Muoversi nel paradosso dell’educazione: fornire RADICI

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Transcript della presentazione:

Muoversi nel paradosso dell’educazione: fornire RADICI per costruire ALI I.T.G. P.L. Nervi, Novara Dott.ssa Alzati Raffaella

I figli nascono con un carattere precostituito? ASSOLUTAMENTE NO. La genetica predispone alcune tendenze, ma se l’ambiente e l’educazione, intesi come interconnessioni affettive evolutive tra bambini e figure adulte, non offrono le condizioni per favorirne lo sviluppo le potenzialità non si possono esprimere.

I figli nascono con un carattere precostituito? Il “nostro essere” è predisposto geneticamente alla relazione e sono le molteplici interazioni, le reazioni, gli accomodamenti e le compensazioni con le persone e le situazioni con cui veniamo in contatto sin dal primo istante della nostra vita a farci essere quello che siamo.

Ma se l’ambiente familiare è il medesimo e i genitori sono gli stessi, come mai i figli sviluppano un carattere diverso l’uno dall’altro, a volte addirittura opposto? Se sono prevalentemente l’ambiente familiare e le relazioni affettivo-emotive a determinare la crescita dei figli, questi possono sviluppare attitudini, caratteri e sensibilità estremamente diversi, pur provenendo dallo stesso nucleo familiare, in quanto nascono e crescono in momenti diversi della STORIA dei genitori.

Ma se l’ambiente familiare è il medesimo e i genitori sono gli stessi, come mai i figli sviluppano un carattere diverso l’uno dall’altro, a volte addirittura opposto? Probabilmente la particolare e inestricabile convergenza tra le potenzialità genetiche di un bambino, la qualità della sintonizzazione emotiva tra genitore e figlio, le condizioni ambientali e sociali determinano figli unici e diversi tra loro.

Cosa significa “educare alle emozioni” ? Significa offrire ai figli le necessarie opportunità per apprendere a identificare, gestire e modulare il proprio mondo interno costituito da sensazioni ed emozioni. Quando i figli sono piccoli, essi apprendono modulando i propri stati emozionali allo stato grezzo attraverso quello dei genitori, tendono cioè a verificare che gli adulti significativi di riferimento attorno a loro sentano ciò che essi stessi stanno percependo.

Cosa significa “educare alle emozioni” ? Solo il rispecchiamento tra genitori e figlio permette di imparare a costruirsi una cabina di pilotaggio interna efficace e competente. La “valigia di sicurezza” di un figlio si prepara realizzando la migliore sintonia possibile tra gli stati emotivi di chi chiede aiuto, protezione, condivisione e vicinanza (i figli) e chi offre cure, accudimento e scambio (genitori).

Cosa significa “educare alle emozioni” ? Ogni bambino alla nascita è già programmato per connettersi e sintonizzarsi. Il suo programma di connessione è mediato e costituito da strutture neurofisiologiche molto particolari e altamente recettive: i neuroni specchio, l’amigdala e altri centri del sistema limbico. Insieme costituiscono le “antenne” dei bambini, antenne che dovranno trovare le opportune sintonie con il mondo degli adulti per sviluppare tutte le possibili potenzialità di crescita.

Cosa significa “educare alle emozioni” ? Tra la ricerca di sintonia e la crescente disconnessione tipica della nostra epoca, i bambini a volte faticano, arrancano; qualche volta si perdono, rimanendo intrappolati in un rumore di fondo frastornante e disorganizzante. Solamente particolari e speciali sintonizzazioni emotive realizzate da genitori attenti possono sostenere lo sviluppo di ogni figlio, affinchè non si perda e cresca serenamente fin dal primo istante di vita.

Cosa significa “educare alle emozioni” ? Ed è auspicabile che tale sintonizzazione continui anche quando i figli sono più grandi, perché anche allora hanno bisogno di rapporti intensi e nutrienti.

AFFINCHE’ POSSA ESSERE SVOLTA UN’EFFICACE EDUCAZIONE EMOTIVA E’ NECESSARIO CHE I GENITORI SIANO DISPONIBILI ALL’ASCOLTO, DECODIFICHINO IN MODO ADEGUATO BISOGNI E RICHIESTE DEI FIGLI, SI COMPORTINO IN MODO AUTOREVOLE E, SOPRATTUTTO, ABBIANO TEMPO DI FARLO!

Se pensi a oggi mangi un pane. Se pensi a un decennio, pianti un albero. Se pensi a un secolo, educhi i bambini. QUANG TSEN

Quando i figli sono adolescenti, è più opportuno lasciarli liberi di decidere e fare come vogliono o è ancora necessario porre dei limiti? La libertà di esprimersi, decidere e fare non è in antitesi con il rispetto delle regole e con il contenimento educativo. Nell’adolescenza la voglia di affermare la libertà e l’autonomia a volte è talmente sentita e urgente da portare a decisioni e a azioni errate. Non è quindi opportuno pensare che i figli adolescenti siano ormai in grado di gestire da soli la propria vita.

Quando i figli sono adolescenti, è più opportuno lasciarli liberi di decidere e fare come vogliono o è ancora necessario porre dei limiti? Non è mancanza di fiducia: significa semplicemente continuare ad accompagnare i figli verso la maturità, evitando rischi e problemi, orientandoli nelle scelte e supportandoli nelle situazioni di crisi. Gradualmente questo accompagnamento si stempererà in un nuovo modo di stare insieme e di comunicare, soprattutto, quando diventeranno autonomi.

Quanta libertà è bene concedere? Tutta quella che meritano. Non esiste una misura, un parametro fisso o una formula per stabilire quanta libertà concedere ai figli che crescono, né l’età costituisce un indice attendibile circa l’autonomia che sono in grado di gestire. La libertà va concessa in relazione a quanto i figli riescono a meritare sul campo.

Quali orari di rientro a casa è più opportuno dare? Anche per gli orari di rientro vale la regola del merito: più vostro figlio darà conferme circa la maturità, rispetto degli orari concordati e condotte adeguate, maggiore potrà essere la flessibilità e l’apertura verso orari più consoni ai suoi bisogni e ai suoi desideri. Tenete tuttavia conto dell’età, del tipo di amici frequentati ed anche della stagione.

Mio figlio di quindici anni non vorrebbe più uscire e trascorrere il tempo libero con noi: come ci dobbiamo comportare? A quindici anni si è grandi, ma non abbastanza da decidere sempre autonomamente cosa fare. L’autonomia va favorita, la differenziazione va promossa e facilitata, ma è opportuno mantenere quel filo di complicità, intimità e vicinanza tanto utile per loro. Andrebbero, dunque, favoriti sia l’apertura agli amici e la socialità, sia l’intimità familiare, almeno per alcuni momenti particolari e alcune specifiche situazioni. Poi, arriveranno i 17, 18 anni e…

OGNI NAVE IN PORTO E’ SICURA, MA QUESTO NON E’ LO SCOPO PER CUI E’ STATA COSTRUITA. JOHN AUGUST SHEDD

Quanto tempo davanti alla TV? È necessario distinguere tra tempo “solitario” consumato davanti al piccolo schermo e quello ludico e socializzante durante il quale vostro figlio assiste, insieme a voi o a qualche amico, a film e programmi divertenti o istruttivi. Nel primo caso non bisognerebbe consentire più di un’ora e mezza al giorno: assistere passivamente a spettacoli deprimenti spegne il desiderio e la creatività.

Quali programmi televisivi sono i più dannosi per gli adolescenti? Sicuramente i programmi dove si urla, ci si insulta, si prevarica, si lanciano offese e si tende a degenerare nella rissa. Poiché è impossibile imporre ai figli adolescenti una censura televisiva e tali programmi sono molto frequenti, è bene svalorizzarli ai loro occhi, etichettandoli come idioti e sciocchi. Ovviamente voi dovete esserne convinti e evitare di guardarli.

Quali programmi televisivi sono i più dannosi per gli adolescenti? Per quanto riguarda la visione di film violenti, gli adolescenti hanno chiara la differenza tra finzione e realtà, quindi, in linea di massima, contrariamente a quanto si crede, sparatorie e sangue non producano ricadute negative. Più problematici sono i reality e gli show dove la finzione viene spacciata per vera e autentica, addirittura come se si trattasse di programmi educativi e di aiuto per le giovani generazioni.

Quanto tempo davanti al computer? Simile a quello che riguarda la televisione è il discorso relativo all’utilizzo del computer o di internet. È necessario distinguere tra il tempo “passivo” e il tempo “attivo”, impegnato per informarsi, apprendere, approfondire attraverso la rete. Se il primo va limitato a non più di un’ora al giorno, il secondo va considerato come un momento di lavoro e studio tra gli altri, comunque da regolamentare per non favorire eccessi e squilibri.

Mio figlio a volte mi risponde male, usando anche parolacce e insulti: come mi devo comportare? Non permetteteglielo. Mai. Se vostro figlio vi insulta e vi tratta male con molta probabilità dipende dal fatto che glielo avete consentito da sempre. È necessario, dunque, non tollerare fin da quando sono piccoli che usino un linguaggio poco rispettoso nei vostri confronti e vi trattino male.

È opportuno che i genitori controllino di nascosto diari, posta elettronica e messaggi sul telefonino dei figli per proteggerli e scoprire cosa fanno? In linea di massima no. L’intimità e la privacy dei figli vanno difese e rispettate in quanto rappresentano i primi tentativi di differenziarsi, crescere, essere e sentirsi autonomi. Anche se a volte la tentazione è forte, è opportuno astenersi dal rovistare in quelle fragili identità in cantiere. Sono altri i segnali da cogliere e da capire per proteggerli, aiutarli e sapere come stanno.

È necessario recarsi a scuola per parlare con gli insegnanti anche se il proprio figlio consegue un buon profitto? Assolutamente sì. Il buon profitto infatti non è garanzia di benessere né i figli vanno “dimenticati” solamente perché riescono senza difficoltà nelle attività scolastiche. A volte alunni intelligenti, bravi, silenziosi e coscienziosi possono passare inosservati sia a i genitori che agli insegnanti, semplicemente perché quei ragazzini e quegli adolescenti non pongono problemi. Un confronto regolare con i docenti può aiutare a capire meglio le reali esigenze dei figli e i bisogni di vicinanza che, a volte, possono rimanere inevasi in virtù del buon profitto scolastico.

Quando si va a parlare con gli insegnanti, cosa è opportuno chiedere? Oltre al profitto è opportuno chiedere ai professori come pensano stia il proprio figlio, come si comporta, cosa fa, se partecipa alla vita scolastica, se intrattiene buone relazioni con i compagni e gli insegnanti. La vita nella scuola rappresenta una dimensione importante per i vostri figli: conoscerla, condividerla, interagire con loro anche costruendo buone relazioni con i docenti è vostro diritto e dovere. Sono generalmente da evitare sterili contrapposizioni con il corpo docente e prese di posizione costantemente giustificatorie nei riguardi dei figli, niente affatto utili a modificare situazioni di disagio e difficoltà. È invece sempre opportuno sostenere, favorire e promuovere il dialogo e il confronto.

Cosa fare se capita di sorprendere il proprio figlio o la propria figlia in qualche comportamento autoerotico o su siti pornografici? Per quanto riguarda i comportamenti autoerotici, non bisogna fare nulla di particolare, anche se l’inaspettata scoperta può destare turbamento e imbarazzo. L’autoerotismo è un comportamento utilizzato dai ragazzi per esplorare il proprio corpo e conoscerne le potenzialità. Un tale comportamento non va inibito, né correlato alla colpa. Rispetto alla visita di siti pornografici deve diventare motivo di confronto e dialogo sui temi dell’affettività, dell’amore e del rapporto uomo-donna, senza parlare direttamente di loro, a meno che ciò non sia espressamente richiesto dai figli stessi.

Ci sono cose di mio figlio che non dico a mio marito perché si arrabbierebbe troppo: faccio bene? Escludere padri e mariti dall’educazione e dalla gestione dei problemi posti dai figli non costituisca mai un atteggiamento sano e utile, e invece si assiste spesso a esclusioni più complete quanto più si ritiene che il marito “non riesce a capire i figli”. D’altra parte questo atteggiamento di esclusione può essere indotto dal fatto che i padri a volte non si prendono le loro responsabilità. I padri non solo hanno il diritto di sapere, ma hanno il DOVERE di sapere.

Fino a dove deve spingersi la complicità con mio figlio? Quanto basta. Complicità con un figlio significa soprattutto stare dalla sua parte, condividendo con lui gioie, traguardi, trepidazioni e anche delusioni al fine di aiutarlo a orientare emozioni, pensieri e azioni. Questo “sentire insieme” non deve mai essere totalizzante e superare quei limiti che non gli consentirebbero di percepire le proprie emozioni perché sovrastate da quelle del genitore… E’, ancora una volta, una questione di equilibri…

Come mi vedo…come mi vede… 1. IO DEFINIREI LA RELAZIONE CON MIO FIGLIO ATTRAVERSO QUESTE PAROLE… 2. MIO FIGLIO DEFINIREBBE LA RELAZIONE CON ME ATTRAVERSO QUESTE PAROLE…