Corso di Politica sociale a.a

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Corso di Politica sociale a.a. 2008-09 Lezione 3 marzo 2009 Lezione 1 aprile 2009 A cura di Daniela Teagno Testi di riferimento: D. Rei, Sociologia e welfare, Gruppo Editoriale Esselibri, Napoli, II edizione, 2008 M. Ferrera, Le politiche sociali, Il Mulino, Manuali, Bologna, 2006 M. Ambrosini, Sociologia delle migrazioni, Il Mulino, Manuali, Bologna, 2005 (capitoli 8 e 9) G. Zincone (acd), Familismo legale. Come (non) diventare italiani, Laterza, Roma-Bari, 2006 (capitoli 3 e 4)

L’analisi delle politiche pubbliche/sociali L’analisi delle politiche pubbliche è lo studio del come, perché e con quali effetti i diversi sistemi politici (in particolare i governi) perseguono certi corsi di azione per risolvere problemi di rilevanza collettiva. L’analisi delle politiche sociali è allora lo studio di un sotto-insieme di corsi di azioni, volti a risolvere problemi e a raggiungere obiettivi di natura “sociale”, che cioè hanno a che fare, in senso lato, con il benessere (welfare) dei cittadini.

La produzione Chi. I produttori (settore pubblico, mercato, terzo settore, socialità informale) Che cosa. Le prestazioni (cash/kind) In che modo. I mezzi (risorse normative, finanziarie, umane, cognitive, tecniche…) Per chi. I destinatari A che titolo. Le forme di titolarità a (dare e) ricevere le prestazioni. schema impiegato nell’analisi dei processi sociali di comunicazione

Destinatari delle prestazioni Il welfare mix A settore pubblico Destinatari delle prestazioni (individui, gruppi, comunità) C D aree informali, famiglie, reti sociali primarie organizzazioni del terzo settore Welfare mix è una formula con cui designiamo il gioco di relazioni e interdipendenze che corrono tra gli attori che realizzano le prestazioni, con effetti non statici ma di composizione e sviluppo dinamico nel tempo. B mercato

Le risorse per la produzione La produzione combina una molteplicità di mezzi/risorse: Simboliche: valori,modelli culturali, norme) Organizzative: regole, risorse economiche e umane, logistiche (tempi, spazi, orari…) Cognitive: saperi, conoscenze tecnico-operative, know how

I destinatari Popolazione in generale Condizioni sociali ordinarie: adulti occupati, famiglie non problematiche Condizioni sociali sensibili: bambini, giovani,disabili, anziani Condizioni sociali problematiche: poveri, minori a rischio, adulti in difficoltà, madri sole, disabili gravi… Condizioni sociali allarmanti: clandestini, malati mentali, tossicodipendenti, detenuti (ex detenuti)…

Destinatari e fruitori Se non ci sono incongruenze nel circuito delle prestazioni: D=F Se D>F, ci sono MENO FRUITORI di quelli previsti. Le cause possono essere: problemi di comunicazione; barriere d’accesso; barriere culturali. Se D<F, ci sono PIU’ FRUITORI di quelli previsti => free rider, ovvero opportunista che gode di prestazioni di cui non ha titolarità. Infine, a livello di sistema, quando lo Stato fissa dei principi ma poi di fatto la policy non attua e tutela la polity, si dice che c’è una INCONGRUENZA SISTEMATICA.

La titolarità Ci sono diverse forme di titolarità, che dipendono da portata, estensione e persistenza delle prestazioni: UNIVERSALISTICA PARTICOLARISTICA MIRATA SELETTIVA RESIDUALE DISCRIMINANTE per tutti, e pari per tutti. diversa per soggetti o gruppi diversi in ordine agli stessi bisogni. sulla base di specifiche condizioni di bisogno (es. handicap, famiglia monogenitoriale) e/o di reddito) rivolta a un target, a un solo gruppo-bersaglio. sui destinatari (differenziati nelle condizioni di accesso); sui benefici (ripartiti secondo diverse categorie di fornitura, ad es. gratuita o a pagamento , per quote differenziate). Titolarità: la prerogativa necessaria, la legittimazione del dare/ricevere prestazioni, con riferimento soprattutto al settore pubblico. DISCRIMINANTE solo per individui incapaci a far fronte da sé al loro stato di comprovato bisogno verso gruppi minoritari, in senso sia positivo che negativo. l’accertamento avviene attraverso la cd PROVA DEI MEZZI (means test): si verifica che la situazione economica dell’individuo, o della sua famiglia, sia inferiore a una soglia fissata per legge.

TRATTAMENTI DEL GRUPPO MINORITARIO RAPPRESENTAZIONE SOCIALE => ORIENTAMENTO DELLE POLITICHE ALLARMANTE => politiche di CONTROLLO e CONTENIMENTO (vs criminali, clandestini, prostitute, ecc.). PORTATORE DI BISOGNI QUALIFICATI => politiche SELETTIVE e MIRATE (vs coloro che si trovano in una condizione di svantaggio non per colpa né volontà, come i minori , i disabili e gli anziani, a cui non si possono richiedere prestazioni lavorative). SVANTAGGIATO, DEBOLE => politiche di COMPENSAZIONE, INSERIMENTO e INTEGRAZIONE (vs disoccupati, poveri … ma adulti attivi). 4. PENALIZZATO/DISCRIMINATO =>politiche di AZIONI POSITIVE, PARI OPPORTUNITA’ (vs donne, stranieri… discriminati in base alla diversità di genere, di etnia, di religione ecc.).

Le prestazioni area salute (servizi sanitari) BENEFIT IN CASH Trasferimenti Diretti A base contributiva A base assistenziale Trasferimenti Indiretti BENEFIT IN KIND area salute (servizi sanitari) area sociale (servizi sociali) area lavoro (centri impiego, formazione etc.) area istruzione (servizi scolastici) area casa (edilizia pubblica , recupero quartieri + contributi affitto ecc.) Risparmi di imposta Esenzioni ticket Riduzioni tariffe Prestiti d’onore Microcredito Previdenza Assistenza economica

PRESTAZIONI E RELAZIONI Sostegni al reddito Sostegni alle persone BENEFIT IN CASH BENEFIT IN KIND relazioni che includono una integrazione tra la fornitura di utilità e l’attivazione di forme di legame sociale e di comunicazione intersoggettiva, poste a un LIVELLO SOVRAFUNZIONALE, in una dimensione di livello di significato. Non è detto che siano comunque relazioni simmetriche. relazioni burocratiche, impersonali e autoritative, relazioni a comando, esprimono un rapporto autoritativo e freddo, poste esclusivamente a un LIVELLO FUNZIONALE, di utilità (aiuto, sostegno, inserimento).

Il welfare in Italia Il modello di welfare italiano può essere definito in vari modi: da un punto di vista costituzionale è LAVORISTA (artt. 1, 4 Cost.), SOLIDARISTA (art.2 Cost.) e OCCUPAZIONALE (art. 38 Cost.). Meglio sarebbe dire “OCCUPAZIONALE MISTO A TRATTI DI UNIVERSALSMO”, perché il S.S.N. dal 1978 garantisce pari prestazioni sanitarie a tutti i cittadini; da un punto di vista politico PARTICOLARISTA e CLIENTELARE (Paci, Ascoli); in base alle caratteristiche tipiche del welfare dell’Europa mediterranea, è FAMILISTA (Ferrera).  

La doppia distorsione del welfare state italiano distorsione funzionale distorsione distributiva Vecchiaia e superstiti Altri rischi Garantiti ++++ +++ Semigarantiti ++ + Non garantiti - L’Italia spende circa un quarto del PIL per la protezione sociale, come gli altri paesi europei. La sua peculiarità sta nella composizione interna della sua spesa: l’iperprotezione sia del rischio vecchiaia e superstiti (distorsione funzionale) sia di alcune categorie occupazionali, alimentando la giustapposizione tra inclusi ed esclusi, insiders e outsiders.

Cause e conseguenze della distorsione Le peculiarità italiana si può collegare alla “logica politica” della Prima Repubblica (1948-1992) che ha fatto del welfare state un nuovo sistema di potere, consolidatosi intorno a una vera e propria partitocrazia distributiva, che per catturare il consenso ha utilizzato modalità particolaristico-clientelari. Tra le conseguenze: - i problemi di efficacia/efficienza, nonché di equità, non solo all’interno delle generazioni ma anche tra le diverse generazioni; - il rafforzamento dello status quo e l’ostilità verso il cambiamento istituzionale; - l’impatto più violento, rispetto agli altri paesi europei, della crisi iniziata negli anni Settanta. A partire dal 1992, inizia una nuova fase di “ricalibratura” del welfare state italiano, caratterizzata da importanti riforme in quasi tutti i comparti di spesa. A che cosa è dovuto questo cambiamento di rotta? A due importanti mutamenti del quadro istituzionale: uno di origine interna che ha riguardato gli assetti, i soggetti e gli equilibri politici della prima repubblica (Tangentopoli, Mani pulite delegittimarono il regime di partitocrazia distributiva) traghettando il paese verso la seconda repubblica (prime elezioni con sistema maggioritario nella primavera del 1994=> primo governo Berlusconi), ed uno esterno che sollecitava la transizione verso l’UEM ( a tal fine i vari governi Amato, Ciampi, Dini, Prodi dovettero fare scelte anche impopolari; le stesse parti sociali convennero sulla necessità delle riforme, che permisero all’Italia di essere ammessa nel 1998 a partecipare all’unione economica monetaria europea assieme ad altri 10 paesi membri). -Tangentopoli, Mani Pulite => 2ª Repubblica -Transizione verso l’UEM europea Perché?

Verso la riforma dell’assistenza sociale La riforma dello stato sociale si impose come grande priorità nazionale nel 1996 con il primo governo di centro sinistra della Seconda repubblica, guidato da Romano Prodi e con Livia Turco (DS) a capo del ministero per la solidarietà sociale. Nel 1997 una commissione di esperti, presieduta da Paolo Onofri,ebbe il compito di elaborare una riflessione generale sugli scenari e le opportunità in materia di riforma del welfare state nel suo complesso, che sfociò in una serie di raccomandazioni. Nella legge finanziaria per il 1998 il governo Prodi cercò di inserire molte delle raccomandazioni della commissione Onofri e i principali interventi che seguirono furono: l’ISE/ISEE, l’assegno per i nuclei con almeno 3 figli minori, l’assegno di maternità per le madri sprovviste di altra copertura assicurativa,la sperimentazione del RMI [+sostegno locazione, ministero lavori pubblici] Sempre nel 1998, Prodi presentò un disegno di legge intitolato “Disposizioni per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali”, che giunse in parlamento insieme a tante altre proposte sullo stesso tema, andando a costituire la base per la riforma dell’assistenza sociale approvata due anni dopo. La crisi è già avvertita negli anni Settanta, ma fino agli anni Novanta non viene affrontata con rigore e impegno. La crisi, dovuta a fattori congiunturali (aumento e differenziazione bisogni sociali, emergere di nuovi percorsi di povertà ed esclusione sociale, legati al passaggio ad un’economia post-industriale) e alla crescente consapevolezza della inadeguatezza delle risposte, nonché il mutamento del quadro istituzionale, sollecita il dibattito sulla riforma dell’assistenza, che trova nel dibattito internazionale, già avviato alla fine degli anni Ottanta, un’opportunità di apprendimento istituzionale, in quanto forniva sia nuovi schemi interpretativi sia un quadro di soluzioni alternative.

Legge 8 novembre 2000, n. 328 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali Essa consta di: Principi e finalità (artt. 1-5) Assetto istituzionale/organizzativo (artt. 6-13) Particolari interventi di integrazione e sostegno sociale (artt. 14-17) Pianificazione (artt. 18-21) Quadro degli interventi, servizi e trasferimenti economici (artt.22-26) Norme finali (artt. 27-30) Il ddl governativo n. 4931/1998 fu assegnato alla XII commissione (affari sociali) della camera dei deputati, composta da 46 rappresentati di vari gruppi parlamentari, la quale dopo l’esame preliminare istituì un comitato ristretto (9 deputati) per l’elaborazione di un testo unificato

finalità generali della legge Le finalità finalità generali della legge scopi specifici Creare il sistema integrato di interventi e servizi soc.(dlgs 112/98) Aiutare le persone(universalismo) Promuovere solidarietà sociale Promuovere interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, diritti di cittadinanza Garantire livelli essenziali di prestazioni Garantire l’accesso prioritario ai servizi e alle prestazioni ad alcuni soggetti Prevenire i problemi, individuando le cause e agendo sulle cause: inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali, condizioni di non autonomia Promuovere la formazione professionale di base e l’aggiornamento Attuare il sistema informativo Eliminare, ridurre le condizioni di disabilità, bisogno, disagio individuale e familiare, derivanti appunto dalle cause suddette Approfondire i fenomeni sociali più rilevanti Migliorare qualità ed efficienza degli interventi

Il D.Lgs. 112/98 Ai sensi del presente decreto legislativo, per "servizi sociali“ – art. 128, comma 2 – si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia. => Si passa cioè da un concetto negativo e statico come l’assistenzialismo ad una lettura positiva dell’assistenza erogatrice di servizi sociali in senso lato, e soprattutto come processo dinamico ed evolutivo.

I soggetti… …a cui la legge quadro assegna il compito di realizzare il sistema integrato di interventi e servizi sociali: soggetti pubblici*: Stato, Conferenza Stato-regioni, Enti pubblici nazionali (Istat, Cnr, Inps, Inpdap, Inail, Istituto superiore di sanità, Irccs), Regioni, Province, Comuni, altri Enti Locali (Ipab, Asl/Aso, Aziende speciali e le istituzioni, Comunità montane, Consorzi fra enti locali, Unioni di comuni, Istituti autonomi per le case popolari) soggetti economici del mercato (imprese, liberi professionisti, società, cooperative) organismi del terzo settore (associazioni, fondazioni, onlus, coop. sociali, enti di patronato, organizzazioni di volontariato, enti religiosi riconosciuti) famiglie (nuclei familiari e singoli individui) *Enti locali, regioni e stato concorrono al finanziamento del sistema secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci. Rimane in realtà la tradizionale separatezza fra risorse che finanziano i trasferimenti monetari assistenziali (erogati dal centro) e risorse locali che sostengono soprattutto la produzione di servizi.

I destinatari degli interventi Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha carattere di universalità. Sono destinatari degli interventi: Le famiglie Le singole persone La comunità I destinatari sono distinti, in relazione alla cittadinanza, in: Cittadini italiani Cittadini appartenenti all’UE Stranieri

I destinatari con priorità Accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni i soggetti in condizione di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali. Qualora sia richiesta la verifica della condizione economica del richiedente per accedere ai servizi disciplinati dalla 328, l’accertamento viene effettuato – art. 25 - secondo le disposizioni previste dal DLgs 109/1998 (Ise).

L. 328: le prestazioni (1) Capo III – disposizioni per la realizzazione di particolari interventi di integrazione e sostegno sociale (artt. 14-17): Progetti individuali per le persone disabili Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti Valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari (conciliazione lavoro-famiglia, servizi per la prima infanzia, assegni di cura, affidamento, servizi di tregua, prestiti d’onore, agevolazioni fiscali e tariffarie comunali) Titoli per l’acquisto di servizi sociali Innovativa appare la tipologia relativa alle responsabilità familiari.

L. 328: le prestazioni (2) La tipologia delle prestazioni comprende (Art. 22): aiuti economici, assistenza domiciliare, supporti socio-educativi, affidamenti, inserimenti in centri e comunità di accoglienza, inserimenti in strutture protette. Per ogni ambito territoriale (di zona), tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, sono previste come “necessarie” le seguenti attività: servizio sociale professionale di base, segretariato sociale per informazione/consulenza, assistenza domiciliare, strutture protette residenziali e semiresidenziali (per soggetti con fragilità sociali), centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario. L’art. 23 prevede espressamente l’estensione del RMI, come misura generale di contrasto alla povertà, a cui ricondurre anche gli altri interventi di sostegno al reddito, quali gli assegni e le pensioni sociali. Si prevede anche (art. 24) una delega al Governo per il riordino degli assegni e delle indennità derivanti da invalidità civile, cecità e sordomutismo.  

Assetto dei poteri istituzionali Schema multilivello sviluppato in un assetto a 4 termini tre decentrati, di cui due relativamente forti: il comune a diretto contatto con la popolazione da servire la regione quale snodo di decisione politica e organizzativa del sistema territoriale; uno ausiliario la provincia svolge funzioni di supporto ai comuni; uno nazionale lo stato è un regolatore di ultima istanza, garante dell’omogeneità dei diritti sociali sul territorio nazionale. si rafforza la tendenza a un welfare “municipale”: le ps sono ridefinite come un prerequisito di sviluppo locale (costruzione capitale sociale, rete integrata, cambiamenti intenzionali e attesi) La 328 rafforza la tendenza a un welfare municipale, che assegna al comune la posizione di centro amministrativo della rete dei servizi e regista delle azioni dei diversi attori.

Livelli istituzionali, funzioni e strumenti di programmazione Comune Gestione interventi, direttamente o associandosi con altri comuni in specifici ambiti/zone; attraverso una rete di servizi che include l’utilizzo del terzo settore e la stipula di convenzioni con Asl. Piano di zona Provincia Attività di pianificazione, informazione, formazione a beneficio degli enti gestori. (Piano sociale provinciale) Regione Funzioni di programmazione, coordinamento, indirizzo degli interventi sociali, nonchè della verifica della loro attuazione; criteri di autorizzazione/accreditamento dei soggetti privati. Piano sociale regionale Stato Obiettivi generali e indirizzi; livelli essenziali delle prestazioni; riparto del Fnps; profili figure professionali; standard delle strutture; esercizio poteri sostitutivi in caso di inadempienza regionale. Piano sociale nazionale Art. 11: autorizzazione e accreditamento delle strutture residenziali e semiresidenziali. I criteri sono regionali e recepiscono i requisiti minimi nazionali., l’autorizzazione/accreditamento è comunale. Art. 10: Istituzioni di assistenza e beneficenza. Le IPAB, introdotte nel 1890 dalla legge Crispi, sottoposte a vigilanza prefettizia, hanno gestito per 80 anni strutture di ricovero per l’infanzia, gli anziani, i disabili, servizi educativi e sanitari. Il Dpr 616/77 le scioglieva, disponendo il passaggio di patrimoni e personali ai comuni (ad eccezione delle IPAB a carattere educativo-religioso). Negli anni ’90, a quelle superstiti fu concesso di sussistere come enti privati, e molte si trasformarono in associazioni o fondazioni. La L. 328 – ART. 10 – e il successivo Dlgs 207/2001 ridefiniscono i destini delle IPAB: se dispongono di risorse operative e patrimoniali adeguate, vengono convertite dalla regione in aziende pubbliche di servizi alla persona, con autonomia patrimoniale e amministrativa, altrimenti restano soggetti privati, fuori dal perimetro dei servizi regionali.