MORTALITA’ GENERALE IN ITALIA (tassi standardizzati/ abitanti)

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EPIDEMIOLOGIA E PROFILASSI DELLE MALATTIE MULTIFATTORIALI PRINCIPALI CAUSE DI MORTE

MORTALITA’ GENERALE IN ITALIA (tassi standardizzati/10.000 abitanti) MASCHI FEMMINE

MORTALITA’ GENERALE IN ITALIA (tassi per causa/10.000 abitanti)

PRINCIPALI CAUSE DI MORTE

PRINCIPALI CAUSE DI MORTE

MALATTIE CARDIOVASCOLARI All’inizio del ‘900 rappresentavano circa il 10% delle cause di morte nel mondo (in Italia il 9,6% contro il 15,9% delle malattie infettive); oggi rappresentano la causa principale. Causano 4 milioni di morti ogni anno in Europa, circa la metà delle morti (48%) nell’intera Europa, il 41% nell’Unione europea, circa il 43% in Italia. L’incidenza delle malattie cardiovascolari, e di conseguenza la mortalità per le stesse, sta diminuendo nell’Europa settentrionale, meridionale e occidentale; è in aumento nell’Europa orientale. Nei Paesi in via di sviluppo rappresentano circa il 25% delle cause di morte.

MALATTIE CARDIOVASCOLARI Esistono grandi differenze nei tassi di mortalità che non possono essere spiegate da diversità razziali. La mortalità tra gli immigrati tende rapidamente ad uniformarsi a quella della popolazione locale. Modificando lo stile di vita, cambia l’incidenza delle malattie. Sono stati individuati alcuni fattori di rischio nelle popolazioni ad incidenza molto elevata. La modificazione dei fattori di rischio individuati ha portato ad una diminuzione della mortalità.

MALATTIE CARDIOVASCOLARI Le più importanti per frequenza e causa di morte sono: Cardiopatia ischemica: insufficienza cardiaca, acuta o cronica, derivante dalla riduzione o dall’arresto dell’apporto di sangue al miocardio in associazione con processi patologici nel sistema delle arterie coronarie (aterosclerosi). Comprende le sindromi: ANGINA PECTORIS INFARTO MIOCARDICO MORTE IMPROVVISA (conseguente a fibrillazione ventricolare in persone con stenosi grave delle coronarie) Vasculopatie cerebrali (Ictus o Stroke)

Placca ateromasica Arteria Particelle di LDL-C Depositi di LDL-C Formazione placca Core lipidico

CARDIOPATIA ISCHEMICA Epidemiologia I dati di morbosità non sono noti, ma sono stimati in Italia 150.000-160.000 eventi coronarici maggiori ogni anno. La mortalità per tali malattie è una prerogativa dei paesi ad alto livello economico, seppure con elevate differenze tra un paese e l’altro. Negli ultimi anni la mortalità è in aumento nei paesi europei dell’est, mentre è in diminuzione nei paesi dell’Europa occidentale e soprattutto negli Stati Uniti. In Italia la mortalità è in diminuzione; i valori più elevati si sono osservati nel decennio 1969-78 per poi diminuire progressivamente. La mortalità è più elevata nelle regioni settentrionali.

CARDIOPATIA ISCHEMICA Epidemiologia Rispetto a sesso ed età, la mortalità è più elevata nel sesso maschile ed aumenta con l’età. La morte per cardiopatia ischemica è estremamente rara prima dei 30 anni, aumenta in modo esponenziale dopo i 45 anni nei maschi e dopo i 55 anni nelle femmine. Solo dopo i 75 anni le differenze tra sessi tendono ad annullarsi. Sesso maschile ed età sono quindi indici di rischio che hanno tuttavia solo significato predittivo poiché su di essi non si può intervenire. I fattori di rischio sono invece quelli che, oltre ad avere significato predittivo, hanno anche significato preventivo, perché su di essi è possibile intervenire. Sono distinti in MINORI E MAGGIORI.

CARDIOPATIA ISCHEMICA FATTORI DI RISCHIO MAGGIORI: Colesterolo ematico: Totale e quota LDL (Low Density Lipoprotein). Viene prodotto dall’organismo e introdotto con la dieta. Aumenta con una dieta ricca di calorie, grassi saturi e colesterolo e povera di fibre (grassi di origine animale). Esiste tuttavia una notevole variabilità individuale nel livello ematico, anche geneticamente determinata La frazione HDL delle lipoproteine (High Density Lipoprotein) esercita invece un’azione protettiva nei confronti della cardiopatia ischemica. Il colesterolo si deposita sulla parete delle arterie contribuendo alla formazione della placca aterosclerotica

CARDIOPATIA ISCHEMICA FATTORI DI RISCHIO MAGGIORI: Fumo di sigarette: L’azione del fumo di sigaretta è determinata sia dalla nicotina che dal CO. La nicotina aumenta LDL e diminuisce HDL; aumenta l’aggregabilità piastrinica; ha azione ipertensiva, aumenta la frequenza cardiaca. CO aumenta la permeabilità dell’endotelio vasale facilitando i processi aterosclerotici e riduce l’ossigenazione dei tessuti (si lega all’emoglobina). Si stima che il contributo del fumo sulla mortalità per malattie cardiovascolari sia in Europa di 430.000 morti all’anno (sul totale di 1.200.000).

CARDIOPATIA ISCHEMICA FATTORI DI RISCHIO MAGGIORI: Ipertensione arteriosa (sistolica e diastolica): Non esiste un valore pressorio che separa la normopressione dall’ipertensione; il rischio di manifestarsi di malattie coronariche aumenta progressivamente con l’aumentare dei valori pressori.

IPERTENSIONE ARTERIOSA Secondo l’OMS i valori soglia oltre i quali considerare gli adulti ipertesi e suscettibili di terapia ipotensivizzante sono: 150 per sistolica e 95 per diastolica. La terapia è consigliata anche quando è superato uno solo di questi valori. L’ipertensione è di per sé una condizione morbosa che tuttavia dà sintomi solo quando raggiunge valori molto elevati. E’ soprattutto un fattore di rischio per la cardiopatia ischemica e l’ictus cerebrale, perché danneggia la parete delle arterie e facilita la formazione delle placche aterosclerotiche. Si distingue la forma essenziale o primitiva che è di gran lunga la più diffusa e aumenta la sua incidenza con l’età dalla forma secondaria che riconosce una causa ben precisa, congenita (stenosi arteria renale, coartazione aorta) o tumorale (feocromocitoma) e che in genere prevede una terapia chirurgica.

CARDIOPATIA ISCHEMICA E FATTORI DI RISCHIO MAGGIORI

CARDIOPATIA ISCHEMICA FATTORI DI RISCHIO MINORI: diabete, ridotta tolleranza al glucosio, ereditarietà, sedentarietà, dieta, obesità Molti sono tra loro correlati: es. sedentarietà e obesità; dieta, colesterolo ematico e obesità; diabete e obesità. altri, ritenuti importanti in passato, sono stati ridimensionati (es. stress) 

CARDIOPATIA ISCHEMICA PROFILASSI Prevenzione primaria (in coloro che non hanno ancora la malattia): ridurre il livello di colesterolemia a meno di 180 mg/dl (agire su apporto dietetico) liminare il fumo di sigaretta aumentare l’attività fisica controllo del peso corporeo, terapia dell’obesità controllo della pressione arteriosa. E’ stato dimostrato che il rischio di malattia coronarica ed ictus si riduce molto di più abbassando di 10 mm Hg il valore pressorio medio di una popolazione che non agendo solamente su tutti gli ipertesi gravi della stessa popolazione.

CARDIOPATIA ISCHEMICA L’ipertensione può essere controllata: limitando l’introduzione di NaCl con gli alimenti (< 5 mg/giorno) e di alcol Con la somministrazione di farmaci anti-ipertensivi non solo negli ipertesi gravi che sono più facili da individuare e che assumono farmaci di buon grado, perché sintomatici, ma anche negli ipertesi lievi che spesso non accettano una terapia che può avere effetti collaterali. Prevenzione secondaria (in soggetti che hanno già malattia) Sono le stesse misure della prevenzione primaria, adattate alle condizioni fisiche generali del paziente che ha già manifestato una cardiopatia ischemica.

ICTUS CEREBRALE O STROKE Evento vascolare acuto causato da: Rottura di un’arteria cerebrale con conseguente emorragia (la causa può essere congenita, es. aneurisma cerebrale, o legata a fattori di rischio quali l’ipertensione e l’aterosclerosi) Infarto cerebrale per occlusione di un’arteria per trombosi della stessa. Il paziente colpito da ictus presenta segni clinici a rapido sviluppo di turbe delle funzioni cerebrali della durata di oltre 24 ore o che portano a morte, a causa vascolare. Il superamento della fase acuta comporta spesso un deficit permanente che può interessare sia la motricità che la sensibilità del paziente, a seconda delle aree cerebrali interessati all’infarto o all’emorragia.

ICTUS CEREBRALE O STROKE Epidemiologia E’ la principale causa di morte nella maggior parte dei paesi, in Italia il 14% di tutti i decessi, il 31% di quelli per malattie cardiovascolari. Si verificano circa 150 nuovi casi/100.000 abitanti ogni anno in Italia. La mortalità è più elevata nei maschi in tutte le età ed aumenta con l’età in modo esponenziale. In Italia e nei Paesi occidentali la mortalità per tale causa è in diminuzione. I fattori di rischio sono: ipertensione, fumo di sigaretta, diabete, consumo di alcol; l’ipercolesterolemia sembra avere minor importanza rispetto a quella che ha nella cardiopatia ischemica.

ICTUS CEREBRALE O STROKE Prevenzione Deve essere rivolta prevalentemente all’ipertensione. In tutte queste malattie è di fondamentale importanza l’educazione alla scelta di un giusto stile di vita. ATTIVITA' FISICA E MALATTIE CARDIOVASCOLARI L'attività fisica continuativa riduce l'incidenza delle malattie cardiovascolari Durante lo sforzo fisico intenso si manifestano con maggior frequenza l'infarto miocardico e la morte improvvisa. Le due osservazioni, apparentemente in contrasto si spiegano con la fisiopatologia della malattia coronarica e dell'infarto miocardico.

AZIONE DELL'ATTIVITA' FISICA SU FATTORI DI RISCHIO DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI L’attività fisica regolare previene l’aterosclerosi attraverso: Effetto favorevole sull'assetto lipidico Diminuzione dell'aggregabilità piastrinica Aumento della risposta fibrinolitica Aumento della distensibilità delle pareti vasali Inoltre riduce, a parità di sforzo, il dispendio energetico del cuore e quindi del consumo di ossigeno, della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. L’attività fisica intensa determina invece: Aumento della pressione, della frequenza cardiaca e della gittata sistolica che possono facilitare la rottura della placca aterosclerotica Aumento delle catecolamine plasmatiche che stimolano l’attività cardiaca e provocano la costrizione delle coronarie e incrementano l'attività aggregante piastrinica.

RELAZIONE TRA ATTIVITA' FISICA E MALATTIE CARDIOVASCOLARI IN CONCLUSIONE: Il rischio assoluto di infarto e di morte improvvisa è ridotto in chi è ben allenato, ma aumenta nello sforzo eccessivo. Il livello ottimale di esercizio capace di portare benefici al sistema cardiovascolare cambia da persona a persona. E' comunque ragionevole consigliare un programma di allenamento che aumenti in modo "graduale e progressivo" il livello di prestazione fisica. Se l'attività non è regolare vengono persi sia gli adattamenti cardiovascolari atti a ridurre le spese energetiche sia i benefici ottenuti.