direttiva comunitaria), modificata da: legge n. 236/1993 d. lgs. n. 151/1997 d. lgs. n. 110/2004 Diritto del lavoro 2004-05
Cosa si intende per licenziamento collettivo Prof. Antonio Lo Faro Cosa si intende per licenziamento collettivo La legge n. 223 del 1991 fissa un duplice criterio: Criterio numerico – quantitativo Criterio qualitativo Diritto del lavoro 2004-05
Criterio quantitativo Datore di lavoro con più di 15 dipendenti che intenda effettuare: almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni in ciascuna o più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia
Criterio qualitativo Il licenziamento collettivo ricorre quando è conseguenza di una “riduzione o trasformazione di attività o di lavoro”
La distinzione dal licenziamento per g.m.o. La distinzione non attiene alle causali del licenziamento, bensì semplicemente alla “soglia quantitativa”. Si può avere dunque il caso del licenziamento plurimo per g.m.o., che non rientra nel campo di applicazione della l. n. 223/91
Il collegamento fra disciplina del licenziamento collettivo e la CIGS E’ possibile ricorrere alla procedura di licenziamento collettivo: In via diretta (esubero irreversibile di personale) In via indiretta (dopo avere inutilmente fatto ricorso all’intervento della cassa integrazione guadagni straordinaria) In ambedue i casi, il licenziamento collettivo è accompagnato dalla iscrizione nella c.d. “lista di mobilità”, che costituisce una sorta di “anticamera del licenziamento”
A) Comunicazione scritta alle RSU e ai sindacati di categoria ….. La procedura per la dichiarazione di mobilità, propedeutica alla decisione di licenziare La prima fase c.d. SINDACALE (obbligatoria, da esaurirsi entro 45 gg.): A) Comunicazione scritta alle RSU e ai sindacati di categoria …..
Il contenuto della comunicazione Prof. Antonio Lo Faro Il contenuto della comunicazione Motivi che determinano la situazione di eccedenza Motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non potere adottare misure idonee a porre rimedio alla situazione ed evitare, in tutto o in parte, la dichiarazione di mobilità Numero, collocazione aziendale e profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato Tempi di attuazione del programma di mobilità Eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo Diritto del lavoro 2004-05
Prof. Antonio Lo Faro La procedura per la dichiarazione di mobilità, propedeutica alla decisione di licenziare B) Richiesta di esame congiunto inoltrata dalle OO.SS. al datore di lavoro……… Diritto del lavoro 2004-05
Il contenuto dell’esame congiunto Prof. Antonio Lo Faro Il contenuto dell’esame congiunto Esame cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza di personale Possibilità di reimpiego di tutto o di parte del personale eccedente (anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro) Possibilità, in caso di accordo, di stabilire, anche in deroga all’art. 2103 c.c., l’assegnazione dei lavoratori a mansioni diverse da quelle svolte Possibile ricorso a misure sociali di accompagnamento ai licenziamenti (misure volte alla riqualificazione e riconversione dei lavoratori licenziati) Diritto del lavoro 2004-05
formula proposte per la realizzazione di un accordo La procedura per la dichiarazione di mobilità, propedeutica alla decisione di licenziare La seconda fase c.d. AMMINISTRATIVA (eventuale, da esaurirsi entro 30 gg.): La Direzione provinciale del lavoro – ricevuta la comunicazione di esito negativo - convoca le parti per un nuovo esame della situazione formula proposte per la realizzazione di un accordo
La dichiarazione di messa in mobilità (ovvero il licenziamento collettivo), entro 120 gg. dalla conclusione della procedura L’individuazione dei lavoratori deve avvenire in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi, ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: a) carichi di famiglia; b) anzianità; c) esigenze tecnico-produttive ed organizzativi. I criteri contrattuali, se previsti, prevalgono sui primi, e possono essere ispirati a una logica finanche opposta (per es. il caso dei criteri che “penalizzano” i lavoratori più anziani, in quanto più vicini all’età pensionabile)
Le comunicazioni relative ai licenziamenti L’attuazione del licenziamento collettivo va contestualmente comunicata per iscritto a: 1) I lavoratori interessati, con osservanza del termine di preavviso; 2) Alla Direzione regionale del lavoro e ai sindacati di categoria, con puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei “criteri di scelta”.
Il regime delle sanzioni Prof. Antonio Lo Faro Il regime delle sanzioni Violazione procedure: inefficacia Violazione criteri di scelta: annullabilità (da impugnarsi entro 60 gg. dalla comunicazione) In caso di reintegrazione, possibilità di procedere al licenziamento di un numero di lavoratori pari al numero di quelli reintegrati senza dovere esperire una nuova procedura (art. 17 L. 223/91) Tutela reale (art. 18 L. 300/1970) reintegrazione nel posto di lavoro risarcimento del danno (indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva reintegrazione) pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali (dal momento del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione) in alternativa alla reintegrazione, facoltà del lavoratore di richiedere un’indennità pari a 15 mensilità della retribuzione Diritto del lavoro 2004-05
La collocazione in mobilità del lavoratore L’iscrizione nella lista di mobilità che si forma si base regionale comporta due conseguenze: Chi assume lavoratori in mobilità fruisce di rilevanti sconti contributivi I lavoratori collocati in mobilità percepiscono una indennità erogata dall’INPS per un periodo che va da 1 a 4 anni (a seconda dell’età e della collocazione geografica).