“... una delle qualità essenziali dell’Infermiere è l’interesse per l’uomo, in quanto il segreto della cura del paziente è averne cura” La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona”
Rapporto Infermiere - Paziente Si deve basare: » sulla conoscenza approfondita del paziente » sulla fiducia reciproca » sull’abilità di comunicare
Raccolta Anamnestica L’approccio più comune, è quello di analizzare i sintomi principali di un paziente L’anamnesi è molto più che una semplice lista di sintomi
L'anamnesi si articola in Anamnesi familiare Anamnesi personale »Fisiologica » Patologica remota » Patologica prossima
Anamnesi familiare Consente di indagare sullo stato di salute dei familiari, compresi ascendenti, discendenti e collaterali, considerando comprese (ma per effetti diversi) anche le persone conviventi Informazioni su: Malattie o condizioni trasmesse per via genetica (malattie ereditarie) Malattie con predisposizione ereditarie condizioni che possono essere connesse a fattori genetici o collegabili all'ambiente familiare (xes: obesità, psicopatie, ecc.) Malattie infettive, trasmissibili più facilmente all'interno del nucleo familiare.
Anamnesi personale »Fisiologica » Patologica remota » Patologica prossima
Rapporto Infermiere - Paziente Si deve basare: » sulla conoscenza approfondita del paziente » sulla fiducia reciproca » sull’abilità di comunicare
Raccolta Anamnestica L’approccio più comune, è quello di analizzare i sintomi principali di un paziente L’anamnesi è molto più che una semplice lista di sintomi
Anamnesi familiare Consente di indagare sullo stato di salute dei familiari, compresi ascendenti, discendenti e collaterali, considerando comprese (ma per effetti diversi) anche le persone conviventi Informazioni su: Malattie o condizioni trasmesse per via genetica (malattie ereditarie) Malattie con predisposizione ereditarie condizioni che possono essere connesse a fattori genetici o collegabili all'ambiente familiare (xes: obesità, psicopatie, ecc.) Malattie infettive, trasmissibili più facilmente all'interno del nucleo familiare.
Anamnesi Fisiologica Identifica il profilo fisiopatologico ed il profilo psico sociale dell'individuo (livello di istruzione, lavoro..) Profilo fisiopatologico informazioni su eventi fisiologici che si susseguono nella vita ogni argomento assume una importanza Profilo psico-sociale informazioni relative alla storia familiare/sociale, presente e passata informazioni che concernono le abitudini di vita, presenti e passate
Anamnesi Patologica Remota Indaga i disturbi che hanno caratterizzato l'intera vita del paziente Una malattia attuale può essere strettamente collegata ad una malattia distante anni e a volte dimenticata Sintomatologie precedenti, sfumate e mai colte in passato, possono essere fasi iniziali della malattia attuale
Anamnesi Patologica Prossima Aspetto dell’anamnesi che si potrebbe dire introduttiva nella quale il paziente espone i motivi che lo hanno indotto a consultare il medico L'interesse del paziente in quel momento è quello di ricevere chiarimenti/rassicurazioni rispetto alle sue preoccupazioni e soluzioni pratiche ai problemi che incontra
In questa fase Instaurare un buon rapporto col pz, basato su reciproca stima e fiducia Comprendere la realtà fisiologica e psicologica del pz, nonché il modo in cui vive la sua malattia Osservare il paziente nel comportamento, nel modo di raccontare, nella sua mimica, spesso gli atteggiamenti sono più eloquenti delle parole Acquisire le informazioni per impostare i problemi esposti dal paziente, allo scopo di trovare una soluzione
Segni: dati oggettivi, verificabili ed inequivocabili ESAME OBIETTIVO Segni: dati oggettivi, verificabili ed inequivocabili Osservare, palpare, auscultare sono la base di un buon esame obiettivo Tenere nel dovuto conto il comfort ed il pudore del paziente Tenere estrema attenzione a qualsiasi anomalia riguardo ad una norma fisiologica (diversa a varie età)
Sistema Cardiocircolatorio Aspetti anatomici e Fisiologici
Torace Delimitato superiormente dalla linea cervico-toracica, dal limite superiore dello sterno dal margine superiore della clavicola, fino al punto in cui si articola alla scapola, dal margine superiore del muscolo trapezio, ritornando quindi alla linea mediana all'altezza della settima vertebra cervicale Inferiormente è delimitato dalla linea toraco-addominale, che parte dall'estremo inferiore dello sterno, segue il contorno dell'arcata costale, fino alla dodicesima vertebra dorsale
Cuore Organo centrale dell’apparato circolatorio funge da pompa capace di produrre una pressione sufficiente a permettere la circolazione del sangue
Posto nella cavità toracica sopra il diaframma e fra i due polmoni Protetto anteriormente dallo sterno e dalle cartilagini costali
Forma di un cono capovolto, alto 12 cm compresso dall'avanti all'indietro Facce una posteriore e una anteriore Base guarda in alto, indietro e a destra Apice rivolto in basso, in avanti a sinistra
Costituito pressoché esclusivamente da tessuto muscolare striato Supportato da una struttura fibrosa detta pericardio, sottile membrana che avvolge la superficie esterna, pericardio fibroso strato esterno e pericardio sieroso strato interno Lo spazio in cui è situato è detto mediastino anteriore
Epicardio: costituito da tessuto connettivo, contenente capillari sanguigni, linfatici, fibre nervose Miocardio: costituito da fibre muscolari che sostengono la funzione di pompaggio del sangue nel corpo umano Endocardio: rivestimento interno che protegge la cavità cardiaca Membrana costituita da cellule endoteliali Funzione di favorire lo scorrimento del sangue all'interno del cuore
Il sistema cardiocircolatorio L'apparato cardiocircolatorio è costituito dal cuore e dai vasi sanguigni (arterie, vene e capillari), al cui interno circola il sangue che porta ossigeno e nutrimento a tutto il corpo, eliminando i prodotti di rifiuto.
Il cuore è un organo al cui interno si distinguono quattro cavità. -Le due cavità superiori sono rappresentate: dall'atrio destro e dall'atrio sinistro. -Le due cavità inferiori sono rappresentate: dal ventricolo destro e dal ventricolo sinistro. - Gli atri e i ventricoli omolaterali comunicano attraverso un sistema di valvole.
Dal cuore originano i vasi sanguigni che portano sangue ossigenato e prodotti nutritivi a tutto il corpo tramite le arterie, e riconducono al cuore, tramite le vene, il sangue con anidride carbonica e prodotti di rifiuto. Lo scambio dell'ossigeno e dell'anidride carbonica avviene a livello dei tessuti tramite la rete dei capillari.
IL CICLO CARDIACO IL CICLO CARDIACO contempla una sequenza di eventi che avviene nell’arco di un battito cardiaco, battito che mediamente ha la durata di 0,8 secondi: 1) Rilasciamento: gli atri si riempiono di sangue: venoso l’atrio destro e arterioso quello sinistro. 2) Riempimento: aumenta la pressione degli atri, le valvole cardiache si aprono e iniziano a riempirsi i ventricoli. 3) Diastasi: gli atri e i ventricoli sono pieni e il flusso di sangue agli atri diminuisce e si interrompe. 4) Sistole atriale: si contraggono gli atri mentre i ventricoli sono pieni e distesi. 5) Contrazione: si contraggono i ventricoli (sistole ventricolare) e aumenta la pressione al loro interno. Le valvole si chiudono. 6) Efflusso: continua la contrazione dei ventricoli e continua ad aumentare la pressione al loro interno. Si aprono le valvole semilunari di accesso all’arteria polmonare (sangue venoso) e all’arteria aorta (sangue arterioso). Il sangue viene spinto all'interno di ambedue.
IL CICLO CARDIACO
FISIOPATOLOGIA CARDIOVASCOLARE Il consumo miocardico di ossigeno (mvo2) Il cuore è un organo aerobio, dunque il fabbisogno miocardico di O2 fornisce un indice accurato del suo metabolismo. I principali determinanti del consumo miocardico di ossigeno sono: • Frequenza cardiaca • Contrattilità • Stress parietale Stress o tensione di parete di una cavità, o postcarico, è dipendente da 2 fattori: • Pressione sviluppata al suo interno • Raggio medio della cavità
Circolo Coronarico - Vasi di conduttanza (rami epicardici) - Vasi di resistenza (rami intramiocardici e arteriole) In condizioni basali l’estrazione di ossigeno è molto alta (70%), ne consegue che, se la domanda metabolica aumenta, l’unico meccanismo di compenso è rappresentato da un proporzionale aumento del flusso coronarico che si attiva attraverso la vasodilatazione del distretto coronarico arteriolare (vasi di resistenza) La capacità massima di vasodilatazione secondaria a uno stimolo metabolico è definita riserva coronarica
Fattori che regolano il circolo coronarico: Tra essi il più importante è sicuramente la richiesta metabolica del muscolo cardiaco: quando questa aumenta si determina idrolisi di ATP e conseguente liberazione di adenosina nell’interstizio. L’adenosina induce una vasodilatazione soprattutto a livello dei vasi di resistenza con conseguente aumento del flusso coronarico, proporzionale all’aumento delle richieste metaboliche.
La presenza di una lesione stenosante di un ramo epicardico determina a valle della stenosi una caduta di pressione che è proporzionale alla riduzione del calibro vasale; il gradiente pressorio che si crea stimola la dilatazione dei vasi di resistenza allo scopo di mantenere un flusso adeguato in condizioni basali. Questo spiega l’assenza di segni clinici ed elettrocardiografici di ischemia in condizioni di riposo. Se la stenosi riduce la sezione del vaso coronarico epicardico oltre l’ 80%, si ha una riduzione del flusso anche in condizioni basali. In questa situazione l’albero coronarico è costretto ad impiegare gran parte della sua riserva per mantenere un apporto metabolico adeguato
Arteria
Atheroma (1)
Atheroma (2)
Ateroma Dall’Ateroma al Trombo
Aterotrombosi
ETIOPATOGENESI Le cause di stenosi coronarica sono molteplici: Aterosclerosi Tromboembolia coronarica da trombosi intracardiaca (FA, endocardite, aneurisma cardiaco, ecc..) Spasmo coronarico Anomalie congenite Vasculiti Altre
Nella maggior parte dei casi (90%) l’evento iniziale è la modificazione di una placca solo parzialmente stenosante. Gli elementi che determinano l’evoluzione acuta della placca non sono chiari, ma sembrano essere importanti sia fattori estrinseci che intrinseci alla stessa.
Razionale della prevenzione delle MCV Il principale fattore eziologico, l’aterosclerosi, si sviluppa in modo silente e insidioso nell’arco di diversi anni ed è solitamente di grado avanzato al momento della comparsa dei sintomi. Il marcato sviluppo di MCV è fortemente connesso nei paesi europei con lo stile di vita e con fattori di rischio modificabili. E’ stato dimostrato inequivocabilmente che la correzione dei fattori di rischio riduce la mortalità e la morbilità sia nei soggetti con MCV conclamata che silente. Le MCV, con l’avanzare dell’età media della popolazione in Europa, incidono sempre più fortemente sui costi di ospedalizzazione e sulla spesa farmaceutica. La loro prevenzione è dunque essenziale, oltre che per il miglior benessere della popolazione, per la razionalizzazione ed il contenimento della spesa sanitaria.
Dati di Mortalità: Unione Europea Malattie del sistema respiratorio 6% Malattie del sistema cardiocircolatorio 43% Cancro 26% Altre cause 20% Suicidi ed incidenti 5%
Malattie cardiovascolari in Italia 235.000 morti/anno Di cui il 30% per cardiopatia ischemica Il numero assoluto di morti cardiovascolari è in aumento nonostante l’esistenza di terapie efficaci Ciò è imputabile a: invecchiamento della popolazione morte improvvisa spesso come prima manifestazione di cardiopatia ischemica accessibilità ai reparti attrezzati non ottimale in urgenza basso livello di prevenzione anche nei malati a rischio elevato L’impatto sulla salute pubblica delle malattie cardiovascolari in Italia è enorme; il numero assoluto di morti per cause cardiovascolari è, per di più, attualmente in aumento nonostante l’utilizzo di terapie efficaci. Ciò mette in luce le carenze ancora esistenti negli interventi di prevenzione e l’importanza di un cambiamento di rotta in tal senso.
La mortalità per malattia ischemica del cuore (IHD) è alta e aumenterà La mortalità regionale per IHD tra il 1990 e il 2020 Mortalità per IHD (migliaia) Il carico globale della malattia ischemica del cuore (IHD) è alto e crescerà in futuro, in particolar modo fra le nazioni in via di sviluppo1 L'incidenza crescente della IHD nelle nazioni in via di sviluppo potrebbe essere collegata all'urbanizzazione, all'adozione dello stile di vita e della dieta occidentali, e all'aumento della prevalenza di fattori di rischio quali l'obesità, il diabete, la dislipidemia e l'ipertensione1 Reference: 1. Yusuf S, Reddy S, Ounpuu S, et al. Global burden of cardiovascular diseases. Part 1: general considerations, the epidemiologic transition, risk factors, and impact of urbanization. Circulation. 2001;104:2746-2753. EME=mercati con economie stabili; FSE=economia ex socialiste; OAI=altri paesi asiatici e isole del Pacifico; SSA=Africa sub-sahariana; LA=America Latina; Mid East=Medio Oriente. Yusuf S et al. Circulation. 2001;104:2746-2753.
HF Prevalence in Western Europe (Millions) 12 10 8 Key Message: The current large prevalence and incidence of heart failure is expected to double in 30 years with the aging of the population. An estimated 22.5 million people worldwide have HF today, with an annual incidence of 2.0 million. Source: New Medicine Reports 1997 HF prevalence is expected to double in 30 years due to population aging alone. 75-80% of the patients are greater than 65 years old.1 [1] O’Connell JB, Bristow MR, “Economic impact of heart failure in the United States...”, J Heart Lung Transplant 1994;13:S107-12 6 10.6 4 5.3 2 2000 2010 2020 2030 Source: New Medicine Reports 1997 ; 1999 Heart and Stroke Statistical Update, AHA
La situazione attuale è insoddisfacente 1) Sottovalutazione del livello di rischio cardiovascolare 2) Ritardo nella gestione domiciliare dell’emergenza 3) Assente o inadeguato presidio terapeutico 4) Scarsa compliance del paziente
ATEROSCLEROSI
DEFINIZIONE Deposito di materiale sulle pareti delle arterie che determina “l’indurimento” dei vasi arteriosi Arterie > colpite: coronarie, aorta, carotidi, renali, iliache e femorali Materiale di deposito: colesterolo, calcio, prodotti di degradazione cellulare, altro forma la “placca aterosclerotica”
Evoluzione della placca (rimodellamento espansivo) A questo punto potremmo già concludere dicendo che le statine vanno usate nei soggetti a rischio di malattia aterosclerotica e che la riduzione o meno dell’ictus dipende dalla popolazione studiata, dalla durata del follow-up, dalla statine usata, dalla sua dose. In parole povere, dobbiamo identificare meglio i pazienti che possono beneficiare dal trattamento onde potenziare i risultati senza disperdere le risorse. Per fare questo bisogno chiedersi:perché le statine riducono l’incidenza dell’ictus ischemico? E inoltre: esistono differenze d’azione tra le diverse statine? Escludendo gli studi che non hanno dimostrato una riduzione dell’ictus, negli altri si è visto che la riduzione degli eventi cardiovascolari e cerebrovascolari legato all’uso delle statine è risultato essere più marcato di quanto atteso. In particolare, si è visto che, a parità di colesterolemia, i pazienti in trattamento avevano una riduzione degli eventi rispetto ai pazienti placebo. Questo a portato alla scoperta degli effetti pleiotropici delle statine e ad una estensione del loro uso. Vediamo però di procedere con ordine. Questa diapositiva arcinota ci ricorda la storia naturale della malattia aterosclerotica, dalla formazione delle strie lipidiche alla rottura della placca con conseguente trombosi e/o embolizzazione del materiale contenuto nella placca. Libby P. et al, Circ. 2001; 104: 365-72
STORIA NATURALE DELL’ATEROSCLEROSI
DECORSO SCHEMATICO DELL’ATEROSCLEROSI Cardiopatia Ischemica Malattia Cerebrovascolare Malattia Vascolare Periferica Lesione iniziale Schematic time course of human atherogenesis In this timeline of atherosclerosis, note the compensatory enlargement as intimal thickening progresses, until later in the disease when luminal obstruction occurs. Non Sintomi Sintomi + Sintomi Tempo (Anni)
STORIA NATURALE DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA: ANNI PER SVILUPPARSI ATEROSCLEROSI ANNI PER SVILUPPARSI ROTTURA DI PLACCA FORMAZIONE TROMBO ISCHEMIA NECROSI MIOCARDICA MORTE IN POCHE ORE
TAPPE DELLA FORMAZIONE DELLA PLACCA ATEROSCLEROTICA
Parete dell’arteria “normale” Slide 1: The normal artery wall Cellule Endoteliali VSMCs Contrattili The wall of a normal, healthy artery consists of three distinct layers1. The intima is the innermost layer. This comprises a monolayer of endothelial cells supported on a basement membrane and sub-endothelial matrix. Unlike that of other mammals, the human intima also contains a small number of vascular smooth muscle cells (VSMCs)2. The intermediate layer of the artery wall – the media – consists of concentrically arranged VSMCs in an extracellular matrix of collagen, elastic fibres and glycosaminoglycans1. The outermost structural layer of the artery wall is the adventitia. This comprises an extracellular matrix of longitudinally arranged collagen fibres and contains the vasa vasorum1. Endothelial cells synthesize and secrete a number of substances that control vascular tone. These include the vasodilators nitric oxide (NO), prostacyclin and the prostaglandins PGE2 and PGD2, as well as vasoconstrictors such as endothelin-1, thromboxane A2 and the prostaglandin endoperoxides PGG2 and PGH21,3. The endothelium also expresses substances that regulate the adhesion of monocytes and platelets, and control coagulation through a balance of inhibitory and promotional effects4. In the normal, healthy artery wall, the balance is such that antithrombotic, anti-inflammatory and vasodilatory characteristics predominate1,4. The endothelium is made up of three distinct layers: the intima, the media and the adventitia Endothelial cells secrete substances that control vascular tone Under basal conditions, the endothelium presents an antithrombotic surface, and vasodilatory tendencies predominate References 1 Vallance P. Vascular endothelium, its physiology and pathophysiology. In: Weatherall DJ, Ledingham JGG, Warrell DA. Oxford Textbook of Medicine, 3rd Edn, Oxford Medical Publications, Oxford, UK, 1996; 2: 2295–2300. 2 Schwartz SM, DeBlois D, O’Brien ER. The intima. Soil for atherosclerosis and restenosis. Circ Res 1995; 77: 445–465. 3 Celemajer DS. Endothelial dysfunction: does it matter? Is it reversible? J Am Coll Cardiol 1997; 30: 325–333. 4 Verrier ED, Boyle EM. Endothelial cell injury in cardiovascular surgery: an overview. Ann Thorac Surg 1996; 64: S2– S8. Intima Media Avventizia
Slide 2: Early atherosclerosis (I) – Endothelial dysfunction Aterosclerosi Iniziale (I) – Disfunzione Endoteliale Slide 2: Early atherosclerosis (I) – Endothelial dysfunction Lipidi ossidati si depositano nello spazio intimale determinando disfunzione endotheliale Endothelial dysfunction is believed to be a key element in atherogenesis, occurring in the early stages of the disease process1,2. The conventional risk factors for coronary artery disease, such as smoking, hypertension, diabetes and hyperlipidaemia, have also been found to be associated with endothelial dysfunction. Particular attention has been focused on the role played by elevated cholesterol levels in endothelial function, and significant correlations have been reported between plasma levels of low-density lipoprotein (LDL) and the degree of endothelial impairment1. It is believed that LDL usually enters the intima by means of transcytosis, and is subsequently oxidized by oxidative free radicals to form oxidized LDL (oxLDL)2. The accumulation of oxLDL within the intima is associated with abnormalities in a number of endothelial functions, including impairment of the endothelial-dependent vasodilatory response to agents such as acetylcholine, histamine and serotonin3, or to hyperaemic blood flow4. Endothelial dysfunction occurs early in atherogenesis Elevated plasma lipid levels are a known risk factor for atherosclerosis and are directly related to the degree of endothelial impairment Lipid accumulation within the intima is associated with abnormal endothelial cell function and impairment of the endothelial-dependent vasodilatory response to various stimuli References 1 Celermajer DS. Endothelial dysfunction: does it matter? Is it reversible? J Am Coll Cardiol 1997; 30: 325–333. 2 Scott J. Atheroma, the vessel wall, and thrombosis. In: Weatherall DJ, Ledingham JGG, Warrell DA. Oxford Textbook of Medicine, 3rd Edn. Oxford Medical Publications, Oxford, UK, 1996; 2: 2289–2295. 3 Ruschitzka FT, Noll G, Lüscher TF. The endothelium in coronary artery disease. Cardiology 1997; 88 (suppl 3): 3– 19. 4 Clarkson P, Celermajer DS, Powe AJ et al. Endothelium-dependent dilatation is impaired in young healthy subjects with a family history of premature coronary disease. Circulation 1997; 96: 3378–3383. Lipidi
Aterosclerosi Iniziale (II) – Conseguenze della Disfunzione Endoteliale Slide 3: Early atherosclerosis (II) – The consequences of endothelial dysfunction Cellule endoteliali attivate esprimono molecole di adesione richiamando le cellule infiammatorie, in particolare monociti In addition to alterations in vasomotor control, endothelial dysfunction leads to the up-regulation of leukocyte and endothelium adhesion molecules, such as vascular cell adhesion molecule-1 (VCAM-1) and intercellular adhesion molecule-1 (ICAM-1), resulting in increased adherence of inflammatory cells (principally monocytes and T-lymphocytes). Further effects of endothelial dysfunction include increased permeability of the endothelial layer to monocytes/macrophages and lipoproteins, and increased migration and proliferation of VSMCs1,2. Endothelial cell dysfunction leads to the up-regulation of adhesion molecules and increased permeability of the endothelium to inflammatory cells and lipoproteins References 1 Celermajer DS. Endothelial dysfunction: does it matter? Is it reversible? J Am Coll Cardiol 1997; 30: 325–333. 2 Ross R, Fuster V. The pathogenesis of atherosclerosis. In: Fuster V, Ross R, Topol EJ. Atherosclerosis and Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1996: 441–460. Lipidi
Aterosclerosi Iniziale (III) - Formazione della stria lipidica Slide 4: Early atherosclerosis (III) – Formation of the fatty streak Monociti migrano nell’ intima, si differenziano in macrofagi ed inglobano i lipidi formando le cellule schiumose On migrating into the intima, recruited monocytes differentiate into macrophages. This process is associated with the expression of the scavenger receptor; hence macrophage activation is accompanied by the uptake of modified oxLDL already present in the intima1,2. The uptake of oxLDL by macrophages results in the formation of cholesterol-rich foam cells which, together with T-lymphocytes that appear to accompany the monocytes during their entry into the vessel wall, comprise the earliest and most common atherosclerotic lesion: the fatty streak3. Adhesion molecules expressed by endothelial cells mediate monocyte recruitment and migration into the intima Intimal monocytes are activated to macrophages, which ingest lipid to produce foam cells Foam cells and T-lymphocytes combine to form fatty streaks in the artery wall References 1 Scott J. Atheroma, the vessel wall, and thrombosis. In: Weatherall DJ, Ledingham JGG, Warrell DA. Oxford Textbook of Medicine, 3rd Edn. Oxford Medical Publications, Oxford, UK, 1996; 2: 2289–2295. 2 Davies MJ, Ho SY. Atherosclerosis: the process. In: Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998: 23–61. 3 Ross R, Fuster V. The pathogenesis of atherosclerosis. In: Fuster V, Ross R, Topol EJ. Atherosclerosis and Coronary Artery Disease, Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1996: 441–460. Lipidi T-linfociti seguono i monociti nella migrazione nell’ intima
Ruolo delle VSMC (Cellule Muscolari Liscie) nell’ aterosclerosi Slide 5: VSMC recruitment in atherosclerosis Citochine e fattori di crescita prodotte dai macrofagi attivati inducono la migrazione delle VSMC nell’ intima Activated inflammatory cells secrete cytokines and growth factors that attract VSMCs from the media into the intima1. Dysfunctional endothelial cells also produce a variety of growth factors, including epidermal growth factor (EGF) and platelet-derived growth factor (PDGF), which contribute to the proliferation and migration of VSMCs2. VSMC migration and proliferation are essential components of the atherogenic process, facilitating the increased deposition of extracellular matrix materials that is vital to atherosclerotic plaque formation3. Whereas medial VSMCs exist in a ‘contractile’ phenotype4, intimal VSMCs are of a ‘repair’ phenotype5. The transformation from contractile to repair phenotype is characterized by the loss of contractile proteins together with increased expression of extracellular matrix proteins, cytokines and chemokines1,4. Growth factors secreted by activated inflammatory cells, platelets and dysfunctional endothelial cells mediate the recruitment and proliferation of VSMCs On migration from the media into the intima, VSMCs are transformed from a ‘contractile’ to a ‘repair’ phenotype Intimal VSMCs produce the extracellular matrix materials that are an essential component of advanced atherosclerotic plaques References 1 Ruschitzka FT, Noll G, Lüscher TF. The endothelium in coronary artery disease. Cardiology 1997; 88 (suppl 3): 3–19. 2 Weissberg P. Mechanisms modifying atherosclerotic disease – from lipids to vascular biology. Atherosclerosis 1999; 147 (suppl 1): S3–S10. 3 Taoab Z, Smarta FW, Figueroac JE et al. Elevated expression of proteoglycans in proliferating vascular smooth muscle cells. Atherosclerosis 1997; 135: 171–179. 4 Denger S, Jahn L, Wende P et al. Expression of monocyte chemoattractant protein-1 cDNA in vascular smooth muscle cells: induction of the synthetic phenotype: A possible clue to SMC differentiation in the process of atherogenesis. Atherosclerosis 1999; 144: 15–23. 5 Shanahan CM, Weissberg PL. Smooth muscle cell heterogeneity: patterns of gene expression in vascular smooth muscle cells in vitro and in vivo. Arterioscler Thromb Vasc Biol 1998; 18 (3): 333– 338. Le VSMCs migranti cmbiano dal fenotipo ‘contrattile’ al fenotipo ‘riparatore’
Formazione della cappa fibrosa della placca aterosclerotica Slide 7: The fibrous cap of the developing atheromatous plaque VSMCs migranti cambiano dal fenotipo ‘contrattile’ a ‘riparazione’, e sintetizzano la matrice della cappa fibrosa Core Lipidico The most obvious difference between early and more developed atherosclerotic lesions is the incorporation into the latter of a fibrous cap. This cap covers the lipid-rich inner core and separates it from blood circulating through the lumen. The fibrous cap that characterizes the more advanced atheromatous lesion comprises a dense extracellular matrix generated by repair phenotype VSMCs1–3. Indeed, VSMCs are the only cells within an atherosclerotic plaque that are capable of synthesizing and maintaining the fibrous cap4. The fibrous cap is usually by far the largest component of the plaque, occupying more than 70% of the total volume of a typical stenotic coronary lesion5,6. The principal components are interstitial fibrillar collagen, elastin, proteoglycans and glycosaminoglycans3,5,7. Advanced plaques include a fibrous cap composed of extracellular matrix materials The fibrous cap separates the lipid-rich plaque core from the circulating blood, stabilizing the lesion VSMCs are the only cells capable of synthesizing the fibrous cap that stabilizes the atherosclerotic plaque References 1 Scott J. Atheroma, the vessel wall, and thrombosis. In: Weatherall DJ, Ledingham JGG, Warrell DA. Oxford Textbook of Medicine, 3rd Edn. Oxford Medical Publications, Oxford, UK, 1996; 2: 2289–2295. 2 Shanahan CM, Weissberg PL. Smooth muscle cell heterogeneity: patterns of gene expression in vascular smooth muscle cells in vitro and in vivo. Arterioscler Thromb Vasc Biol 1998; 18 (3): 333–338. 3 Libby P. Molecular bases of the acute coronary syndromes. Circulation 1995; 91: 2844–2850. 4 Weissberg P. Mechanisms modifying atherosclerotic disease – from lipids to vascular biology. Atherosclerosis 1999; 147 (suppl 1): S3–S10. 5 Shah PK. New insights into the pathogenesis and prevention of acute coronary syndromes. Am J Cardiol 1997; 79: 17–23. 6 Falk E, Shah PK, Fuster V. Coronary plaque disruption. Circulation 1995; 92: 657–671. 7 Crea F, Biasucci LM, Buffon A. Role of inflammation in the pathogenesis of unstable coronary artery disease. Am J Cardiol 1997; 80: 10E–16E. Avventizia
Caratteristiche della placca aterosclerotica stabile Slide 10: Characteristics of the stable atherosclerotic plaque Cappa Fibrosa (VSMCs e matrice) VSMCs intimali (fenotipo “Riparazione”) Core Lipidico An atherosclerotic plaque is considered to be stable if the risk of rupture, with all its consequences, is low. Studies have identified a number of features that are common to stable plaques. These include: A thick fibrous cap of uniform density that is able to confer mechanical stability on the overall structure by reducing circumferential tensile stress1,2 A high VSMC and collagen content in the fibrous cap2,3 A lipid-rich core that occupies less than 40% of the total volume of the plaque4 A relatively low infiltration of inflammatory cells (principally macrophages and T-lymphocytes)2–5. A stable atherosclerotic plaque is at low risk of rupture Characteristic features of a stable plaque include a thick fibrous cap with a high VSMC and collagen content, a lipid-rich core that occupies a relatively small volume, and a low inflammatory cell content References 1 Ross R. Atherosclerosis – an inflammatory disease. N Engl J Med 1999; 340: 115–126. 2 Weissberg P. Mechanisms modifying atherosclerotic disease – from lipids to vascular biology. Atherosclerosis 1999; 147 (suppl 1): S3–S10. 3 Rabbani R, Topol EJ. Strategies to achieve coronary arterial plaque stabilization. Cardiovasc Res 1999; 41: 402–417. 4 Davies MJ, Ho SY. Atherosclerosis: the process. In: Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998: 23–61. 5 Kinlay S, Ganz P. Role of endothelial dysfunction in coronary artery disease and implications for therapy. Am J Cardiol 1997; 80: 11I–16I. Avventizia VSMCs nella media (fenotipo “Contrattile”)
Placca Aterosclerotica stabile Slide 11: The stable atherosclerotic plaque Placca Aterosclerotica stabile This slide depicts a stable atherosclerotic plaque with a thick fibrous cap. Note the uniformity of the cap’s density, with no notable thinning at its ends (the ‘shoulders’ of the plaque). It is at these shoulder regions of the plaque that shear stresses are known to be greatest and rupture most commonly occurs1–3. Plaques of this nature may grow to a considerable size without necessarily causing significant narrowing of the arterial lumen. Thus, in spite of their size, it is possible for large atherosclerotic plaques to be asymptomatic and undetectable by angiography. This is facilitated by vascular remodelling, whereby the affected artery increases its external diameter in order to accommodate the growing lesion without notably reducing the dimensions of the lumen4. It is estimated that vascular remodelling can afford an increase in total arterial cross-sectional area of up to 40%5. However, the degree of remodelling that can be achieved varies considerably from patient to patient, and even between arterial segments in the same patient4. Thus, while effective vascular remodelling is a major factor in avoiding the development of arterial stenosis in some patients with atherosclerosis, inadequate compensatory dilatation may contribute to occlusion of the arterial lumen in others. Vascular remodelling can enable significant plaque growth without notable narrowing of the arterial lumen Effective remodelling may be a major factor in the prevention of arterial occlusion in patients with atherosclerosis References 1 Rabbani R, Topol EJ. Strategies to achieve coronary arterial plaque stabilization. Cardiovasc Res 1999; 41: 402–417. 2 Kristensen SD, Ravn HB, Falk E. Insights into the pathophysiology of unstable coronary artery disease. Am J Cardiol 1997; 80: 5E–9E. 3 Falk E, Shah PK, Fuster V. Coronary plaque disruption. Circulation 1995; 92: 657–671. 4 Glasgov S, Weisenberg E, Zarius C et al. Compensatory enlargement of human atherosclerotic coronary arteries. N Engl J Med 1987; 316: 371–375. 5 Davies MJ, Ho SY. Stable angina. In: Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998: 107–151. Cappa fibrosa, spessa ricca di VSMC
Placca aterosclerotica vulnerabile Slide 16: The vulnerable atherosclerotic plaque Core Lipidico As discussed in Slide 11, a number of characteristic features are associated with stable atherosclerotic plaques. Plaques that are considered vulnerable and at high risk of rupture are similarly associated with specific characteristics. These include: A lipid core that exceeds 40% of the total volume of the plaque1 A high infiltration of macrophage and T-lymphocyte cells2,3 A thin, friable fibrous cap with a reduced collagen and VSMC content1 Increased circumferential wall stress on the fibrous cap2,3. While vulnerable plaques are believed to account for only 10–20% of all coronary lesions, it has been suggested that they may be responsible for as many as 80–90% of acute clinical events4. Characteristic features of atherosclerotic plaques that are vulnerable to rupture include: a large lipid core, a high infiltration of inflammatory cells, a thin, friable fibrous cap in which the concentrations of collagen and VSMCs are reduced, and increased circumferential wall stress on the fibrous cap Vulnerable plaques account for a comparatively small proportion of all coronary lesions, but are responsible for the vast majority of acute clinical events References 1 Davies MJ, Ho SY. Atherosclerosis: the process. In: Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998: 23–61. 2 Rabbani R, Topol EJ. Strategies to achieve coronary arterial plaque stabilization. Cardiovasc Res 1999; 41: 402–417. 3 Lendon CL, Davies MJ, Born GVR, Richardson PD. Atherosclerotic plaque caps are locally weakened when macrophage density is increased. Atherosclerosis 1991; 87: 87–90. 4 Vaughan CJ, Murphy MB, Buckley BM. Statins do more than just lower cholesterol. Lancet 1996; 348: 1079–1082. Avventizia
Aterosclerosi avanzata Slide 17: Advanced atherosclerosis Aterosclerosi avanzata VSMCs intimali “invecchiano” Macrofagi attivati inducono l’apoptosi delle VSMC intimali e degradano la matrice della cappa fibrosa In advanced atherosclerosis, there is a high risk of rupture of vulnerable plaques. A number of factors contribute to this risk, including the infiltration of large numbers of inflammatory cells – particularly macrophages1,2. Activated macrophages not only structurally weaken the fibrous cap of the plaque but also induce VSMC apoptosis3,4, thus reducing the capacity for plaque repair. Early senescence and slowed proliferation of intimal VSMCs are further features of advanced atherosclerosis that promote plaque instability and rupture, rather than repair1,5. The risk of rupture of vulnerable plaques is high in advanced atherosclerosis Factors such as high levels of macrophage infiltration, and slowed proliferation and enhanced early senescence of VSMCs contribute to this increased risk of plaque disruption References 1 Rabbani R, Topol EJ. Strategies to achieve coronary arterial plaque stabilization. Cardiovasc Res 1999; 41: 402–417. 2 Lendon CL, Davies MJ, Born GVR, Richardson PD. Atherosclerotic plaque caps are locally weakened when macrophage density is increased. Atherosclerosis 1991; 87: 87–90. 3 Davies MJ, Ho SY. Atherosclerosis: the process. In: Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998: 23–61. 4 Weissberg P. Mechanisms modifying atherosclerotic disease – from lipids to vascular biology. Atherosclerosis 1999; 147 (suppl 1): S3–S10. 5 Bennett MR, Macdonald K, Chan S et al. Cooperative interactions between RB and p53 regulate cell proliferation, cell senescence, and apoptosis in human vascular smooth muscle cells from atherosclerotic plaques. Circ Res 1998; 82: 704–712.
Verso la rottura di placca Slide 18: Towards plaque rupture Verso la rottura di placca Macrofagi uccidono le VSMCs e degradano la matrice lipid core Core Lipidico The coincidence of high infiltrations of macrophages with sites of atherosclerotic plaque rupture1–4 provides supporting evidence for the active participation of these inflammatory cells in plaque disruption. Mechanical tests carried out on plaque fibrous caps have confirmed that the infiltration of macrophage-derived foam cells does, indeed, result in local tensile strength reduction within the cap5. This cap weakening is not only a direct effect of the physical disruption of the collagen network by the infiltration of inflammatory cells, but also reflects the active participation of inflammatory cells in the destruction of both the constituent materials of the fibrous cap and of the VSMCs that are responsible for their production. Furthermore, intimal VSMCs themselves have a greater propensity to senescence and apoptosis, and a lower rate of proliferation, than their medial counterparts6, additional factors that seem to tip the balance in favour of plaque rupture rather than repair. Inflammatory cell infiltration reduces local tensile strength in the fibrous cap Inflammatory cells are active participants in the destruction of both the extracellular matrix from which the cap is constructed, and the VSMCs that produce and maintain the cap The above factors, combined with the slowed proliferation, increased apoptosis and early senescence of intimal VSMCs, favour plaque rupture rather than repair References 1 Shah PK. New insights into the pathogenesis and prevention of acute coronary syndromes. Am J Cardiol 1997; 79: 17–23. 2 Ross R, Fuster V. The pathogenesis of atherosclerosis. In: Fuster V, Ross R, Topol E. Atherosclerosis and Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1996: 441–460. 3 Kristensen SD, Ravn HB, Falk E. Insights into the pathophysiology of unstable coronary artery disease. Am J Cardiol 1997; 80: 5E–9E. 4 Falk E, Shah PK, Fuster V. Coronary plaque disruption. Circulation 1995; 92: 657–671. 5 Lendon CL, Davies MJ, Born GVR, Richardson PD. Atherosclerotic plaque caps are locally weakened when macrophage density is increased. Atherosclerosis 1991; 87: 87–90. 6 Bennett MR, Macdonald K, Chan S et al. Cooperative interactions between RB and p53 regulate cell proliferation, cell senescence, and apoptosis in human vascular smooth muscle cells from atherosclerotic plaques. Circ Res 1998; 82: 704–712. Avventizia
Slide 21: Unstable coronary artery disease (I) Rottura della Placca Aterosclerotica (I) CAD instabile Slide 21: Unstable coronary artery disease (I) Piastrine si aggregano nel punto di rottura/erosione Core Lipidico The term ‘unstable coronary artery disease’ (UCAD) encompasses the coronary syndromes of UA and non-Q-wave myocardial infarction (NQMI)1. Symptoms almost invariably arise from the disruption or erosion of an atherosclerotic plaque, which allows circulating blood to contact the lesion and its highly thrombogenic, lipid-rich core. The resulting sequence of events leads to the adhesion and aggregation of platelets at the site of rupture, and the subsequent formation of a partially occlusive, platelet-rich, ‘white’ thrombus1–3. While plaque disruption and subsequent thrombosis may be symptomatic, giving rise to ischaemia, it has been observed that these events frequently occur silently4. UCAD encompasses the coronary syndromes of UA and NQMI The underlying pathology of UCAD involves atherosclerotic plaque rupture, with the subsequent formation of a platelet- rich, ‘white’ thrombus References 1 Campbell RWF, Wallentin L, Verheugt FWA et al. Management strategies for a better outcome in unstable coronary artery disease. Clin Cardiol 1998; 21: 314–322. 2 Davies MJ. The pathophysiology of ischaemic heart disease. In: Weatherall DJ, Ledingham JGG, Warrell DA. Oxford Textbook of Medicine, 3rd Edn. Oxford Medical Publications, Oxford, UK, 1996; 2: 2318–2321. 3 Giri S, Waters DD. Pathophysiology and initial management of the acute coronary syndromes. Curr Opin Cardiol 1996; 11: 351–360. 4 Davies MJ, Ho SY. The acute ischemic syndromes and coronary disease progression. In: Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998: 63–106. Reprinted from Weissberg PL. Antianginal medication. In: Schofield PM (ed) Angina Pectoris in Clinical Practice, 1999, with permission from Martin Dunitz Ltd Avventizia Weissberg, 1999
Slide 22: Unstable coronary artery disease (II) Formazione del Trombo che si estende nel lume Rottura della Placca Aterosclerotica (II) - CAD instabile Slide 22: Unstable coronary artery disease (II) Trombo Core Lipidico The formation of a platelet-rich, ‘white’ thrombus is the primary physiological response to rupture of an atherosclerotic plaque. If the initial disruption of the plaque is superficial, the thrombus formed will be mural and, thus, relatively easily displaced1. In such cases, plaque healing and growth will ensue, and the thrombotic episode will pass either silently or with transient symptoms. Whether the attack is diagnosed as an episode of UA or NQMI will depend upon the duration and extent of occlusion caused by the thrombus: occlusion that is either partial or intermittent gives rise to the symptoms of UA, whereas NQMI is the result of either a more persistent partial occlusion or total occlusion in combination with collateral blood flow2,3. Regardless of the precise diagnosis, patients are at particularly high risk of recurrent events following an acute episode of UCAD4. The symptoms of UCAD arise from partial occlusion of the arterial lumen by the primary platelet-rich thrombus Unless adequately treated, patients with UCAD are at high risk of recurrence of acute events References 1 Ross R, Fuster V. The pathogenesis of atherosclerosis. In: Fuster V, Ross R, Topol E. Atherosclerosis and Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1996: 441–460. 2 Spinler SA, Nawarskas JJ. Low-molecular-weight heparins for acute coronary syndromes. Ann Pharmacother 1998; 32: 103–110. 3 Turpie AGG. Low-molecular-weight heparins and unstable angina – current perspectives. Haemostasis 1997; 27 (suppl 1): 19–24. 4 Wallentin L, Husted S, Kontny F et al. Long-term low-molecular-weight heparin (Fragmin) and/or early revascularization during instability in coronary artery disease (the FRISC II Study). Am J Cardiol 1997; 80: 61E–63E. Avventizia
Placca aterosclerotica instabile Slide 23: The unstable atherosclerotic plaque Placca aterosclerotica instabile Cappa fibrosa sottile, rotta con trombo Both images reproduced in this slide* depict an unstable atherosclerotic plaque, in which the fibrous cap has previously ruptured and is now overlaid with thrombotic material1,2. As discussed earlier, plaque rupture tends to occur at those regions where the infiltration of inflammatory cells3–6 and mechanical stresses on the fibrous cap are greatest – usually the shoulders of the plaque7,8. In the left hand image, dense macrophage infiltration is visible directly beneath the part of the cap that was subject to rupture and is now overlaid with thrombus. Note also the thinness of the fibrous cap – clearly apparent in both images. These images demonstrate that plaque rupture is not determined by size or degree of stenosis: the ruptured lesion depicted on the right is comparatively small and, with the cap intact, would barely extend into the arterial lumen. This is further underlined by the observation that 60–70% of all ACS events evolve from plaques that produce arterial stenosis of less than 50%9. Plaque rupture tends to occur at those points where inflammatory cell infiltration is highest and mechanical stresses are greatest – usually the shoulder regions of the plaque The likelihood of plaque rupture is not determined by size or degree of stenosis: 60–70% of all ACS events are caused by rupture of a plaque that produces less than 50% stenosis References 1 Boyle JJ. Association of coronary plaque rupture and atherosclerotic inflammation. J Pathol 1997; 181 (1): 93–99. 2 Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998 (Figure 3-23): 81. 3 Libby P. Molecular bases of the acute coronary syndromes. Circulation 1995; 91: 2844–2850. 4 Shah PK. New insights into the pathogenesis and prevention of acute coronary syndromes. Am J Cardiol 1997; 79: 17–23. 5 Ross R, Fuster V. The pathogenesis of atherosclerosis. In: Fuster V, Ross R, Topol E. Atherosclerosis and Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1996: 441–460. 6 Falk E, Shah PK, Fuster V. Coronary plaque disruption. Circulation 1995; 92: 657–671. 7 Rabbani R, Topol EJ. Strategies to achieve coronary arterial plaque stabilization. Cardiovasc Res 1999; 41: 402–417. 8 Kristensen SD, Ravn HB, Falk E. Insights into the pathophysiology of unstable coronary artery disease. Am J Cardiol 1997; 80: 5E–9E. 9 Giri S, Waters DD. Pathophysiology and initial management of the acute coronary syndromes. Curr Opin Cardiol 1996; 11: 351–360. *Boyle JJ. Association of coronary plaque rupture and atherosclerotic inflammation. J Pathol 1997; 181 (1): 93–99 Reproduced by permission of John Wiley & Sons Limited. *Image of ruptured lesion supplied by Professor Michael J Davies, British Heart Foundation Cardiovascular Pathology Unit, St George’s Hospital Medical School, London, UK Boyle et al, 1997
Crescita della Placca Trombo in risoluzione Slide 24: Plaque growth Crescita della Placca Trombo in risoluzione Sito di precedente rottura di placca Reclutamento di nuove VSMCs Core Lipidico Plaque rupture is a common, but frequently clinically silent, complication in atherosclerosis1. Nevertheless, by way of its secretion of substances such as PDGF, basic fibroblast growth factor (BFGF) and transforming growth factor-ß (TGF-ß), the platelet-rich intraplaque thrombus formed when blood enters the lipid-rich core is a potent stimulus for VSMC proliferation and matrix synthesis2,3. Thus, any residual thrombotic material will invoke a new cycle of vigorous VSMC proliferation, collagen synthesis and plaque repair1,4. Such cycles of plaque rupture, thrombus formation, natural lysis and subsequent VSMC-driven repair may represent a major pathway for the progression of atherosclerotic lesions2,5. While this process ultimately restores stability to the disrupted plaque, it also increases the size of the lesion and may even lead to occlusion of the arterial lumen. Plaque rupture is a common, but frequently clinically silent, complication in atherosclerosis The platelet-rich thrombus formed in response to plaque rupture is a potent stimulus for VSMC proliferation, and any residual thrombotic material will invoke a new cycle of VSMC proliferation, collagen synthesis and plaque repair Such cycles of rupture and repair may represent a major pathway for atherosclerotic plaque growth References 1 Davies MJ, Ho SY. The acute ischemic syndromes and coronary disease progression. In: Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998: 63–106. 2 Cimminiello C, Toschi V. Atherothrombosis: the role of platelets. Eur Heart J 1999; 1 (suppl A): A8–A13. 3 Prentice CRM. Platelets and atherosclerosis. Eur Heart J 1999; 1 (suppl A): A3–A7. 4 Weissberg P. Mechanisms modifying atherosclerotic disease – from lipids to vascular biology. Atherosclerosis 1999; 147 (suppl 1): S3–S10. 5 Libby P. Molecular bases of the acute coronary syndromes. Circulation 1995; 91: 2844–2850. Reprinted from Weissberg PL. Atherosclerosis involvement: more than just lipids – plaque dynamics. Eur Heart J 1999; 1 (suppl T): T13–T18, by permission of the publisher W.B. Saunders Company Avventizia
Placca aterosclerotica cicatrizzata Slide 25: The healed atherosclerotic plaque Placca aterosclerotica cicatrizzata As illustrated in this slide, repair of the ruptured cap of an atherosclerotic lesion can be effected with little or no additional encroachment into the arterial lumen1. The plaque shown here* still incorporates some residual thrombotic material, but a mass of new extracellular matrix material can be seen beginning to repair the rupture and replace the gap left by the lysed thrombus. Reference 1 Davies MJ, Ho SY. The acute ischemic syndromes and coronary disease progression. In: Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998: 63–106. *Image supplied by Professor Michael J Davies, British Heart Foundation Cardiovascular Pathology Unit, St George’s Hospital Medical School, London, UK Davies and Ho, 1998
Placca aterosclerotica rotta dopo fibrinolisi Slide 26: The ruptured atherosclerotic plaque following fibrinolysis Placca aterosclerotica rotta dopo fibrinolisi The image reproduced here* is of an arterial lumen following fibrinolytic removal of an occlusive thrombus. Such fibrinolysis may occur naturally or following medical treatment, and has been observed to be most successful when directed towards thrombotic material contained within the arterial lumen, rather than intraplaque thrombi1. Residual thrombus is clearly visible within the core of the plaque shown here, on the right-hand-side of the lumen. Also, note the hole in the fibrous cap, indicated by the down-pointing arrow. With such an ineffective barrier between the lipid-rich core and the intraluminal blood flow, the risk of a recurrence of thrombotic events is very high. Studies have shown that, when myocardial perfusion is restored by means of fibrinolysis following the rupture of an atherosclerotic plaque, the culprit lesion remains at high risk of recurrent thrombotic occlusion for some weeks after the initial event1. Fibrinolysis yields greater success when targeted towards thrombotic material contained within the arterial lumen than towards intraplaque thrombi Unless the plaque cap is adequately repaired, residual thrombotic material is associated with a high risk of recurrent thrombotic events and arterial occlusion for some weeks after the initial event Reference 1 Davies MJ, Ho SY. The acute ischemic syndromes and coronary disease progression. In: Davies MJ, Ho SY. Atlas of Coronary Artery Disease. Lippincott-Raven, Philadelphia, USA, 1998: 63–106. *Image supplied by Professor Michael J Davies, British Heart Foundation Cardiovascular Pathology Unit, St George’s Hospital Medical School, London, UK Davies and Ho, 1998
Fattori di rischio per coronaropatia aterosclerotica FATTORI CONDIZIONALI Ipertrigliceridemia LDL piccole Iperomocisteinemia Lpa) Fattori protrombotici (es. fibrinogeno) Markers infiammatori (es. Proteina C-reattiva) FATTORI MAGGIORI INDIPENDENTI Fumo* Ipertensione arteriosa* Ipercolesterolemia* Bassi livelli di colesterolo HDL* Diabete mellito* Età Associati con aumentato rischio CV sebbene il loro contributo indipendente deve essere ancora dimostrato. FATTORI PREDISPONENTI Obesità Aumento della circonferenza vita Sedentarietà Familiarità di eventi in età precoce Caratteristiche etniche Fattori psicosociali Forte associazione indipendente con la malattia coronarica e dimostrato beneficio dalle loro trattamento sugli eventi (*) L’American Heart Association ha classificato i fattori di rischio cardiovascolare in tre gruppi: quelli maggiori, che presentano una forte associazione indipendente con la malattia coronarica e di cui è stato dimostrato il beneficio sulla riduzione degli eventi a seguito del loro trattamento (con l’ovvia eccezione dell’età) I fattori condizionali si associano ad un aumentato rischio sebbene il loro contributo indipendente debba essere ancora dimostrato, mentre i fattori predisponenti si associano frequentemente e peggiorano quelli maggiori. Peggiorano i fattori di rischio independenti Grundy SM, Circulation 1998
Fattori di rischio per coronaropatia aterosclerotica (“CLASSICI”) FATTORI GENETICI: Sesso Familiarità Genetica in senso stretto FATTORI TEMPORALI: Età FATTORI COMPORTAMENTALI: Fumo Inattività Fisica FATTORI MISURABILI: Ipertensione Arteriosa Ipercolesterolemia Tot. Bassi valori HDL Ipertrigliceridemia LDL piccole e dense Iperuricemia Diabete Mellito Obesità Insulino-resistenza Microalbuminuria
Fattori di rischio per coronaropatia aterosclerotica (“EMERGENTI”) FATTORI GENETICI: Allele epsilon 4 apo E FATTORI MISURABILI: Iperomocistinemia Alti valori di Lp(a) Deficit di estrogeni Iperfibrinogenemia Alti valori di Fattore VII Iperviscosità sangue Alti valori di PAI-1 Leucocitosi Alti valori PCR Clamydia Pneumoniae Helicobacter Pylori
I FATTORI DI RISCHIO PER MALATTIE CARDIOVASCOLARI SI DIVIDONO IN DUE GRUPPI: Modificabili Ipertensione arteriosa Colesterolemia e lipidi D.M. e glicemia Fumo Obesità Sedentarietà Stress Non modificabili Età Sesso
IPERTENSIONE ARTERIOSA
L’IPERTENSIONE ARTERIOSA CONCLAMATA IN ITALIA E’ UN PROBLEMA CHE COLPISCE IN MEDIA: 33% degli uomini 31% delle donne
DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI LIVELLI DI PRESSIONE ARTERIOSA Categoria Ottimale Normale Normale alta Ipertensione di grado I (lieve) Ipertensione di grado II (moderata) Ipertensione di grado III (severa) Ipertensione sistolica isolata Sistolica (mmHg) < 120 120 – 129 130 – 139 140 – 159 160 – 179 > 180 > 140 Diastolica (mmHg) < 80 80 – 84 85 – 89 90 – 99 100 – 109 ≥ 110 < 90
IPERTENSIONE ARTERIOSA I livelli di pressione arteriosa sono correlati al rischio di patologia cardiovascolare in modo continuativo e ogni definizione di ipertensione è arbitraria In pazienti con ipertensione lieve il rischio di malattia cardiovascolare è determinato non solo dai livelli di pressione arteriosa, ma anche dalla presenza e dall’entità di altri fattori di rischio Modernamente si ritiene non corretto valutare il rischio cardiaco di un paziente in modo assoluto, su un singolo fattore di rischio, a prescindere da altre condizioni che lo possono modificare in un senso o nell’altro: uno stato ipertensivo nel giovane è sicuramente più pericoloso che in un anziano, in quanto l’aspettativa di vita è più lunga per il primo, esposto più precocemente a questo fattore di rischio. Il paziente va quindi indagato sulle abitudini di vita (fumo, obesità, sedentarietà), così come su altre patologie altrettanto invalidanti quali diabete, ipercolesterolemia, etc.)
I FATTORI CHE FAVORISCONO L’EVOLUZIONE DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELL’IPERTESO SONO: Fattori emodinamici: Pressione intraluminale La velocità di flusso (le turbolenze ematiche) Lesioni endoteliali Fattori metabolici: Aumento di proteine fibrose nella tunica media Alterata permeabilità endoteliale Migrazione e proliferazione di cellule muscolari lisce che concorrono alla formazione della placca
IPERCOLESTEROLEMIA
Colesterolo LIPOPROTEINE LDL HDL Proteine Colesterolo Attraversano la parete arteriosa e si accumulano nella placca aterosclerotica Contribuiscono a rimuovere il colesterolo dalla placca aterosclerotica ed hanno un’azione protettiva Noi assumiamo con l’alimentazione una quantità variabile di grassi. Parte di questi grassi (in particolare i grassi animali) è ricca di colesterolo. I grassi, come la maggior parte delle sostanze nutritive ingerite, superano la barriera dell’intestino e vengono trasportati al fegato. Quest’ultimo svolge un ruolo chiave nel modificare queste sostanze per renderle utili all’individuo. In particolare, il fegato provvede all’unione di gocce di colesterolo con alcune proteine che le racchiudono a mo’ di involucro. L’unione del colesterolo e delle proteine porta alla formazione di lipoproteine che si ritrovano nel sangue e contengono pertanto colesterolo. Va fatta una netta distinzione tra le due principali forme di lipoproteine contenenti colesterolo. Infatti una lipoproteina che viene chiamata LDL (dall’inglese “low density lipoprotein”) contiene il colesterolo “cattivo”. Infatti le lipoproteine LDL attraversano facilmente la parete arteriosa e si accumulano nelle placca aterosclerotica. Le lipoproteine LDL all’interno delle placca sono suscettibili di ulteriori modificazioni. In particolare, l’ossidazione (una complessa reazione chimica) modifica le caratteristiche fisico-chimiche delle lipoproteine e le rende particolarmente irritanti così da scatenare una reazione infiammatoria locale che contribuisce alla formazione della placca aterosclerotica. La lipoproteina HDL (dall’inglese “high density lipoprotein”), viceversa, contribuisce a rimuovere il colesterolo dalla placca aterosclerotica ed ha pertanto un’azione protettiva. Inoltre la lipoproteina HDL, grazie alla presenza di alcuni enzimi in essa contenuti, limita l’ossidazione delle lipoproteine LDL. COLESTEROLO CATTIVO COLESTEROLO BUONO 80
Colesterolo COLESTEROLO LDL COLESTEROLO HDL Valori plasmatici devono essere inferiori a 130 mg/dl Valori plasmatici devono essere superiori a 40 mg/dl nell’uomo superiori a 50 mg(dl nella donna Risulta pertanto ovvio che, a parità di livelli di colesterolemia, sia importante capire quali lipoproteine contenenti colesterolo siano aumentate. In effetti, l’associazione tra livelli elevati di colesterolemia ed il rischio d’infarto è determinato dai livelli di colesterolo contenuto nelle lipoproteine LDL (colesterolo LDL). I valori di colesterolo contenuto nelle lipoproteine HDL (colesterolo HDL), invece sono associati ad un rischio più basso di sviluppare infarto negli anni e sono, in media, più elevati nei giovani, nelle donne e negli sportivi. Queste considerazioni sono alla base delle attuali strategie di prevenzione del rischio d’infarto che hanno come obiettivo principale quello di ridurre i livelli di colesterolo LDL (“cattivo”) e di aumentare quelli di colesterolo HDL (“buono”). 81
Valori “normali” secondo NCEP, National Cholesterol Educatio Program ,ATP III Colesterolo totale (CT): <200 mg/dl. Colesterolo LDL (LDL-C): <160 mg/dl (in soggetti altrimenti sani); <130 mg/dl (in soggetti con più di due fattori di rischio cardiovascolare); <100 mg/dl (in soggetti già interessati da lesioni vascolari, diabetici o affetti da sindrome metabolica). Colesterolo HDL (HDL-C): >40 mg/dl. Se alto è protettivo!
TRIGLICERIDI <200 mg/dl (in soggetti altrimenti sani); <150 mg/dl (in soggetti con altri fattori di rischio lipidici). Importanti in pazienti con concomitante ipercolesterolemia e/o diabetici. Apolipoproteina B (ApoB): <130 mg/dl. In genere proporzionale all’LDL-C. Apolipoproteina A (ApoA): >130 mg/dl. In genere proporzionale all’HDL-C. Lipoproteina (a) : <30 mg/dl. Importante: può essere elevata anche a colesterolemia normale!
CAUSE Dietetiche Condizioni parafisiologiche: gravidanza, menopausa. Patologie concomitanti: ipotiroidismo, insufficienza renale cronica (compreso il trapianto), alcune patologie epatiche ed ematologiche. Primitive: ereditate come malattie o sviluppate per predisposizione genetica E’ poi da ricordare una particolare ipercolesterolemia genetica definita iperlipoproteinemia familiare combinata, presente in circa il 40 per cento degli affetti da infarto miocardio precoce. I pazienti affetti da questa patologia hanno spesso valori di colesterolemia e/o trigliceridemia molto variabili che fanno sì che l’ipercolesterolemia venga spesso attribuita a cause alimentari e quindi non trattata farmacologicamente
Come ridurre il colesterolo Modificare le abitudini alimentari: eliminare o almeno limitare i cibi ricchi di colesterolo (uova, latte intero, carne, formaggi) e l’assunzione di alcool Praticare regolarmente attività fisica aerobica: permette di incrementare i livelli di colesterolo HDL, ridurre il sovrappeso ed i livelli di colesterolo LDL Qualora queste modificazioni dello stile di vita non siano soddisfacenti nel ridurre la concentrazione di colesterolo LDL nel sangue ai valori desiderati, in particolare se il rischio globale d’infarto è elevato (come è il caso per esempio in un paziente con infarto precedente), diventa necessario un trattamento farmacologico. Trattamento farmacologico: se le misure precedenti non sono soddisfacenti nel ridurre la concentrazione di colesterolo LDL ai valori desiderati, in particolare se il rischio globale d’infarto è elevato 85
DIABETE
RUOLO DEL DIABETE NELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA Il diabete è uno dei più importanti fattori di rischio della cardiopatia ischemica (CHD). In un recente studio(studio DAI) è stato analizzato il rapporto tra diabete di tipo2 e CHD. E’ stato studiato un campione di 8200 pz di età compresa tra 40 e 74 anni senza complicanze cardiovascolari.Sono state usate 3 formule derivate dal Framingham Heart Study:FHS, JETR,RSC.
DIABETE: DATI EPIDEMIOLOGICI RELATIVI ALL’ITALIA Il valore medio della glicemia a digiuno nella popolazione italiana è di 93mg/dl per gli uomini e 87mg/dl nelle donne. Il 9% degli uomini e il 6% delle donne è diabetico (glicemia uguale o superiore a 126mg/dl). Il 9% degli uomini e il 5% delle donne è in una condizione di rischio (intolleranza al glucosio),con il valore della glicemia compreso fra 110 e 125mg/dl. Il 23% degli uomini e delle donne è affetto da sindrome metabolica.
FUMO
FUMO DI SIGARETTA Effetti del fumo sull’apparato cardiovascolare: ACUTI: alterazioni emodinamiche: aumento della frequenza cardiaca e della resistenza delle arterie.Conseguentemente aumenta la contrattilità del muscolo cardiaco e la sua domanda di ossigeno. Ciò abbassa la soglia dell’ischemia. A LUNGO TERMINE: effetto sull’attività dell’endotelio dei vasi arteriosi: il fumo, attraverso meccanismi non completamente chiariti, impedisce il normale funzionamento dell’endotelio, facendo perno sulla degradazione dell’ossido nitrico prodotto dalla cellule endoteliali,aprendo la strada all’aterosclerosi.
Componenti dannosi (circa 4000) del fumo, ecco alcuni esempi : Nicotina Dipendenza Aumento della frequenza cardiaca Difficoltà circolatorie Monossido di Carbonio Minor nutrimento per i tessuti Sangue meno ossigenato Ingiallimento della pelle Caduta dei capelli Invecchiamento precoce Ridotta capacità respiratoria Sostanze irritanti Accumulo di muco nei bronchi Bronchite cronica Enfisema Benzopirene e altre sostanze cancerogene Aumentato rischio di cancro Polveri fini L'insieme delle polveri fini è chiamato Il PM10 (particulate matter). Sono altamente cancerogene. Le sostanze dannose reponsabili dei danni all'apparato circolatorio sono soprattutto: OSSIDO DI CARBONIO E NICOTINA , che accelerano la formazione delle placche aterosclerotiche nei vasi sanguigni, elevando il rischio di INFARTO DEL MIOCARDIO e ICTUS.
FUMO PASSIVO E’ la risultanza del fumo espirato dal fumatore attivo sommato al fumo prodotto dalla combustione lenta e imperfetta (400-500°C) della sigaretta lasciata bruciare nel portacenere o in mano fra un tiro e l'altro. Un non fumatore a 50 cm di distanza da una sigaretta accesa può inalare sostanze tossiche in quantità 10 volte maggiore di quella inalata dal fumatore stesso. In pratica circa 2/3 del tabacco fumato è fumo passivo. E' essenziale quindi, per ridurre il rischio legato all'esposizione passiva di fumo di tabacco, arieggiare gli ambienti chiusi il più possibile. E' stato stimato che mogli non fumatrici che vivono con fumatori, aumentano del 20-30% il rischio di morte per ischemia miocardica. Negli USA sono valutati in 62.000 i decessi per cardiopatia ischemica causata da fumo passivo.
SEDENTARIETA’ In Italia, in media, il 34% degli uomini e il 46% delle donne non svolge alcuna attività fisica durante il tempo libero.
OBESITA’ In media in Italia il 18% degli uomini e il 22% delle donne è obeso. La circonferenza vita è in media pari a 95 cm per gli uomini e 85 cm per le donne; la circonferenza fianchi è di 101 cm per gli uomini e per le donne. Secondo le linee guida europee la circonferenza vita non dovrebbe superare i 102 cm negli uomini e gli 88 cm nelle donne.
Circonferenza addominale Il Rischio dipende dal grado di obesità e dalla localizzazione del grasso: il rischio di morte per patologia cardiovascolare è direttamente correlato alla circonferenza addominale, che a sua volta è correlato alla quantità di grasso periviscerale. Circonferenza addominale Uomini Donne Alerting zone >94 cm >80 cm Action level >102 cm >88 cm
In particolare il grasso intra addominale è strettamente correlato alla così detta SINDROME METABOLICA diagnosticabile per la presenza di almeno 3 tra i seguenti indicatori:
SINDROME METABOLICA Alterazioni del metabolismo glicidico e lipidico (glicemia superiore a 110 mg, trigliceridemia superiore a 150 mg/dl, colesterolo HDL < a 50 negli uomini e 40 nelle donne) Obesità viscerale (adiposità viscerale con valori della circonferenza addominale superiori a cm 88 nella donna e cm 120 nell’uomo) Ipertensione arteriosa (valori pressori superiori a 130/80 mmHg)
La sindrome metabolica è il più diffuso fattore di rischio cardiovascolare nel mondo occidentale. Il valore del BMI e la circonferenza vita sono predittivi di rischio per patologie metaboliche, vascolari ed oncologiche.
Aumento del rischio di mortalità per classi di obesità Classe di obesità BMI Rischio sottopeso 18.5 Basso normale 18.5-24.9 Nessuno sovrappeso 25.0-29.9 Aumentato obesità moderata I 30-34.9 Elevato obesità severa II 35-39.9 Molto elevato obesità III >40 Estremamente elevato
Rischio relativo Circonferenza vita Aumento del rischio relativo per circonferenza vita nelle diverse classi di obesità Definizione BMI Kg/m2 Classe di obesità Rischio relativo Circonferenza vita U<102 cm U>102 cm D<88 cm D>88 cm Sottopeso <18.5 Normopeso 18.5-24.9 Aumentato Sovrappeso 25.0-29.9 Alto Obesità 30.0-34.9 I Molto alto 35.0-39.9 II >40 III Estremamente alto
Valutazione del rischio cardiovascolare in presenza di più fattori di rischio Altri fattori di rischio e storia clinica Pressione arteriosa (mmHg) Grado 1 Grado 2 Grado 3 Ipertensione lieve PAS 140-159 PAD 90-99 Ipertensione moderata PAS 160-179 PAD 100-109 Ipertensione severa PAS>180 PAD>110 Nessun altro fattore di rischio RISCHIO BASSO RISCHIO MEDIO RISCHIO ELEVATO 1-2 fattori di rischio RISCHIO MOLTO ELEVATO 3 o più fattori o danno d’organo o diabete mellito Patologie associate
STRESS È ormai accertato che lo stress psichico o emotivo può provocare l'insorgenza di eventi ischemici coronarici conclamati e di morte improvvisa di soggetti a rischio. Risposte allo stress particolarmente pericolose per la salute sia fisica che psichica sono riscontrabili in soggetti portati a lottare per ottenere sempre il più possibile nel più breve tempo possibile, a interpretare e vivere qualsiasi occasione come una sfida da vincere a tutti i costi. Questi soggetti, il cui comportamento è detto "di tipo A“ , sono soggetti a un rischio di cardiopatia ischemica 2-3 volte superiore rispetto a quello di soggetti più calmi, che vivono in modo più rilassato e meno competitivo (comportamento "di tipo B").
Cause “non aterosclerotiche” di angina instabile provocata da da “mismatch” tra perfusione e funzione: Aumento delle richieste di O2 Ridotto apporto di O2 • Anemia • Ipossiemia • Policitemia • Febbre • Tachiaritmie • Ipertensione maligna • Tireotossicosi • Feocromocitoma • Cocaina • Anfetamine • Stenosi aortica • Cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva • Shunt artero-venosi • Sindrome da alta gittata • Scompenso cardiaco congestizio
Interazione moltiplicativa fra fattori di rischio Uomini Donne Probabilità a 10 anni di malattia coronarica(%) 10 20 Ipertensione + + + + + + Colesterolo HDL – + + + + + Colesterolo totale – – + + + + Fumo di sigaretta – – – + + + Diabete – – – – + + Ipertrofia ventr. sin. (LVH) – – – – – + 40 30 50 Probabilità media per gli uomini Probabilità media per le donne Ogni fattore ha un suo peso specifico nel determinare lo sviluppo della malattia aterosclerotica, ma la somma di più fattori porta la curva ad assumere un andamento esponenziale. Risulta quindi fondamentale agire in maniera preventiva al fine di ottenere la riduzione dei fattori di rischio ed è inoltre evidente come sia importante l’eliminazione anche di un singolo fattore per rallentare lo sviluppo della coronaropatia. Kannel WB. Potency of vascular risk factors as the basis for antihypertensive therapy. Eur Heart J 1992;13(suppl G):34-42 Kannel WB. Am J Cardiol 2000;85:251-255
Interazione moltiplicativa fra fattori di rischio Incidenza di IMA/1000 (n) 60 80 120 20 140 Nessuno 100 Solo ipertensione Solo diabete Ipertensione + diabete Iperlipidemia Iperlipidemia + ipertensione e/o diabete 6 40 14 15 48 96 114 Anche nel considerare l’incidenza degli infarti miocardici, risulta evidente come la coesistenza di più fattori di rischio risulti fondamentale nel determinare l’aumento dell’incidenza della malattia. Per esempio, la presenza di una iperlipemia in un gruppo di pazienti già affetti da ipertensione arteriosa e diabete raddoppia l’incidenza degli IMA. Assmann G, Schulte H. The Prospective Cardiovascular Munster (PROCAM) Study: prevalence of hyperlipidemia in persons with hypertension and/or diabetes mellitus and the relationship to coronary heart disease. Am Heart J 1988;116:1713-1724
I fattori di rischio non modificabili
FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI FATTORI DI RISCHIO PARZIALMENTE MODIFICABILI FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI Età Ipertensione arteriosa Fumo di sigarette Sesso Diabete Mellito Abuso di alcool Fattori genetici e predisposizione familiare Ipercolesterolemia Basso colesterolo HDL Dieta ricca di grassi saturi, ipercalorica Gli individui maschi sono maggiormente esposti al rischio di coronaropatia aterosclerotica rispetto alle donne, perquanto le differenze legate al sesso siano meno marcate dopo la menopausa, a causa della perdita degli effetti protettivi degli estrogeni. Gli uomini si ammalano di coronaropatia aterosclerotica più precocemente, mentre nel sesso femminile la malattia si sviluppa con un ritardo di 10-15 anni. Tra le donne è ancora diffusa la convinzione che il pericolo maggiore per la salute sia rappresentato dai tumori, ma ciò non è vero : la mortalità per coronaropatia aterosclerotica è quasi il doppio di quella legata ai tumori, compreso il tumore della mammella. Storia personale di malattie cardiovascolari Obesità Inattività Fisica
Fattori di rischio non modificabili Tenere nella dovuta considerazione i Fattori di Rischio non modificabili è comunque molto importante in quanto può motivare il paziente e il medico a intervenire più energicamente sugli altri fattori di rischio modificabili
Età La frequenza della malattia coronarica aumenta progressivamente con l’età in entrambi i sessi, anche in assenza di altri fattori di rischio L’incremento diventa significativo dopo i 60 anni Gli uomini si ammalano di coronaropatia aterosclerotica circa 10 anni prima delle donne L’età media in cui compare il primo attacco di cuore è 65.8 anni per gli uomini e 70.4 anni per le donne. L’aterosclerosi è definita come un processo degenerativo a carico della parete interna dei vasi arteriosi (endotelio) caratterizzata dalla formazione di placche aterosclerotiche costituite dall’accumulo di materiale lipidico (colesterolo), tessuto fibroso, cellule muscolari lisce della parete del vaso e cellule infiammatorie. La placca aterosclerotica cosi costituita determina un restringimento del calibro vasale con diminuzione del flusso sanguigno al tessuto irrorato.
Sesso Le malattie cardiovascolari sono più frequenti nell’uomo rispetto alla donna in età fertile (protezione esercitata dagli estrogeni). In menopausa la differenza si annulla In menopausa nella donna diventa maggiore l’espressività di fattori di rischio quali l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia, il diabete o la ridotta tolleranza ai carboidrati e l’obesità Tra le donne è ancora diffusa la convinzione che il pericolo maggiore per la salute sia rappresentato dai tumori, ma ciò non è vero : la mortalità per coronaropatia aterosclerotica è quasi il doppio di quella legata ai tumori, compreso il tumore della mammella.
Predisposizione familiare Il verificarsi di episodi di cardiopatia ischemica precoce (prima dei 55 anni per gli uomini e prima dei 65 anni per le donne) tra i familiari consanguinei si associa ad un rischio incrementale (indipendente dai fattori di rischio) Il rischio è influenzato dalla precocità dell’evento, dal vincolo di parentela (la malattia in uno dei genitori conferisce un rischio maggiore) e dal numero di parenti colpiti dalla malattia coronarica Non c’è alcun dubbio che una storia familiare positiva per cardiopatia ischemica prematura, conferisca agli individui interessati un rischio incrementale (a qualsiasi livello di fattori di rischio). Ne consegue che i figli di genitori in cui la cardiopatia ischemica si è manifestata precocemente (< 55 anni per gli uomini, < 65 anni per le donne) hanno maggiori probabilità di sviluppare la malattia nel corso della loro vita. Il rischio è fortemente influenzato dalla precocità dell’evento coronarico, dal vincolo di parentela (la presenza della malattia in uno dei genitori conferisce un rischio maggiore) e dal numero di parenti coinvolti dalla malattia coronarica. Anche una storia familiare di ipertensione arteriosa, diabete, o ipercolesterolemia aumenta la probabilità di malattia coronarica.
I fattori di rischio modificabili
Fumo di sigaretta Nicotina (responsabile della dipendenza) Miscela eterogenea di oltre 4000 sostanze gassose e corpuscolari, originate dal processo di combustione delle foglie di tabacco Le più dannose per l’organismo: Nicotina (responsabile della dipendenza) Monossido di Carbonio Sostanze irritanti e ossidanti Benzopirene e altre sostanze cancerogene. Il fumo aspirato attraverso la sigaretta fumata, corrisponde alla corrente primaria e costituirà il cosiddetto FUMO ATTIVO, mentre la combustione spontanea della sigaretta accesa assieme al fumo espirato dal fumatore, andrà a costituire il cosiddetto FUMO PASSIVO, che viene inalato involontariamente da persone che vivono a contatto con uno o più fumatori ed è il principale inquinante degli ambienti chiusi.
Effetti Fisiopatologici del Fumo PAS ++ PAD ++ FC ++ Gittata cardiaca ++ Flusso periferico - - 1 - Simpaticomimetici Aggregazione piastrinica ++ Ematocrito ++ Fibrinogeno ++ Viscosità ematica ++ 2 - Pro-trombotici Colesterolo Totale + Colesterolo LDL + Colesterolo HDL - Ac. Grassi liberi + Funzione endoteliale - - 3 – Aterogenici
Fumo di sigaretta L’effetto del fumo è sinergico con gli altri fattori di rischio, in particolare ipercolesterolemia, ipertensione e diabete mellito Il danno è tanto più grave quanto più alto è il numero delle sigarette fumate e quanto più giovane è l’età di inizio dell’abitudine tabagica L’aterosclerosi è definita come un processo degenerativo a carico della parete interna dei vasi arteriosi (endotelio) caratterizzata dalla formazione di placche aterosclerotiche costituite dall’accumulo di materiale lipidico (colesterolo), tessuto fibroso, cellule muscolari lisce della parete del vaso e cellule infiammatorie. La placca aterosclerotica cosi costituita determina un restringimento del calibro vasale con diminuzione del flusso sanguigno al tessuto irrorato.
Riduzione dell’incidenza di cardiopatia ischemica Smettere di fumare Riduzione dell’incidenza di cardiopatia ischemica In un soggetto di 35 anni che smette di fumare: l’aspettativa di vita aumenta di 3-5 anni il rischio si riduce dopo un anno di astensione dal fumo dopo 20 anni diventa simile a quello di un soggetto che non ha mai fumato L’aterosclerosi è definita come un processo degenerativo a carico della parete interna dei vasi arteriosi (endotelio) caratterizzata dalla formazione di placche aterosclerotiche costituite dall’accumulo di materiale lipidico (colesterolo), tessuto fibroso, cellule muscolari lisce della parete del vaso e cellule infiammatorie. La placca aterosclerotica cosi costituita determina un restringimento del calibro vasale con diminuzione del flusso sanguigno al tessuto irrorato.
INTERVENTO SUI FR FUMO Obiettivo: cessazione completa Incoraggiare il paz. ed i familiari a smettere di fumare Fornire consigli e programmi di intervento (se necessari) Inviare dal medico per eventuali terapie sostitutive (cerotti di nicotina, terapia orale)
INTERVENTO SUI FR ATTIVITA’ FISICA Obiettivo minimo 30 marcia 3-4 volte a Incoraggiare almeno 30-60 min di attività di moderata intensità 3-4 volte a sett. (passeggiate, jogging, bicicletta) variazioni del modello di vita (usare le scale invece dell’ascensore, giardinaggio, lavori domestici) massimo beneficio: 5-6 h/sett. Inviare al medico i paz. a rischio medio-alto.
INTERVENTO SUI FR CONTROLLO DEL PESO Dieta intensa e intervento fisico adeguato in paz. con >120% del peso ideale. Sottolineare l’utilità della perdita di peso in paz. con ipertensione, ipertigliceridemia, iperglicemia.
INTERVENTO SUI FR CONTROLLO DELLA PA Obiettivo PA 140/90 Avviare cambiamenti dello stile di vita (controllo del peso, attività fisica,riduzione degli alcolici e del sale). Programma di controllo della PA in tutti i paz. con PAS >140 mmHg e PAD > 90 mmHg