Ma il desiderio ha a che fare con il senso e non è propriamente estinguibile: esso è costitutivamente segnato da una mancanza, da una non-sazietà che diviene principio dinamico e di proiezione in avanti. Il vero desiderio è quello che il desiderato non sazia, ma approfondisce.
Il desiderio è insaziabile perché aspira a ciò che non si può possedere: il senso. È il senso che seduce il desiderio. La società dei consumi propaga soddisfacimento e così priva di futuro l’orizzonte storico ed esistenziale.
Il consumo ha inficiato anche la sfera della sessualità: si parla spesso di «mercato del sesso». Il desiderio è irriducibile al possesso e nell’innamoramento il corpo dell’altro può essere venerato, adorato, ma non usato o abusato. Nell’amore il rispetto dell’altro è assoluto. Il desiderio desidera l’altro, desidera il suo volto, la sua unicità, la sua alterità.
Nulla di più lontano dall’autentico erotismo quanto il possesso: l’erotismo è la dimensione umana, non animale della sessualità, ovvero una sessualità abitata dalla parola e dall’immaginazione.
Rendere anche il corpo e il sesso oggetto di consumo significa togliere al corpo e al sesso la loro valenza simbolica e dunque la loro capacità di fare segno, di aprire futuro, di essere bellezza, ovvero promessa sempre rinnovata di felicità e di novità. Che altro è la bellezza se non promessa di felicità?
Anche a livello storico-politico i risorgenti nazionalismi, le tendenze xenofobe e razziste, che mirano all’esclusione dell’altro, alla sua espulsione, al suo allontanamento, si risolvono in un autismo storico-sociale in cui si tende a creare il regno dei medesimi all’interno di un ideale regressivo di autoisolamento, di autosufficienza, di nascita da se stessi, di essere bastanti a se stessi.
Ma questo trionfo del Medesimo, dell’Identico, implica la distruzione dello spazio simbolico garantito dalla presenza irriducibile dell’altro il che equivale a uccidere il desiderio.
La distruzione del desiderio, dunque del futuro, passa pertanto anche attraverso scelte politiche, ispirate dalla visione che tende a ridurre le relazioni sociali alla mera materialità di un dato naturale FABIO CIARAMELLI, La distruzione del desiderio. Il narcisismo nell’epoca del consumo di massa, Dedalo, Bari 2000.
Così l’interrogativo iniziale riguarda anche le scelte politiche che stiamo compiendo oggi e che hanno ricadute pesanti sul domani.
Immaginare L’immaginazione è una facoltà che ha goduto di poca stima. Per Pascal essa è «maestra di errori e di falsità» 8 e spesso la si denigra come fantasticheria e fonte di evasione dalla realtà. In verità l’immaginazione è temuta perché dà voce al desiderio BLAISE PASCAL, Pensieri, Newton, Roma 1996, Cfr. LUCIANO MANICARDI, L’immaginazione: potenza di Dio, potenzialità dell’uomo, Qiqajon, Bose 2000.
Si denigra l’immaginazione perché il modello oggi dominante è quello del dominio razionale, conscio, ordinato, del pensiero e dell’azione. La si disprezza perché poco tecnica e poco scientifica, e la si teme perché sovversiva, essendo non controllabile, non misurabile, non riducibile ai parametri con cui avviene l’addomesticamento e l’omologazione del pensare e del sapere.