Le relazioni di aiuto.

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Le relazioni di aiuto

Le relazioni d'aiuto Come “leggere” non solo i Lo studio di caso vuole stimolare una riflessione su come porsi in ascolto dell’alunno per offrirgli una relazioni d’aiuto. Come “leggere” non solo i comportamenti e le prestazioni, ma entrare in sintonia emotiva Solo allora sarà possibile assumere punti di  vista diversi ed ampliare la propria dimensione prospettica.

Obiettivi Saper analizzare il complesso di variabili che possono essere legate alla difficoltà manifestate da un alunno (spazio del problema) Saper strutturare un intervento risolutivo tenendo conto della complessità del setting (limiti strutturali ed organizzativi, persone coinvolte, clima relazionale) Saper estrapolare dall’esperienza gli indicatori in base ai quali valutare le possibili strategie d’aiuto risolutive in termini di costi e benefici

Stupido foglio, perché non ti lasci scrivere Stupido foglio, perché non ti lasci scrivere? Sono ormai le sette e tra un po’ sentirò la mamma che entrerà nella mia stanza e mi chiederà se ho finito i compiti. E che le racconto?! A volte la penna si muove, ma al posto delle parole escono dei disegni. L’altro giorno mi ha beccato il prof di mate e mi ha dato compito doppio. Eppure ero attento...o forse credevo di esserlo, perché poi non ho saputo rispondere bene e così tutti ridevano. Rideva anche Mara e sarei voluto sprofondare in un buco per la vergogna. Forse ha ragione papà: “Sei proprio un buono a nulla e il game boy te lo puoi scordare!” Quella volta ho pianto e lui credeva che fosse perché mi aveva portato via il videogioco. Eppure io vorrei fare bella figura, così a luglio magari mi prenderebbero il motorino con i soldi della nonna: a Mara piacciono i ragazzi con il motorino. Vorrei essere meno imbranato, vorrei che i prof mi sorridessero e che i miei genitori non litigassero a causa mia, ma tu, stupido foglio bianco, non ti lasci scrivere".

entrare in sintonia emotiva assumere punti di vista diversi Riferimenti teorici Saper esprimere relazioni d’aiuto implica porsi in ascolto dell’alunno (ascolto attivo) Ciò significa “leggere” non solo i comportamenti e le prestazioni, ma entrare in sintonia emotiva Solo allora sarà possibile assumere punti di vista diversi

continui riadattamenti Il punto di vista Il processo di crescita implica continui riadattamenti della relazione da parte degli educatori

condizionamento dei nostri modelli teorici impliciti od espliciti Difficoltà condizionamento dei nostri modelli teorici impliciti od espliciti Carenze cognitive? Difficoltà emotive? Condizionamento ambientale?

bisogna capire come agire Cosa fare imparare a “riconoscere” l’alunno non basta bisogna capire come agire per proporre un’efficace relazione d’aiuto

non si aiuta chi ha un problema Regola del counseling non si aiuta chi ha un problema risolvendoglielo ma fornendogli il sostegno e gli strumenti che gli consentano di risolverlo in proprio

Consegna scheda scheda Proponete una soluzione al problema; Analizzate le soluzioni proposte e individuate i punti di forza o di debolezza Rispondi alle domande Viste queste soluzioni, vi sembra ancora valida quella che avete proposto inizialmente? Vi sembra che il comportamento del tutor nelle suddette ipotesi risolutive sia in linea con la funzione prevista dalla normativa? Se sì perché? Se no perché? Riconoscete le teorie di riferimento cui si ispirano i modelli proposti nelle prime tre soluzioni?

1^ Ipotesi risolutiva Il tutor decide di proporre il caso all’interno dell’équipe docente. Alla fine si è d’accordo che i problemi del ragazzo sono sostanzialmente legati alle difficoltà in alcune discipline, difficoltà che poi hanno conseguenze di tipo emotivo (chiusura, difficoltà di relazione, scarsa autostima). Viene deciso quindi di attivare un intervento di recupero con l’inserimento in un larsa assieme ad altri tre compagni che manifestano lacune nelle attività di problem solving. Si ipotizza infatti che l’alunno, pur se con capacità nella norma, non usi delle buone strategie, senza le quali è impossibile conseguire le competenze attese. Si dovrà iniziare con esercizi per l’analisi dello spazio del problema e la produzione di idee. Bisognerà poi farlo esercitare nella predisposizione di algoritmi risolutivi ed in attività che facilitino un controllo metacognitivo durante l’esecuzione. Si ritiene che questo laboratorio dovrebbe avere una valenza interdisciplinare e rispondere alla necessità di recupero sia per la produzione del testo scritto che dei problemi di matematica.

2^ Ipotesi risolutiva Il tutor decide di proporre il caso all’interno dell’équipe docente. Alla fine si è d’accordo che i problemi del ragazzo sono sostanzialmente legati alle difficoltà di tipo emotivo. L’alunno manifesta una forte insicurezza e non ha una buona autostima. Ciò fa sì che non si senta all’altezza del compito creando dei blocchi che non gli consentono di applicare le conoscenze che possiede. Il ragazzo avrebbe bisogno di sentirsi accettato e sostanzialmente “amato”. Viene stabilito di incaricare l’insegnante di educazione fisica, con cui pare che l’alunno stia bene, di parlargli per cercare di capire meglio i suoi problemi. Nel frattempo ci si impegnerà tutti nel valorizzare ciò che fa di buono e nel mandare dei messaggi di attenzione nei suoi confronti. Si pensa sia anche opportuno organizzare delle attività per gruppi, avendo cura di affiancargli dei compagni che siano in grado di aiutarlo. Il tutor chiamerà i genitori ad un colloquio e li informerà su quanto la scuola ha programmato invitandoli a comportarsi coerentemente anche a casa.

3^ Ipotesi risolutiva Il tutor decide di proporre il caso all’interno dell’équipe docente. Alla fine si è d’accordo che i problemi del ragazzo sono sostanzialmente legati alle difficoltà di tipo “ambientale”. E’ infatti risaputo che i genitori non vanno d’accordo e si scaricano reciprocamente la responsabilità di seguire il ragazzo con il risultato che lui è allo sbando. Non è possibile che non ci sia nessuno che si curi di fargli fare i compiti e di controllare che metta in cartella le cose che servono a scuola. E’ vero, l’alunno non è più un bambino, ma sembra immaturo e avrebbe bisogno di un ambiente regolato. Il docente con funzione tutoriale dovrà farsi carico di parlarne con i genitori, avvertendoli del rischio che stanno correndo e della necessità di un loro intervento mirato. Li si consiglierà altresì di fargli riprendere il calcio perché quello è un ambiente che educa al rispetto di regole e della responsabilità nei confronti altri (i compagni, l’allenatore) e poi il ragazzo ha bisogno di uno sfogo. Si potrà inoltre proporre alla famiglia di farlo partecipare ai gruppi di attività opzionale e facoltativa che si svolgono il martedì ed il giovedì pomeriggio: sarà un’alternativa efficace al restarsene solo a casa con la Tv ed i videogiochi.

4^ Ipotesi risolutiva Il tutor decide di proporre il caso all’interno dell’équipe docente. Avverte che la riunione non è finalizzata a trovare subito una soluzione, ma a raccogliere il maggior numero di informazioni che consentano di capire quali e quanti siano i problemi dell’alunno. Per evitare che si inneschi un meccanismo a catena di tipo negativo propone di cominciare a parlare di quello che ognuno trova di positivo nel ragazzo, successi che ha ottenuto, capacità che ha manifestato, conoscenze che possiede pur non sapendole tradurre in pratica. Il passo successivo consisterà nell’incontrare i genitori. Anche in questo caso l’obiettivo sarà sostanzialmente quello di raccogliere informazioni che favoriscano la comprensione di aspetti (abitudini, limiti, desideri, giudizi sulla scuola e sui compagni) che possono sfuggire all’osservazione degli insegnanti. La terza fase consisterà nel riproporre all’équipe docente il quadro di quanto è emerso nelle riunioni, invitando a ragionare su possibili soluzioni. Le decisioni che verranno prese saranno poi riformulate con la famiglia e, per quanto possibile, con lo studente al fine di sottoscrivere un contratto formativo condiviso con pochi, chiari e possibilmente semplici, nonché agevolmente monitorabili, obiettivi.