La comunicazione della diagnosi a bambini e adolescenti

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Transcript della presentazione:

La comunicazione della diagnosi a bambini e adolescenti San Vito al Tagliamento 24 marzo 2015 Associazione “Il Gabbiano”Amici dell’Hospice Dr.Tiziana Martuscelli Psicologa Psicoterapeuta

la comunicazione la comunicazione della diagnosi la comunicazione della diagnosi di malattia ad un bambino o ad un adolescente la comunicazione della diagnosi della malattia di un genitore

La relazione... è comunicazione e la comunicazione umana La comunicazione non è un messaggio tra due persone: una che trasmette e una che riceve La relazione... è comunicazione e la comunicazione umana è un processo circolare Ogni comportamento è comunicazione:non si può non comunicare Il significato della comunicazione è la risposta che si riceve “otterrete sempre una risposta alle vostre domande purchè abbiate un apparato sensoriale abbastanza aperto da accorgervi delle risposte (R.Bander,J Grinder)

non esiste comunicazione corretta o sbagliata: la comunicazione è definita dal risultato che si ottiene, quindi occorre imparare a “leggere” il risultato e variare il proprio comportamento di conseguenza. il buon comunicatore è responsabile al 100% dei risultati che ottiene (o che non ottiene) infatti solo il 7% della comunicazione è verbale la maggior dote di un individuo è la flessibilità: la capacità di variare il proprio comportamento per ottenere il risultato voluto

nella comunicazione della diagnosi oggi si possono indicare i seguenti criteri: La persona ha diritto a conoscere la verità sul suo stato di salute: vanno evitati sistematici comportamenti falsificatori L’informazione va offerta nell’ambito di una comunicazione umana più vasta e interpersonale che non si limita a fornire dati di diagnosi e di prognosi ….il malato cerca solidarietà, condivisione,di non essere lasciato solo… il poter comunicare se la menzogna non va presa coma come linea di condotta e la verità resta la meta cui tendere la verità da comunicare deve essere commisurata alla capacità del malato di riceverla

a seconda delle sue possibilità recettive mentali e psicoemozionali ciò che viene comunicato non è solo oggetto di ascolto ma un vero e proprio nutrimento psico-fisico …e il nutrimento deve essere dato in quantità e qualità dosate su chi deve essere nutrito …il paziente vuole solo ricevere ciò di cui ha bisogno a seconda delle sue possibilità recettive mentali e psicoemozionali

…le reazioni dell’adulto alla malattia adattamento ma contemporaneamente grande dipendenza nei confronti del medico oppure un atteggiamento aggresssivo e rivendicativo negazione della malattia reazione persecutoria (per evitare la depressione) isolamento

movimenti psicoaffettivi del bambino di fronte alla malattia grave e prolungata regressione ritorno a una relazione di cure corporee di dipendenza (come il lattante) sofferenza collegata ad un vissuto di punizione o ad un sentimento di colpa che, a volte, può essere rinforzato da discorsi familiari, ma deriva soprattutto dalla vita fantasmatica del bambino deterioramento dello schema corporeo, o meglio del senso di sè è frequente il senso del corpo imperfetto, fallibilie, difettoso La morte … “come parlare della morte a bambini e adolescenti 5 maggio 2015 dr.Jankovic”

le reazioni dipendono dall’età e dalla capacità di comprensione della malattia prima dei 3-4 anni la malattia è difficilmente percepita come tale, ciascun episodio è vissuto per suo conto separatamente il bambino è sensibile alle separazioni, alle ospedalizzazioni, alle “aggressioni” subite (interventi chirurgici, iniezioni…)

la vita emotiva tende ad organizzarsi attorno alla realtà traumatica … tra i 4-10 anni la malattia all’inizio è vissuta come un episodio acuto e comporta una regressione più o meno profonda se persiste attiva difese: opposizione (rifiuto delle cure…) sottomissine e inibizione (collegate a depressione, senso di perdita… collaborazione…. in pubertà e adolescenza centralità del corpo la vita emotiva tende ad organizzarsi attorno alla realtà traumatica … soprattutto se l’ambiente familiare rinforza divieti e limitazioni

Comunicazione della diagnosi al bambino o all’adolescente della malattia di un genitore dire tutto o nascondere la realtà? esprimere il dolore e la paura o far finta che niente sia cambiato? le spiegazioni richieste vanno fornite, sempre considerando il grado di istruzione e le competenze dei ragazzi non è facile spiegare ai figli che la mamma o il papà si sono ammalati e devono affrontare un percorso di cure. I bambini soffrono e glielo si legge in faccia, loro le emozioni non riescono a nasconderle. … e il loro dolore, la loro paura, fanno soffrire i genitori più ancora della malattia stessa.

I genitori devono nascondere le proprie emozioni? ovviamente no !!! le emozioni si possono modulare, ridurre di intensità, ma mai nascondere realmente… quando i figli notano che i genitori sono preoccupati - e lo notano sempre, anche in tenerissima età -, è bene esplicitare il proprio stato d'animo… solo così si dimostra che i problemi di salute non vanno a rovinare la qualità delle relazioni…

come affrontare l'argomento della malattia con i figli ? bisogna sempre partire dalle loro idee, dalle loro domande, dalle loro preoccupazioni. se ci interrogano su aspetti concreti o apparentemente marginali, bisogna partire da lì, anche se agli adulti sembrano questioni strane o inadeguate spesso il primo dubbio dei bambini riguarda loro stessi e di fronte alla notizia di un’ospedalizzazione prolungata o di un orizzonte infausto, si chiedono come faranno a continuare nella quotidianità.

… il punto di vista del bambino/ragazzo spesso costituiscono un problema le conseguenze delle malattie, altre volte i sintomi, altre volte appaiono problematiche le cure. Es. la caduta dei capelli, dovuta a una chemioterapia, può essere emotivamente impegnativa. ma tra le conseguenze delle malattie gravi ci può essere: la mancata disponibilità emotiva del genitore, che ha giustamente la testa impegnata nella sua lotta personale. la sua assenza fisica legata ai ricoveri la necessità di sospendere alcune attività, rinunciare ad avere amici per casa, impegnare tempo e risorse mentali per accudire la casa, i fratelli, in parte lo stesso genitore malato. tutto ciò può richiede alcuni cambiamenti nello stile di vita, ma, nei limiti del possibile, non dovrà invadere e bloccare tutte le dimensioni del vivere.

ciò che si deve fare per guarire il male non è chiaro è chiaro ciò che non si deve fare, caso per caso, … purchè si ascolti (Wittgenstein, 1948)