L’Italia industriale e le trasformazioni della società

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Transcript della presentazione:

L’Italia industriale e le trasformazioni della società 1920-1960

La società di massa I 20 anni che separano le due guerre sono un periodo storico eccezionale: Stravolgimenti politico istituzionali (URSS, Germania, Italia, crollo di 4 imperi) e trasformazioni nella partecipazione politica Stravolgimenti economici (crisi del 1929) e introduzione di modelli produttivi del tutto nuovi Questi due aspetti – assieme a molti altri elementi culturali e materiali – segnano non solo l’ingresso ma anche, se non soprattutto, la piena espressione di una moderna società di massa

La società di massa Si definiscono con questo termine le società nelle quali, a partire nei primi 20/30 anni del 900, si assiste a un estendersi quantitativo e a un farsi progressivamente indistinto di strati sociali medi e inferiori, che assumono tratti culturali e modelli comportamentali tipici delle masse. L’affermarsi della società di massa è favorita: dall’aumento demografico e dalla concentrazione della popolazione in territori urbano-metropolitani dalla diffusione della scolarità dall'accesso universale al voto e dall'estendersi della partecipazione politica da una produzione industriale standardizzata e alla ricerca di vasti mercati di consumo dall'avvento di sistemi di comunicazione di massa

La società di massa A giudizio di molti studiosi la società di massa porta quasi inevitabilmente al predominio di ristrette elite (J. Ortega y Gasset, C. W. Mills) e può altresì favorire l'avvento di regimi totalitari (K. Mannheim). Queste e altre conseguenze si legano strettamente alle possibilità di manipolazione dell'opinione pubblica e politica e dei comportamenti sociali e di consumo, enormemente accresciute dalla disponibilità di sempre più potenti e influenti mezzi di comunicazione, la stampa e più tardi la televisione.

La società di massa In questi decenni di ingresso ed affermazione si congiungono due fattori prima di allora o non esistenti o non collegati: Larghi strati delle popolazioni (in tempi e modi diversi) entrano nelle istituzioni, partecipano al voto, esprimono i loro interessi politici ed economici nei partiti e nei sindacati Il “mercato” si dilata e si omogeneizza a livello non più soltanto europeo, portando con sé ulteriori elementi di trasformazione delle metodologie produttive in grado di incidere sull’individuo e sulla collettività

La grande trasformazione economica All’ampliamento e connessione dei mercati euroatlantici, si affianca la nuova organizzazione e razionalizzazione del ciclo produttivo attraverso la scomposizione delle mansioni e l’attribuzione di compiti sempre più parcellizzati. I principi di F.Taylor (da cui il termine “taylorismo”) vennero applicati nel 1913 in Usa alla Ford per divenire, fra le due guerre, la norma in tutti i grandi stabilimenti industriali

La grande trasformazione economica Il taylorismo non si basava solo sulla scomposizione dei movimenti necessari alla produzione, ma anche che una maggior gerarchizzazione in fabbrica abbinata a forme di incentivi avrebbe portato più efficienza e minori tensioni sindacali Questa modifica si abbina all’introduzione della catena di montaggio che portò ad una crescente standardizzazione e ad una massiccia sostituzione di manodopera qualificata con lavoratori generici.

La grande trasformazione economica Le conseguenze sulla rappresentanza degli interessi e sui diritti sindacali (laddove erano stati acquisiti o erano in via di definizione) così come sui diversi modelli di relazioni sindacali, furono dirompenti. All’indomani della nascita del proletariato industriale, queste trasformazioni rappresentano uno degli elementi più importanti che si introducono nella società occidentale nel periodo fra le due guerre

La grande trasformazione economica Questo modello di produzione proviene dagli USA dove fu introdotto attorno al 1913 Molto interessante è la lettura che ne offre Leonardo Paggi (“Americanismo e riformismo. La socialdemocrazia europea nell’economia mondiale aperta” – 1989) che ribalta altre classiche analisi basate sull’identificazione dell’americanismo con l’industrialismo e il taylorismo: L’americanismo è un modello economico ma anche culturale costruito sul primato del consumo E’ il consumatore e non il produttore, il “soggetto chiave” della trasformazione della società americana negli anni Venti e più tardi di quella europea

La grande trasformazione economica E’ il modello produttivo, quindi, che corrisponde e si adegua al modello di consumo La storia dei rapporti fra USA e Europa – specialmente dopo la seconda guerra – è la storia del progressivo imporsi di questo modello di modernizzazione su quello specificatamente europeo basato su una “nazionalizzazione delle masse mediata dalla politica e dallo stato”. In questo si rintraccia così la “vocazione imperiale” USA consapevolmente perseguita dall’inizio degli anni Trenta: essa mira a costruire il resto del mondo a sua immagine e somiglianza a diffondere ovunque l’american way of life.

La crisi del 1929 I cambiamenti strutturali che avvengono fra le due guerre sul piano economico e sociale, corrispondono a esigenze intrenseche ai principi dell’economia di mercato e della competizione internazionale (il liberalismo), giunte al tornante decisivo della crisi seguita il crollo di Wall Street del 24 ottobre 1929 Quando nell'autunno 1929 iniziarono a manifestarsi i primi segnali della crisi di sovrapproduzione che colpiva gli Stati uniti a causa sia della ridotta offerta di moneta (per errore della Federal Reserve) sia della riduzione della domanda interna e delle sempre maggiori difficoltà di esportazione, l'ondata speculativa si orientò al ribasso, provocando immediatamente il crack. In seguito al crollo di Borsa, poi, si verificò una catena di fallimenti di banche, compagnie di assicurazioni e imprese private.

Il caso italiano - Una proposta di partizione - Abbiamo tre grandi partizioni: La formazione del sistema industriale nel corso dei primi cinquanta anni dal 1870 al 1920 con l’apice collocato al 1911 L’espansione del ruolo dello Stato dal 1922 al 1961; in questo periodo nasce il cosiddetto capitalismo misto fra stato e privati Nuova geografia Industriale (1961-1990) dove sorge un nuovo paradigma in seguito al crollo progressivo del sistema taylorisyta/fordista Tra gli anni 20 e gli anni 60 si afferma si dispiega ed entra in una lunga crisi la società taylorista/fordista

La formazione del sistema Tra il 1900 ed il 1920 nasce la “grande fabbrica” nelle aree di Torino, Milano, Genova Abbiamo due fenomeni: la transizione demografica e l’urbanizzazione Questi due elementi si sommano a: Scelta protezionistica (1890-1920) Conflitto sociale (1900-1922) Sviluppo del comparto manufatturiero (1880-1900)

Lavoro salariato (1) Lungo due secoli (XIX-XX; dalla 1^ alla 2^ rivoluzione industriale) si afferma e si diffonde il lavoro salariato attivando un rapporto contrattuale di scambio fra chi ha le braccia e chi i mezzi di produzione Nel 900 questo sistema diviene di massa attraverso la trasformazione industriale dell’Europa e la rivoluzione dei trasporti Si sgretola il settore tessile fino ad allora centrale nel quadro degli equilibri familiari e del lavoro a domicilio Con la gerarchizzazione del lavoro salariato in fabbrica si giunge alla seconda rivoluzione industriale: meccanizzazione, standardizzazione del processo produttivo, divisione e ripetitività standardizzata del lavoro

Lavoro salariato (2) Nella prima metà del 900 la caratteristica principale del lavoro è la sua precarietà Simultaneamente si propone la questione della nazionalizzazione del lavoro: nella grande guerra la questione è centrale nel conflitto e nella ricostruzione provocando una frattura degli equilibri fino ad allora esistenti La prima guerra rende utilizzabile la massa del lavoro in funzione nazionale Il lavoro fra le due guerre è il fulcro degli stati “forti”: la rivoluzione o/e i totalitarismi sottolineano con le proprie caratteristiche la centralità del lavoro stesso

Espansione del ruolo dello Stato L’ulteriore crescita demografica postbellica L’affermarsi della grande impresa (Mirafiori) Lo sviluppo delle città La diffusione e l’affermarsi del tempo libero dello sport e del turismo/viaggio/vacanza I processi di modernizzazione (1950) Il piano Marshall (1947-1953) Questi elementi combinati al quadro delle vicende italiane dal 1922 al 1961 contribuiscono al primo mutamento radicale che si esprime nell’affermarsi di un capitalismo misto. Il 1961 è l’apice del boom economico ma anche il punto di approdo di questa fase: l’Italia è trasformata

Nuova geografia industriale Tra il 1961 ed il 1990 con la crisi del modello di sviluppo fordista intervengono nuovi elementi: Aumentano gli investimenti immateriali Ristrutturazione e smagrimento delle imprese Nascita della III Italia delle piccole e medie imprese A fronte di una crescita del reddito si assiste ad un crollo delle nascite Crisi del lavoro industriale Processi non più arrestabili di integrazione economica

Nuova geografia industriale (2) Tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 70 il modello fordista va in crisi a causa di fattori strutturali e congiunturali Strutturali: Saturazione dei beni e dei consumi di massa nei paesi ricchi Scambi internazionali e integrazione dei paesi emergenti producono un più basso costo del lavoro Spostamento della produzione verso altri stati Nei paesi sviluppati la produzione viene diversificata e innalzata di qualità per reggere il confronto con i paesi emergenti Delocalizzazione ed esternalizzazione del lavoro Congiunturali: Crisi petrolifera (1973) Guerra del Kippur (ottobre 1973) che rientra nel conflitto arabo-israeliano e segue la guerra dei 6 giorni del 1967 con la quale era stato occupato il Sinai Crisi dell’età dell’oro: la fine del più grande ciclo di sviluppo Crollo di Bretton Woods (convertibilità dollaro/oro) Conflittualità sociale in Europa (1960-1970)