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E quest’altra?

Unità d’Italia Il 14 marzo 1861 avvenne la proclamazione del Regno d’Italia, che ebbe Vittorio Emanuele II come re e lo Statuto Albertino come carta costituzionale Il ruolo egemone della monarchia sabauda nelle fasi finali del processo risorgimentale le era stato confermato dalla volontà popolare espressa dai plebisciti del 1860

Il dibattito sul decentramento Giuseppe Ferrari aveva proposto in parlamento già nel 1860 il sistema federale Nel 1861 Minghetti presentò in Parlamento quattro proposte di legge sul decentramento con l’istituzione di regioni (difficoltà di definire le regioni, preoccupazione per la fragilità del nuovo stato) 1861: Ricasoli, succeduto a Cavour, emana dei decreti in direzione di uno stato centralizzato

Unità d’Italia (1861) Annessione del sud al Regno d’Italia realizzata con i plebisciti secondo modalità illegali (voto palese, presidi dell’esercito, brogli etc.) Estensione a tutto il paese del modello dirigista e centralizzato proprio dello stato piemontese (in direzione contraria al federalismo) L’Italia fu divisa in 59 province, ognuna delle quali ebbe a capo un prefetto di nomina regia (strumento di controllo di tutto il territorio)

La legge elettorale Per votare era necessario essere maschi e cittadini italiani, saper leggere e scrivere, pagare un’imposta annua non inferiore a 40 lire (carattere censitario) Solo l’1,9% dell’intera popolazione del tempo aveva i requisiti per esercitare il diritto di voto Frattura tra “paese legale” e “paese reale”

L’unificazione doganale Abolizione della barriere doganali tra il Piemonte e i singoli Regni, scelta di una politica liberista Crisi dell’industria meridionale, non più protetta dalla concorrenza interna e internazionale Chiusura del governo piemontese ai problemi delle industrie meridionali

Le tasse Il nuovo governo italiano applica al sud le stesse tasse del nord, più ricco e sviluppato Crisi delle industrie Caduta dei prezzi dei prodotti agricoli

Il servizio militare Il servizio militare obbligatorio, esteso sul modello piemontese a tutta l’Italia, sottraeva alle famiglie una forza lavoro indispensabile Impoverimento delle famiglie Ostilità verso il Regno d’Italia

I contadini e il latifondo Un altro motivo di insoddisfazione era costituito dalle privatizzazioni dei terreni demaniali attuate dai piemontesi I contadini avevano sperato in una redistribuzione delle terre da parte del nuovo stato, invece fu rafforzata la posizione dei latifondisti

La guerra civile Il malcontento e l’ostilità delle popolazioni meridionali furono alla base del fenomeno del brigantaggio Scoppiò una vera e propria guerra civile tra l’esercito regio e i briganti (ex soldati borbonici,malviventi, contadini,pastori etc.) La repressione venne affidata al generale Enrico Cialdini Nell'agosto 1863 venne emanata la "famigerata" legge Pica. Tale legge, contraria a molte disposizioni costituzionali, colpiva non solo i presunti briganti, ma affidava ai tribunali militari anche i loro parenti e congiunti o semplici sospetti. I briganti erano visti dalle popolazioni meridionali come vendicatori delle ingiustizie subite

Michelina Di Cesare, brigante

Carmine Crocco, brigante lucano

Banditi abruzzesi

Gli storici meridionalisti L'inchiesta Franchetti-Sonnino Fu in questo contesto che nel 1876 i due intellettuali si recarono in Sicilia con lo scopo di scrivere sulle condizioni politiche e amministrative, compito che spettava a Franchetti, e sulla situazione dei contadini, analizzati invece da Sonnino. L’anno seguente venne pubblicata la loro inchiesta, “La Sicilia nel 1876” , all’interno della quale Franchetti osservava come lo stato avrebbe dovuto imporre la sua autorità, come la classe dirigente meridionale fosse dannosa per i poveri contadini ed infine quale fosse l’importanza di riscattare il mezzogiorno partendo da se stesso e dalla sua gente. La parte curata da Sonnino analizzava invece la vita dei contadini meridionali, sottolineando lo sfruttamento al quale i contadini erano sottoposti da parte dei proprietari terrieri isolani e indicando delle soluzioni che lo stato avrebbe dovuto adottare. 

L’unità d’Italia e la mafia La mafia si sviluppa e rafforza dopo l’unità d’Italia, entrando a far parte del nuovo blocco dirigente industriale-agrario. I latifondisti per difendersi dai contadini e dai briganti si appoggiano a gabelloti e campieri, i quali necessitano per svolgere la loro funzione di uno stretto rapporto con i poteri pubblici La mafia agraria è stata vista soprattutto, se non esclusivamente, come intermediaria tra comunità locale e Stato centrale, ma tale funzione si accorpa con altre: accumulazione, assicurando lo sfruttamento della forza lavoro contadina, controllo sociale, governo locale. In una serie di rapporti redatti dal questore di Palermo Ermanno Sangiorgi tra il novembre del 1898 e il febbraio del 1900 si danno informazioni dettagliate sugli aderenti ad "associazioni di malfattori" che hanno regole precise e formalizzate, operano nei quartieri di Palermo e nei paesi della provincia, sono rette da capi, hanno una struttura di coordinamento e sono sottoposte al comando di un "capo supremo".