Per una buona salute emozionale

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Transcript della presentazione:

Per una buona salute emozionale La salute della persona è fortemente legata al contesto in cui vive, ai processi che in esso avvengono e al complessivo stile di funzionamento e di qualità di vita. La salute non è solo un fatto individuale, ma anche sociale. Il benessere di uno incide sul benessere del gruppo.

Purtroppo l’esistenza di forti conflitti e di tensioni incide sulla salute-malattia di ognuno di noi, sia quando viviamo da soli sia quando siamo in comunità. La salute emozionale è uno stato ideale al quale ci approssimiamo, senza mai raggiungerlo del tutto.

Cosa contribuisce a una buona salute emozionale Benevolenza nei confronti di se stessi e degli altri, piuttosto che critica e ostilità. Consapevolezza di possedere una radicale libertà di scelta, non da condizionamento, da esercitare nel rispetto del codice etico del proprio ambito professionale, che è incorruttibile e non è soggetto a razionalizzazioni.

3) Prosocialità, accettazione della diversità, tolleranza degli eventuali oneri. 4) Capacità di stabilire relazioni emozionali profonde e durevoli. 5) Capacità di apprendere dall’esperienza. 6) Entusiasmo, interesse e coinvolgimento nelle cose e nelle persone circostanti. 7) Autostima.

Differenza tra concetto di sé e stima di sé: Concetto di sé: quando la persona si percepisce nelle sue caratteristiche. Stima di sé: quando la persona emette un giudizio sulle sue caratteristiche. Tra concetto di sé e stima di sé c’è un legame di continuità strutturale e di reciprocità conoscitiva.

L’attenzione eccessiva su di sé ci fa filtrare la grande varietà di informazioni a cui siamo sottoposti nel contesto delle relazioni interpersonali seguendo, spesso inconsapevolmente, il criterio del riferimento e dell’interesse che esse hanno per noi.

Inoltre, mentre ci aiuta a mettere da parte ciò che non riteniamo importante, ci fa correre il rischio di deformare fatti e comportamenti, cause ed effetti, fino a dare molta importanza a fattori trascurabili e, viceversa, a ignorare aspetti obiettivamente fondamentali.

Altro rischio dell’eccessiva attenzione su di sé è l’illusione di protagonismo, con cui si tende a idealizzare il proprio modo di percepire le cose e che può manifestarsi come: ruolo attivo svolto nelle relazioni; ruolo puramente passivo (silenzi, sguardi e sorrisi ironici, pettegolezzi).

Altra modalità distorta di proteggere l’autostima è l’illusione di aver visto giusto: Se ci accorgiamo che ogni nuova informazione contrasta con le credenze acquisite, tendiamo a essere più diffidenti, oppure semplicemente non la prendiamo in considerazione.

Chi si ripiega eccessivamente su se stesso si può ammalare di narcisismo, che è la tentazione a: restare chiusi nei propri programmi e nei propri progetti; tendere a essere selettivi e competitivi nello stile delle relazioni; avere la sensazione che gli altri ce l’abbiano con noi.

Secondo Beck e Freeman «i narcisisti si considerano come speciali, eccezionali e giustificati nel loro concentrarsi esclusivamente sulla gratificazione personale; essi si aspettano dagli altri ammirazione, rispetto e obbedienza, e le loro aspettative sul futuro si incentrano sulla realizzazione di fantasie grandiose. Nello stesso tempo, le convinzioni circa l’importanza delle altre persone sono notevolmente carenti. Il comportamento è influenzato da deficit nella cooperazione nella interazione sociale reciproca, così come da richieste eccessive, di auto-indulgenza, e qualche volta da comportamenti aggressivi»

Ciononostante la tendenza a proteggere e difendere le credenze e i giudizi già costituiti presenta grossi vantaggi per l’autostima: permette di avere uno schema stabile, organizzato e integrato di conoscenze; manifesta l’impegno con il quale il contesto relazionale (parrocchiale, comunitario, associativo) viene ritenuto laboratorio di condivisione di valori, luogo dove si sperimenta come dono il progetto di salvezza di Dio.

Atteggiamenti che ostacolano una buona salute emozionale Sottomettersi: Intervenire poco. Seguire passivamente. Lasciar decidere gli altri. Non assumere una precisa posizione personale. Vittimizzarsi.

2) Dominare: Dare ordini in forma autoritaria. Affermare e imporre la propria autorità. Dare ordini in forma autoritaria. Essere insofferenti per interventi diversi. Prestare attenzione solo a qualcuno, lodando in forma eccessiva.

3) Assalire: Attaccare con ironia, disprezzo e sarcasmo gli interventi degli altri. Adirarsi oltre misura per un’idea espressa dal gruppo o da qualcuno. Parlare con voce penetrante, che non permette repliche.

4) Opporre: Soffermarsi su particolari insignificanti. Trovare dappertutto difficoltà e ostacoli. Soffermarsi su particolari insignificanti. Ricorrere continuamente a questioni burocratiche, organizzative e procedurali. Opporsi senza portare nuove argomentazioni.

5) Giocare: Modo di essere scherzoso, distratto, disturbante. Sottovalutare, minimizzare e mettere in ridicolo quanto si dice. Deformare i concetti e i termini per suscitare ilarità. Atteggiamenti puerili e cinici.

6) Sfogarsi: Utilizzare gli altri per svuotare il sacco, senza tener conto dello scopo per cui si sta insieme. Parlare in nome di grandi ideali, citandoli a sproposito e deformandoli. Dopo lo sfogo è come se non ci sia nulla di interessante.

Come facilitare una buona salute emozionale Parlare in prima persona: Non si parla al posto di un altro o in nome dell’altro. Si ritiene l’altro capace di esprimersi. Si accetta di porre il proprio punto di vista accanto a quello dell’altro.

2) Considerare tempo e spazio di ognuno: Chi parla non può essere interrotto. Parla chi ha chiesto la parola. Un gesto del capo o della mano può favorire il passaggio dal desiderio all’espressione del pensiero.

3) Comprendere il linguaggio del corpo: Attraverso il corpo si esprimono le modalità di relazione con gli altri. Attraverso il corpo si comunicano stati d’animo, emozioni, desideri, bisogni. Il messaggio del corpo è più immediato.

4) Puntualità e rispetto dei tempi: Non far aspettare e non trattenere oltre il tempo stabilito. Evidenziare il valore della singola persona, al di là dell’estrazione sociale, del biglietto da visita, del ruolo. Il lavoro non si interrompe quando qualcuno del gruppo arriva in ritardo.

5) Uso dei riconoscimenti: La storia personale si scrive con positive conferme che procurano gioia e calore umano. Evitare i riferimenti ad altri modelli e a personaggi fantastici sognati e immaginati.

6) Limitare interferenze: Ognuno rimanda alle informazioni su quanto ha recepito e sulle sue conseguenze. Considerare le domande al di là delle risposte e delle aspettative di chi le ascolta. Attivare rapporti in cui ognuno sente di poter dare, oltre che ricevere.