Tipi e fasi delle politiche pubbliche

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Tipi e fasi delle politiche pubbliche

Tipi di politiche pubbliche La volta scorsa abbiamo esaminato gli strumenti di policy, vale a dire quei mezzi e quei meccanismi di cui un governo può disporre per cercare di risolvere un problema di rilevanza collettiva. Abbiamo esaminato alcune proposte di classificazione, una basata sulle risorse a disposizione del governo, un’altra basata sugli scopi della politica pubblica, e infine quella più convincente, basata sul criterio della coercizione legittima e quindi sul grado di intervento dello stato e dell’autorità pubblica nella realizzazione della politica stessa. Abbiamo visto che sulla base di questo criterio possono essere individuate quattro grandi classi di strumenti: quelli volontari (min presenza dello stato); quelli coercitivi (max presenza dello stato); e quelli misti (mix variabile tra stato e società). Infine, abbiamo illustrato alcuni dei principali strumenti operativi che possono essere colocati in ciascuna delle tre classi Es. regolazione Es. gruppi di volontariato, famiglia e comunità Es. tasse e sussidi Es. esortazioni Oggi invece ci concentreremo su un altro genere di questione, e cioè quella di individuare un modo per classificare le politiche pubbliche. La domanda centrale è: si può pensare ad una tipologia che permetta di ricondurre la grande diversità tra le politiche pubbliche e la loro molteplicità a pochi, elementari modelli che agevolino il riconoscimento o l’anticipazione delle loro diverse componenti (e quindi attori, procedure, istituzioni, strumenti)?

Classificazione basata sul settore di policy La classificazione più semplice è quella basata sul tipo di problema che la policy intende risolvere (es. politica sanitaria, politica dell’ambiente; politica dell’immigrazione) è una classificazione molto semplice, che ci aiuta a delimitare la issue di riferimento. Ci dice poco, invece, rispetto agli elementi costitutivi della policy (attori, istituzioni, procedure, strumenti, stili)

Applicabilità della coercizione Probabilità della coercizione La tipologia di Lowi Applicabilità della coercizione Azione individuale Ambiente dell’azione remota Politica distributiva (Arena distributiva) Politica costituente (Arena costituente) Probabilità della coercizione immediata Politica regolativa (Arena regolativa) Politica redistributiva (Arena redistributiva)

Le politiche distributive (ambito individuale; probabilità remota) Hanno per oggetto l’attribuzione di benefici immediati a destinatari visibili (si capisce bene chi ci guadagna). Costi occultati, o comunque non facilmente individuabili (non si capisce chiaramente chi/cosa ci perde). Disaggregazione della politica in micro-provvedimenti individualizzanti. Interazioni tra gli attori sostanzialmente prive di momenti conflittuali. Lo stile decisionale può essere definito come logrolling e pork-barrel Sedi decisionali prevalenti: commissioni parlamentari; agenzie amministrative; di preferenza, sedi istituzionali frammentate e opache, e iter procedurali complessi. Vantaggi: bassa conflittualità; alta convenienza politica. Problemi e rischi: impatto limitato poiché spesso circoscritte a piccoli gruppi di destinatari; problemi in termini di equità; rischi di policy making incoerente e frammentato; rischi di degenerazione clientelare.

Le politiche regolative (ambito individuale; probabilità immediata) Hanno per oggetto la diretta riduzione o delimitazione dei comportamenti ammissibili di individui e gruppi. Di solito è ben chiaro chi viene “colpito” dalla regolazione Ciò rende le interazioni tra gli attori (regolatori e regolati) fortemente conflittuali. Stile decisionale: bargaining (negoziato) Sedi decisionali prevalenti: assemblee legislative. Gli esiti sono spesso imprevedibili La regolazione tende a perpetuarsi, anche se il “potenziale regolativo” delle politiche varia spesso nel tempo (es. nuove regole, sovrapposizioni, mutamenti di contesto ecc.) La cogenza delle regole non è un fatto scontato: le regole si dimostrano tali solo nel momento in cui i comportamenti vi si conformano (es. tassazione e condono fiscale)

Le politiche redistributive (ambito esteso; probabilità immediata) Hanno per oggetto il trasferimento esplicito di risorse fra due o più gruppi sociali. Sono politiche con cui si tolgono risorse economiche a qualcuno (che si oppone) per darle a qualcun altro (che si mobilita per ottenerle). Imputazione ben visibile dei costi economici e dei benefici. Giochi “a somma zero”. È ben chiaro chi ci perde e chi ci guadagna. Le interazioni tra gli attori sono altamente conflittuali. Lo stile decisionale è quello del bargaining (negoziato), che coinvolge di solito i vertici del governo, dei sindacati e delle associazioni di categoria. La loro capacità di “portare a casa il risultato” è largamente condizionata dalle risorse (organizzative e di consenso) controllate da ciascun attore. Le sedi decisionali privilegiate sono l’arena elettorale (scontro tra forze politiche che rappresentano specifici gruppi sociali) e l’arena governativa, con il governo che rappresenta (almeno formalmente) il decisore ultimo. Esempi tipici: relazioni industriali, politiche pensionistiche, politiche fiscali.

Politiche costituenti ambito esteso; probabilità remota È il tipo meno analizzato da Lowi. Hanno per oggetto la definizione delle regole del gioco e degli assetti istituzionali entro i cui confini potranno essere create le future politiche governative (METAREGOLE  regole sulle regole). Incidono sulla distribuzione dell’autorità, stabilendo “chi” ha diritto di decidere “cosa” in ultima istanza. Di solito i policy makers coincidono con i policy takers (burocrati, partiti politici) Poiché si tratta delle regole del gioco, di solito le decisioni richiedono il supporto di un’ampia maggioranza, innescando dinamiche di tipo consensuale e seguendo uno stile decisionale di tipo cooperativo.

I tipi di Lowi nella pratica Difficoltà a collocare una politica pubblica concreta in uno solo dei quattro tipi (es. possibile sovrapposizione di redistribuzione e regolazione – specie al momento di fissare i requisiti; es. politica di coesione dell’UE) Se interpretate rigidamente, le arene di Lowi rischiano di non cogliere interessanti elementi di differenziazione tra la realtà empirica e i tipi proposti (es. recenti politiche costituenti nel caso italiano). I tipi individuati da Lowi vanno considerati come strumenti analitici, cioè come pietra di paragone con cui confrontare le politiche concrete

Altre proposte tipologiche: la tipologia di Wilson Trae ispirazione dalla tipologia di Lowi (policy → politics) Si concentra sulle politiche regolative, ma il ragionamento può essere esteso anche agli altri tipi di policy. È articolata in base a due dimensioni: i costi e i benefici (così come percepiti dai destinatari) Entrepreneurial politics Diffusi Majoritarian politics Benefici Interest group politics Client politics Concentrati Concentrati Diffusi Costi

Majoritarian Politics (costi e benefici diffusi) Si ha nel caso di interventi che riguardano problemi di tutta la collettività, ma in cui nessuno intravede concrete possibilità di ottenere benefici sproporzionati ai costi, e nessuno rischia di pagare troppo per vantaggi goduti da altri. Per questo non vi è una grossa mobilitazione a favore di queste politiche, né particolare conflitto. Laddove riescano ad entrare in agenda, saranno maggioranze debolmente interessate a decretarne l’approvazione o il rigetto. Esempi: politiche della sicurezza stradale;

Interest group politics (costi e benefici concentrati) Si ha nel caso di interventi in cui chi ci guadagna e chi ci perde è ben risaputo, ed i destinatari hanno tutto l’interesse a mobilitarsi con tutte le proprie risorse per far prevalere l’ipotesi preferita. È un processo che segue logiche prevalentemente negoziali, e si svolge di solito in modo appartato, lontano dai riflettori dell’alta politica. I gruppi di interesse sono quelli maggiormente incentivati alla partecipazione. Spesso le soluzioni cercano di accontentare, anche se in misura diversa, tutte le parti in gioco. Simile a politiche redistributive Esempi: politiche di regolazione del mercato del lavoro; politiche previdenziali

Client politics (costi diffusi e benefici concentrati) Si ha nel caso di politiche che vanno a favorire gruppi ristretti a spese di cittadini non adeguatamente attrezzati a percepirne i costi. Quindi, come nelle politiche distributive, i benefici sono ben visibili e i costi no. L’interazione tra gli attori, quindi, non è per niente conflittuale, ma è piuttosto caratterizzata da compromesso e dinamiche collusive. Le decisioni vengono prese anche in questo caso, e in misura ancora maggiore, lontano dai riflettori, attraverso procedure opache e distanti dai giochi politici visibili. Analogia con le politiche distributive Es. Definizione dei criteri per poter ricevere dei sussidi, o agevolazioni fiscali, o particolari trattamenti previdenziali.

Entrepreneurial politics (benefici diffusi e costi concentrati) Si ha quando alcuni “imprenditori di policy” cercano di vincere le resistenze dei gruppi organizzati per promuovere politiche volte alla tutela dell’interesse generale. È fondamentale la capacità di questi attori di mobilitare e mantenere alta l’attenzione verso il problema di policy Es. Politiche che impongono alle imprese l’adozione di impianti per ridurre l’inquinamento ambientale Es. Nel caso italiano politiche di riforma amministrativa

Il ciclo di policy

Lo studio del policy making: linee generali È il filone che mostra la continuità più evidente con i temi e i metodi della scienza politica (finalità descrittiva, metodo induttivo, forte base empirica) Idea centrale: La descrizione/ricostruzione del policy making consente di: Mettere a fuoco le modalità concrete attraverso cui si sviluppano i fenomeni politici (quali attori partecipano, con quali risorse, con quali stili ecc.) Avere una visione completa, dotata di profondità spaziale e temporale, dei processi decisionali che riguardano uno specifico problema pubblico ai diversi livelli di governo, nei vari livelli funzionali del sistema politico, nell’interazione tra Stato e società.

Il processo di policy

Fase 1 - Agenda setting La fase in cui viene individuato un problema e si riconosce a livello istituzionale la necessità di risolverlo 2 tipi di agenda: Agenda sistemica e agenda istituzionale Agenda sistemica (o pubblica)= tutti i problemi che vengono ritenuti degni di attenzione pubblica da parte della comunità politica Agenda istituzionale: i problemi per cui lo Stato riconosce la necessità d’intervenire

Formazione dell’agenda istituzionale Secondo Cobb, Ross e Ross esistono tre modelli di agenda setting: Outside initiation model. Caratteristico delle società pluraliste. Il problema emerge all’interno di gruppi non governativi per divenire parte dell’agenda sistemica e passare poi a quella istituzionale Mobilization model. Caratteristico dei regimi totalitari. I decision maker tentano di far espandere il problema dall’agenda istituzionale in cui già lo hanno posto all’agenda sistemica Inside initiation. Riconducibile ai regimi corporativi. Gruppi influenti e legati ai decision maker fanno inserire il problema direttamente nell’agenda istituzionale

Proposta Continuità territoriale Riconversione e bonifica siti industriali o militari Riconversione lavoratori fuoriusciti da comparto industriale Potenziamento settore agricolo o industriale Miglioramento infrastrutture e sistema trasporti

Entrata in agenda Infrastrutture per sostenere lo sviluppo/riconversione economica

Fase 2 - Formulazione della policy Consiste nell’individuazione delle azioni atte a risolvere il problema e ritenute possibili o meno. Opzioni limitate da 3 tipi di vincoli: Sostanziali Procedurali Istituzionali

Fase 3 - Decisione 4 principali modelli decisionali Razionalità assoluta Cognitivo Incrementale Garbage can (cestino dei rifiuti)

Il modello razional-sinottico (detto anche razionale sinottico o della razionalità assoluta) Assunti: Unicità del decisore; Preferenze ordinate; Perfetta separazione tra mezzi e fini; Perfetta conoscenza di tutte le possibili soluzioni alternative; Capacità di valutare simultaneamente tutte le conseguenze; Possibilità di calcolare tutti i costi (non necessariamente economici) legati alla scelta di ogni singola opzione. Come si decide: La decisione consiste nell’adottare i mezzi che ci consentono di raggiungere i fini prefissati nel miglior modo possibile; ricerca della soluzione OTTIMALE. Decisione come calcolo. Alcuni esempi: Scienza economica; Ambito giuridico; Alcuni settori dell’analisi delle politiche pubbliche (Decision Analysis; PPBS…)

Il modello cognitivo (o della razionalità limitata) di H. Simon Premessa: Le facoltà cognitive dell’essere umano sono limitate: chi decide, quindi, non è in grado di conoscere tutte le soluzioni possibili di un problema e di vagliarne simultaneamente costi e benefici. (Critica agli assunti del modello razional-sinottico) Come si decide: Chi decide svolgerà una ricerca sequenziale delle possibili soluzioni alternative del problema che deve risolvere, e sceglierà la prima che reputa SODDISFACENTE per il conseguimento dei propri obiettivi. Gli stessi fini possono essere ridimensionati alla luce dei mezzi di cui si dispone (es. procedure già collaudate, routines…). Continui aggiustamenti tra mezzi e fini, anche in seguito ad eventuali fallimenti; l’errore diventa fonte di apprendimento per decisioni successive. I problemi non sono “dati” ma sono definiti dagli attori in gioco (visione costruttivista dei problemi).

Il modello incrementale di Ch. Lindblom Premessa: Le decisioni sono sempre l’esito di processi collettivi; ad es. nei sistemi democratici e pluralisti le scelte pubbliche sono prodotte da attori non solo singolarmente “limitati”, ma anche frammentati e portatori di interessi diversi. In tali situazioni i decisori aspirano ad ottenere di volta in volta ciò che è possibile, piuttosto che perseguire quello che è astrattamente desiderabile. Come si decide: Le decisioni sono il frutto di mutui accordi tra attori partigiani; non è possibile definire a priori i fini, ma si tende piuttosto a definirli e adattarli a seconda dei mezzi disponibili (non c’è quindi separazione). L’obiettivo non è raggiungere una meta prefissata, ma piuttosto discostarsi dallo status quo, procedendo tramite comparazioni limitate e successive. Le decisioni hanno quindi natura incrementale. Questo metodo minimizza il rischio di errori, o comunque consente di porvi rimedio.

Il modello “cestino dei rifiuti” di March e Olsen Premessa: Nell’ambito dei processi decisionali reali, non solo gli attori sono miopi e frammentati, ma si muovono anche in un contesto caratterizzato da una forte ambiguità: non c’è solo incertezza in merito alle soluzioni, ma anche le domande sono formulate in modo chiaro e impreciso. Le preferenze degli attori non sono date, ma prendono forma soltanto durante la loro interazione. I problemi non si presentano uno per volta, ma premono congiuntamente sulla stessa occasione di scelta. Talvolta le soluzioni possono addirittura preesistere ai problemi. Infine, la partecipazione degli attori è fluida e incostante. Come si decide: “Ogni occasione di scelta appare come un bidone della spazzatura in cui i partecipanti buttano alla rinfusa vari tipi di problemi e soluzioni, man mano che vengono generati. La scelta finale dipende quindi dall’incontro tra quattro variabili: i partecipanti, i problemi, le soluzioni e le occasioni di scelta. (…) Il criterio decisionale che emerge da questo modello è il caso (…). È il tempo a svolgere un ruolo fondamentale: la coincidenza temporale è il criterio fondamentale che regola le scelte”.

Una visione d’insieme dei 4 modelli Modelli decisionali Decisore Condizioni cognitive Attività di ricerca della soluzione Modalità della scelta Criterio decisionale Razionale comprensivo Unitario Certezza Analisi completa e sinottica Calcolo Ottimizzazione Cognitivo Incertezza Ricerca sequenziale Confronto rispetto ai livelli di aspettativa Soddisfazione Incrementale Frammentato (attori partigiani) Parzialità Comparazioni limitate e successive Mutuo aggiustamento partigiano Accordo Bidone della spazzatura variabile Ambiguità Nessuna Incontro tra problemi e soluzioni Caso

Fase 4 - Messa in opera Il processo con cui un programma o una politica vengono attuati. Varie situazioni o circostanze possono influenzare l’attuazione della politica, in particolare la natura dei problemi che la policy vuole risolvere ed il contesto in cui la policy viene attuata

Aspetti nella natura dei problemi che influenzano la messa in opera della politica Difficoltà tecnica dell’attuazione Diversità e molteplicità delle cause del problema Dimensione del gruppo destinatario della politica Misura del cambiamento di comportamento che la politica implica per il gruppo destinatario

Elementi del contesto in cui la politica deve essere attuata che ne influenzano la messa in opera Trasformazioni sociali possono influenzare l’interpretazione del problema ed il modo in cui il programma verrà attuato (es. pensioni) Trasformazioni economiche influenza entità di molti problemi Nuova tecnologia può indurre a cambiamenti nella policy Trasformazioni politiche (es. cambio di governo)

Altre variabili importanti Organizzazione dell’apparato amministrativo Disponibilità di risorse economiche (del governo e di eventuali gruppi ostili alla politica) Supporto pubblico alla politica

Fase 5 - Valutazione Il processo che cerca di esaminare le politiche pubbliche in azione, i mezzi impiegati ed il servizio fornito