Economia applicata avanzata Introduzione al corso

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Transcript della presentazione:

Economia applicata avanzata Introduzione al corso Raffaele Paci e Stefano Usai con la collaborazione di Alessandra Colombelli e Barbara Dettori

Programma del corso A) Economia e geografia dell’innovazione B) Economia e geografia dell’attività produttiva C) Laboratorio di econometria spaziale

Valutazione finale Il corso da diritto a 9+2 crediti La valutazione viene fatta in base alla frequenza in aula e al laboratorio redazione rapporto econometrico e presentazione in aula

A. Economia e geografia dell’innovazione Malerba F. (2000) Un’introduzione all’economia dell’innovazione, in Malerba F. (a cura di) Economia dell’innovazione. Roma: Carocci (cap 1, p. 21-49). (a) Breschi S. (2000) La geografia delle innovazioni tecnologiche, in Malerba F. (a cura di) Economia dell’innovazione. Roma: Carocci (cap 12 p. 343-372). (a) Paci R., Usai S. (2007) Knowledge Flows across European Regions, forthcoming in Annals of Regional Science (b). Moreno-Serrano R., Paci R., Usai S. (2006) Innovation clusters in the European regions, European Planning Studies ,14, 9, 1235-1263. (b) Moreno R., R. Paci e S. Usai (2005) Spatial spillovers and innovation activity in European regions Spatial spillovers and innovation activity in European regions, Environment and Planning A, volume 37(10), pp. 1793–1812. (b) Paci R., Usai S. (1999) Externalities, Knowledge Spillovers and the Spatial Distribution of Innovation, GeoJournal, 49, 381-390. (b) Usai S., (2008) "The Geography of Inventive Activities in OECD Regions," OECD Science, Technology and Industry Working Papers 2008/3,. Colombelli B. (2009), da definire. Progetto IAREG (settimo programma quadro)

A. Economia e geografia dell’innovazione: letture Audretsch D., Feldman M. (2004), Knowledge Spillovers and the Geography of Innovation, in Henderson J.V. and J.F. Thisse (eds.) Handbook of Urban and Regional Economics. (b) Breschi S. and F. Lissoni (2001) Knowledge Spillovers and Local Innovation Systems: A Critical Survey, Industrial and Corporate Change, 10, 975-1005, (LIUC working papers) (b) Jaffe A.B., Henderson R., Trajtenberg M. (1993) Geographic Localization Of Knowledge Spillovers As Evidenced By Patent Citations, Quarterly Journal of Economics, 108, 557- 598. Maggioni M. A. e T. E. Uberti (2006), International networks of knowledge flows: an Feldman M.P., D.B. Audretsch (1999), Innovation in cities: Science-based diversity, specialization and localized competition, European Economic Review 43 409-429. Carlino G., S. Chatterjee and R. Hunt (2006), Urban density and the rate of invention, Federal Reserve Bank of Philadelphia, Working Paper 06-14 (b)

B) Economia e geografia dell’attività produttiva Del Gatto M. (2004) Geographical Economics: A Survey, Giornale degli Economisti e Annali di Economia, vol. 63(2), pp. 205-241. (b) Paci R., Usai S. (2008), Agglomeration economies, spatial dependence and local industry growth, forthcoming in Revue d’Economie Industrielle. (b) Dettori B., Marrocu E., Paci R. (2008) TFP, intangible assets and spatial dependence in the European regions. Crenos wp 2008/23 Marco Pontis (2009) Tesi di laurea magistrale, Scienze Economiche, Università di Cagliari. In via di completamento. Olla E. (2007), Agglomerazione delle attività produttive nei sistemi locali del lavoro in Italia. Tesi di laurea magistrale, Scienze Economiche, Università di Cagliari.

B) Economia e geografia dell’attività produttiva: letture Martin R. (1999) The new 'geographical turn' in economics: Some critical reflections, Cambridge Journal of Economics; 23, 65-91 (b) Overman H. (2004) Can we learn anything from economic geography proper?, Journal of Economic Geography, 4, 501–516 (b) Rosenthal S., Strange W. (2004) Evidence on the Nature and Sources of Agglomeration Economies, in Henderson J.V. and J.F. Thisse (eds.) Handbook of Urban and Regional Economics, Amsterdam: Elsevier (b) Combes P., H. Overman (2004) The Spatial Distribution of Economic Activities in the European Union, in Henderson V. and J.F. Thisse (eds.) Handbook of Regional and Urban Economics. Amsterdam: Elsevier. (b) Maurel F., B. Sedillot (1999) A measure of the geographic concentration in French manufacturing industries, Regional Science and Urban Economics, 29, 575–604 (b) Devereux M.P., R. Griffith, H. Simpson (2004) The geographic distribution of production activity in the UK, Regional Science and Urban Economics, 34, 533– 564 (b)

C. Laboratorio: analisi territoriale e econometria spaziale (dottssa Dettori) Introduzione all’analisi territoriale e all’econometria spaziale Applicazioni con i software: ArcView, SpaceStat e GeoDa e cenni di Stars e Matlab. Anselin L. (1988), Spatial Econometrics: Methods and Models. Dordrecht: Kluwer Academic Publisher. CRENoS (2003), Gli indicatori territoriali, documento di lavoro (b) Atzeni S., Dettori B., Usai S. (2004) L’econometria per le indagini territoriali. Appunti metodologici e un’applicazione alla Sardegna. CRENoS, Quaderni di lavoro, 04/01. (b) Manuale SpaceStat Manuale GeoDa

Geografia economica: qualche domanda In che modo la geografia, il territorio, influenza il funzionamento dell’economia? In particolare quali sono le principali determinanti del processo decisionale che guida la localizzazione delle imprese? E quali sono le determinanti territoriali che possono influenzare la performance delle imprese sia in termini di produttività che in termini di innovatività? E’ possibile che l’economia incida a sua volta sulla geografia? Che rapporto esiste fra la globalizzazione e localizzazione? A che cosa sono dovuti gli squilibri economici fra le regioni? In che modo si generano? Sono dovuti alla geografia, alla storia, ai fallimenti del mercato? Un po’ a tutti questi elementi? C’e’ un ruolo per il settore pubblico? 10

Luci Notturne: Africa 11

Luci Notturne: Asia 12

Luci Notturne: Europa 13

Luci Notturne: USA 14

Economia regionale: qualche domanda In che modo lo spazio, il territorio, influenzano il funzionamento dell’economia? Come la stessa economia incide sull’evoluzione del territorio? Che rapporto esiste fra la globalizzazione dell’economia e i fattori di localizzazione delle imprese? Come si conciliano questi due fenomeni apparentemente contrastanti… A che cosa sono dovuti gli squilibri economici fra le regioni? In che modo si generano? Sono dovuti a fallimenti del mercato? C’e’ un ruolo per il settore pubblico?

Economia spaziale e globalizzazione Il mondo non è mai stato così ricco, grazie all’integrazione dei mercati dei prodotti e dei fattori Tuttavia: gli squilibri nella crescita sono più forti che in passato  La globalizzazione ha dei pro e dei contro Occorre cercare le ragioni degli squilibri e tentare di riequilibrare la crescita Considerare lo spazio nei fenomeni economici per analizzare le tendenze localizzative ed elaborare nuove strategie di sviluppo locale

Il territorio nell’economia RISORSA DISTANZA REGIONI TRASPORTI SQUILIBRI ECONOMIA internazionale e della globalizzazione ECONOMIA regionale e dello sviluppo LOCALIZZAZIONI

Spazio regionale e spazio globale GLOBALIZZAZIONE Integrazione dei mercati dovuta a: trasporti telecomunicazioni monete stabilità politica libero scambio REGIONI “gLOcAL” Ciascun sistema locale entra in competizione sul mercato globale con più opportunità e più rischi

Regioni economiche e localizzazione L’attenzione delle analisi economiche territoriali e urbane è oggi portata su La capacità dei sistemi economici di attrarre attività economiche e produttive La competizione fra sistemi economici territoriali Le “condizioni al contorno” delle scelte localizzative, e i fattori di localizzazione Le scelte localizzative delle imprese e delle famiglie sono sempre più indipendenti, e/o la relazione si è a volte rovesciata (le imprese ad alto valore aggiunto si insediano ormai nei siti più adatti alla manodopera)

Fattori di localizzazione (e di performance) delle attività di produzione (e di innovazione) tecnologia FATTORI DI LOCALIZZAZIONE Fattori di produzione endogeni Fattori esogeni capitale terra economie esterne natura/geografia lavoro capitale umano specializzazione storia/demografia diversita’ capitale sociale Economie di scala istituzioni capitale pubblico Economie di scopo

Fattori produttivi endogeni Terra risorsa da sfruttare o spazio per l’insediamento qualità: tipo di superficie, fertilità… Lavoro disponibilità costo qualificazione/produttività Capitale fisico macchine e strumenti Capitale umano conoscenza tecnica istruzione imprenditorialità Il tutto è miscelato grazie alla tecnologia che indica la ricetta per l’uso dei fattori produttivi, la scala di produzione che determina le economie di scala (interne) mentre la trasversalità della produzione determina le economie di scopo (o di varietà) 21

Fattori naturali/geografici Risorse naturali (materie prime, energia, giacimenti minerari, terra fertile) Risorse idriche (materia prima, energia, via di comunicazione, raffreddamento, scarico) Clima (piovosità, soleggiatura, temperature..) Risorse ambientali Risorse turistiche primarie Risorse storico-culturali 22

Fattori storici/demografici Popolazione come manodopera e mercato La conoscenza accumulata Saper fare (know how) Apprendimento attraverso il fare (learning by doing) La capacita’ imprenditoriale La conoscenza dei mercati La reputazione e l’immagine 23

Fattori istituzionali Legislazione sul diritto di proprieta’ Legislazione finanziaria e creditizia e funzionamento del mercato del credito Legislazione del lavoro Legislazione sull’ambiente Fiscalità Pianificazione territoriale e urbanistica Livello e efficienza della burocrazia 24

Economie di specializzazione (Marshalliane) Offerta di manodopera specializzata Offerta di beni primari, intermedi e macchinari specifici Contatto con i fornitori per capire meglio i loro problemi e risolverli insieme Offerta servizi specifici (formazione, finanziari, manutenzione etc.) Costi di trasporto bassi Costi di transazione bassi Infrastrutture ad hoc Competenza diffusa (esternalità di conoscenza intrasettoriale) 25

Economie di diversita’ (Jacobiane) Concentrazione di input differenziati Mercato del lavoro flessibile e diversificato Vasto mercato per i beni finali Contatto con i consumatori per scoprire/capire meglio i loro bisogni Concentrazione degli interventi pubblici più importanti Terziario per imprese e famiglie Competenze diversificate (esternalità di conoscenza intersettoriali) Presenza delle tre T (tecnologia, talento e tolleranza) MODELES DE LOCALISATION MEME A L’INTERIEUR DES VILLES ECONOMIE URBAINE 26

Capitale sociale/culturale Mix di concorrenza e cooperazione Propensione all’associazionismo Alto livello di fiducia Basso livello criminalita’ Valori, stili di vita “di nuovo” le tre T iI tutto si traduce in un basso livello dei cosiddetti costi di transazione ponendo le basi per lo sviluppo dei cosidetti distretti industriali 27

Capitale pubblico Infrastrutture materiali (strade, porti, ferrovie, smaltimento rifiuti, gestione risorse idriche, offerta energetica) Infrastrutture immateriali: Conoscenza di base e ricerca pubblica Servizi pubblici (per le famiglie e per le imprese) Livello e efficienza (e onesta’) della pubblica amministrazione Livello e efficienza della spesa pubblica 28

Diseconomie (esternalità negative) Prezzo dei fattori Terra Lavoro Capitale Maggiore concorrenza dal lato dell’offerta dal lato della domanda Inquinamento Congestione: maggiori tempi di trasporto con maggiori costi Altre esternalità ambientali e sociali 29

Tiscali a Cagliari, come mai? è un caso (leggi “colpo di fortuna”) è il risultato della strategia regionale è il prodotto finale di un percorso storico è Il risultato di un imprenditore di successo che si è fatto da solo è qualcos’altro… È un po’ tutte queste cose… 30

Tiscali a Cagliari, come mai? Fattori di produzione endogeni Lavoro e Capitale umano (grazie a capitale pubblico) Capitale fisico grazie a capitale finanziario (interno e esterno) Economie di scopo La tecnologia giusta (telecom e internet, oltre i “pop”) L’imprenditore schumpeteriano 31

Tiscali a Cagliari, come mai? Esternalità marshalliane Microimprenditorialità “artigianale” nel settore informatico Contesto di conoscenza diffusa nel settore Minima dotazione infrastrutturale (cavi, centrali, aeroporto) Mercato a monte e a valle “immateriale” Esternalita’ jacobiane Servizi per l’impresa: marketing, commerciali, finanziari Servizi alle famiglie: contesto urbano metropolitano Università Qualità della vita un po’ delle tre T? 32

Tiscali a Cagliari, come mai? Altri fattori: La storia (CRS4, Video on line…czech on line, sarda telecomunicazioni) La rete di relazioni dell’imprenditore (esterna) La liberalizzazione Il momento giusto… La quotazione: molti soldi a disposizione (…forse troppi?) L’apertura al mercato sia dal lato dell’offerta che della domanda Scarsa dipendenza dal settore pubblico 33

Tiscali a Cagliari, C’e’ un cluster?..... E se no, come mai?.... Risposta aperta:…. 34

Alcune domande per riflettere sulle prospettive future dei fenomeni di localizzazione Quali sono le conseguenze geografiche dei nuovi fattori di localizzazione? Ci si deve attendere una maggiore concentrazione delle attività economiche a livello regionale? E al livello urbano? La localizzazione è ancora importante in un’economia globale? Le nuove tecnologie stanno determinando la “morte della distanza” Ci si può attendere la comparsa di nuovi fattori di localizzazione? Quali? MODELES DE LOCALISATION MEME A L’INTERIEUR DES VILLES ECONOMIE URBAINE

Localizzazioni e fattori « culturali » La crescita economica delle regioni e città dipende dalla scelta di localizzazione e di investimento delle imprese La globalizzazione implica la competizione fra territori, quindi l’attrazione delle attività e degli investimenti I fattori di localizzazione basati sulle “economie esterne” Le scelte di localizzazione delle imprese e delle famiglie sono sempre più indipendenti, oppure la relazione si è rovesciata (le imprese ad altro valore aggiunto scelgono i siti più adatti alla manodopera) I fattori più importanti sono ormai la capacità di apprendere, diffondere ed esportare il saper fare e le innovazioni, quindi le caratteristiche culturali della regione nel senso più ampio (cultura urbana, artistica, economica, sociale, tecnologica, etc.)

Economia dell’innovazione Innovazione influisce sul modo di agire, crescere, competere o cooperare delle imprese e degli attori economici L’economia dell’innovazione ha come obiettivo l’analisi di tutti gli aspetti, peraltro interrelati, legati al processo di innovazione (tecnologica) come nei diagrammi seguenti

Dinamica del processo innovativo

Tecnica e tecnologia: definizioni matematiche Tecnica: combinazione di fattori sull’isoquanto di produzione Tecnologia: forma e posizione dell’intero isoquanto Progresso tecnologico: spostamento della funzione di produzione nel tempo, cioè lo spostamento dell’isoquanto

L K Cambiamento tecnologico Tecnica utilizzata nella produzione di Y Isoquanto di produzione Y = tecnologia

Funzione di produzione Progresso tecnologico viene definito: INCORPORATO: introducendo nuovi beni capitali K o capitale umano più avanzato L DISINCORPORATO: legato alla tecnologia t, indipendente dall’investimento in nuovo capitale o lavoro, dipendente dal passare del tempo o da scoperte scientifiche e tecniche esogene

Progresso tecnico viene anche definito: NEUTRALE: quando lo spostamento della funzione f lascia immutato il rapporto K/L CAPITAL-SAVING: quando lo spostamento di f cambia la tecnica verso un minore K/L LABOR-SAVING: quando lo spostamento di f cambia la tecnica verso un maggiore K/L

Ragioni per l’innovazione Demand pull Supply push Cambiamenti nei prezzi dei fattori

Scienza tecnologia tecnica: definizioni economiche Scienza: BENE PUBBLICO, caratterizzato da non-escludibilità dei risultati, non segretezza, non profittabilità Tecnologia: BENE PRIVATO, caratterizzato da segretezza, obiettivi di profitto e quote di mercato, protezione brevettuale

Scienza tecnologia tecnica: definizioni tradizionali Scienza: sviluppa conoscenza di base, astratta, a-finalizzata Tecnologia: finalizzazione del sapere scientifico verso obiettivi specifici e utili Tecnica: materializzazione in progetti, macchine e prodotti

Scienza tecnologia tecnica: definizioni empiriche Tecnologia: l’insieme delle conoscenze, capacità professionali, procedure, competenze, attrezzature, soluzioni tecniche, necessarie per la realizzazione di un prodotto o per l’esecuzione di un processo produttivo

Invenzione-Innovazione Invenzione: nuova idea, nuova scoperta scientifica o novità tecnologica che non è stata ancora realizzata tecnicamente e materialmente, né su larga scala Innovazione: progettazione, realizzazione fisica, commercializzazione dell’invenzione (ma non tutte le innovazioni derivano da invenzioni)

Tipologie di innovazione Innovazione di prodotto Nuovo prodotto o servizio Innovazione di processo Implementazione nuovo metodo di produzione Innovazione organizzativa Creazione di nuove modalità organizzative Innovazione nel modello di business Creazione di nuove modalità di “estrazione del valore” (es: Dell, Google, Benetton)

Una più ampia concezione Oltre all’ambito tecnologico, si definiscono innovazioni quindi anche le seguenti: Ricombinazione intelligente di conoscenza esistente Nuove forme di organizzazione aziendale Applicazione di prodotti esistenti ad una nuova domanda Apertura di nuovi mercati

La diffusione

grado di novità rispetto all’esistente Innovazioni INCREMENTALI: miglioramento di un processo, prodotto, servizio rispetto ai modelli dominanti Innovazioni RADICALI: rappresentano una vera e propria rottura con i processi e i prodotti esistenti, danno forma a nuovi settori e nuovi segmenti di mercato (p.es. il computer!) Traiettorie tecnologiche: internet, telefonia mobile

Input dell’innovazione: R&D Ricerca e Sviluppo è un’attività formalizzata e organizzata da parte di imprese e altre organizzazioni al fine di introdurre innovazioni Pensate all’airbus, iphone, windows vista (anni di progettazione e di studi) Esistono diverse strategie di R&D adottate dalle imprese, interna-esterna, formale-informale, innovativa-imitativa, ecc.

R&D nel Frascati Manual (OCSE): “il lavoro creativo condotto su base sistematica per l’aumento del patrimonio di conoscenze scientifiche e tecniche e per l’utilizzo di questo patrimonio di conoscenze nella realizzazione di nuove applicazioni”

Ricerca di base: finalizzata all’ampliamento delle conoscenze scientifiche Ricerca applicata: utilizza conoscenze scientifiche e genera nuove conoscenze tecnologiche per creare nuovi prodotti e processi Sviluppo: effettiva realizzazione di un nuovo prodotto o processo

Indicatori di innovazione: input Spese per R&D e il numero di addetti alla R&D Esse colgono solamente l’attività formalizzata Importante per i settori basati sulla scienza, meno nella meccanica, servizi, software

Indicatori di innovazione: output Risultati applicati, se misurabili Introduzione delle innovazioni (dummy) Brevetti e licenze Forniscono un diritto esclusivo all’inventore per un periodo di tempo Elemento di protezione dall’imitazione e di incentivo ad innovare

Innovazione: religione industriale “l’innovazione è diventata la religione industriale del XX secolo. Le imprese la vedono come lo strumento chiave per aumentare i profitti e quote di mercato. I governi si affidano a essa quando cercano di migliorare l’economia. Nel mondo, la retorica dell’innovazione ha recentemente rimpiazzato quella dell’economia del benessere…E’ la nuova teologia Economist, 1999

Teoria Economica Teoria neoclassica Scuola austriaca Concorrenza perfetta Extra-profitti nulli Imprese e beni uguali Informazione perfetta (tutta nel prezzo) Equilibrio Scuola austriaca Concorrenza come processo di selezione Limiti conoscitivi Competenze specifiche e idiosincratiche Disequilibrio

Schumpeter La concorrenza non è nel presso ma nei nuovi beni, nelle nuove tecnologie, nelle nuove fonti di offerta, nei nuovi tipi di organizzazione…concorrenza che porta vantaggi di costo e di qualità…che non colpisce i margini di profitto delle imprese ma la loro stessa possibilità di sopravvivere…

Schumpeter/1 Innovazione come principale determinante del cambiamento industriale..processo di creatività distruttrice Relazione tra struttura mercato e innovazione Concorrenza Monopolio Innovazione e profitti temporanei Storia come fonte di conoscenza

Schumpeter/2 Innovazione come processo a esito incerto Imprenditore come soggetto a “razionalità limitata” Cluster di innovazioni (nel tempo e nei settori) Importanza dell’età delle imprese, non solo delle dimensioni

Incentivi all’attività innovativa e concentrazione del mercato Quali sono gli incentivi ad introdurre una innovazione di processo per un’impresa che opera in industrie con diversa concentrazione? Schumpeter (1934, 1939, 1942) K. Arrow (1962)

Innovazione di Processo: introduzione di un nuovo sistema produttivo che riduca il Costo Medio e Marginale di produzione dei beni esistenti da c a c’ < c STRUTTURA MONOPOLIO OLIGOPOLIO (DUO) CONCORRENZA PIANIFICATORE SOCIALE INNOVAZIONE MINIMO VALORE INTERMEDIO MASSIMO VALORE

VALORE DELL’INNOVAZIONE PROFITTO derivante dall’introduzione di un’innovazione Determinante per gli INCENTIVI AD INVESTIRE IN R&D INCENTIVO PURO (TECNOLOGICO) INCENTIVO STRATEGICO

Imprese concorrenziali A) Inventore esterno indipendente a cui le imprese pagano una royalty unitaria r B) Inventore è una delle imprese concorrenziali L’incentivo dell’inventore dipende dalla natura dell’invenzione: drastica o incrementale

Invenzione drastica p x D p’m = c’ + r d p=c p’m c’ xc x’m

Il rettangolo rosa è il profitto-incentivo dell’inventore che estrae una rendita pari a Vale anche se l’inventore coincide con una impresa concorrenziale Questo profitto coincide con il profitto unitario di monopolio: nel caso in cui una impresa innovatrice è anche inventore, allora l’impresa spiazza dal mercato tutte le altre e si comporta da monopolista

Invenzione non drastica p x r = c – c’ D p’m = c c d xc La rendita dell’innovatore dipende dal prezzo di mercato del bene! c’

Impresa Monopolista Unica impresa che può innovare Ottiene un brevetto la cui durata è illimitata nel tempo Valore dell’innovazione come differenza tra profitti: Prima di innovare, il monopolista produce una quantità di output xm e fissa un prezzo pm secondo l’uguaglianza tra r_m = c

p x D r_m b pm xm g d c Area verde = profitto originario, prima dell’introduzione di una innovazione

Invenzione drastica p x p’m<c D b pm d c p’m e c’ xm x’m

L’incentivo tecnologico del monopolista è pari alla differenza tra i profitti post-innovazione e pre-innovazione: Se l’invenzione è “drastica” allora p’<c L’incentivo di un inventore che vende la propria invenzione ad una industria concorrenziale è maggiore dell’incentivo del monopolista ad introdurre una innovazione drastica

Il monopolista calcola il beneficio dell’invenzione al netto dei profitti guadagnati con la vecchia tecnologia = il monopolista rimpiazza se stesso Arrow dimostra che anche nel caso di un’invenzione non drastica l’inventore che vende la propria nuova tecnologia ad un’industria concorrenziale ha un incentivo più elevato di un monopolista

Invenzione non drastica p x D xm r_m c pm b d g p’m xm’ e c’ f h

Comunque Arrow ammette che se la differenza tra c e c’ è esigua, allora il monopolista potrebbe avere un incentivo maggiore per il fatto che il suo grado di appropriabilità dell’invenzione (per es. per il fatto che non ha imitatori) è maggiore rispetto ad una impresa innovatrice concorrenziale

Benessere collettivo Mostriamo graficamente la variazione di surplus delle imprese e dei consumatori Prendiamo il caso dell’innovazione drastica Confrontiamo l’industria concorrenziale e il monopolio

p’m = c’ + r BENESSERE TOTALE DOPO L’INNOVAZIONE Invenzione drastica x p’m = c’ + r a D Invenzione drastica Industria concorrenziale d p=c p’m e h c’ f xc x’m

p’m<c BENESSERE TOTALE DOPO L’INNOVAZIONE Invenzione drastica x p’m<c a D Invenzione drastica b pm Monopolista g d c p’m e h c’ f xm x’m

Confronto il Benessere ottenuto con diverse strutture industriali Bm = benessere collettivo se l’innovatore è monopolista Bc = benessere collettivo se l’innovatore vende all’industria concorrenziale Bs = benessere potenziale sociale

Conclusioni del modello di Arrow Il grado di monopolio ex-ante non è necessario per finanziare attività innovativa delle imprese L’impresa concorrenziale però non ha incentivi privati sufficienti per generare il livello di innovazione socialmente desiderabile Ciò giustifica l’intervento dello Stato a favore della ricerca privata

Limiti del modello di Arrow Mancata descrizione del processo inventivo-innovativo (la frontiera delle possibilità inventive: i costi di R&D variano tra imprese in funzione del loro stock di conoscenza) Assenza di concorrenza ex ante tra inventori (selezione tecnologica, gara per il brevetto) Struttura di mercato e tasso di innovazione entrambi endogeni: dipendono dalla tecnologia di ricerca, condizioni di domanda, efficienza del mercato dei capitali, protezione legale delle innovazioni