Il sistema monetario internazionale, 1870–1973 Obiettivi delle politiche macroeconomiche Gold standard Gli anni tra le due guerre Il sistema di Bretton Woods Il crollo del sistema di Bretton Woods Effetti internazionali delle politiche macroeconomiche degli USA
Obiettivi macroeconomici “Equilibrio interno” è il nome dato agli obiettivi macroeconomici di pieno impiego (o produzione normale) e stabilità dei prezzi (o bassa inflazione). La sovraoccupazione tende a portare a prezzi maggiori e la sottooccupazione tende a portare a prezzi inferiori. Domanda aggregata e produzione instabili tendono a creare prezzi volatili. L’inflazione inattesa redistribuisce il reddito dai creditori ai debitori e rende più difficile la pianificazione per il futuro.
Obiettivi macroeconomici (segue) “Equilibrio esterno” è il nome dato ad un saldo del conto corrente che non è “troppo” negativo o “troppo” positivo. Un ampio deficit di conto corrente può far pensare agli stranieri che un’economia non possa ripagare i suoi debiti e perciò può indurli a fermare i prestiti, causando una crisi finanziaria. Un ampio surplus di conto corrente può causare pressioni protezionistiche o altre pressioni politiche da parte dei governi stranieri (es: la pressione sul Giappone negli anni 80 e sulla Cina negli anni 2000).
Obiettivi macroeconomici (segue) “Equilibrio esterno” può anche significare un equilibrio della bilancia dei pagamenti: Un saldo di conto corrente (più il conto capitale) uguale al saldo del conto finanziario nelle voci non relative a riserve in un dato periodo, di modo che le riserve ufficiali internazionali non cambiano.
Il gold standard rivisitato Il gold standard dal 1870 al 1914 e dopo il 1918 aveva meccanismi che impedivano che i flussi di riserve in oro (la bilancia dei pagamenti) diventassero troppo positivi o troppo negativi. I prezzi tendevano ad aggiustarsi secondo la quantità di oro circolante in un’economia, cosa che aveva effetti sui flussi di beni e servizi: il conto corrente. Le banche centrali influenzavano i flussi di capitale finanziario, di modo che la parte non a riserva del conto finanziario era uguale al saldo del conto corrente, riducendo pertanto i flussi di oro in entrata o in uscita.
Il gold standard rivisitato (segue) Il meccanismo price-specie-flow è l’aggiustamento dei prezzi quando l’oro (“specie”) entra o esce da un paese, causando un aggiustamento nel flusso di beni. Un flusso di oro in entrata tende a gonfiare i prezzi. Un flusso di oro in uscita tende a ridurre i prezzi. Se il paese domestico ha un avanzo di conto corrente superiore al conto finanziario non rappresentato da riserve, l’oro guadagnato con le esportazioni entra nel paese – facendo aumentare i prezzi in quel paese e riducendoli nei paesi stranieri. I beni del paese domestico diventano cari e i beni dei paesi esteri diventano economici, e ciò riduce l’avanzo di conto corrente del paese domestico e i disavanzi dei paesi stranieri.
Il gold standard rivisitato (segue) Perciò, il meccanismo price-specie-flow del gold standard poteva ridurre l’avanzo o il disavanzo di conto corrente, ottenendo una misura di equilibrio esterno per tutti i paesi.
Il gold standard rivisitato (segue) Le “regole del gioco” in regime di gold standard si riferiscono ad un altro processo di aggiustamento che era teoricamente gestito dalle banche centrali: Vendita di attività domestiche quando l’oro esce dal paese per pagare le importazioni. Ciò riduce l’offerta di moneta e incrementa i tassi di interesse, attraendo flussi di capitale finanziario per compensare il deficit di conto corrente, riducendo i flussi di oro in uscita. Acquisto di attività domestiche quando l’oro entra nel paese come reddito da esportazioni. Ciò incrementa l’offerta di moneta e riduce i tassi di interesse, riducendo i flussi di capitale finanziario in entrata per compensare il saldo di conto corrente, riducendo i flussi di oro in entrata.
Il gold standard rivisitato (segue) Le banche con riserve in oro decrescenti avevano un forte incentivo a praticare le regole del gioco: non potevano convertire la valuta senza una sufficiente quantità di oro. Le banche con riserve in oro crescenti avevano un debole incentivo a praticare le regole del gioco: l’oro non fruttava interesse, ma le attività domestiche sì. In pratica, le banche centrali con riserve in oro in crescita raramente seguivano le regole. E le banche centrali spesso sterilizzavano i flussi di oro, cercando di evitare ogni effetto sull’offerta di moneta e sui prezzi.
Il gold standard rivisitato (segue) I risultati del gold standard nell’ottenere l’equilibrio interno sono incerti. Gli USA soffrirono la deflazione e la depressione negli anni ‘70 e ‘80 del 1800 dopo aver aderito al gold standard: i prezzi (e la produzione) si ridussero dopo l’inflazione durante gli anni 60. Il tasso di disoccupazione USA fu in media del 6,8% dal 1890 al 1913, ma ebbe una media inferiore al 5,7% dal 1946 al 1992.
Gli anni tra le guerre: 1918–1939 Il gold standard fu interrotto nel 1914 a causa della guerra, ma dopo il 1918 fu provato ancora. Gli USA ripristinarono il gold standard dal 1919 al 1933 a $20,67 l’oncia e dal 1934 al 1944 a $35,00 l’oncia (una svalutazione del dollaro). Il Regno Unito ristabilì il gold standard dal 1925 al 1931. Ma i paesi che aderirono al gold standard per più tempo, senza svalutare la carta-moneta, soffrirono di più la deflazione e la riduzione della produzione negli anni 30.
Il sistema di Bretton Woods: 1944–1973 Nel luglio 1944, 44 paesi si incontrarono a Bretton Woods, New Hampshire. Per una lezione di storia: http://en.wikipedia.org/wiki/Bretton_Woods_system Istituirono il sistema di Bretton Woods: cambi fissi contro il dollaro USA e un prezzo fisso del dollaro in termini di oro ($35 l’oncia). Fondarono anche altre istituzioni: Il Fondo Monetario Internazionale La Banca Mondiale L’Accordo Generale sui Dazi e sul Commercio (GATT), il predecessore dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
Il Fondo Monetario Internazionale Il FMI fu istituito per concedere prestiti ai paesi con disavanzi della bilancia dei pagamenti persistenti (o disavanzo di conto corrente) e per approvare le svalutazioni. I prestiti erano erogati da un fondo pagato dai membri in oro e valute. Ogni paese aveva una quota, che determinava il suo contributo al fondo e l’ammontare massimo che poteva prendere a prestito. L’erogazione dei grandi prestiti era condizionale alla supervisione delle politiche interne da parte del FMI: condizionalità del FMI. Potevano esserci svalutazioni se il FMI decideva che l’economia stava assistendo ad un “disequilibrio strutturale”.
Il Fondo Monetario Internazionale (segue) Grazie ai prestiti e alle svalutazioni occasionali, si riteneva che il FMI desse ai paesi sufficiente flessibilità per raggiungere l’equilibrio esterno, permettendo loro tuttavia di mantenere l’equilibrio interno e la stabilità dei cambi fissi nel sistema di Bretton Woods. La volatilità dei tassi di cambio nel periodo 1918–1939, causata dalle svalutazioni e dalla mancanza di un costante gold standard, era vista come causa di instabilità economica.
Il sistema di Bretton Woods : 1944–1973 Per evitare improvvise variazioni nel conto finanziario (che possono causare una crisi della bilancia dei pagamenti), i paesi nel sistema di Bretton Woods spesso ostacolavano i flussi di capitale finanziario tra paesi. Tuttavia, incoraggiavano i flussi di beni e servizi secondo l’idea che il commercio beneficia tutte le economie. Le valute furono gradualmente rese convertibili (scambiabili) tra i paesi membri per incoraggiare il commercio di beni e servizi prezzati in diverse valute.
Il sistema di Bretton Woods : 1944–1973 (segue) In un sistema a cambi fissi, tutti i paesi tranne gli USA avevano politiche monetarie inefficaci ai fini dell’equilibrio interno. Lo strumento principale per l’equilibrio interno era la politica fiscale (spesa pubblica o imposte). Gli strumenti principali per l’equilibrio esterno erano il prestito dal FMI, le restrizioni al capitale finanziario e le rare modifiche ai tassi di cambio.
Obiettivi macroeconomici Supponiamo che nel breve periodo si abbia l’equilibrio interno quando la produzione in pieno impiego è uguale alla domanda aggregata: Yf = C(Yf – T) + I + G + CA(EP*/P, Yf – T) Un aumento della spesa pubblica (o una diminuzione delle tasse) accresce la domanda aggregata e la produzione oltre il livello di pieno impiego. Per ristabilire l’equilibrio interno nel breve periodo, deve esserci una rivalutazione (una riduzione di E).
Obiettivi macroeconomici (segue) Supponiamo che ci sia equilibrio esterno nel breve periodo quando il saldo di conto corrente raggiunge un certo valore X: CA(EP*/P, Y – T) = X Un aumento della spesa pubblica (o una diminuzione delle tasse) fa aumentare la domanda aggregata, la produzione e il reddito, riducendo il saldo del conto corrente. Per ristabilire l’equilibrio esterno nel breve periodo, deve esserci una svalutazione (un aumento di E).
Obiettivi macroeconomici (segue) L’equilibrio esterno è raggiunto: Il saldo del conto corrente è al livello desiderato Espansione fiscale (G o T) Tasso di cambio, E XX II L’equilibrio interno è raggiunto: la produzione è al livello di pieno impiego 1
Obiettivi macroeconomici (segue) Ma con il sistema di cambi fissi di Bretton Woods, si supponeva che le svalutazioni fossero rare e che la politica fiscale fosse il principale strumento di politica per ottenere sia l’equilibrio interno che quello esterno. Ma in generale, la politica fiscale non può ottenere l’equilibrio interno e quello esterno allo stesso tempo. Tuttavia, una svalutazione può raggiungere sia l’equilibrio interno che quello esterno contemporaneamente.
Obiettivi macroeconomici (segue) Espansione fiscale (G o T) Tasso di cambio, E XX Svalutazione che porta all’equilibrio interno e esterno: rendendo più economici i beni domestici, la domanda aggregata, la produzione e il saldo di conto corrente aumentano. II Al punto 2, l’economia è sotto II e XX: ha bassa produzione e basso saldo di conto corrente. 1 4 3 2 Politica fiscale che porta all’equilibrio interno o esterno: riducendo la domanda di importazioni e la produzione o incrementando la domanda di importazioni e la produzione.
Obiettivi macroeconomici (segue) Nel sistema di Bretton Woods, le autorità di politica economica generalmente usavano la politica fiscale per cercare di raggiungere l’equilibrio interno per ragioni politiche. Perciò, l’incapacità di adeguare i tassi di cambio col passare del tempo espose i paesi a squilibri esterni. Le rare svalutazioni o rivalutazioni aiutavano a ripristinare l’equilibrio esterno ed interno, ma gli speculatori cercavano di anticiparli, causando maggiori squilibri interni ed esterni.
Equilibrio esterno ed interno degli USA Il crollo del sistema di Bretton Woods fu causato principalmente dagli squilibri degli USA negli anni ‘60 e ‘70. L’avanzo di conto corrente degli USA divenne un disavanzo nel 1971. Una spesa pubblica in rapida crescita incrementò la domanda aggregata e la produzione, così come i prezzi. Un livello dei prezzi e un’offerta monetaria in rapida crescita resero il dollaro sopravvalutato in termini di oro e delle valute straniere.
Equilibrio esterno ed interno degli USA (segue)
Equilibrio esterno ed interno degli USA (segue)
Problemi di un tasso di cambio fisso, una rivisitazione Un altro problema era che quando le economie estere crescevano, il loro fabbisogno di riserve ufficiali internazionali cresceva. Ma questo tasso di crescita era superiore al tasso di crescita delle riserve in oro che le banche centrali detenevano. L’offerta di oro proveniente dalla scoperta di nuovi giacimenti cresceva lentamente. L’alternativa era detenere attività denominate in dollari. Ad un certo punto, le attività denominate in dollari detenute dalle banche centrali straniere sarebbero state maggiori dell’ammontare di oro detenuto dalla Federal Reserve.
Problemi di un tasso di cambio fisso, una rivisitazione (segue) Gli USA col tempo non avrebbero avuto abbastanza oro: gli stranieri avrebbero perso fiducia nella capacità della Federal Reserve di mantenere fisso il prezzo dell’oro a $35/oncia, e perciò si sarebbero affrettati a convertire le loro attività in dollari prima che l’oro finisse. Questo problema è simile a quello che ogni banca centrale può trovarsi ad affrontare quando cerca di mantenere un cambio fisso. Se i mercati si accorgono che la banca centrale non ha abbastanza riserve ufficiali internazioni per mantenere un cambio fisso, una crisi della bilancia dei pagamenti è inevitabile.
Il crollo del sistema di Bretton Woods Gli USA non volevano ridurre la spesa pubblica o aumentare le tasse in modo significativo, né ridurre la crescita dell’offerta di moneta. Queste politiche avrebbero ridotto la produzione e l’inflazione e aumentato la disoccupazione. Gli USA avrebbero potuto ottenere una parvenza di equilibrio esterno al costo di un’economia più lenta. Tuttavia una svalutazione avrebbe potuto evitare i costi di una bassa produzione e di un’alta disoccupazione e raggiungere comunque l’equilibrio esterno (saldo del conto corrente e riserve ufficiali internazionali maggiori).
Il crollo del sistema di Bretton Woods (segue) Gli squilibri degli USA, a loro volta, causarono speculazioni sul valore del dollaro, causando squilibri in altri paesi e rendendo più difficile il mantenimento del sistema di cambi fissi. I mercati finanziari ebbero la percezione che l’economia USA stesse vivendo uno “squilibrio strutturale” e che si sarebbe resa necessaria una svalutazione.
Il crollo del sistema di Bretton Woods (segue) In primo luogo, la speculazione su una svalutazione del dollaro generò nei mercati massicci acquisti di oro. La Federal Reserve vendette enormi quantità di oro nel marzo 1968, ma successivamente chiuse i mercati. Quindi, agli investitori non era più permesso riscattare oro dalla Federal Reserve o da altre banche centrali. La Federal Reserve avrebbe venduto solo alle altre banche centrali a $35 l’oncia. Ma anche questo accordo non funzionò: gli USA svalutarono il dollaro in termini di oro nel dicembre 1971 a $38 l’oncia.
Il crollo del sistema di Bretton Woods (segue) Secondo, la speculazione sulla svalutazione del dollaro in termini delle altre valute generò massicci acquisti di attività in valuta estera. Nel dicembre 1971 si verificò una svalutazione coordinata del dollaro contro le valute estere di circa l’8% Si generò una speculazione su un’altra svalutazione: le banche centrali europee vendettero enormi quantità di valuta agli inizi di febbraio 1973, ma chiusero successivamente i mercati. Le banche centrali in Giappone e in Europa smisero di vendere le loro valute e di acquistare dollari nel marzo 1973, e permisero alla domanda e all’offerta di valuta di spingere al ribasso il valore del dollaro.
Sommario Equilibrio interno significa che l’economia gode di produzione e occupazione normali e stabilità dei prezzi. Equilibrio esterno significa approssimativamente un livello costante di riserve ufficiali internazionali o un saldo del conto corrente che non è troppo positivo o troppo negativo. Il gold standard aveva due meccanismi che aiutavano ad evitare squilibri esterni Meccanismo price-specie-flow: aggiustamento automatico dei prezzi con i flussi d’oro in entrata o in uscita da un paese. Regole del gioco: acquisto o vendita di attività domestiche da parte delle banche centrali per influenzare i flussi di capitale finanziario.
Sommario (segue) L’accordo di Bretton Woods nel 1944 istituì i cambi fissi, usando il dollaro come valuta di riserva. Fu anche fondato il FMI per offrire ai paesi finanziamenti dei disavanzi della bilancia dei pagamenti e per giudicare se erano necessari cambiamenti dei cambi fissi. Con il sistema di Bretton Woods, si usava la politica fiscale per ottenere sia l’equilibrio interno che esterno, ma questa politica non è in grado di ottenere entrambi gli obiettivi simultaneamente, e ciò ha portato spesso a squilibri esterni.
Sommario (segue) Gli squilibri interni ed esterni degli USA – causati dalla rapida crescita della spesa pubblica e dell’offerta di moneta – e la speculazione sul valore del dollaro in oro e altre valute alla fine fece cadere il sistema di Bretton Woods. L’alta inflazione generata dalle politiche macroeconomiche USA si trasferì agli altri paesi verso la fine del sistema di Bretton Woods.
Effetto di un aumento del livello dei prezzi esteri P Effetto di un aumento del livello dei prezzi esteri P* sull'equilibrio interno ed esterno. Dopo l'aumento di P*, il punto 1 è nella zona 1 (sovraoccupazione e avanzo eccessivo). La rivalutazione (una riduzione di E) ristabilisce immediatamente l'equilibrio, muovendo l'economia dal punto 1 al punto 2. Tasso di cambio, E Espansione fiscale (G↑ o T↓) Distanza = E∆P*/P*